E noi invece…

La buona notizia: subito dopo la visita di Obama che ha ordinato di non uscire dall’Europa, il numero degli inglesi che voteranno il Brexit è diventato maggioranza. E’ la prima volta, secondo i sondaggi. Ma non è tutto ‘merito’ del mezzo-kenyota (come l’ha chiamato il sindaco della capitale Boris Johnson). E’ che è ora pubblico il rapporto della London School  of Economics sugli effetti del TTIP, il trattato transatlantico. Lo studio l’aveva commissionato Cameron, sperando di trovarvi argomenti per la sua propaganda atlantista. Dopo averlo  letto, l’ha secretato. E’ stato costretto  a  rilasciarlo  in base al Freedom Of Information Act (un tipo di legge sulla libertà d’informazione che in Italia non esiste) su istanza giudiziaria di  Global Justice Now, un gruppo di cittadini attivi.

La London School (LSE) è una storica università  imperiale, una delle centrali dell’ortodossia liberale, ovviamente pro-governativa,  mica un sito alternativo. Ebbene: la sua valutazione del TTIP è devastante. Per il Regno Unito, dice chiaro, l’introduzione del Trattato transatlantico “configura moltissimi rischi e quasi nessun beneficio”.

L’istituto – che è una voce autorevolissima –  punta il dito specificamente sulle camere arbitrali,  i tribunali (privati e segreti) istituiti dal Trattato, davanti a cui le multinazionali possono trascinare gli Stati, protestando che certe leggi ostacolano il suo business, e quindi la libera concorrenza. Fra gli esempi, il LSE ne ricorda alcuni: l’Australia querelata dalla Philip Morris per aver imposto per legge pacchetti anonimi; la Philip Morris che denuncia l’Uruguay per aver questo stato messo un annuncio del tipo “Il fumo danneggia la salute” sui pacchetti.

Esempi più sinistri ancora: l’Argentina denunciata e condannata per avere bloccato i prezzi  delle bollette elettriche,  a protezione dei cittadini consumatori, durante il tragico collasso economico.  La Veolia, la multinazionale francese che gestisce i servizi di acqua, energia e nettezza pubblica, la quale ha avuto lo stomaco di denunciare l’Egitto per aver introdotto il salario minimo, cosa che secondo la ditta la danneggia.

Non potrebbe essere più chiaro: non è capitalismo, è il ritorno alla legge della jungla.

LEGGI TUTTO: http://www.maurizioblondet.it/persino-londra-ttip-invece-obbediamo/

Sarà Brexit?

Gli argomenti sono gli stessi già impiegati da William Hague: Londra è il garante della natura atlantica dell’Unione Europea, è la cancelleria che tiene Bruxelles nell’orbita di Washington, è la potenza che ha imposto al resto dei 28 membri le sanzioni all’Iran ed alla Russia (spalleggiata da Angela Dorothea Kasner, alias “Merkel”), è il baluardo degli interessi angloamericani nella UE, intesa in termini geopolitici come la “testa di ponte” di Washington sul continente euroasiatico. Non c’è quindi da meravigliarsi che Barack Obama si spenda pubblicamente contro il Brexit9 (intervenendo a gamba tesa negli affari di un Paese terzo), a differenza di Vladimir Putin che, in privato, tiferà quasi sicuramente per il Brexit e la sua conseguente implosione della UE.

Già, perché sono basse le probabilità che la City e Wall Street risparmino l’Unione Europea nel caso di un addio inglese: sarebbe troppo grande il rischio la UE si evolva in nuovo “blocco continentale” napoleonico, egemonizzato dalla Germania, oppure, ancor peggio, in quell’Europa “dall’Atlantico agli Urali” preconizzata da Charles De Gaulle, il vero incubo strategico delle potenze marittime anglosassoni. Sarebbe più concreto invece lo scenario di un Brexit seguito a ruota dall’assalto speculativo che infligga il colpo di grazia alla già debilitata eurozona, sancendo così l’implosione dell’Unione Europea: il pericolo di un blocco continentale a guida tedesca sarebbe così scongiurato e si tornerebbe alla tradizionale politica dell’equilibrio tra potenze con cui Londra ha gestito per secoli gli affari europei, magari nella cornice del TTIP per ostacolare lo scivolamento dell’Europa verso est.

Concludendo, il 23 giugno sarà probabilmente la prima tappa dello smantellamento formale della UE (quello sostanziale risale alle restrizioni sui movimenti dei capitali adottate a Cipro nel 2013): sommando altre emergenze, come l’atteso picco migratorio, il rigurgito della Grexit, la riedizione delle elezioni spagnole ed i probabili sconquassi borsistici di accompagnamento, l’estate 2016 si preannuncia la più bollente degli ultimi decenni.

estratto da http://federicodezzani.altervista.org/brexit-tutto-finira-la-dove-tutto-e-cominciato/

Macedonia

macedonia

Da sei mesi la Macedonia è (cito)  “la via di passaggio dell’intrusione illegale massiccia chiamata da Berlino in agosto, ed ha visto transitare sul proprio territorio circa l’equivalente della propria popolazione”. Ciò secondo i militari di Parigi, ha sospeso la destabilizzazione occidentale, “perché una destabilizzazione completa avrebbe turbato il transito migratorio” (si noti come per i militari francesi l’alluvione di profughi  non abbia nulla di spontaneo); la UE ne ha approfittato per ingerirsi brutalmente nel piccolo paese renitente ad entrare nella NATO, per esempio imponendo “libere elezioni” che sono state fissate per il 5 giugno prossimo.  Evidentemente nel calcolo che le elezioni le avrebbe vinte la “opposizione democratica”; infatti subito dopo si sono avute spontanee manifestazioni di piazza, che hanno avuto a pretesto l’amnistia concessa dal governo a una quindicina di politici – non solo suoi, ma dell’opposizione – per uno scandalo di intercettazioni telefoniche.  Manifestazioni immediatamente violentissime, con  lanci di Molotov al palazzo del governo.Ciò, mentre il paese  ha ben altri problemi: fra cui il transito ininterrotto di milioni di profughi. A febbraio, quando una decina di altri paesi a monte (notoriamente capeggiati dall’Ungheria) ha reintrodotto i  controlli alle frontiere, bloccando il transito, “la Macedonia non poteva più, logicamente, lasciare entrare folle di clandestini che non potevano poi passare oltre”.  Da qui la chiusura del confine con la Grecia, dove migliaia di immigranti illegali si sono trovati bloccati: nel campo di Idomeni in Grecia, non a caso subito  illuminato dai media, e dai suoi inviati, a lacrimare sulle tremende sorti dei bloccati. Giorni fa c’è stato un tentato assalto di centinaia di questi immigrati contro i reticolati macedoni: un attacco concertato, organizzato da  un misterioso volantinaggio. La polizia macedone ha impedito lo sfondamento con lacrimogeni e (dicono i media)  pallottole di gomma,  occasione d’oro per presentare il “regime macedone”  come brutale e insensibile.  Accuse odiosamente false, se si tiene conto “che gli effettivi di quelli che si preparano all’intrusione per effrazione (del reticolati macedoni)  è ufficialmente superiore all’effetto totale dell’esercito macedone”; i baldi   giovani che  si lanciano con sempre maggior energia dal campo di Idomeni  sono tanti e così violenti,  per cui “fischietti e manganello  non sono sufficienti”.

A questo punto, come reagisce l’Europa? Al  solito: impone sanzioni alla Macedonia e – udite – le impone di annullare le elezioni che lei stessa aveva ordinatori tenere il 5 giugno. Evidentemente, i sondaggi le hanno detto che “l’opposizione democratica” (alla Soros) non ha alcuna   rilevanza nel paese, e dunque si passa al  cambio di regime  a-democratico:  secondo i militari di Parigi, gli agitatori professionali di OTPOR (la versione serba di CANVAS, ossia dell’organizzazione di Soros-USAID che organizza a comando rivoluzioni  colorate)  sono già sul posto e hanno già trasformato  le “spontanee proteste di massa” in scontri violenti: c’è fretta di cambiare regime, per riaprire il transito dei “profughi”.

Attenzione a queste righe, che riguardano  anche noi: “I decisori dell’immigrazione (sic) non avevano intenzione di lasciare che si chiudesse la via terrestre (e marittima) , perché avevano giusto deciso, a causa della chiusura delle frontiere della Serbia e dei paesi vicini, Austria  Ungheria, di riorientare i flussi un po’ più  verso Ovest (molto più montagnoso) , incaricando le forze d’occupazione della NATO in Kosovo  a trasferire gli interessati dalla frontiera macedone a quella albanese, poi di assicurare il loro trasporto per mare dall’Albania all’Italia. La Macedonia [in questo progetto] resta una via di  passaggio non evitabile”. Da cui la decisione di  cambio di regime.

Si noti:  centinaia di migliaia di “profughi” saranno diretti  per mare verso l’Italia, ma non prima di essere fatti transitare per il Kosovo: ossia  sotto  la gestione del locale  ‘governo’ criminale  e delle ‘forze armate’ dell’UCK dedite  ad ogni tipo di spaccio, che vi troveranno le più succulente occasioni di guadagno – sotto l’occhio benevolente della NATO e della UE. Senza parlare delle infinite possibilità di infiltrazione  dei  suddetti  delinquenti armati tra i poveri profughi, disponibili a qualunque “attentato islamico” anche sulle nostre spiagge – come hanno strombazzato i media –  secondo quanto farà comodo ai “decisori” di mostrare che l’IS è qui,  in Italia.

estratto da http://www.maurizioblondet.it/macedonia-cambio-regime-corso-ci-riguarda/

Kurdistan

Cinquecento anni di guerra
Le popolazioni di etnia curda, a seguito della deliberata suddivisione anglo-francese dell’impero ottomano crollato dopo la prima guerra mondiale, ebbero negate la sovranità nazionale. La cultura curda precede la nascita dell’Islam e del cristianesimo, risalendo a circa 2500 anni fa. Etnicamente i curdi non sono arabi o turchi. Sono curdi. Oggi sono in prevalenza sunniti, ma i popoli etnicamente curdi contano 35 milioni di persone suddivise tra quattro Stati confinanti. La lotta contro i turchi, che l’invasero dalle steppe dell’Asia centrale durante la dinastia selgiuchide, alla metà del 12° secolo, fu lunga e travagliata. Nel 16° secolo le regioni curde furono il campo di battaglia delle guerre tra turchi ottomani e impero persiano. I curdi persero, proprio come i polacchi nei secoli scorsi. Nel 1514 il sultano turco offrì ai curdi ampia libertà e autonomia, se aderivano all’impero ottomano dopo la sconfitta dell’esercito persiano. Per gli ottomani i curdi fungevano da cuscinetto contro una futura possibile invasione persiana. La pace tra il sultanato turco e il popolo curdo durò fino al 19° secolo. Poi, quando il sultano turco decise di forzare i curdi dell’impero a rinunciare all’autonomia, nei primi anni del 19° secolo, i conflitti tra curdi e turchi ricominciarono. Le forze ottomane, consigliate dai tedeschi, tra cui Helmut von Moltke, intrapresero guerre brutali per soggiogare i curdi indipendenti. Le rivolte curde contro un sempre più fallito e brutale sultanato ottomano continuarono fino alla prima guerra mondiale, combattendo per uno Stato curdo indipendente da Costantinopoli. Nel 1916 l’accordo segreto anglo-francese Sykes-Picot chiese nel dopoguerra la spartizione del Kurdistan. In Anatolia, l’ala religiosa tradizionale del popolo curdo si alleò con il leader turco Mustafa Kemal, in seguito Kemal Ataturk, per evitare il dominio degli europei cristiani. Kemal andò dai capi tribali curdi a chiedere aiuto nella guerra per liberare la Turchia moderna dalle potenze coloniali europee, in particolare inglesi e greci. I curdi combatterono nel 1922 a fianco di Kemal nella guerra d’indipendenza turca per liberare l’Anatolia occupata e creare una Turchia indipendente dall’occupazione inglese e greca. I sovietici sostennero Ataturk e i curdi contro l’alleanza anglo-greca. Nel 1921 la Francia cedette una delle quattro regioni curde in Siria, bottino di guerra francese assieme al Libano. Nel 1923 alla Conferenza di Pace di Losanna, le potenze europee riconobbero formalmente la Turchia di Ataturk, piccola parte dell’impero ottomano pre-bellico, e cedettero la maggior parte della popolazione curda in Anatolia alla nuova Turchia indipendente, senza garanzie di autonomia o diritti. I curdi iraniani vissero in costante conflitto e dissenso con il governo dello Shah. Infine, il quarto gruppo curdo fu solo assegnato dal Sykes-Picot al dominio inglese chiamato Iraq. C’erano note ricchezze petrolifere presso Mosul e Qirquq. La regione era rivendicata da Turchia e Gran Bretagna, mentre i curdi chiesero l’indipendenza. Nel 1925 la Gran Bretagna ottenne dalla Lega delle Nazioni il mandato sull’Iraq ricco di petrolio compresi i territori curdi. Gli inglesi promisero di permettere ai curdi di avere un governo autonomo, un’altra promessa non mantenuta nella sordida storia delle avventure coloniali inglesi nel Medio Oriente. Alla fine del 1925 il Paese dei curdi, conosciuto dal 12° secolo come Kurdistan, fu diviso tra Turchia, Iran, Iraq e Siria, e per la prima volta in 2500 anni fu privato dell’autonomia culturale.

Mentre la Russia ritira gran parte dei suoi aerei, negli ultimi giorni Mosca ha chiarito che manterrà la base navale di Tartus e la base aerea di Humaymim nei pressi di Lataqia, così come le avanzate batterie antiaeree S-400 per impedire eventuali attacchi aerei da Turchia e Arabia Saudita sulla regione autonoma curda della Siria. Inoltre, la Russia non ha ritirato i caccia Su-30SM e Su-35 da Humaymim, dimostratisi nelle prime settimane dell’intervento russo abbastanza impressionanti, assieme agli aerei d’attacco a lungo raggio Su-34 che possono attaccare obiettivi in Siria decollando dalla Russia meridionale, se necessario. Anche i missili da crociera russi, dalla gittata di 1500 chilometri (Kalibr) e 4500 km (Kh-101) possono decollare dal Caspio. Il curdo PYD e il suo braccio armato in Siria espandono aggressivamente il territorio controllato lungo il confine siriano-turco. Ankara è allarmata, per usare un eufemismo. Il PYD è una filiale del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Partiya Karkeren Kurdistane) o PKK, in sanguinosa guerra per la sopravvivenza contro l’esercito turco. La Russia riconosce il PKK, che ha sostenuto contro il membro della NATO Turchia, durante la guerra fredda, e il PYD. Il PKK fu fondato dal curdo turco Abdullah Oçalan nel 1978, e fu sostenuto da Russia e Unione Sovietica fin dall’inizio. Le relazioni russo-curde risalgono alla fine del 18° secolo. Negli anni ’80, nel periodo della Guerra Fredda, la Siria di Hafiz al-Assad, padre di Bashar, era uno Stato cliente sovietico e vitale sostenitore del PKK, fornendo al gruppo basi sicure in Siria. E in Siria, il braccio armato del PYD ha ricevuto armi e supporto aereo russi per espandere aggressivamente il territorio che controlla lungo il confine siriano-turco, negli ultimi mesi, quindi non sorprende che a Mosca, e non a Washington, il PYD ha scelto di aprire il primo ufficio di rappresentanza estera….

Alleanza russo-israelo-curda?
Come con i curdi iracheni, i curdi della Siria partecipano ai colloqui dietro le quinte con il governo Netanyahu per stabilire delle relazioni. Secondo la professoressa Ofra Bengio, a capo del programma di studi curdi dell’Università di Tel Aviv, in un’intervista a The Times of Israel, i curdi siriani sono disposti ad avere relazioni con Israele, così come con la Russia. Bengio ha dichiarato, riferendosi ai capi curdi siriani, “so che alcuni si sono recati di nascosto in Israele, senza pubblicizzarlo“, e lei stessa ha detto di aver avuto contatti personali con i curdi siriani che sarebbero disposti ad avere rapporti. “Come con i curdi dell’Iraq, dietro le quinte. Una volta che si sentiranno più forti, si potrà pensare a relazioni aperte”, aveva detto. Nel 2014, Netanyahu dichiarò: “Dobbiamo… sostenere l’aspirazione curda all’indipendenza“, aggiungendo che i curdi sono “una nazione di combattenti (che) ha dimostrato impegno politico e di essere degna dell’indipendenza”.

https://aurorasito.wordpress.com/2016/04/15/autonomia-curda-piano-b-di-kerry-o-piano-a-di-putin/

I post su FB

Premessa: La Camera ha dato – il 12 aprile 2016 – il via libera alle Riforme Costituzionali. Il ddl Boschi è passato facilmente a Montecitorio nel suo voto finale: 361 voti favorevoli e 7 contrari. Ora saranno i cittadini a decidere sull’entrata in vigore della riforma: il referendum confermativo sarà – anche se manca ancora l’ufficialità – ad ottobre 2016.
Domanda: dov’era il M5S che aveva così dichiarato il 27 luglio 2013?

Al grido di: “mangereste pane del 1948?” si apprestano a riscrivere la Costituzione (e nessuno se ne accorgerà in autunno)
terzapaginainfo.wordpress.com
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Paolo Giatti
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C’è stato, certo, un momento“rivoluzionario” del M5S, quello coinciso grossomodo col periodo che intercorre tra la nascita ufficiale nell’ottobre 2009 e le elezioni europee del maggio 2014, ma a questa fase è presto subentrata quella “borghese” ed accomodante, coincisa con l’amara constatazione dell’establishment euro-atlantico che la situazione italiana è così critica che neppure l’enfant prodige Matteo Renzi si è dimostrato all’altezza, spalancando così le porte ad un esecutivo pentastellato, ultimo colpo in canna.

Addio a Gianroberto Casaleggio, l’anima “british” del Movimento 5 Stelle Scritto il aprile 13, 2016 by Federico Dezzani Twitter: @FedericoDezzani Si è spento a 61 anni, vittima di un tumore, Gianroberto Casaleggio, guru del Movimento 5 Stelle. Definirlo “guida spirituale” o “cofondatore” è riduttivo…
federicodezzani.altervista.org
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Paola Paganelli
Paola Paganelli E chi sarebbe questo Dezzani per saperla così lunga? Leggo da un commento all’articolo: “D’altronde anche io potrei scrivere un articolo dimostrando che dietro Dezzani ci sono gli americani che non sopportano che il M5S sia contro il TTIP,contro il Muos,contro le guerre della Nato,per la rimozione delle sanzioni alla Russia e per una Italia sovrana e indipendente”.

Antonella Parmeggiani ha risposto · 2 risposte
Paolo Giatti
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Secondo la rivista specializzata inglese “Janes”, il 3 novembre 2015 81 container con fucili d’assalto AK-47, mitragliatrici PKM, mitragliatrici pesanti DShK, lanciarazzi RPG-7 e sistemi missilisti…
terzapaginainfo.wordpress.com
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Paolo Giatti
Paolo Giatti A #tuttalacittàneparla, #Radio3, una delle peggiori trasmissioni di sempre, bombardamento mediatico contro l’Egitto sulla scia dell’caso #Regeni. Microfoni aperti alle prefiche dei “diritti civili” a corrente alternata (standard USA) e tutti monocordi Altro…

Paolo Giatti
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Venticinque anni fa spariva Federico Caffè, uno dei più illustri economisti italiani, tra i primi a sviluppare il pensiero di Keynes in Italia.  Proponiamo un estratto di un ampio documento di Mari…
keynesblog.com
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Paolo Giatti
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Paolo Giatti ha pubblicato una nota.
[curiosa la coincidenza, che m’impegno a verificare personalmente, dell’apparizione sulla stessa rivista della recensione al volume: Il male luminoso: comunicazione, società, politica – del giovanissimo concittadino Fabio Bergamini. Un’avvincente riflessione habermasiana sul catastrofismo dei «nuovi idoli post-moderni», che ci invita a riflettere, con prudenza e disincanto, sulle parole-chiave “benessere e sviluppo”, ma anche “libertà e democrazia”, al fine di rimpossessarsene, con un ormai dimenticato protagonismo della cittadinanza].
Pier Giorgio Massaretti, estratto da https://bonde…
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Paolo Giatti
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È arrivata una bocciatura sonora, da parte degli elettori olandesi, all’accordo di associazione tra Ue e Ucraina nel referendum voluto dagli euroscettici: i contrari hanno raggiunto il 61,1% dei voti, in base al 99,8% delle schede scrutinate. L’affluenza alle urne è stata del 32,2% degli aventi diritto, appena oltre la soglia del 30% che rende valido il referendum.
con un articolo di Michele Pignatelli – Il Sole 24 Ore – leggi su

Il quorum del 30% è stato leggermente superato: hanno votato il 32,2% degli aventi diritto
ilsole24ore.com
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Paolo Giatti
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http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=53679
Il “Bel Paese” conferma invece la sua condizione letargica. In meno di cinque anni gli italiani hanno incassato l’espropriazione di un governo legittimo, una riforma delle pensioni lacrime e sangue, tasse a gogò, riduzione delle tutele sul lavoro, schiaffi dall’Europa. E poi tanti bei “conflitti d’interesse”, dispensati a piene dalle periferie al governo centrale, dalle Regioni a Roma. Ultimo episodio, quello della

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Dopo l’ennesimo scandalo di governo, Mario Bozzi Sentieri
ariannaeditrice.it|Di Nimaia sviluppo siti e web marketing – http://www.nimaia.com/
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Paolo Giatti
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Dal settembre 2014 il prezzo mondiale in dollari del petrolio è crollato. Si è passati da 103 dollari al barile a quasi 30 dollari oggi. Un crollo del 70% della domanda di dollari per il maggiore prodotto mondiale valutato in dollari. In tale contesto politico e finanziario, le banche centrali di Russia e Cina comprano oro per le loro riserve a un ritmo febbre.

F. William Engdahl, New Eastern Outlook, 30/03/2016L’oro è uno dei più affascinanti metalli rari. Nel corso della storia ebbe valore speciale, a volte sacro e spirituale, da seimila anni, qua…
aurorasito.wordpress.com
Paolo Giatti La Russia ha ora 1437 tonnellate di oro in riserva, la sesta nel mondo secondo il World Gold Council di Londra. Solo le banche centrali di Stati Uniti d’America, Germania, Italia, Francia e Cina detengono maggiori riserve auree.

Antonella Parmeggiani
Antonella Parmeggiani Un’analisi economica impeccabile. L’ho capita pure io che, purtroppo, ho scarsa attitudine per l’economia.

Paolo Giatti ha risposto · 1 risposta
Paolo Giatti
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Non ci piove, si va e si vota SI, ma …

il referendum serve per abrogare una norma che prevede il rinnovo fino all’esaurimento delle scorte petrolifere, delle

Altro…

“I signori della globalizzazione agiscono indisturbati’
intelligonews.it
Paolo Giatti
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Bisogna ancora capire se, spentasi la fiammata di caos alimentata ad hoc dall’establishemnt euro-atlantico, Washington e Londra acconsentiranno al loro declassamento in maniera pacifica oppure se, schiacciate da un sistema finanziario al collasso, opteranno per un’uscita bellicistica.

Rivoluzione colorata a ritmo di samba Scritto il aprile 1, 2016 by Federico Dezzani Twitter: @FedericoDezzani È torbido il clima in Brasile, teatro in questi mesi di una violenta campagna politico-giudiziaria per spodestare Dilma Rousseff,…
federicodezzani.altervista.org
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Paolo Giatti
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Da anni, comprano pubblicità su giornali e TV e mobilitano i giornalisti di riferimento per propalare la favola della lotta alla fame nel mondo: le sementi OGM sarebbero l’arma totale dei buoni, intenzionati a sfamare il Terzo e Quarto Mondo. Peccato che l’Africa non conoscesse la morte per fame sino al 1960, ma dopo, costretta alle monocolture imposte da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, ha visto la morte e l’inedia di milioni dei suoi figli .

Di Roberto Pecchioli Nel consueto silenzio…
maurizioblondet.it|Di Maurizio Blondet
Andrea Ma Gli OGM sono la causa dell’epidemia di celiaci.

Andrea Ma ha risposto · 2 risposte
Paolo Giatti
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Affari esteri

Secondo la rivista specializzata inglese “Janes”, il 3 novembre 2015 81 container con fucili d’assalto AK-47, mitragliatrici PKM, mitragliatrici pesanti DShK, lanciarazzi RPG-7 e sistemi missilistici anticarro 9K111M Faktorija, con missili a testata in tandem per perforare le blindature reattive (ERA) dei carri armati, partivano dal porto di Costanza, in Romania, per quello di Aqaba, su ordine del Military Sealift Command dell’US Navy, con scalo ad Agalar, in Turchia, dove vi è un molo militare. Il 4 aprile 2016, un’altra nave con oltre 2000 tonnellate di armi e munizioni salpava a fine marzo, sempre per Aqaba.
In tale quadro regionale, mentre l’Italia ritira l’ambasciatore da Cairo, nell’ambito dello scontro sulla morte dell’operativo dell’intelligence anglo-statunitense Giulio Regeni, il presidente francese Francois Hollande si prepara a recarsi a Cairo, per firmare diversi accordi tra Egitto e Francia per l’acquisizione di materiale per la Difesa pari a un miliardo di euro. Gli accordi riguardano la vendita di 3 corvette Gowind della DCNS e di un sistema di comunicazione satellitare militare del consorzio tra Airbus e Thales Alenia Space di Finmeccanica, dal valore di 600 milioni di euro. Nel 2015, l’Egitto aveva acquistato 24 aerei da combattimento Rafale, una fregata e le 2 portaelicotteri Mistral in precedenza destinate alla Russia e che saranno dotate di equipaggiamenti ed armamenti russi. Inoltre, la Russia fornirà all’Egitto 12 elicotteri equipaggiati con il sistema di difesa (ODS) President-S, progettato per proteggere gli aeromobili dai missili dei sistemi di difesa aerea o dall’artiglieria antiaerea, rilevando e monitorando i missili, che poi disturba con raggi laser o disturbandone le frequenze radio.

Intanto…

il 6 aprile la British Petroleum (BP) (sì, esatto, la compagnia petrolifera pubblica del Regno Unito, il Paese per conto del quale operava Giulio Regeni), firmava vari accordi con il Ministero del Petrolio dell’Egitto e l’Egyptian Natural Gas Holding Company (EGAS) per sviluppare il nuovo giacimento di gas “Atoll”, scoperto a marzo nella concessione offshore Nord Damietta, nell’est del Delta del Nilo. Gli investimenti previsti sono pari a 3 miliardi di euro per il giacimento che racchiuderebbe 1,5 miliardi di metri cubi di gas e 31 milioni di barili di condensati. La produzione dovrebbe iniziare nel 2018.

estratto da https://aurorasito.wordpress.com/2016/04/09/roma-travolta-dalle-dinamiche-mediterranee/

La fine della politica

Secondo Gramsci, che le sinistre neoliberali e gli ex comunisti apostati hanno gettato letteralmente nel dimenticatoio, la politica è espressione della volontà di giungere a nuovi equilibri di forze, nella società che realmente esiste, fondando la propria azione su una forza progressiva. La politica, a un livello più alto, dovrebbe essere razionalità e non esattamente “passione”. Questo è quanto ho compreso, rammentando la lezione gramsciana che in troppi hanno scordato, e ritengo che l’Italia, oggi, sia molto lontana, anni e anni luce, dalla sostanza della vera politica.

Del resto, dietro le parole di Gramsci vi è la concezione della società spaccata, come sede del conflitto permanente, che ci viene da Karl Marx e i partiti politici dovrebbero essere attori a pieno titolo di questo conflitto, inesauribile e reale. Oggi i partiti politici italiani sono niente di più che comparse, nella recita liberaldemocratica, e il piddì, in particolare, è semplicemente una creatura sub-politica del grande capitale finanziario internazionalizzato, destinata a governare il paese per conto terzi.

Se a detta del grande Platone i re avrebbero dovuto essere filosofi (oggi che esistono le specializzazioni diremo filosofi politici), il governo italiano attuale, così come quelli che l’hanno preceduto dal novembre del 2011, è mosso soltanto dagli interessi dei poteri esterni che lo manovrano, in netto contrasto con quelli della popolazione.

Ecco che la politica, oggi, non è espressione della volontà di giungere a nuovi equilibri di forze, nel paese vero, ma semplicemente il riflesso dei desiderata di una classe dominante esterna all’Italia, che controlla i governi locali attraverso entità sovranazionali stabilendo, a proprio vantaggio, il programma politico, le strategie, le alleanze, le scomposizioni e ricomposizioni di forze esistenti.

In questo momento nessuno pare all’altezza di un tale compito, il vuoto etico e la scarsa qualità umana che riscontriamo in ogni dove, nella penisola, e in ogni gruppo sociale, non lasciano ben sperare. Forse nel prossimo futuro le crescenti difficoltà che la popolazione incontrerà, il procedere dell’impoverimento di massa e della marginalità sociale genereranno uomini in grado di affrontare i problemi e di risolverli positivamente. Per ora, purtroppo, passività sociale, rassegnazione e disgusto per la politica dilagano, i collaborazionisti sub-politici della troika prosperano, e non c’è neppure uno straccio di voce (nicciana) a gridare inascoltata nel deserto …

Eugenio Orso

estratto da : http://pauperclass.myblog.it/2015/11/09/chi-ricostruira-la-politica-italia-eugenio-orso/

Tags: elezioni, partiti, rappresentanza

Completando il “Triangolo d’oro”

Promemoria dell’estate 2015 sul tentativo di “rivoluzione di colore elettrica” in Armenia.
“Una “rivoluzione colorata” è in corso in Armenia?
Le proteste armene assomigliano allo scenario del colpo di Stato ucraino di Majdan, deputato russo
Le proteste armene sono contro la Russia? Paul Craig Roberts
Erevan elettrica non cambierà l’orientamento filo-russo dell’Armenia
Le basi militari estere della Turchia e la loro minaccia alla stabilità
Abbiamo la nostra vecchia, buona e un po’ folle Turchia. Abbiamo una Georgia cristiana ortodossa occupata dalla NATO e sotto il completo controllo del regime di Washington. Inoltre, l’economia della Georgia è occupata dalla Turchia. Il 90% dell’industria del turismo, tra cui hotel e ristoranti, è di proprietà di turchi. In realtà, la Turchia può semplicemente premere l’interruttore e dichiarare la Georgia parte della Turchia. Questo è il piano di Erdogan. Non è un caso che chiami Azerbaigian e Turchia “una nazione, due Paesi”, Georgia e Armenia cristiane sono solo di ostacolo. La Turchia prevede di costruire basi militari in Georgia e anche in… Armenia. “I piani per una base militare turca in Georgia e possibile futura base turca in Azerbaigian, forse nella ex-enclave di Nakhichevan tra Armenia e Turchia, ha spinto la popolazione prevalentemente armena delle regioni georgiane di Javakhq e Tsalka a contemplare la secessione dalla Georgia e l’adesione all’Armenia“. Abbastanza interessante, tale escalation avviene dopo diversi mesi di “sforzi” diplomatici di Stati Uniti ed Unione europea per minare la fragile stabilità della regione.

Bruxelles e Washington chiedono all’Armenia di cedere popolazione e territori all’Azerbaigian controllato dalla NATO

estratto da https://aurorasito.wordpress.com/2016/04/03/scontro-armenia-azerbaigian-per-il-nagorno-karabakh/