Nella fiaba dei fratelli Grimm Il pifferaio di Hamelin rapì i bambini della città attirandoli con il suono invitante della sua musica, tutti eccetto un povero zoppetto che si salvò per non aver potuto tenere il passo dei compagni. Sembra questa la metafora più adeguata al presente: un totalitarismo suadente ed ingannevole che conduce alla dissoluzione “dolce”. Chi non ce la fa, può essere solo un disabile. Democrazia corporativa, ovvero tutto è in mano ai monopoli economici, finanziari e tecnologici. E’ la prima, più evidente inversione: un uomo nuovo manipolato e precario, solitario e prigioniero delle pulsioni, oseremmo dire delle sue brame, che diventa un oggetto plastico in mano a padroni mascherati falsamente benevoli. Il totalitarismo è invertito in quanto pratica il contrario di ciò che predica: si finge bonario, anti autoritario ma controlla tutto con mani ferree. Ha soltanto sostituito il materiale delle sbarre della prigione.
Il controllo tecnologico, le aspirazioni indotte e controllate, il desiderio continuo ed inappagato si sono rivelati più efficaci della costrizione diretta. Nell’ambito politico, il denaro ha sostituito il voto. Il cittadino di ieri è irrilevante. Resta autorizzato a votare, generalmente per scegliere soggetti simili il cui dibattito si svolge su argomenti triviali e secondari, con prevalenza dell’elemento pubblicitario o di immagine, dove vince necessariamente chi, disponendo delle somme più cospicue, può accedere ai media o addirittura comprarseli, per poi offrire al pubblico i messaggi che esso vuole ascoltare, previa indagine di marketing.
Altra inversione è quella di un sistema che enfatizza al massimo grado la libertà e la democrazia di cui sarebbe inventore e custode, ma nei fatti ha organizzato il mondo come un volo con pilota automatico. Non più governi decisori, ma la governance che amministra secondo regole impersonali, protocolli preventivi, procedure definite, tecniche indiscutibili perché se ne è affermata la condizione fattuale, “naturale”. Di qui i trattati internazionali sconosciuti ai popoli e sui quali non è lecito esprimere parere e tantomeno dissenso – Trattato Transatlantico , CETA, TISA- la prevalenza degli organismi transnazionali ( Fondo Monetario, Organizzazione Mondiale del Commercio) , la marginalità reale delle costituzioni che si ostinano ad assegnare ai popoli la sovranità, la manomissione delle stesse, inserendo vincoli vergognosi, insieme antinazionali, antisociali ed antidemocratici, come il pareggio di bilancio o arbitrari tetti di spesa rispetto al gigantesco inganno del debito ( fiscal compact)…
Il totalitarismo neo liberista infatti, finora, è riuscito a passare inavvertito. Non nelle sue conseguenze, ovviamente, ma nella percezione comune. E’ fortissimo perché non chiede né impone in modo diretto l’adesione a canoni ideologici o comportamentali, come gli altri totalitarismi, né richiede professioni di fede, sventolio di bandiere, tessere ufficiali. Gli basta l’anima, e fornirà allo scopo chip multiuso e carte di credito.
Possedendo tutto, è riuscito da un lato a espellere la dimensione dell’essere a favore dell’avere (e dell’apparire), ma innanzitutto a convincere masse enormi di vivere in libertà ed in democrazia. Di più, il presente non è indicato come il migliore di mondi, il che esporrebbe comunque a critiche, negazioni, dubbi, paragoni, ma come l’unico possibile. Non ci si può opporre all’Unico, tanto più che possiamo declinarlo in forma individuale, ipersoggettiva, fino alla divinizzazione di quell’ Unico che è l’Io. Scriveva nell’Ottocento Max Stirner “il mio potere è la mia proprietà, io stesso sono il mio potere “, sino alla franca ammissione che non “cerchiamo la società umana, ma vediamo negli altri unicamente mezzi e strumenti da adoperare come nostra proprietà”. La lezione è stata messa perfettamente a frutto dall’oligarchia totalitaria, che vi ha aggiunto l’intuizione vincente: convincere i singoli, le ex persone a fare dell’anima individuale un’apparente monarchia assoluta di cui Io è imperatore.
Di qui la predicazione ossessiva dell’uguaglianza come indistinzione ed insieme diritto a fare di se stessi ciò che si vuole, l’insistenza sul tema dei diritti civili, la loro dilatazione alla sfera pulsionale, il diffuso convincimento che esista solo la dimensione individuale armata della ragione strumentale. Per lavare la coscienza, è stata inventato un cosmopolitismo declamatorio, sentimentale quanto innocuo al potere, saldamente unito al nomadismo culturale e personale, uno sradicamento individuale di massa dipinto di opportunità e apertura. Che cosa c’è di più libero, per estensione di più democratico, del pensiero unico declinato in miliardi di modalità, una per ciascun abitatore del pianeta? Del resto, il consumo depoliticizza anche quando il rito si compie collettivamente, nei centri commerciali di grande superficie. Infatti, siamo rassicurati dall’essere in molti, ma nessuno pone in comune un’idea, i desideri sono individuali, per quanto massificati dalla chiamata irresistibile della comunicazione pubblicitaria, della moda, della forma merce, di quello che abbiamo definito impero delle cose.
Democrazia spa diventa dunque, per l’opera di Wolin, un titolo più azzeccato dell’originale. La mega macchina è totalitaria anche nella sua forma giuridica, quella della società anonima. Il nuovo totalitarismo non si fonda su un’ideologia specifica, una demagogia o un capo carismatico, nemmeno in quel soggetto collettivo che fu il Partito (comunista), ma si esprime nell’anonimato di una politica che ostenta ossequio alle regole democratiche, enfatizza il suo rispetto per le procedure stabilite, ma manipola tutte le leve per neutralizzare, se del caso sovvertire le istituzioni e la volontà popolare. Il livello soprastante è costituito dal sistema di comunicazione, tutto in mano ai grandi gruppi, le corporations, struttura apicale onnipotente, azionisti di maggioranza del mondo che determinano tutto ciò che acquistiamo, crediamo, leggiamo, ascoltiamo, vediamo al cinema e sulla rete. Si stabilisce una uniformità di opinioni blanda o liquida, nutrita di pettegolezzi e nuovi pregiudizi: armi di distrazione di massa.
Roberto Pecchioli
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