Kosovo

di Luciano Lago Da quando la Yugoslavia fu attaccata dalla NATO nel 1999, lo Stato-farsa del Kosovo è stato da sempre un territorio sotto controllo militare-giurisdizionale degli Stati Uniti e della NATO. L’attuale governo di Pristina viene diretto da tal Hashim Thaci, ex Primo Ministro e membro terrorista dell’Esercito di Liberazione del Kosovo (ELK), organizzazione criminale conosciuta per avere stretti collegamenti con le grandi organizzazioni del crimine albanese ed europeo. La CIA ha appoggiato direttamente, verso la metà degli anni ’90, l’organizzazione del ELK così come anche i servizi di intelligence tedeschi (BND), per utilizzarlo nella guerra sporca che dura dal 1999. Il Kosovo ricordiamo che decretò la propria indipendenza unilateralmente nel 2008 con il totale appoggio degli USA e degli alleati vassalli della UE. Soltanto la Spagna non lo riconobbe ma indirettamente ne ricobobbe la legittimità sostenendo, per bocca di Josep Borrell, che il Kosovo era stato uno stato “oppresso” e pertanto aveva diritto a rendersi indipendente contro il criterio adottato dall’allora governo socialista di Zapatero. Salvo poi autosmentirsi con recenti dichiarazioni in cui ha sostenuto che “la dichiarazione di indipendenza del Kosovo è stata una volta di più una manifestazione del potere americano”. Vedi: EuropaPress, Josep Borrel Se si vuole avere una idea di chi sia l’attuale figura di presidente del Kosovo, Hashim Thaci, fondatore anche del denominato Partito “Democratico” del Kosovo, bisogna andare a verificare i suoi trascorsi. Thaci è conosciuto per essere stato uno dei componenti del sindacato del crimine organizzato che aveva la gestione completa del traffico di droga e controllo della prostituzione in tutta la regione. Negli anni novanta Thaci aveva fondato il denominato “Grupo Drenica“, un sindacato criminale con base in Kosovo ma con collegamenti con la mafia albanese, con quella macedone e con la mafia italiana (indrangheta). Vedi: Il presidente del Kosovo è il boss di una organizzazione criminale internzionale I boss della droga in Kosovo, in Albania e Macedonia (che avevano strette relazioni con la mafia italiana), negli anni ’90 si erano trasformati in quegli anni nella nuova elite economica, associati con frequenza agli interessi degli affari delle multinazionali occidentali. I grandi ricavi finanziari provenienti dal traffico di droga e di armi furono riciclati in altre attività illecite, incluso in una vasta rete di prostituzione tra Albania ed Italia. I gruppi criminali albanesi che operavano a Milano e in Lombardia, come ha riferito Michel Collon (giornalista e analista belga),  “si erano trasformati in una rete di prostituzione tanto potente che erano riusciti a superare anche i calabresi come forza ed influenza”.

https://www.controinformazione.info/il-kosovo-uno-stato-mafioso-terrorista-indipendente-rubato-alla-serbia-con-il-beneplacito-della-nato/

Autore: apoforeti

Unione Associazioni Culturali

2 pensieri riguardo “Kosovo”

  1. Kosovo

    L’auto proclamazione unilaterale d’indipendenza, annunciata dall’allora Primo Ministro Hashim Thaçi il 17 febbraio 2008, riporta al centro della scena internazionale la controversia riguardante lo status del Kosovo. Il Kosovo, regione balcanica a maggioranza albanese, era stato provincia autonoma (al pari della Voivodina) della Serbia Socialista, nell’insieme della Federazione Jugoslava. Riconosciuti l’autonomia e l’autogoverno locale, sebbene non godesse del diritto di secessione, con la costituzione del 1974 aveva ottenuto pressoché i medesimi riconoscimenti costituzionali – vedasi il diritto di veto istituzionale – delle altre sei repubbliche.

    La storia

    Il malcontento della minoranza serba, i fatti dell’aprile 1987 e il tentativo di Milosevic di assicurarsi la guida dei Comunisti Jugoslavi e della stessa Serbia, portano al varo di una nuova costituzione che, tra le altre cose, cancella l’autonomia kosovara. E’ il 1989 e cominciano fortissime proteste cui per altro Belgrado risponde con la forza e la repressione. I kosovari albanesi a questo punto si organizzano, seguendo Ibrahim Rugova e la sua LDK, dando vita nel 1991 ad un referendum per l’indipendenza il cui risultato, per altro, non è riconosciuto dalla comunità internazionale. I problemi risorgono in tutta la loro gravità dopo la ratifica dell’Accordo di Dayton sulla situazione Bosniaca: una spinta per riprovare la strada dell’indipendenza. Questa volta però i mezzi sono tutt’altro che leciti: alla prima “nonviolenza” , si sostituisce l’UCK (Terroristi per ONU, risoluzione 1160) che organizza attentati in risposta alla spirale crescente di repressione operata dai gruppi serbi. Tra il 1989 e il 1999, sebbene la portata ampiamente documentata dei crimini nei confronti dell’etnia albanese avesse in qualche modo potuto giustificare il richiamo all’autodeterminazione secessionista (utilizzata per giustificare gli atti del 2008, sebbene tali crimini non ci fossero più o addirittura dopo il 1999 fossero stati compiuti a parti invertite), la comunità si è sempre espressa nell’ottica dell’integrità territoriale serba (integrità territoriale: IV Helsinki e Carta ONU Art. 2 Comma IV). Ad ogni modo, la spirale di violenze porta la comunità a dover intervenire: nel 1999 viene così organizzata una conferenza nel castello di Rambouillet e si disegna un accordo che comunque ai sensi dell’Art 52 Vienna sarebbe stato nullo ab origine (la controparte albanese che firma è rappresentata dall’UCK ), qualora la Serbia lo avesse firmato dal momento che vi erano state delle pesanti minacce. In particolare, la presenza di oltre 30000 uomini NATO e la costituzione di una conferenza entro i successivi tre anni con al centro la volontà del popolo kosovaro -richiamo velato ad un futuro referendum per l’indipendenza- non potevano da Belgrado esser accettate.

    I raid Nato

    Il 24 marzo 1999 e per 78 giorni cominciano i raid aerei NATO su Belgrado: classico esempio di interventismo umanitario di una organizzazione difensiva regionale, senza l’autorizzazione del C d S. La guerra cessa solo quando la Serbia accetta l’Accordo di Kumanovo: così le milizie jugoslave vengono fatte ritirare dal Kosovo e si istituiscono una no-fly zone e una serie di zone smilitarizzate. Per altro, l’ONU regolamenta la situazione con il varo della risoluzione 1244 (giuridicamente vincolante ) da cui poi emanerà (fatto pienamente riconosciuto dalla CIG nel 2010) il Regolamento UNMIK 2001/9 [1] che stabilisce il quadro costituzionale entro cui opera l’amministrazione UNMIK con poteri pieni, nuovo soggetto di governo del Kosovo, con la necessità di promuovere l’autogoverno attraverso elezioni libere e democratiche. Gli altri punti centrali della risoluzione sono la sospensione di fatto della sovranità serba, sebbene permanga la titolarità giuridica nell’ottica dell’integrità territoriale, l’autorizzazione della missione di sicurezza NATO KFOR e la possibilità di lavorare ad un piano che di più e meglio regolarizzasse la situazione Kosovara. Il Piano Ahtisaari del 2005 peraltro, che prevedeva come unica soluzione l’indipendenza sotto la guida della comunità internazionale viene per altro respinto da tutte le parti. Lo sviluppo di istituzioni kosovare nel contempo sfocia nella dichiarazione del 2008 (per altro simile al piano 2005). Ovviamente la Serbia, la Cina e la Russia non riconoscono il nuovo stato anzi, la Serbia facendo pressione sull’Assemblea Onu riesce a far varare la risoluzione 63/3 nell’ottobre 2008 con cui si richiede il parere consultivo alla CIG sul fatto che la dichiarazione violasse o meno il diritto internazionale. La CIG per altro, decisa nell’affrontare la questione in maniera “narrow and specific”, svincolandosi da ogni implicazione politica e riformulando il parere. In questo modo, la CIG sceglie la strada meno tortuosa, perdendo al contempo l’occasione di approfondire importanti aeree del diritto, vedasi l’autodeterminazione rimediale (e il fatto che possa esistere o meno un diritto di secessione) al di fuori di contesti coloniali; strictu sensu e strada minimale invece lasceranno tanti altri dubbi. La CIG comunque, il 22 luglio 2010, si esprime asserendo la dichiarazione unilaterale d’indipendenza non viola il diritto internazionale dal momento che le autorità kosovare avrebbero agito in rappresentanza del popolo kosovaro (in realtà le municipalità del nord che usano il Dinaro sono tutt’altro che rappresentate in suddette istituzioni) non in quanto autorità di autogoverno ma in quanto organi costituenti. In questo senso dunque, avendo agito all’interno di un diverso ordinamento giuridico, il quadro costituzionale derivato dall’UNMIK 2001/9 non è stato violato e dunque non è possibile procedere per la responsabilità da atti “ultra vires”. Inoltre, la CIG asserisce anche che interpretando la 1244 alla lettera, questa non vieta specificatamente (ciò che non è vietato è permesso) la possibilità di dichiarare l’indipendenza unilateralmente. Ovviamente anche qui, non son mancate le polemiche.

    L’economia kosovara

    Il Kosovo, pur da poco avendo una nazionale e una rappresentanza olimpica, ha un’economia fragilissima e dipende in larga parte dagli aiuti esterni. In più, indipendenza ed effettività sono tutt’altro che piene. Per quello che da molti rappresenta un esperimento di ingegneria politica che per altro non trova espressione in nessuna organizzazione internazionale, i punti critici risaltano soprattutto nella presenza di contingenti militari stranieri -KFOR- e la missione dell’UE ULEX che peraltro guidano l’evoluzione del Kosovo (similarmente al piano del 2005). La questione del Kosovo del Nord non fa che acuirne le problematiche. Nonostante tutte queste difficoltà, l’auspicio resta quello di una risoluzione pacifica, definitiva e pienamente democratica che ponga finalmente nella storia una delle pagine più nere della storia recente.

    [1]Dinaro prima sostituito con Marco Tedesco e poi con l’Euro
    http://www.barbadillo.it/80861-esteri-come-nasce-lanomalia-statuale-del-kosovo/

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  2. Il Kosovo divenne una regione autonoma della Serbia dopo l’istituzione della Jugoslavia socialista all’indomani della seconda guerra mondiale e mantenne la maggioranza albanese. Gli anni ’90 hanno dimostrato che questo è sempre stato un punto debole della Serbia. Con gli Stati Uniti che sponsorizzavano la violenta distruzione della Jugoslavia nei primi anni ’90, lo status del Kosovo rimase irrisolto, culminando nella guerra a guida terroristica contro lo stato jugoslavo (di cui la Serbia era il successore) nel 1999.
    Putin a Belgrado con il premier Vucic

    L’esercito terrorista di etnia albanese del Kosovo (KLA), con il sostegno della NATO e della Repubblica albanese, ha sconfitto le forze jugoslave. Le Nazioni Unite e la NATO hanno assunto il controllo del territorio, che alla fine ha dichiarato l’indipendenza nel 2008. Da allora la regione è diventata una zona di “paradiso dei contrabbandieri” e un hub per il traffico di esseri umani, oltre che per il prelievo di organi e il traffico di armi.

    È per questo motivo che in un’intervista di sabato, l’ex capo di stato maggiore serbo, il generale Ljubisa Dikovic, ha discusso del progetto per una Grande Albania. Dikovic ritiene che l’area della penisola balcanica non possa essere pacificata a causa di questioni irrisolte come il Kosovo.

    “Potranno esserci facilmente grossi problemi se le cose sfuggiranno di mano. Spero che ci siano abbastanza saggezza e intelligenza e che tutti si dedicheranno a quello che facciamo, in termini di rafforzamento della sicurezza, della cooperazione e della fiducia. Sono libero di dire che siamo in testa perché non vedo da altre parti mostrare il desiderio di costruire la pace. Dopotutto, la questione della “Grande Albania” è una questione che presenta il più alto rischio per la sicurezza. Possiamo chiederci perché questo accada ora con l’Albania e la Macedonia [del Nord]? Potrebbe essere in attesa di creare una “Grande Albania” “, ha detto Dikovic.

    I suoi commenti arrivano mentre la situazione economica in Kosovo continua a peggiorare e questo diventa ancora più dipendente dagli aiuti stranieri e dalle donazioni dagli Stati Uniti che si comportano unilateralmente, dai loro ex padroni ottomani in Turchia che avevano donato loro terre centinaia di anni prima e dalla Germania che governa in modo efficace l’Unione Europea.

    I commenti dell’ex militare arrivano anche mentre la Serbia guida l’Esercitazione “Slovenian Shield 2019” con la Russia. Anche se alcune tribù slave si staccarono e si diressero verso sud nei Balcani intorno al 600 d.C., mantennero la loro parentela slava con i russi e condividevano la fede cristiana ortodossa, assicurando che la Serbia avesse sempre una visione filo-russa. L’espansionismo albanese è quindi diventato un naturale alleato degli Stati Uniti per limitare l’influenza russa nei Balcani.
    https://www.controinformazione.info/il-progetto-della-grande-albania-e-rivolto-contro-la-russia-nei-balcani/

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