Si salvi chi può

Trovo questo bel post sul blog di Alberto Bagnai, ad opera di Ale Guerani, che così riflette:

L’unica cosa amaramente buona di questa crisi è che ho capito come nascono le dittature, che SI, è proprio vero, più che da una violenza dei padroni derivano dalla tentazione dei servi, dall’ignoranza dalla mediocrità e dall’ignavia della gente (…); e a cosa dovrebbe servire la cultura umanistica: ad insegnarti con chi hai a che fare affinché tu possa fare/ripetere meno errori possibili. Infatti è per questo che l’hanno piano piano distrutta.

Evidentemente stiamo riflettendo un po’ tutti sulla stessa cosa: sta nascendo una dittatura, in Europa? A volte, mentre sento le notizie, ho dei flash di voci future “Ma noi non sapevamo, ma noi non volevamo!”, chissà se è la sindrome di Cassandra, o soltanto memorie di un passato ancora recente.

Lo stesso concetto di dittatura non è antico: nessuno si sognava di chiamare “dittatori” il re Sole, il Papa o l’imperatore di turno. E’ un concetto nuovo.
Fatto sta che l’abbiamo introiettato molto bene, al punto che vediamo dittatori dovunque, persino in leader democraticamente eletti (vedi Chavez o Ahmadinejad) o addirittura in comici col blog. Ma quando si tratta di noi, ehh: la dittatura è l’elefante nella stanza. Nessuno riesce ad accorgersene.

Forse perché si tratta di una declinazione di dittatura finora inedita. Nell’immaginario, il dittatore ha una faccia cattiva, impone le sue idee al popolo con gli eserciti, e sbatte i dissidenti in gabbia o alle torture. Ora sembra che non ce ne sia più alcun bisogno: il dittatore non ha un nome e cognome, anzi si nasconde in una massa amorfa di oscuri burocrati. L’esercito di cui si serve? Stampa, media e politici compiacenti o corrotti. L’arma principale? La shock economy, eventi che terrorizzano i cittadini e li rendono consenzienti a qualsiasi nefasto provvedimento passi per indispensabile. I dissidenti? Nessun problema: li si lascia a sbraitare nel recinto di Internet, che danno vuoi che facciano. Una dittatura il cui scopo è l’impoverimento generalizzato e il controllo da esso derivante, non ha bisogno di sparare un colpo: stiamo consegnando tutto senza fiatare.

Qualcuno obietterà che non è vero, che tanti si stanno accorgendo di ciò che accade. Ah si? Beh io non credo. Come scrive ancora Bagnai nel suo libro, quando i partigiani andarono in montagna non si preoccuparono dell’inflazione, della perdita di potere d’acquisto, del mutuo in euro. Quando c’è da combattere si combatte, costi quel che costi. Noi non siamo ancora pronti. Siamo ancora come quelle famiglie ebree che nel ’36 consegnavano l’oro, consegnavano i pianoforti, pensando che presto sarebbe finita e peggio di così non poteva andare. E invece, si è visto com’è andata.
Noi stiamo consegnando oro e pianoforti per paura dei finti mostri che ci hanno dipinto, e alla fine perderemo tutto senza avere più nulla per cui combattere. Vogliamo davvero ridurci così?

L’Europa è una dittatura, bisogna uscirne il prima possibile. Senza chiedersi cosa sarà della bolletta della luce o della rata del mutuo, perché non ci lasceranno né luce né casa. Siamo in mano a dei pazzi furiosi e l’unica è svignarsela, le difficoltà successive le affronteremo poi, ci penseremo dopo come si sono detti i partigiani scalando la montagna. Ora il pensiero è uno, e uno solo, e questo dobbiamo chiedere con forza a chi ci rappresenta:
Fuggite, sciocchi!

fonte: Crisis

Prelievo forzoso

Veniamo ora alle cose serie, a ciò che i media accennano solamente sperando che non ne capiamo esattamente il senso, coperto da un mare di fuffa diversiva.
Forse in onore del papa argentino, l’Eurozona sta facendo prove tecniche di corralito e la vittima prescelta nel weekend è stata Cipro, l’ennesima vittima sacrificale sull’altare della moneta unica.
Questa volta però l’hanno fatta più grossa del solito.

Riassumendo: le banche cipriote sono piene di cartastraccia greca e altra merda finanziaria ad alto rischio e sono sull’orlo del fallimento. I figli di Troika concederanno magnanimi un aiuto a queste banche (lo sapete che le banche non possono fallire, voi si), basta che siano i ciprioti stessi a pagarlo attraverso un prestito forzoso sui depositi privati. Non è una patrimoniale sui depositi dei ricchi oligarchi russi, come tentano di raccontarci le demi vierges dei media, visto che si tratta di conti in chiaro. A pagare saranno anche e soprattutto i piccoli risparmiatori, quelli con conti fino a 100.000 euro, rapinati del 6,75% – altro che il sei per mille del Dottor Sottile nel ’92 . Euro, che bella parola!
Come garanzia per essere stati rapinati i risparmiatori ciprioti dovranno accettare titoli delle stesse banche bollite, stampati per l’occasione dalla Tipografia Lo Turco.
Lo ripeto, se non fosse stato chiaro finora. Il concetto è: “Hai bisogno di un prestito perché sei in difficoltà a causa delle regole del nostro euro? Ok, però i soldi li prendo dal tuo CC, se non ti dispiace.”

Per sicurezza, per evitare che i cittadini salvassero i propri risparmi dalla rapina da parte della Troika, il governo cipriota ha applicato appunto il “corralito”, ovvero ha chiuso le banche fino a mercoledì 20 e ha sigillato i bancomat. Il Parlamento sarà costretto ad approvare il prelievo forzoso, grazie ad una bella dose di terrorismo su “cosa accadrebbe se non lo facessimo. Se crollasse l’euro, con l’invasione delle cavallette e il sacrificio dei primogeniti”.
Vabbé, dicono i piddini, Cipro è un paradiso fiscale dove gli odiosi mafiosi tripponi russi vanno a portare i soldi sporchi, crogiolandosi al sole tutti ingioiellati assieme alle loro puttane. E’ solo in parte vero ma non importa. Il piddino ha uno stile di interpretare le cose che va dalle copertine della Domenica del Corriere fino a Cronaca Vera.

Questo perpetrato a Cipro è atto gravissimo, ed è l’ennesimo atto di guerra economica e finanziaria della Germania al resto d’Europa. Perché non pensate mica che il complesso chimico-industriale tedesco si accontenterà di quattro sghei ciprioti e del sangue greco. Sempre nel fine settimana sono circolate altre notiziole – questa volta si, ignorate completamente dai media, nonostante fossimo noi i protagonisti dell’attenzionamento.
Bundesbank ci ha lanciato un monito a proseguire nelle riforme e sapete cosa significa, e addirittura Commerzbank, altro merdaio strafatto di titoli tossici, auspica per l’Italia e sempre per la solita scusa falsa del debito pubblico, un prelievo forzoso del 15% sugli asset finanziari, compreso il patrimonio immobiliare (oltre all’IMU, suppongo) e un incremento delle tasse di successione (20% senza franchigia).
Questa è guerra, signori. La guerra di un paese che ci considera terra da saccheggio per ripianare i conti delle proprie banche, fallite a causa della finanza casino. E che lo può fare perché una classe politica serva e sottomessa, di cui il governo Monti è stato il punto più basso, gli permette di farlo.

Poi ci meravigliamo che i mercati reagiscono negativamente e lo spread si alza. Perché secondo voi questo modo di gestire l’economia e la finanza è normale, è regolare, è onesto, risponde alle regole stesse dei mercati, che in parte sono ancora espressione di istanze di economia reale e che rispondono alla regola della domanda e dell’offerta? No. O ammazziamo l’euro o l’euro ammazzerà noi. O disarmiamo il neomercantilismo nella Germania nell’unico modo possibile, ossia strappandole la pistola euro che ci ha puntato alla tempia, o sarà la fine e allora lo capiranno perfino i piddini.
A proposito, bando alle tristezze ed alle ombre che provengono da Mordor. Possono stare tranquilli gli elettori di Bersani. Se sono veri i rumors su Prodi al Quirinale e Irene Tinagli come ministro dell’economia del PD, puro Partito Unico dell’Euro, bocconiana, ex pd, poi montezemolina e quindi montiana, siamo nella classica botte di ferro. Quella con i chiodi.

Barbara Tampieri estratto da http://www.oltrelacoltre.com/?p=15963

Figli di Troika

di Francesco Salistrari

I meccanismi di questa crisi si ripetono a tutte le latitudini. L’ultimo episodio del quasi-default cipriota dimostra ancora una volta quanto importante per la finanza internazionale e i poteri sovranazionali europei e mondiali (leggasi Troika) sia fondamentale evitare che qualsiasi paese, anche il più piccolo e insignificante (dal punto di vista del PIL), possa uscire dalla moneta unica, nazionalizzi le banche private in fallimento e dichiari bancarotta evitando di pagare il proprio debito estero.

E’ per questo motivo dunque che a Cipro, piccolo paese europeo, dove le banche nell’orgia finanziario-sessuale del prestito facile, si sono indebitate per 8 volte il PIL del paese nel periodo che va dal 2001 al 2011, le “ricette europee” vengono imposte contro la volontà stessa del governo eletto democraticamente.

E’ di solo qualche mese fa infatti la dichiarazione del presidente Nicos Anastasiades, neoeletto, che disse testualmente: “Absolutely no reference to a haircut on deposits will be tolerated”, ed ora invece è costretto a dire che “l’austerity è l’unica via d’uscita dal default” e che il prelievo forzoso dai conti correnti bancari (9,95% su quelli superiori a 100 mila euro e 6,75% su quelli inferiori) è un sacrificio necessario per il salvataggio del paese.

Del paese? O delle banche? Sarebbe questa la domanda da porre al presidente cipriota o ai tecnocrati europei. Ma tant’è.’ Gli aiuti europei infatti pari a quasi 10 miliardi sono solo una parte dei quasi 17 ritenuti necessari per il salvataggio degli istituti bancari dell’isola praticamente falliti.

Le misure sono talmente draconiane che nello stesso Parlamento ci sono forti resistenze, tanto che si sta pensando a rimodulare il prelievo abbassando al 3% quello sui depositi inferiori ai 100 mila euro, alzando a 10% quelli superiori a 100 mila e inferiori a 500 mila e tassando quelli superiori a 500 mila fino al 15%. Il tutto con la benedizione dell’eurogruppo, che ha comunque sottolineato che quello che non dovrà assolutamente cambiare è l’importo finale (5,98 miliardi).

Il fatto curioso è che il piano di salvataggio per Cipro proposto da Fmi e Ue riguarda la Russia da vicino: secondo varie stime, gli asset appartenenti a cittadini o società russe – per la quali Cipro costituisce un deposito offshore – ammontano a circa 20 miliardi di euro. La Russia aveva già accordato nel 2011 un prestito di 2,5 miliardi di dollari alla Repubblica di Cipro, la cui economia è stata messa in ginocchio dai forti vincoli con il settore bancario greco. E per discutere una possibile ristrutturazione di questo prestito, il ministro delle Finanze cipriota, Michalis Sarris, sarà a Mosca mercoledì. Non a caso una volta saputosi del prelievo forzoso sui conti correnti è stato lo stesso Putin a lamentarsi pubblicamente, denunciando il pericoloso precedente che la situazione cipriota ha creato.

In effetti, il “salvataggio” effettuato a Cipro, rompe un tabù finanziario importante. Da questo momento in poi, questo “metodo” potrà infatti essere usato in qualunque paese in crisi dell’Eurozona, Italia compresa. Voci allarmate, parlano di un’operazione in stile cipriota, già a giugno, considerando alcune scadenze finanziare del paese e soprattutto l’instabilità politica che peserà senz’altro sui mercati, facendo innalzare gli spread. Ma da questo punto di vista ci si dimentica che in realtà in Italia il prelievo forzoso è già stato compiuto dal Governo Monti, con l’obbligo di aprire un conto corrente per movimentazioni superiori a 999 euro e con la reintroduzione della tassa sulla casa (IMU). La differenza è che a Cipro lo Stato prende senza chiedere, in Italia obbliga a versare.

Nel frattempo a Cipro le file dei cittadini agli sportelli per ritirare i propri soldi ed evitare il prelievo non si sono fatte attendere, ma il Governo, abilmente, ha giocato d’anticipo e le banche resteranno chiuse fino a martedì, mentre l’annuncio del prelievo è stato dato sabato, cioè con le banche chiuse per il week-end. Insomma nulla da fare. La cosa capo fatta ha. E tant’è.

Appare veramente singolare come poi nei discorsi dei politici e degli stregoni europei, si parli abilmente di “salvataggio” a Cipro. In realtà se di salvataggio si tratta non è certo del paese, semmai delle banche del paese, private, se di “aiuti” si tratta si tratta di aiuti alle banche per evitare un default che non determinerebbe semplicemente l’insolvenza degli istituti e di conseguenza del paese, ma l’uscita dalla moneta unica.

Questo l’Europa, ma anche e soprattutto la Merkel, che vuole rivincere a tutti i costi le elezioni nel suo paese, non lo permettono. Non lo hanno fatto con la Grecia, condannandola ad una situazione economica molto simile a quella in cui versava il paese negli anni ’40 subito dopo la guerra, non lo hanno fatto con Islanda, Irlanda e Portogallo, non lo faranno con la Spagna né tantomeno con l’Italia.

Il dato politico di questa vicenda a Cipro infatti è questo: non è consentito uscire dall’euro.

E questo contro qualsiasi residuo di sovranità di qualunque paese. Un governo come quello cipriota, per esempio, appena eletto, con un programma, con delle intenzioni specifiche, si è dovuto piegare esattamente ai diktat della Troika, sconfessando completamente quello che aveva appena promesso in campagna elettorale.

Faccia da culo? No figli di Troika.

fonte: Memorandum di uno Smemorato

Io amo l’Italia

Liberiamo l’Italia dalla schiavitù dell’euro, dall’ingiustizia del signoraggio monetario, dall’inganno del debito pubblico creato dalle banche, dalla dittatura della finanza speculativa globalizzata
Per superare la crisi strutturale della finanza e dell’economia globalizzata causata dall’esplosione della bolla speculativa dei titoli derivati e per emanciparci dalla schiavitù del signoraggio bancario, l’unica soluzione realistica e costruttiva è il riscatto della nostra sovranità monetaria che, di fatto, si traduce nell’uscita dell’Italia dall’euro.
Solo se lo Stato potrà emettere moneta a credito, l’Italia si affrancherà dalla follia suicida che oggi ci impone di contrarre sempre più nuovi debiti per ripianare i debiti, tramite l’emissione di titoli di Stato a debito, ovvero l’unica opzione consentita allo Stato per disporre della moneta. Ed è così che l’Italia si sottomette sempre di più alla dittatura delle banche che si sono attribuite il monopolio dell’emissione della moneta e detengono il 75% del debito pubblico italiano che ammonta a circa 2 mila miliardi di euro.
Io amo l’Italia ha elaborato una proposta approfondita, articolata, pragmatica e attuativa del processo che realizzerà il riscatto della sovranità monetaria. Io amo l’Italia vuole che lo Stato torni a emettere direttamente la moneta a credito, così come ha fatto per 100 anni, affrancandoci dalla schiavitù dell’euro, monopolio dei banchieri privati proprietari della Banca Centrale Europea, dall’ingiustizia del signoraggio bancario, tassa occulta imposta dalle banche che detengono la prerogativa dell’emissione della moneta, dalla dittatura della finanza speculativa che, per riciclare una massa di denaro virtuale (titoli derivati, pari a 787 mila miliardi di dollari nel 2011) che è circa 12 volte il Pil mondiale (Prodotto Interno Lordo, pari a 66 mila miliardi di dollari nel 2011), impone e condiziona il potere politico ovunque nel mondo. Le banche e la finanza globalizzata sono indiscutibilmente il principale potere forte a livello mondiale, di fronte a cui si sottomettono i governi e per i quali i popoli sono costretti a ridursi in povertà e a perdere la loro dignità e libertà. La guerra
finanziaria, emersa con il tracollo della banca d’affari americana Lehman Brothers il 15 settembre 2008, è già costata ai cittadini americani 7.700 miliardi di dollari (pari al doppio del costo affrontato dagli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, circa 4 mila miliardi di dollari a valori odierni), mentre ai cittadini dell’Unione Europea è già costata 2 mila miliardi di dollari. Contemporaneamente 30 milioni di persone nel mondo hanno perso il posto di lavoro.
Noi prendiamo atto che gli italiani vivevano meglio 10 anni fa prima dell’introduzione dell’euro. Con 1 milione e 500 mila lire una famiglia italiana viveva dignitosamente. Con il corrispettivo in euro, circa 750 euro, oggi si fa la fame. Con l’euro si è ridotto il reddito pro-capite degli italiani, è calato il livello delle esportazioni delle imprese, è peggiorata la bilancia dei pagamenti, è aumentata la disoccupazione. In aggiunta le politiche recessionistiche avviate dai governi della partitocrazia e accentuate dal governo tecnocratico di Mario Monti, stanno distruggendo le imprese, riducendo il Pil, aggravando il debito pubblico, accrescendo la disoccupazione, escludendo i giovani dal mercato del lavoro, impoverendo le famiglie, assottigliando il tasso di natalità degli italiani, acuendo la conflittualità sociale.
Con il riscatto della sovranità monetaria lo Stato si attribuisce la prerogativa di emettere la nuova Lira, determinando autonomamente in base all’interesse nazionale il volume del conio, i rapporti di cambio con le altre valute e la politica monetaria.
Grazie alla facoltà di emettere moneta a credito, lo Stato può procedere subito a restituire i circa 100 miliardi di euro di debiti contratti con le imprese, mettendole nella condizione di assumere il ruolo di protagoniste dello Sviluppo.
Io amo l’Italia sostiene che le banche devono recuperare il legame con il territorio e ritornare a svolgere la loro funzione primaria ed essenziale, cioè quella di conservare il risparmio, farlo fruttare ed erogare finanziamenti.
Il riscatto della sovranità monetaria si traduce nel primato dell’economia reale, fondata sulla produzione di beni e servizi, e nella ricollocazione dell’attività finanziaria nel suo ruolo di mediazione e di supporto all’economia reale”.

Quello sopra riportato era il primo punto del programma elettorale del partito “Io amo l’Italia” che ha ottenuto 40.000 voti (0,13%) alle ultime elezioni politiche.

Indipendentemente dal risultato questo è proprio il punto che tutti i partiti dovrebbero fare proprio per uscire dalle sabbie mobili in cui la plutocrazia finanziaria ci ha gettati.

L’intero programma lo trovate al link del Ministero dell’interno: http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/speciali/elezioni_politiche_regionali_2013/liste_leader_programmi.html

Sovranità monetaria

Sovranità monetaria

ma se i soldi prestati dalla BCE al governo irlandese vengono creati dal nulla, perché i cittadini dovrebbero svenarsi e privarsi dei loro risparmi per rimborsare del denaro che una volta rientrato alla base verrebbe distrutto o bruciato? Che senso ha mettere in ginocchio un’intera nazione per dei semplici bit elettronici o delle voci contabili all’interno del bilancio di una banca centrale? Non sarebbe più giusto che la parte di debito dovuto alla BCE venisse in qualche abbonata o decurtata, lasciando intatta solo la quota prestata dal FMI?

dal mio blog sugli anni ’60

sixties

La Teologia della Liberazione (spesso abbreviata con TdL) è una riflessione teologica iniziata in America latina con la riunione del Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM) di Medellín (Colombia) del 1968, dopo il Concilio Vaticano II, che tende a porre in evidenza i valori di emancipazione sociale e politica presenti nel messaggio cristiano.

Tra i protagonisti che iniziarono questa corrente di pensiero vi furono i sacerdoti Gustavo Gutiérrez (peruviano), Hélder Câmara e Leonardo Boff (brasiliani). Il termine venne coniato dallo stesso Gutiérrez nel 1973 con la pubblicazione del libro Teologia della Liberazione (titolo originale spagnolo: Historia, Política y Salvación de una Teología de Liberación).

Fra le tesi di questa teologia vi sono:

  •     La liberazione è conseguenza della presa di coscienza della realtà socioeconomica latinoamericana.
  •     La situazione attuale della maggioranza dei latinoamericani contraddice il disegno divino e la povertà è un peccato sociale.
  •     La salvezza cristiana include una “liberazione…

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Aperta la caccia alla volpe

Il comune di Bondeno è uno dei 103 comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 luglio 2012 e molti sono gli adempimenti dovuti a questa triste evenienza che potete trovare sull’albo pretorio online del comune (dove per legge sono riportati tutti gli atti amministrativi) oppure (se non avete molta pratica col burocratichese) su questo blog: http://albo-pretorio-bondeno.blogspot.it/

Proprio da quest’ultimo ho tratto oggi una notizia che sa dell’incredibile:
La caccia alla volpe è un’attività equestre che si pratica in campagna su grandi spazi aperti.Le origini di questa tipologia di caccia hanno le proprie radici storiche in Inghilterra, quando per controllare l’aumento demografico delle volpi che predavano gli animali da cortile, i contadini le cacciavano con l’aiuto dei propri cani. Il primo evento del genere di cui si ha traccia avvenne nella contea di Norfolk nel 1534.Ovviamente noi cittadini di Bondeno, che (da qualche anno) possiamo  vantare  antiche origini celtiche, e grandi affinità, eno – musicali, con il nobile popolo irlandese, avremmo potuto farci mancare l’esercizio della nobile arte anglosassone della caccia alla volpe ???? Evidentemente NO !!!!ORDINANZA DIRIGENZIALE N. 15 Del 07-03-2013DIRIGENTE COMANDANTE SETTORE POLIZIA MUNICIPALE SICUREZZA E PROTEZIONE CIVILEResponsabile del procedimento: Ansaloni StefanoOggetto: Limitazione della popolazione della volpe: autorizzazione allo svolgimento delle operazioni di cattura nelle corti coloniche, nelle arginature dei canali o fiumi pensili e nelle strade e loro pertinenze. Anno 2013IL COMANDANTE DELLA POLIZIA MUNICIPALEVista la deliberazione della giunta provinciale n. 287del 11/12/2012 portante oggetto: “Piano di limitazione della Volpe (Vulpes Vulpes) sul territorio della provincia di Ferrara, non compreso nei Parchi e nelle Riserve Naturali, con validità triennale 2013/2015;(n.d.r. La volpe rossa (Vulpes vulpes) è la preda abituale delle  cacce alla volpe inglesi e americane. Essendo un piccolo predatore onnivoro, la volpe conduce una vita sotterranea in tane che si scava nella terra, ed è un animale prevalentemente attivo al tramonto. Gli adulti non si allontanano mai più di 20 chilometri dal nido. La volpe rossa può correre ad una velocita di 48 chilometri all’ora.) Richiamato omissisConsiderato che gli animali oggetto della limitazione di popolazione tendono a formare le loro tane in pagliai, covoni di fieno posti nelle immediate vicinanze delle abitazioni rurali o, in alcuni casi ed in special modo nel caso delle volpi, nelle arginature dei canali e fiumi pensili a ridosso delle abitazioni e delle strade di viabilità ordinaria;Visti l’ articolo 703 del vigente Codice Penale nonchè l’art. 57 del vigente Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza che vietano, senza licenza dell’autorità, lo sparo con armi da fuoco nelle immediate vicinanze delle abitazioni;Ritenuto opportuno permettere alle squadre di OPERATORI – COADIUTORI, nell’ambito delle operazioni di cattura ed abbattimento disciplinate dagli atti in premessa, e nella stretta osservanza della normativa e degli atti autorizzatori richiamati, di esplicare la propria attività anche nelle corti coloniche ove sono state censite tane oltre che nei pressi di arginature di canali o fiumi pensili ed in vicinanza delle strade ordinarie;Ritenuto necessario intervenire in merito, condizionando la possibilità di intervento in luoghi aperti alla circolazione stradale alla presenza in luogo di un soggetto che ricopre la qualifica di agente di Polizia Stradale ai sensi dell’art. 12 del vigente Codice della Strada che possa intervenire disciplinando il traffico veicolare in conseguenza delle operazioni da svolgersi;Accertate le necessità di provvedere alla limitazione della popolazione delle specie animali sopra citate, in quanto provocanti pericoli e danni alla sicurezza idraulica delle arginature, nonché problemi igienico sanitari qualora si insedino nei pressi di edifici abitati;Visto il Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267ORDINA1. le squadre di OPERATORI – COADIUTORI, nell’ambito delle operazioni di cattura ed abbattimento disciplinate dagli atti in premessa, SONO AUTORIZZATE, nella stretta osservanza della normativa e degli atti autorizzatori richiamati, ad operare nelle corti coloniche ove sono state censite tane, nei pressi di arginature di canali o fiumi pensili, nonché sulle strade e loro pertinenze;2. qualora le operazioni dovessero svolgersi su strade pubbliche e loro pertinenze, si rende necessaria la presenza di un soggetto ricoprente la qualifica di agente di Polizia Stradale ai sensi dell’art. 12 del vigente Codice della Strada, allo scopo di disciplinare la circolazione stradale;3. la presente Ordinanza esplica la propria validità per il periodo che va dalla sua emissione fino al 31 dicembre 2013, e comunque limitatamente ai periodi autorizzati dagli atti sopra richiamati e in quelli successivi che l’Amministrazione Provinciale vorrà emettere;Signori la caccia è aperta !!!

Fonte: http://albo-pretorio-bondeno.blogspot.com/2013/03/e-aperta-la-caccia-alla-volpe.html

+ Stato – Mercato

In rete si trovano molti interessanti articoli sul tema, la nostra tesi la vedete nel titolo e proviamo ad articolarla per temi; iniziamo da un estratto da Federalist:
“Il credo secondo il quale il mercato è mondiale e bisogna eliminare ogni ostacolo al libero commercio internazionale, ha giustificato una ancora più decisa deregulation negli anni Novanta, soprattutto negli Stati Uniti, a partire dal settore finanziario, con il benestare del Fondo monetario internazionale: “Liberalizzazione dei mercati finanziari e dei capitali significava che le banche estere potevano ottenere guadagni elevati sui prestiti, e quando i prestiti diventavano inesigibili, l’FMI imponeva la socializzazione delle perdite, il che significava mettere sotto grande pressione intere popolazioni per rimborsare le banche estere”.[5] “Le istituzioni finanziarie globali… sollecitavano (i governi) ad adottare le teorie economiche liberali note con il termine di ‘Washinghton Consensus’, che consiste sostanzialmente di tre idee: disciplina fiscale e di bilancio; economia di mercato comprensiva di diritti di proprietà, tassi di cambio in competizione, privatizzazioni e deregolamentazione; e apertura all’economia globale attraverso la liberalizzazione del commercio e degli investimenti esteri diretti”.[6]
Come ha osservato Stiglitz, “l’amara verità è che le innovazioni nei mercati finanziari americani erano mirate ad aggirare le regole, le norme contabili e l’imposizione fiscale”, e a svuotare in particolare la legge Glass-Steagal del 1933 che invece aveva separato “le banche commerciali (che prestano denaro) dalle banche di investimenti (che organizzano la vendita di obbligazioni e azioni) per evitare i chiari conflitti di interesse che vengono a crearsi quando la stessa banca emette azioni e concede prestiti”.[7] Quella legge aveva infatti avuto anche lo scopo di “fare in modo che le persone incaricate di custodire il denaro del comune cittadino nelle banche commerciali non intraprendessero attività rischiose come quelle delle banche di investimenti, il cui obiettivo è massimizzare i guadagni di chi già è ricco”. Con la sua abrogazione venne “meno la separazione fra banche di investimenti e banche commerciali e quelle di investimento hanno preso il sopravvento”.[8] E infatti, la crisi dei mutui americani, che ha dato origine alla più grave crisi del sistema capitalistico occidentale dopo il 1929, non è stata altro che la conseguenza della rottura di questi delicati meccanismi di regolazione, che ha consentito alle istituzioni finanziarie di favorire, contro ogni logica, il fatto di legare il valore dei beni immobiliari a prodotti altamente speculativi.[9]
Qui incontriamo il punto chiave della Glass-Steagall Act, una legge che separava le banche commerciali da quelle di investimento attraverso il divieto di impiegare i risparmi dei cittadini in attività diverse da quelle dell’erogazione del credito.Tale divieto fu introdotto in Italia nel 1936 attraverso la cosiddetta ‘Riforma Menichella’ (che prese il nome dall’allora direttore generale dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale, successivamente nominato, nel 1947, Governatore della Banca d’Italia).

Malauguratamente Draghi l’abolì nel 1993 e tutto quello che è successo dopo non è una coincidenza (cfr.http://finanzaedintorni.info/tag/glass-steagall-act/)

Attenti al lupo

di Agenor

A che serve la crisi europea? Una risposta è che rende inevitabile la privatizzazione delle attività pubbliche, con grandi profitti per i privati. Come mostrano i casi di Spagna, Grecia e Portogallo

L’Europa è avvolta in una spirale senza uscita fatta di ricette controproducenti, mentre la crisi fa il suo lento, inesorabile lavoro. Le famiglie, se possono, risparmiano e contraggono i consumi. Le imprese non investono. Le banche cercano di limitare i danni e riducono il credito. Una crisi di debito estero (prevalentemente privato) è stata spacciata per una crisi di debito pubblico. La spesa pubblica viene bloccata con perfetto tempismo da un trattato internazionale che impone un rozzo vincolo di pareggio di bilancio, senza troppo distinguere se si tratti di spesa per investimenti o di spesa corrente.

Era ben noto che una politica di repressione della spesa pubblica, in presenza di un eccesso d’indebitamento del settore privato e di tassi di interesse già bassi e ai minimi storici, non poteva che avere effetti deleteri. Il crollo della domanda interna ha raggiunto le economie più solide della zona euro, che si avvicinano anch’esse a scenari recessivi. Assumendo l’impossibilità di una follia collettiva di tutte le classi dirigenti europee, resta da chiedersi cui prodest? A chi giova tutto questo?
Non è un caso che le ricette per uscire dalla crisi più in voga si concentrino su un punto: la dismissione del patrimonio pubblico per ridurre il debito. Ovviamente, la sensazione di trovarsi in un vicolo cieco per le finanze pubbliche, con la scelta obbligata di privatizzare enti, beni e servizi pubblici, è la scena classica di un film già visto in tante parti del mondo.
Non ci si arriva per caso, anzi, spesso è uno degli obiettivi neanche troppo nascosti della lunga strategia di logoramento del settore pubblico, la cosiddetta “starve the beast”. La bestia è lo stato, nemico ideologico da affamare, sottraendo continuamente risorse necessarie al suo funzionamento. La qualità dei servizi che esso eroga al cittadino diminuisce. Il cittadino lo nota e incomincia a chiedersi se davvero valga la pena mantenere in piedi con le proprie imposte un servizio pubblico sempre più scadente.
Poi arrivano i salvatori della patria, che comprano l’azienda o servizio pubblico a un prezzo conveniente e ne estraggono profitti. Quando va bene, il nuovo proprietario del servizio ex-pubblico lo eroga in modo più selettivo e a costi maggiori per il cittadino. Quando va male, scorpora la parte migliore da quella cattiva, scarica i costi sulla collettività (bad companies), sfrutta gli attivi ancora validi, e poi scappa.
La privatizzazione della sanità negli Stati Uniti ha raddoppiato i costi per i cittadini, escludendo un’enorme fetta della popolazione da ogni copertura sanitaria. Una volta capito l’errore commesso e verificati i costi economici e sociali di tale processo, l’inversione di questa tendenza nefasta è l’atto che Obama considera come il più importante del suo primo mandato presidenziale.
L’esperienza delle “riforme” nell’Europa centrale ed orientale subito dopo la caduta del comunismo ci insegna che le privatizzazioni realizzate per necessità di far cassa si traducono in svendite di beni comuni a vantaggio di pochi privati, che i primi servizi a essere privatizzati sono quelli che funzionano meglio, i gioielli di famiglia, e che questo contribuisce a un notevole aumento delle disuguaglianze.
Altre parti del mondo, come l’America Latina, hanno vissuto esperienze simili, in cui beni e servizi pubblici sono stati ceduti a condizioni vantaggiose solo per l’acquirente. Non è un caso che Carlos Slim, l’uomo più ricco del mondo secondo Forbes, debba la sua fortuna alle privatizzazioni selvagge degli anni ’80-‘90 in Messico, dalle miniere alle telecomunicazioni.
Adesso è il turno della vecchia Europa. Il Portogallo ha chiuso il 2012 privatizzando gli aeroporti, la compagnia aerea nazionale, la televisione (ex) pubblica, le lotterie dello stato e i cantieri navali. In Spagna le privatizzazioni “express” riguardano i porti, gli aeroporti, la rete di treni ad alta velocità, probabilmente la migliore e più moderna d’Europa, la sanità, la gestione delle risorse idriche, le lotterie dello stato e alcuni centri d’interesse turistico. La Grecia è stata recentemente esortata ad accelerare il processo di privatizzazione dei beni e servizi erogati finora dallo stato, come condizione per continuare a ricevere gli aiuti europei.
In Italia Mario Monti, poco prima di dimettersi da Presidente del Consiglio, decretava l’insostenibilità finanziaria del sistema sanitario nazionale, spiegando la necessità di “nuovi modelli di finanziamento integrativo”. L’agenda Monti oggi ci ricorda che “la crescita si può costruire solo su finanze pubbliche sane” e quindi invita a “proseguire le operazioni di valorizzazione/dismissione del patrimonio pubblico”. E sulle prime pagine di alcuni giornali c’è anche chi vede ancora “troppo stato in quell’agenda”.
La teoria economica e l’esperienza del passato ci insegnano che la privatizzazione di aziende pubbliche se da un lato riduce il deficit di un dato anno, dall’altro ha un notevole rischio di aumentare il deficit di lungo periodo, nel caso in cui l’azienda dismessa sia produttiva. Inoltre non basta che la gestione privata sia più efficiente di quella pubblica; il guadagno di efficienza deve anche assorbire il profitto che il privato necessariamente persegue.
Se chi vende (lo stato) ha urgenza e pressioni per farlo, chi acquista (privati) ha un chiaro vantaggio negoziale, che gli permette di ottenere condizioni più convenienti. E se le condizioni della privatizzazione sono più convenienti per il privato, esse saranno simmetricamente più sconvenienti per il pubblico, cioè i cittadini.
Studi recenti dimostrano come i cittadini dei paesi che hanno subito privatizzazioni rapide e massicce negli anni ’90 siano profondamente scontenti degli esiti. I giudizi ex-post sono tanto più critici quanto più rapide erano state le privatizzazioni, maggiore la proporzione di servizi pubblici svenduti (acqua ed elettricità in particolare), e più alto il livello di disuguaglianza creatosi nel paese.
La questione delle privatizzazioni è il punto d’arrivo del processo che l’Europa e l’Italia stanno vivendo. Discuterne più apertamente è fondamentale, se si ha a cuore il bene comune. Le decisioni che si prenderanno in proposito definiranno la rotta che l’Italia sceglierà di seguire nel dopo-elezioni.

fonte: Sbilanciamoci