Poiché Mussolini non smise mai d’essere un socialista, e lo dimostrò con riforme (l’IRI, l’INPS, l’ONMI, lo IACP, l’INAIL, la Banca d’Italia Statale, ecc) che lo resero, nei fatti, in grado di reggere anche alle critiche di un socialista radicale come Bombacci. Il quale, fu conquistato dalle riforme mussoliniane: proprio lui, che lavorò per molto tempo per l’URSS e che iniziò – si deve dirlo – quella collaborazione economica che poi sfruttarono a man bassa i comunisti emiliani nel dopoguerra.
Così, in silenzio, dopo l’8 Settembre 1943, Bombacci raggiunge Mussolini a Gragnano, e diventa un collaboratore assiduo, oltre che l’amico di sempre. Ebbe un vago incarico presso il Ministero dell’Interno ma si sa, nella caligine di Salò dominata dai tedeschi, tutto era vago ed impreciso.
La “socializzazione” dell’Economia è opera sua e, addirittura – non potendo essere messa in pratica durante la pallida Repubblica di Salò – è rimasta come vago cenno anche nella nostra Costituzione, agli art. 3 e 35, laddove però è sparito il riferimento più importante: la gestione comune (imprenditori-lavoratori) dell’impresa, la nota Mitbestimmung tedesca.
Viene spontanea una domanda: perché Mussolini, che ebbe il potere assoluto, non portò avanti questi progetti come Capo del Governo, per tanti anni?
Perché Mussolini, di là delle sue “sparate” ben note, quando incontrava sulla sua strada i dettami del grande capitale, agrario ed industriale, non contava più una cippa.
Vi fu anche un momento storico importante – e per questo i ragazzotti in nero di Vicenza mi fanno più pena che altro – nel quale Mussolini fu giocato proprio dallo squadrismo: il delitto Matteotti.
Vedremo dopo perché.
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