Colonialismo

Una nuova forma di colonialismo sta emergendo in Europa. Non un colonialismo imposto dalla conquista militare e dall’occupazione, come nel 19 ° secolo. Nemmeno la forma più efficiente di colonialismo economico sperimentato dagli Stati Uniti nel periodo successivo al 1945, dove i costi di amministrazione diretta e l’occupazione militare sono stati sostituiti da compiacenti élite locali a cui è dato di condividere la ricchezza estratta in cambio del permesso di governare in nome e per conto dei colonizzatori.

Nel 21° secolo, si tratta di “colonialismo mediante il trasferimento di attività finanziarie.” E’ un’estrazione ricchezza dalla colonia da parte dei manager dei paesi colonizzatori, i quali sono incaricati di amministrare direttamente dentro la colonia i processi attraverso i quali le attività finanziarie devono essere trasferite. Questa nuova forma di colonialismo fatto di gestione diretta e trasferimento di ricchezza finanziaria sta ora emergendo in Grecia e in Ucraina.

Dietro le apparenze del recente accordo sul debito greco vi è la realtà dei banchieri europei e delle loro istituzioni – la Commissione europea, la Banca centrale europea, il FMI, e il Meccanismo europeo di stabilità (ESM) – che presto assumeranno la gestione diretta dell’economia, secondo il Memorandum of Understanding, MoU, firmato il 14 Agosto 2015 dalla Grecia e dalla Troika. Il MoU esercita la gestione diretta in vari modi. Nel caso dell’Ucraina, è ancora più diretta. Stati Uniti e banchieri ombra europei sono stati instaurati da US-Europa lo scorso dicembre 2014 come ministri dell’economia e della finanza dell’Ucraina. Da allora gestiscono direttamente e quotidianamente l’economia dell’Ucraina.

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N.B. Inutile sottolineare ancora una volta come in Italia abbiamo Padoan

Pier Carlo Padoan (Padoàn[1][2]) (Roma, 19 gennaio 1950[3]) è un economista e politico italiano.

Direttore esecutivo per l’Italia del Fondo Monetario Internazionale dal 2001 al 2005 (con responsabilità su Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Est), è stato nominato vice segretario generale dell’OCSE il 1º giugno 2007, divenendone capo economista il 1º dicembre 2009. Dal 24 febbraio 2014 è Ministro dell’economia e delle finanze del Governo Renzi.

Interessi di bottega

George Papaconstantinou, ministro delle finanze greco dal 2009-2011, ricorda il presidente francese Nikolas Sarkozy “che ci diceva ‘ non permetterò mai che il FMI entri in Europa’“. Christine Lagarde, allora ministro delle finanze della Francia e ora a capo del Fondo monetario internazionale, era d’accordo con Sarkozy. Il suo punto di vista, disse a Reuters in un’intervista, era “fondato sulla speranza che gli europei avrebbero messo insieme un pacchetto adeguato, una protezione sufficiente, abbastanza sostegno da dimostrare che l’Europa poteva risolvere da sola i suoi problemi.”

Secondo l’ex ministro delle Finanze greco Papaconstantinou, a maggio 2011 Strauss-Kahn infine decise di giocare duro con Merkel e insistere sulla ristrutturazione del debito. Poi accadde l’imprevisto: mentre Strauss-Kahn era in viaggio per l’Europa per incontrare il cancelliere tedesco, venne arrestato a New York perché una cameriera d’albergo lo accusò di averla aggredita sessualmente. Sotto una forte pressione dei media, Strauss-Kahn abbandonò. (Nel 2011 i pubblici ministeri di New York ritirarono le accuse contro di lui, che raggiunse un accordo con la cameriera.)

L’incontro sul debito non è mai avvenuto. Alcuni dei partecipanti alle trattative pensano che l’occasione mancata, così come la confusione all’interno del Fondo monetario internazionale dopo la partenza di Strauss-Kahn, abbiano causato un ritardo fatale nel tentativo di convincere l’Europa ad abbracciare la riduzione del debito. “Non sto dicendo che la Merkel si sarebbe convinta“, ha detto Papaconstantinou sulla riunione annullata. “Ma la discussione avrebbe potuto iniziare molto prima.”

…..

Evangelos Venizelos, che nell’estate del 2011 assunse la carica di ministro delle finanze greco, ha detto che il problema era politico.

Loro (il Fondo monetario internazionale e l’Europa) insistevano su delle misure che erano atti di crudeltà, perché dovevamo dimostrare loro che eravamo disposti a pagare il costo politico“, ha detto a Reuters. Tali misure comprendevano bruschi licenziamenti nel settore statale e riduzioni degli stipendi nel settore privato – anche se il governo greco opponeva resistenza.

Alla fine la Grecia ha ottenuto qualche alleggerimento sul suo debito, quando gli investitori privati hanno accettato un “haircut” di oltre il 50 per cento su circa 200 miliardi di euro di titoli greci. Allo stesso tempo, la Grecia ha preso in prestito altri 130 miliardi di euro dalle istituzioni statali europee in un secondo piano di salvataggio. Il FMI rimaneva dubbioso sul fatto se il programma avrebbe tirato fuori la Grecia dal pantano.

estratto da http://vocidallestero.it/2015/08/30/ekathimerini-come-la-disavventura-greca-del-fmi-sta-cambiando-il-fondo/

Mentire con le statistiche

Si possono catalogare cinque livelli di menzogna statistica e alcuni di questi non implicano nemmeno errori o una precisa volontà di manipolare la realtà da parte di chi pianifica ed elabora i dati:

Il primo e più importante a livello di sistema è la messa a punto di modelli nazionali e internazionali con cui vengono raccolti e sistematizzati dati che sono più funzionali agli interessi politici e ideologici che a una rappresentazione numerica del reale. Per esempio la composizione dei vari “panieri” e il metodo con cui si attribuisce un “peso” ai singoli beni presenti riflette spesso la volontà di minimizzare l’inflazione ( e dunque la caduta reale dei salari) o i problemi abitativi e nei Paesi occidentali aderisce a una logica mercatistica piuttosto che sociale. Così per quanto possa parere assurdo,  la variazione dei prezzi degli smartphone pesa molto più di quella delle locazioni per la ragione che l’80% della popolazione possiede un telefonino evoluto, mentre solo il 20% vive in affitto. Oppure possiamo riferirci alle scelte fatte per stabilire i livelli di povertà assoluta e relativa o ai criteri con cui viene calcolata la disoccupazione riferendosi esclusivamente a chi si iscrive alle apposite liste o ancora, a livello macroeconomico, ai recenti  interventi sul Pil per inserirvi voci che implicano stime aggiustabili a seconda dei casi e cercare così di interrompere la recessione tecnica  di gran parte dei Paesi europei. A questi errori di fondo che sono poi “visioni del mondo” l’unico rimedio è solo imporre una nuova egemonia culturale.

Il secondo modo, a mezza strada tra la scelta tecnica e l’input politico, questa volta più circoscritto, come per esempio nei sondaggi elettorali o nel calcolo del pil per abitante e del reddito si può scegliere la media aritmetica o armonica o ponderata. La terza è ovviamente quella che si avvicina più alla realtà, la prima invece minimizza le disuguaglianze e la seconda è quella che dovrebbe adottare un ipotetico governo di sinistra perché esalta le posizioni numericamente più importanti, ossia quelli dei redditi  bassi o medi. Le cose sono ovviamente più complesse, ma la sostanza è che queste scelte, anche se corrette con i percentili sono funzionali a restituire una realtà che corrisponde a un modo di vedere le cose. Lo stesso si può dire della formazione dei campioni e della loro correttezza: su questi ci sarebbe da scrivere molte pagine, ma di fatto chi si trova davanti a un sondaggio non ha mai le informazioni necessarie per farsi un’idea della sua attendibilità. Quasi sempre ci si trova di fronte a campioni estremamente ridotti, talvolta pericolosamente vicini al rischio di essere  più piccoli dell’errore statistico la cui significatività, per quanto sofisticati siano i metodi correttivi, viene ulteriormente ridotta dal fatto che un 20 o 30 per cento delle persone del campione non risponde affatto mandando all’aria  il senso stesso della rappresentatività. Questo effetto è usato spesso in maniera intenzionale per determinare un certo risultato.

Al terzo posto ci sono i veri e propri errori materiali che sono inevitabili nonostante l’informatizzazione dei sistemi e a parametri invisibili nascosti nel cuore dei calcoli.. Talvolta si tratta però di errori intenzionali, come è capitato negli anni scorsi per alcune ricerche economiche fondanti le teorie liberiste. Un errore dei fogli di calcolo, si disse per salvare la faccia ai valorosi fantaccini della lotta di classe al contrario.

Poi ci sono le menzogne che riguardano l’uso mediatico della statistica, per esempio la creazione di grafici che essendo magari fuori scala danno visivamente un’idea diversa dai numeri effettivi. Oppure ci sono le tattiche di consenso. Per esempio sono ormai anni che in Usa si lanciano mirabolanti cifre trimestrali sul pil o sull’occupazione che nell’immediato influenzano le opinioni politiche e le borse, ma poi vengono corrette a distanza di qualche mese, quando non fanno più notizia. Una categoria alla quale appartengono anche le sparate governative alla Poletti, se non fossero così goffe e grossolane da ottenere l’effetto contrario.

Infine la quinta fonte di inganno siamo proprio noi che spesso abbiamo una percezione sbagliata delle cifre anche a causa del fatto che non pretendiamo che l’informazione invece di riportarle in forma bruta le spieghi: quando mai sappiamo se un determinato pil è reale o nominale o standardizzata, quando mai pretendiamo di sapere se un determinata percentuale si riferisce alla quantità o al valore che cambia enormemente le cose e ci soffermiamo così poco sui numeri da essere vittime dei più disparati bias: per esempio se leggiamo che in una certa città c’è stato un aumento del numero di arresti infallibilmente riteniamo che si tratti di un centro insicuro, mentre può essere benissimo che sia migliorata l’efficienza delle forze dell’ordine e che la città in questione abbia un tasso criminale decisamente inferiore ad altre. Scambiare il tasso di crescita con la realtà esistente è uno degli errori più comuni.

Tutto questo insieme viene però considerato come certezza indiscutibile tanto che proprio un clamoroso errore di misurazione e di percezione errata è stato all’origine della bolla delle dot com. A metà degli anni ’90 uscì una statistica secondo cui l’uso di internet cresceva del 15% ogni mese provocando un’ondata di investimenti nel settore che poi si rivelarono privi di senso. Incredibilmente quel 15% era stato interpretato come crescita degli utenti e non come era dell’uso globale della rete. Anche così le cose non funzionavamo, la statistica era sbagliata, basata su dati carenti e interpretati con criteri sbagliati, ma divenne una realtà prima di trasformarsi in fallimento. Esattamente come i dati di Poletti, il ministro che non lascia e raddoppia e del suo premier.

 

*Per approfondire il tema con una lettura facile è divertente, non tecnica ma rigorosa si potrebbe leggere Mentire con le statistiche un libro di Darrel Huff ormai mitico, tradotto in italiano solo nel 2005.

estratto da https://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2015/08/28/non-lascia-e-raddoppia-poletti-e-i-misteri-della-statistica/

Brutti, sporchi e cattivi

In altre parole: a Vittorio Mallozzi, che morì per l’idea d’un mondo altro, si sostituisce Giacinto Mazzarella, il baraccato già sussunto, di fatto, nell’ideologia capitalista. E aggiungo: non solo lui; il genocidio culturale, infatti, non era solo del sottoproletariato, ma dell’Italia tutta. E ciò fu detto chiaramente dallo stesso Pasolini: il professionista e il pezzente avevano, al fondo, gli stessi desideri e la medesima libidine di oggetti e comportamenti.
Se Ettore Scola avesse girato un seguito del proprio film, insomma, avremmo assistito alla lenta trasformazione dei discendenti di Manfredi-Mazzarella in piccolo borghesi, voraci consumatori di televisione e gadget tecnologici, attorniati da una mandria di nipoti e bisnipoti mazzarelliani, stupidi, sboccati, fitti di tatuaggi e piercing, e prossimi alla trasmutazione nel novello lumpenproletariat che seguirà la dissoluzione dell’Occidente turbocapitalista.
Perché una cosa è sicura: la Bengodi di carta iniziata negli anni Ottanta è finita. Gran parte dei Mazzarella di questi anni torneranno poveri. Con questa differenza: che, oggi, i nuovi poveri non custodiscono più la sapienza di arrangiarsi. L’ho già detto. Non sanno fare niente: coltivare la terra, rubare, spennare un pollo, fare a pugni, accendere un fuoco, caricare un’arma. Diventeranno un esercito di disperati ben peggiore di quelli del film. Alcuni  torneranno a prostituirsi, altri ingrosseranno la malavita: i più si lasceranno morire per le strade.
In altre parole, se nulla cambia: i baraccati di Scola siamo noi fra trent’anni.
Certo, ci sono differenze, ma sono secondarie. Siamo più scolarizzati, ma tale acculturazione non è più sinonimo di cultura: un tredicenne che esce dalla terza media è spesso più ignorante d’un analfabeta d’antan; abbiamo alti sogni e aspirazioni, ma questi, senza soldi, spariranno ben presto onde far posto all’impellenza del quotidiano: la pagnotta; sembriamo più civili, ma anche ciò è una biacca culturale che si scioglierà ben presto. E senza soldi diventeremo più brutti (i poveri imbruttiscono velocemente e si accoppiano inevitabilmente fra loro), più sporchi, e sicuramente molto più cattivi: il che, forse, sarà un passo avanti per l’Italia poiché segnalerà una calda passione per l’esistenza, superiore all’odierna abulia politica e sociale.
Le avvisaglie della débâcle già ci sono, peraltro negli stessi luoghi in cui Brutti, sporchi e cattivi fu girato:

leggi tutto qui: http://pauperclass.myblog.it/2015/08/27/siamo-noi-i-brutti-gli-sporchi-i-cattivi-alceste/

Historia, magistra vitae

Il caso greco e quello italiano dimostrano in pieno tutta la “nullità inesorabile” delle elezioni liberaldemocratiche. I risultati – espressione, su un piano teorico, della cosiddetta volontà popolare – non contano nulla, possono essere ribaltati, si può agire dietro le quinte agevolmente per tornare alle urne. Così in Grecia, a giochi già fatti. O si può agire per negare a talento il voto politico, tenendo in piedi un governo “nominato”. Così in Italia, paese in cui il processo di rischiavizzazione del lavoro, di distruzione del sociale e di privatizzazione (“le riforme che il paese aspetta”) deve essere portato a compimento nel breve-medio periodo .

Allora, se il programma è sempre quello della troika, ispirato dai mercati finanziari e dagli investitori, se i capi di governo si scelgono nei “salotti buoni” del neocapitalismo, incuranti del verdetto delle urne, ai popoli dominati non resterebbe che l’anelito rivoluzionario, per rovesciare il sistema e cambiare radicalmente le politiche di governo, nonché le alleanze internazionali dei paesi liberati.

Si fa un gran parlare dell’urgenza del ritorno alla sovranità, monetaria e politica, degli stati che l’hanno “devoluta” al sopranazionale, per impostare politiche sociali e industriali che arrestino la caduta della vecchia Europa, e in particolare di paesi malridotti come l’Italia. Questo è certo un tema cruciale, anzi, per alcuni è addirittura il vero e il solo vulnus. Per riappropriarsi sovranità e moneta, visto che elezioni non servono a niente, ritualizzate come sono e incapaci di modificare lo status quo, ci vorrebbe una bella Rivoluzione, che incida sui rapporti sociali, sugli assetti politici e sul sistema di alleanze internazionali.

Leggi tutto su: http://pauperclass.myblog.it/2015/08/21/ne-le-elezioni-ne-la-rivoluzione-ci-salveranno-eugenio-orso/

Purtroppo non posso che concordare e confidare che la Storia, che ha sempre sconfitto le velleità totalitarie di tutti gli imperi, faccia finire presto anche questo (ma non sarà indolore per nessuno).

La guerra delle monete l’ha iniziata la BCE

la Germania non riesce a concepire un modello di sviluppo che non passi per la manipolazione della propria valuta ai danni altrui. Chi vuole parlare di guerra valutaria si ricordi che a dichiararla è stata la Germania, quando, da massima potenza esportatrice mondiale, ha ingiunto a Draghi di deprezzare l’euro.

zeroconsensus

china deutschlanddi Alberto Bagnai (*)

 

Vladimiro Giacché ha commentato così su Twitter le ultime vicende cinesi: “La Cina svaluta dell’1,9% e molti gridano alla guerra valutaria. Gli stessi che ritengono un regalo la rivalutazione del 350% del marco DDR”. Vi chiederete: “Ma cosa c’entrano vicende europee di 25 anni or sono con quanto sta accadendo in Cina oggi?” Risponderò con dei dati e un proverbio (italiano, perché dalla Cina importiamo già troppo).

Nel 2013 il surplus della bilancia dei pagamenti dell’Eurozona ha superato quello della Cina: rispettivamente, 251 e 182 miliardi di dollari. Questo risultato ovviamente è dovuto all’unica economia rimasta in piedi, quella tedesca. La Germania aveva superato la Cina nel 2011: 228 miliardi di surplus estero contro 136. Cina e Germania sono le due più forti potenze esportatrici al mondo, ma hanno gestito questa loro posizione in modo molto diverso.

La Cina ha lasciato rivalutare il renminbi rispetto…

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Te lo do io il sogno americano

Negli USA la stratificazione sociale si tocca con mano

il Simplicissimus

Quando ero ragazzo, l’apice della retorica liberal democristiana, l’argomento principe, era che bisognava far andare i lavoratori in Urss per dissuaderli dal votare comunista. Non sarebbe stato male ribaltare il ragionamento  e invitare la sterminata piccola borghesia conservatrice ad andare in Usa per rendersi conto delle cose al di là dell’immagine patinata del cinema e della televisione. Tutte le volte che vedo un telefim americano mi chiedo dove le vadano a trovare le strade così lisce visto che gran parte delle highway è pessimamente rattoppata, come mai non compiano le sterminate cittadine fatte da roulottes, perché di New York o di Chicago non si vedono mai i quartieri davvero degradati, ampiamente utilizzati invece nei film del dopo bomba Eppure la conoscenza dell’America deriva proprio da questo bombardamento senza fine di immagini prive di realtà mentre il 99% dei fortunati che oltre atlantico ci sono andati davvero limita la sua conoscenza ai centri delle città…

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