La guerra in Libia

Secondo il New York Times (e questo dato è stato confermato dal Pentagono), la mattina del 19 febbraio aerei da guerra statunitensi attaccavano la città di Sabratha nella Libia occidentale. Diverse decine di persone, tra militanti e civili, morirono (secondo il New York Times i militanti uccisi furono almeno 30. Reuters riferiva di 41 morti e 6 feriti. Al-Arabiya menzionò 46 vittime). In precedenza fu detto che i militari degli Stati Uniti in Libia avevano effettuato almeno un altro attacco aereo a novembre. Così, proprio come previsto, gli Stati Uniti aprivano il terzo fronte della lotta allo SIIL, oltre alle operazioni in Iraq e Siria.
Sulla partecipazione di militari francesi nell’operazione in Libia, secondo le informazioni di numerosi siti francesi, unità francesi saranno dispiegate in Libia da metà febbraio nelle regioni orientali. Un gruppo opera sotto gli auspici del Ministero della Difesa. Un secondo è un’unità della DGSE, i servizi d’intelligence francesi. Inoltre, secondo l’Opinon, la portaerei francese Charles de Gaulle è stata schierata presso le coste libiche. Circa un migliaio di militari francesi, riporta direttamente il Palazzo dell’Eliseo, sono segretamente arrivati in Libia. Secondo la dottrina militare francese, unità speciali e segrete sono considerate forze d’avanguardia. Notizie via internet dell’Huffington Post statunitense, riferendosi all’Huffington Post Arabia, confermano l’arrivo di militari francesi in Libia per un’operazione contro lo SIIL. Le autorità libiche, tuttavia, si oppongono all’intervento internazionale, che la Francia pianifica da diversi mesi. Si sono accordati sugli attacchi contro lo SIIL, ma resistono all’idea della presenza di una coalizione di Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia nel Paese. Inoltre, molti esperti ritengono che le operazioni militari “segrete” di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro lo SIIL in Libia istigheranno conflitti in altri Paesi del continente. Anche se la coalizione occidentale lanciasse attacchi aerei contro le posizioni dello SIIL, e le sue forze speciali svolgessero “incursioni sotto copertura” in Libia, rimane qualche dubbio sulla possibilità di trovare forze sul campo affidabili, in grado di controllare il territorio tolto ai militanti. Questo dilemma potrebbe “invogliare” statunitensi e francesi ad inviare forze di terra in Libia per “risolvere problemi tecnici specifici”, come negli scenari siriani e iracheni, facendo esplodere un altro focolaio di tensioni nel mondo. Anche se le azioni occidentali contro i terroristi dello SIIL in Libia possono essere in qualche modo giustificate, va comunque chiarito che non sono legali in quanto mai autorizzate dalle Nazioni Unite e in violazione delle norme internazionali. Se la mancanza di rispetto delle norme e delle leggi internazionali, nonché delle istituzioni internazionali, recentemente dimostrate da Stati Uniti e alleati occidentali in molte occasioni, continua, l’ONU sarà consegnata all’oblio. In questo caso, le decisioni su eventuali conflitti e disaccordi in futuro non saranno più generate attraverso negoziati internazionali, e il mondo sarà schiacciato dal dominio degli Stati Uniti determinando la subordinazione generale della popolazione del pianeta a Washington.

Fonte: https://aurorasito.wordpress.com/2016/03/04/la-guerra-non-dichiarata-della-francia-in-libia/

Libia

La fine dell’Italia: l’inizio

Finalmente il bluff è finito. L’impazienza incontrollata dei tecnocrati è stata finalmente saziata. Mario Monti, re incontrastato della tecnocrazia europea, è divenuto ufficialmente presidente del Consiglio, in barba alla volontà popolare e ad ogni principio democratico. Dopo il simil-golpe di Napolitano, sono arrivati gli attestati di stima al nuovo governo da varie parti: dal duo delle meraviglie Santoro/Travaglio, dal faziosissimo Tg3, dal montiano Corriere della Sera, dall’opposizione del PD e dalle piazze che sprizzavano gioia per la “caduta” del minitiranno Silvio Berlusconi. Si dice che la caduta del governo sia imputabile all’aumento dello spread e alla scarsa credibilità internazionale dell’esecutivo, ma il Financial Times, giornale della City di Londra, vaglia un altro scenario. Secondo il quotidiano, il numero uno della Bce Mario Draghi è stato “un complice involontario della caduta di Berlusconi in quanto non ha provveduto ad acquisti massicci di titoli italiani”, mettendo così “in mora l’Italia perché non avrebbe attuato le riforme da lui stesso suggerite assieme a Trichet”, e cioè quelle contenute nella famosa lettera della Bce di agosto.[1]

Il paradosso più evidente è che quelli che esultavano per la caduta di B. e per l’avvento dell’eroe Monti, sono gli stessi che scendevano nelle piazze per protestare contro la lettera di intenti della Bce, non sapendo che, se Berlusconi ha fallito sul piano delle riforme, Monti ne uscirà sicuramente vincitore. Infatti, sul piatto ci sono la riforma del sistema pensionistico, la riforma del mercato del lavoro, l’introduzione di nuove tasse, tagli alla spesa pubblica ecc., vere e proprie misure “lacrime e sangue”. Tutto questo per salvare l’Europa e l’euro, dopo che l’Italia ne aveva minato la credibilità, non essendo stata in grado di operare con rigore sul piano delle riforme. Ed è proprio questo il dogma intoccabile nell’opinione pubblica e nel consesso politico: l’Europa e l’euro. Dopo le timide accuse dell’ex premier alla moneta unica, sulla carta stampata è successo il finimondo: sono insorti il capo dello Stato, i protoeuropeisti Ciampi e Prodi, e nell’agone si muoveva sornione anche il tecnico Monti, che dalle colonne della sua roccaforte “Il Corriere della Sera”, ammoniva il premier affermando che l’euro aveva salvato l’Italia, avendo “portato negli ultimi 12 anni un’inflazione ben più bassa di quella che abbiamo avuto con la lira”.[2] Non va dimenticato che l’ultraeuropeista Monti è lo stesso che ha affermato, qualche mese fa, che “oggi stiamo assistendo al grande successo dell’euro, e la manifestazione più concreta di questo successo è la Grecia, costretta a dare peso alla cultura della stabilità con cui sta trasformando se stessa”.[3] Quindi, il sacrificio sull’altare dell’euro imposto dalla cultura del rigore forzato, dalla disciplina maniacale dei conti pubblici, altro non è che un successo consegnatoci dall’Europa e dall’euro per il nostro bene supremo. Sulla stessa linea anche i commenti di Ciampi e Prodi.

Quindi, la causa della speculazione contro l’Italia va ricercata solo nelle sue colpe, che hanno un solo nome: debito pubblico. Però non si spiega come gli Stati Uniti, che hanno un debito intorno al 100% del Pil e un deficit di bilancio del 9,1%, riescano a piazzare i propri bond a tassi vicini allo 0. Analoga situazione per il Giappone, che ha un debito pubblico intorno al 233% del Pil e alla Gran Bretagna che non se la passa molto meglio dell’Italia. Ma perché accade questo? Questo accade perché gli Usa, il Giappone e la Gran Bretagna avendo come monete il dollaro, lo yen e la sterlina possono, in caso di bisogno, stampare carta moneta quando vogliono (come fa la FED), e chi compera i loro titoli ha questa certezza dalla loro parte. Questo non può avvenire con l’euro, dato che la Bce, per statuto e per il dogma della lotta all’inflazione, non può essere prestatore di ultima istanza per gli Stati. In poche parole, essa non può monetizzare il debito.

Al di là delle questioni tecniche riguardanti l’euro, un altro problema della moneta unica lo ha riscontrato il “Chicago boy”(per la verità non tanto boy) Antonio Martino, che in risposta all’apologia dell’euro di Monti risponde: “Monti sa bene che non è affatto vero che la bassa inflazione degli ultimi anni significhi che l’euro non ha perso potere d’acquisto in termini di beni e servizi. Con uno stipendio mensile di due milioni di lire si viveva, anche se non agiatamente, con mille euro certamente no. L’inflazione non c’entra, la colpa è della luciferina presunzione di chi ha ritenuto di potere stabilire a priori il potere d’acquisto esatto di una moneta fiduciaria mai prima esistita. E’ questa la ragione per cui da sempre mi sono battuto contro questa aberrazione logica, conquistandomi le critiche del mio amico Mario Monti, che non ha mai nemmeno lontanamente pensato che chi ragionava in modo diverso dagli euro-bacchettoni potesse avere ragione”.[4] Quindi, secondo Martino, e secondo le tasche di molti italiani, il potere di acquisto dell’euro rispetto alla tanta vituperata lira si è di fatto dimezzato!(fin dall’inizio, avendo fissato il tasso di cambio a 1927 lire per un euro, aggiungiamo noi)

Un altro feticcio che ricorre con frequenza è quello dell’ipotetica implosione italiana qualora essa non fosse entrata nell’euro, all’urlo entusiastico di: “l’euro ci ha salvato la vita!” Nessuno mette in dubbio che la nostra moneta (la lira) non se la passasse molto bene durante gli anni ’90, ma questo feticcio crolla rapidamente quando si ascoltano le parole dell’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, colui che si adoperò con tutte le sue forze affinché l’Italia entrasse nella prima tranche dell’euro. Egli, che aveva certamente una faccia più sveglia di quella di Prodi e Ciampi, nel 1996 affermò: “un’Italia fuori dall’euro farebbe una concorrenza rovinosa all’industria tedesca. L’Italia deve quindi essere subito parte dell’euro, alle stesse condizioni degli altri partner”.[5] Per questo, chi è stato salvato dall’euro?

Viel Erfolg!
A.D.G. LA VOCE DEL CORSARO

note:

[1]http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFartico…

[2]http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFartico…

[3] http://www.youtube.com/watch?v=Qq7omxEXhR8

[4] vedi nota 2

[5] http://www.antiit.com/2011/03/quando-kohl-impicco-litalia...

http://lavocedelcorsaro.myblog.it/archive/2011/11/15/eurofetish-il-feticismo-dell-euro-pa-e-la-sodomizzazione-dei.html

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Non per soldi

I creditori del paese ellenico, pur non avendo trovato ancora una posizione comune, insistono per una linea dura nei confronti del Governo di Atene, simile a quella tracciata da Poul Thomsen, responsabile del FMI, il quale ha chiesto nuove misure di austerità calcolate in 7,5-9 miliardi di euro entro il 2018 ,insieme al taglio alle pensioni. Nel frattempo  l’inflessibile ministro delle finanze tedesco Schaeuble ha accusato il Governo greco di aver creato un “diversivo” con la crisi dei profughi profughi per non rispettare gli impegni che sono stati assunti per il superamento della crisi dell’Eurozona”. In pratica i tedeschi accusano il governo di Atene di approfittare dei profughi per “distrarre” i creditori e dilazionare i propri obblighi di pagamento adducendo scuse. Naturalmente queste accuse hanno ulteriormente incrementato la rabbia e la ripulsa verso la Germania e le politiche dell’Unione Europea da parte della popolazione greca. Il portavoce del FMI ha insistito nel richiedere al Governo greco un ulteriore taglio di 9 miliardi di euro con misure che siano destinate al taglio delle pensioni e dell’assistenza sociale, quale coronamento degli impegni presi, se queste misure porteranno alla fame la popolazione anziana e le famiglie già fortemente in difficoltà non è questione che interessi ai funzionari del FMI che hanno grande attenzione ai conti finanziari ed al recupero dei crediti concessi, costi quello che costi. Il dibattito e le polemiche sono molto forti nel Governo, lo stesso che ha tradito le istanze richieste dalla popolazione nelle ultime elezioni, e si è inchinato alle direttive dei potentati finanziari internazionali. Il ministro delle Finanze greco, Euclide Tsakalotos, parlando in Parlamento, ha fortemente criticato il Fmi per la posizione dura espressa verso la Grecia, con la richiesta di ulteriori misure di austerità.

“Le pensioni in Grecia sono state tagliate 11 volte da quando il Paese ha firmato il suo primo piano di salvataggio nel 2010 e Atene non è possibile procedere ulteriormente”, ha sottolineato Tsakalotos. Si è fatto sentire anche il ministro del Lavoro George Katrougalos il quale ha dichiarato che “la votazione sul disegno di legge per la riforma delle pensioni e’ stato notevolmente ritardato a causa della posizione del Fmi e per le sue richieste irragionevoli”. Lo stesso ha sottolineato le difficoltà della situazione in cui si trova il paese ed ha “implorato” i creditori di avere pazienza e di cercare un possibile accordo che in pratica significherebbe una dilazione del debito superando la posizione intransigente del FMI. La prossima settimana è prevista una riunione dell’Eurogruppo per discutere la popsizione della Grecia. Nel frattempo le piazze si agitano e sono in corso manifestazioni e disordini nelle varie città greche e dalle piazze arrivano forti accuse di tradimento nei confronti degli esponenti del Governo Tsipras. Gli osservatori notano che i problemi che possono ancora esplodere sono legati anche alle sofferenze bancarie del paese ed alle privatizzazioni previste dei servizi pubblici  che determineranno un aumento nel costo di tutti i servizi. Nessun alleggerimento o rallentamento delle misure risulta previsto per causa della crisi migratoria e degli alti costi per l’accoglienza dei rifugiati, come stabilito dal ministro tedesco Schaeuble. In questo contesto di forti difficoltà finanziarie si manifesta una situazione sociale al bordo del collasso e di aperta ribellione contro i diktat della Troika.

estratto da http://www.controinformazione.info/la-grecia-sullorlo-del-collasso-tra-crisi-finanziaria-ed-invasione-di-profughi-sospinti-dalla-turchia/