PressTV 13 luglio 2017Dalla sfortunata nascita d’Israele in Medio Oriente, gli Stati Uniti hanno fatto di tutto per evitare a Tel Aviv il diretto coinvolgimento nei conflitti che scatena nella regione. Il piano di pace Israele/Palestina non è mai stato volto ad offrire pace ai palestinesi, ma a privarli della loro forza, della capacità di combattere militarmente Israele. Ma tale stratagemma non ha funzionato in Libano, dove Hezbollah sconfisse militarmente Israele nel 2006. Ma i cambiamenti che si verificano in Medio Oriente garantiranno la sicurezza d’Israele? Il “caos costruttivo” auspicato ai tempi dall’ex-segretaria di Stato Hillary Clinton in Medio Oriente e che doveva mettere i Paesi della regione l’uno contro l’altro, ha davvero rafforzato la sicurezza del regime israeliano? Se sei anni di guerra totale contro Damasco lasciano, come desiderano gli Stati Uniti, una Siria in rovina, è una vera vittoria per Israele?
1. La guerra in Siria ha aiutato la nascita di “forze paramilitari” che in alcuni casi saranno il nucleo dell’”esercito regolare” nei rispettivi Paesi. Questa prospettiva è ciò che più terrorizza il regime d’Israele che alimenta il militarismo ma nega ad ogni Stato il diritto di difendersi.
2. Ma non è tutto: le guerre sponsorizzate da Washington in Medio Oriente infine trasferiscono ai “corpi paramilitari” altra tecnologia missilistica di qualsiasi gittata: media, non balistica e persino balistica. Queste decine di migliaia di combattenti, specializzati nelle battaglie asimmetriche, ora potranno impiegare questi sistemi.
3. Peggio ancora, si assiste alla nascita di una nuova generazione di comandanti, finanche specializzati in battaglie asimmetriche e in grado di comandare truppe in qualsiasi scontro militare futuro.
4. Facilitando il traffico dei terroristi, facendo di tutto per armarli ed equipaggiarli per combattere in Siria l’esercito e la popolazione, gli Stati Uniti hanno creato un vero e proprio meccanismo per alimentare lo SIIL con migliaia di terroristi provenienti da Asia centrale e orientale, Turchia, Arabia Saudita ed Europa. Altri Paesi potrebbero seguire l’esempio, questa volta contro Israele.
5. Tale meccanismo viene ricordato in uno dei recenti discorsi del Segretario generale di Hezbollah Hasan Nasrallah, secondo cui permetterà “qualsiasi confronto militare con Israele in futuro” da parte di un esercito di decine di migliaia di “resistenti” palestinesi, iracheni, siriani e yemeniti.
6. Il “caos controllato” degli statunitensi ha certamente scosso le fondamenta di diversi Stati della regione, ma resta il fatto che questi Stati ora sono tutt’altro che facile preda del Pentagono. Le forze paramilitari sono nate sulle rovine di Iraq, Siria, Afghanistan e Yemen e sono pronte a dare battaglia a Washington, dove domina la riluttanza ormai palpabile ad “occupare” intere regioni dei Paesi aggrediti. Non sembra più il 2003, quando le truppe statunitensi sbarcarono in Iraq per “liberarlo” e restarci!
7. Nei 14 anni passati dall’invasione dell’Iraq, 6 dall’inizio della guerra in Siria, 3 dall’assalto allo Yemen, e la battaglia di Mosul è durata quasi un anno, il Medio Oriente assiste alla nascita di “forze” dalla grande efficienza in combattimento. Sono le forze che hanno sconfitto lo SIIL e che non esiteranno quando arriverà il momento di affrontarne i “mentori statunitensi ed israeliani”. Questi veterani affrontato gli statunitensi ai confini siriano-iracheni da non più di due mesi, quando avanzavano nel deserto della Siria da al-Tanf ai confini con l’Iraq. I caccia statunitensi li bombardarono, ma continuarono l’avanzata, come se nulla fosse accaduto. Fanno parte delle Forze di mobilitazione popolare dell’Iraq, delle Forze popolari siriane, del movimento yemenita Ansarullah o libanese Hezbollah, guerrieri che condividono una cosa: la ferma convinzione che la sopravvivenza delle popolazioni del Medio Oriente passi dalla resistenza all’aggressione delle grandi potenze.
In questo contesto, la prossima guerra che Israele vorrà lanciare contro Hezbollah sarà diversa, Israele è ben consapevole della superiorità dell’Asse della Resistenza nei combattimenti a terra, una superiorità che prevarrà nei prossimi scontri e non saranno le relazioni privilegiate di Tel Aviv con Mosca che impediranno alla resistenza di reagire a qualsiasi offensiva israeliana. Il Medio Oriente nel 2017 non è più quello degli anni ’70 o del 2006. Qualsiasi desiderio di colpire gli Stati della regione produrrà una risposta.
Butaina Sciabaan, consigliera politica di Assad, ha posto – anzitutto agli arabi belligeranti – questa domanda, “l’enormità delle distruzioni commesse da Daesh e dagli aerei americani”:
“Qual è questa forza invisibile che cerca la visibile e metodica distruzione dei monumenti storici arabi, delle fabbriche, dei musei, delle università, delle biblioteche, delle scuole, dei centri di ricerca, delle scuole, dei ponti, dei luoghi di culto, delle infrastrutture di stato – di tutto ciò che potrebbe testimoniare ancora di una civiltà autentica in Libia, Yemen, Siria e Irak?
Quali sono le forze che cercano di annientare le vestigia della regina Zenobia, il palazzo di Harun el Rashid e il Palazzo della Fanciulle di Raqqa che è probabilmente il primo ospedale per donne della storia? Il minareto di Al-Hadba a Mossul, le vestoigia di Babilonia, Nimrud e Ninive, la più antica sinagoga del mondo a Jobar, i vecchi meravigliosi suk di Aleppo, di Mossul e dello Yemen, il minareto della moschea degli Ommyadi ad Aleppo?”
La signora Sciaaban non ha dubbi nell’unire “le oscure forze terroriste delle Daesh, le forze aeree americane e i traditori wahabiti” nonché “l’entità sionista” in questo stesso progetto deliberato di devastazione di ogni infrastruttura, fisica e culturale, “dalle centrali elettriche ai monumenti storici all’assassinio di scienziati e specialisti” allo scopo di “rimandare indietro di secoli i paesi arabi che resistono”
Non c’è “il minimo dubbio che l’obbiettivo dell’Occidente guidato da Stati Uniti e Israele, con strumenti come Daesh, Al Nusra, Fratelli Musulmani ….è assolutamente lo stesso in Irak, in Siria, in Yemen, in Libia come in Egitto, in Tunisia, in Libano e in Bahrein: far sì che gli arabi si mutino in una popolaglia incapace di edificare delle vere entità politiche e di occupare una dignitosa posizione internazionale”.
http://www.maurizioblondet.it/usa-la-scusa-battere-lis-un-genocidio/
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