Non mollano

“Nel giro di pochi mesi questo governo finirà”, ha  profetizzato Silvio ai suoi residui parlamentari radunati a Montecitorio.  Cambia  nome al partito, ora si chiamerà “Altra Italia”.  “Ci  aspetta un nuovo inizio!”, li ha rassicurati. Da dove ricava tanto ottimismo, col suo 8 per cento scarso rimasto? Il punto  che Matteo Renzi ha detto la stessa cosa: “Salvini? Non reggerà alle pressioni politiche e giudiziarie”, ha ai suoi, in una circostanza paurosamente simili a quella di Berlusconi:  ha radunato  i suoi in un ristorante romano per rianimarli. «Basta piagnistei. Non abbiamo nessun motivo per essere sconfortati. Il governo cadrà presto.  Dobbiamo farci trovare pronti”.

http://tg.la7.it/politica/berlusconi-profetizza-questo-governo-dura-poco-conte-mediocre-26-07-2018-129888

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ldquo-teniamoci-pronti-caso-soldi-lega-esplodera-rdquo-179762.htm

Pronti a che?  A  Roma, città che “tutto sa e nulla tace” (diceva Tacito),   del complotto sembrano al corrente in tanti, che le vociferazioni sono fedelmente riprese da  Dagospia.  La quale   ha definito “un pizzino” di Renzi quello che   il fiorentino piddino ha twittato:  «Una sentenza – ha scritto – dice che la Lega deve restituire 49 milioni agli italiani. Salvini ha detto che lui, ministro e leader della Lega, Non intende farlo. Lui, ministro della Legalità, annuncia che non seguirà la sentenza che gli impone di restituire i soldi. Siamo all’ illegalità più sfacciata. E non risponde. Salvini annuncia, ma non risponde».

La  strategia è dunque  delineata:  si tratta dei 49 milioni della Lega,   cui  la magistratura  sta “dando la caccia”  anche all’estero. C’è una sentenza. C’è anche un ricorso, e “sul caso il Tribunale del Riesame di Genova si pronuncerà il 5 settembre. Per l’ ex presidente del Consiglio la bomba potrebbe esplodere quindi alla ripresa dei lavori parlamentari. E tra i suoi, nei conversari tra il dolce il caffè, c’ è addirittura chi ha ipotizzato anche un possibile avviso di garanzia in arrivo per Salvini”.

Un amico mi assicura: “E’ tutto già pianificato.  A settembre parte l’attacco: dei “mercati” e dei giudici”.

Attacco coordinato  e  simultaneo. Sui mercati che “disciplineranno il governo populista”   profetizzano molti  media esteri, ben istruiti da Bruxelles e Francoforte. Sui giudici, il sistema  può fare sempre conto  quando è in pericolo estremo. E’ la magistratura che ha archiviato come “suicidio”  l’omicidio di David Rossi del Monte Dei Paschi – e quando un impressionante servizio delle Jene ha  costretto a riaprire il caso, ha mandato la causa dove? Alla procura di Genova, che sul caso ha aperto “un  fascicolo per abuso d’ufficio a carico di ignoti”. Il fatto che il tribunale del riesame di Genova debba decidere sulla plausibilità  della sentenza che  condanna Salvini a restituire i 49 milioni, ci tranquillizza. Abbiamo inconcussa fiducia nella magistratura.

Ma gli avvocati della Lega devono averne meno, perché hanno presentato a Genova “una denuncia per appropriazione indebita contro Francesco Belsito, l’ex tesoriere del Carroccio”. Con questa mossa, la Lega di Salvini si chiara “parte lesa”, quindi vittima di Belsito (e Bossi): se i giudici che “danno la caccia” ai fantomatici   49 milioni  li trovano, dovrebbero   restituirli alla Lega, cui sono  stato sottratti.

Almeno se i giudici si comportassero come si sono comportati col PD, come ha spiegato in un onesto  articolo Luca Telese: “Anche il Pd (come la Lega) è stato truffato da un suo senatore – Luigi Lusi – che secondo i pm quando era tesoriere della Margherita aveva sottratto 27 milioni di euro. In quel caso la sentenza aveva considerato il partito “parte lesa”. Nel caso di Salvini, invece “ lo considera di fatto “complice”. C’è una bella differenza, e infatti il sequestro diventa punitivo, mentre nel caso Lusi i magistrati imposero la restituzione dei beni sequestrati al partito”.

Il motivo (o il pretesto) sarà il ritardo con cui Salvini ha presentato la denuncia contro Belsito (e Bossi). Telese spiega anche questo: “Salvini non si è costituito contro Bossi” da subito, “ non perché il quel momento fosse suo amico, ma proprio perché in realtà il Senatùr era in quel momento il suo principale nemico politico nel partito. Siccome i due si stavano dando battaglia nella Lega  se il nuovo leader avesse combattuto Bossi anche con gli strumenti giudiziari, lo avrebbe trasformato in una vittima. Ha scelto invece (e con successo) un doppio binario: ti rispetto come fondatore del movimento, ma ti combatto sul piano politico”.

Quindi anche noi  nel nostro piccolo, come Renzi e Berlusconi, possiamo profetizzare che a settembre Salvini sarà considerato complice nella sparizione di 49 milioni,  i media che ben conosciamo faranno la loro parte di iene e sciacalli, i “mercati” la loro, cessando di comporre i titoli pubblici italiani  (ho già spiegato altrove che “i mercati” non esistono, essendo la sola BCE a comprare questi si titoli – sul mercato secondario, ossia da banche che li comprano al solo scopo d rivenderli a Draghi  con un profitto..).

“Tenersi pronti!”, ha detto Renzi ai suoi, profetizzando un  ritorno anticipato alle urne.

Noi ci limitiamo a notare che il Patto del Nazzareno  – il progetto di governo PD-Forza Italia – è ancora vivo e attivo, fresco come prima.   Alcuni a  Roma lo chiamano “Il Mattareno”, non so dirvi perché.  Avevano già indicato un presidente della RAI “di garanzia” come dice la badante di Berlusca: la Lucia Annunziata. Per questo la rabbia idrofoba dei media contro il nome di Foa, che sarà probabilmente silurato insieme a tutto  il governo.

A nome della Mummia, la Gelmini ha fatto sapere che i membri di FI in commissione RAI non voteranno Foa perché “serve figura di garanzia”.  Al che Barra Caracciolo, il giurista: “Garanzia di che? Dell’intangibilità dell’indirizzo politico-mediatico che ha perso le elezioni?”.

https://www.huffingtonpost.it/2018/07/28/gelmini-al-momento-no-a-foa-serve-figura-di-garanzia_a_23491445/?utm_hp_ref=it-homepage

Ma così sarà. La trappola è pronta e sta per scattare.

Sarà istruttivo  constatare come Berlusconi, che tanto deve alla magistratura, adesso  si faccia complice e  del cambio di regime per via giudiziaria di cui dovrebbe  avere orrore. Il personaggio supera ogni giorno se stesso in bassezza. “Sarà un nuovo inizio!”, è chiaro che riferisce cose che qualcuno gli ha detto.

Per noi, italiani, questo sarà  il ritorno delle centinaia di migliaia di” migranti”, scaricati dalle navi delle ONG straniere tornare a fare il nostro bene   a nostre spese. Sarà  il commissariamento, la Troika per  farci pagare i debiti,  visto che viviamo al disopra dei nostri mezzi.   Sarà la fine di ogni speranza di liberazione e di ripresa. Per  via giudiziaria. Il nostro futuro è questo:

Guerra ibrida

Negli anni 2000 sotto il regime di Konstantinos Karamanlis, la Grecia compì una svolta verso la dipendenza energetica dalla Russia. Grandi edifici pubblici come ospedali e scuole avrebbero ricevuto gas russo, in particolare dopo che gli armatori greci aprirono la strada al gas liquefatto (GPL) inviato su navi cisterne, facilitandone consegna e stoccaggio. Ma un’altra parte delle proposte comprendeva la messa in sicurezza di un oleodotto greco-russo, come quello esistente nel Nord Europa (ovvero la Germania). Quello che è successo dopo è un caso di studio della guerra ibrida. Di nascosto, il governo greco fu destabilizzato da “incendi” massicci per tutto il Paese, provocando numerosi morti. Non era possibile autorizzare l’oleodotto South Stream, secondo i dettati statunitensi. L’ex-compagno di classe di Karamanlis, Christos Zahopoulos, si sarebbe gettato da un edificio a causa di una relazione, cosa inaudita nella società greca. Gli incendi arrivarono proprio vicino la casa estiva di Karamanlis, a Rafina. Dopo l’elezione nel 2004, Karamanlis incontrò Putin, che poi visitò la Grecia. Un accordo fu steso tra Grecia, Bulgaria e Italia per l’installazione del gasdotto russo South Stream. Il lobbista statunitense Matthew Bryza, che sposò la giornalista turca Zeyno Baran, fu il primo a scrivere contro l’accordo Putin-Karamanlis sul gasdotto South Stream. Dopotutto, questo gasdotto metteva da parte la Turchia. È un’ironia che quando decine di greci bruciarono vivi nel Peloponneso, Bryza si sposò a Costantinopoli nel 2007, il 23 agosto. Questo quando la Turchia era fermamente filo-USA.

Gli imbroglioni statunitensi
Funzionari statunitensi incontrarono l’allora Viceministro degli Esteri Giannis Valinakis a Rafina. nel marzo 2007, Bryza capì subito: “I Paesi europei obiettano alle politiche del governo greco nel settore energetico. Indipendentemente dai desideri, perseguite la dipendenza dell’Europa dal gas russo e quindi dagli interessi russi”, affermava. Di molti degli incontri avuti a New York City, quello al Waldorf Astoria nel settembre 2008 fu caratteristico. “Ogni volta che tentai di formulare la nostra agenda sulla situazione greco-turca, la conversazione veniva indirizzata verso il problema energetico, mentre in un altro incontro i progressi nelle questioni nazionali furono collegati direttamente all’energia, cioè alla cancellazione del gasdotto South Stream” ricorda Valinakis. I desideri statunitensi andarono alla ribalta: “Non possiamo agire sulle questioni che sollevate come quelle greco-turche, quando portate avanti gli interessi russi”, dichiarò Bryza. “Dovete aiutarci così da assicurarvi che non si sia tensione nell’Egeo”. In risposta, Valinakis affermò di aver risposto che “i problemi energetici sono trattati direttamente tra l’allora ministra degli Esteri Dora Bakogianni e il primo ministro. La Grecia segue una politica energetica indipendente”. Anche quando Valinakis parlò delle discussioni con Gheddafi sulle zone di esplorazione petrolifera indipendenti a sud di Creta, ricevette la seguente risposta:” È positivo. Può negoziare con Paesi come la Libia e altri, ma non con la Russia”. Valinakis rispose pubblicamente a Bryza nel maggio 2008, “…con modo serio e responsabile, il primo ministro e il governo avanzano proteggendo gli interessi nazionali nel modo migliore su tutti i fronti. Per estensione, qualunque consiglio venga ricevuto da qualsiasi vicino crea solo rumore e non aiuta in alcun modo”.

Incontro segreto a Bruxelles
Nel 2007, il quotidiano To Vima rivelò il piano di colpire tre primi ministri (di Grecia, Italia e Bulgaria) al fine d’intorbidire le acque e sabotare i dialoghi sul gasdotto. Lo scandalo delle intercettazioni telefoniche era appena scoppiato in Grecia, e gli statunitensi marcavano il primo ministro. Il governo greco cercò di prendere in mano la situazione evitando che l’accordo collassasse. Così, nel giugno 2007, un primo incontro segreto si ebbe a Bruxelles tra i primi ministri dei tre Paesi summenzionati. Tale incontro doveva svolgersi mentre un altro incontro coi capi di Stato europei si teneva a Bruxelles, fornendo così una copertura. Karamanlis, Sergei Stanishev e Mario Prodi si coordinarono per uscire allo stesso tempo dall’incontro e chi li seguiva lo sapeva. Andarono tutti negli uffici dei rappresentanti greci e stilarono i dettagli riguardanti South Stream. Tre giorni dopo, da Costantinopoli arrivò l’annuncio che Grecia e Russia avevano deciso di approfondire la cooperazione sull’oleodotto di Burghas-Alexandroupolis. Il fatto che Karamanlis e Putin si accordarono sull’oleodotto South Stream provocò uno stupore totale presso gli statunitensi. Secondo il rapporto di To Vima l’ambasciatore degli Stati Uniti partì immediatamente da Atene. Va notato che nei documenti della Commissione trilaterale fu deciso negli anni ’70 di controllare la produzione europea di manufatti ed energia. Quindi l’estrazione di carbone venne bloccata nella maggior parte dei Paesi dell’Europa settentrionale divenendo dipendenti dall’importazioni di carbone e gas. La Grecia è abbastanza fortunata da avere abbondante lignite, che provvede circa il 50% del fabbisogno elettrico del Paese. Nell’arco di vent’anni, l’UE spinse alla completa privatizzazione e chiusura delle miniere di lignite affinché la Grecia fosse pienamente dipendente dalle importazioni. Con strana ironia, la Germania strinse un accordo con la Russia e ora ha due oleodotti che la riforniscono di gas e petrolio mentre l’Europa meridionale no. Ovviamente, gli Stati Uniti volevano rifornire l’Europa meridionale col gas e petrolio dell’alleato turco Azerbaigian, col gasdotto TAP. Come scrisse To Vima nel 2007, “il gioco è grande e il nostro Paese è piccolo. La fretta di Putin e le reazioni degli statunitensi dimostrano che la Grecia è in mezzo a un grave conflitto. È chiaro che dobbiamo decidere con cure e con approccio flessibile. La Grecia dovrebbe emergere e non diventare un bersaglio della vendetta-mania, sapendo tutti come reagiscono le grandi potenze”.

Leggi tutto su http://aurorasito.altervista.org/?p=1663

Fusione Bayer-Monsanto

Una delle conseguenze dirette del mostro “Baysanto” sarà un’impennata dei prezzi per gli agricoltori, che hanno già dovuto ridurre il loro tenore di vita a causa di costi insostenibili. “Gli agricoltori, negli ultimi anni, hanno già sperimentato aumenti di prezzo del 300% su ogni cosa, dalle sementi ai fertilizzanti, tutti controllati dalla Monsanto,” ha riferito Papantonio ad Hartmann. “E tutti gli analisti sono del parere che questi prezzi sono destinati a salire ancora più in alto a causa di questa fusione.” E comunque è difficile immaginare che la situazione possa peggiorare ancora per gli agricoltori americani, che attualmente hanno la percentuale di suicidi più alta di tutte le professioni del paese. Il tasso di suicidi per gli Americani impiegati in agricoltura, pesca e silvicoltura è di 84,5/100.000 persone, più del quintuplo di quello di tutta la popolazione in generale. Questa tragica tendenza ricorda quella dell’India dove, una decina di anni fa, milioni di agricoltori avevano iniziato la transizione dalle tecniche di agricoltura tradizionale a quelle che invece utilizzavano le sementi geneticamente modificate della Monsanto. In passato, seguendo una tradizione millenaria, gli agricoltori conservavano, come sementi, una parte del raccolto e lo riseminavano l’anno successivo. Quell’epoca, dove si seguivano gli schemi e i ritmi ben collaudati della natura, è ormai praticamente finita. Oggi, le sementi geneticamente modificate della Monsanto contengono la cosiddetta tecnologia-Terminator, e le coltivazioni risultanti sono sterili e non più in grado di germinare. In altre parole, la società produttrice delle sementi sta letteralmente giocando a fare Dio con la natura e con le nostre vite. Così, gli agricoltori indiani sono obbligati, ogni anno, a ricomprare a costi proibitivi una nuova fornitura di sementi (insieme al pesticida della Monsanto, il Round-Up). Ma il mondo avrebbe dovuto forse aspettarsi qualcosa di diverso dalla stessa azienda che è stata coinvolta nella produzione dell’agente Orange, usato dall’esercito (americano) nella guerra del Vietnam (1961-1971)? Più di 4,8 milioni di Vietnamiti hanno sofferto di patologie connesse al defoliante, sparso su vaste estensioni di terreno coltivabile durante la guerra, che ha distrutto la fertilità del terreno e la produzione agricola del Vietnam. Circa 400.000 Vietnamiti sono morti a causa dall’uso da parte dell’esercito americano dell’agente Orange, mentre milioni hanno sofferto per la fame, le malattie invalidanti e le malformazioni congenite. Questa è l’azienda a cui abbiamo permesso, insieme alla Bayer, di controllare un quarto delle risorse alimentari del mondo intero. Tutto questo porta a chiedersi: chi è più pazzo? Bayer e Monsanto, o noi, la gente? E’ importante ricordare che la fusione Bayer-Monsanto non avviene in un vuoto corporativo. Fa parte della gara delle aziende agrochimiche mondiali per accaparrarsi le risorse alimentari del mondo. ChemCina ha acquisito la svizzera Syngenta per 34 miliardi di dollari, per esempio, mentre Dow e DuPont hanno costituito un loro impero da 130 miliardi di dollari. In ogni caso, nessuna di queste aziende ha un’immagine lorda di sangue come Bayer e Monsanto, un matrimonio diabolico che minaccia tutta la vita sulla Terra. Fonte: Strategic Culture Traduzione: Markus

https://www.controinformazione.info/un-matrimonio-infernale-la-fusione-bayer-monsanto/

Terre rare

È finita l’era dell’industria inquinante e del paradigma dei grandi distretti industriali. Siamo alle prese con una vera e propria guerra per il predominio delle “terre rare”. Un gruppo di minerali, composto da una quindicina di elementi conosciuti anche come lantanidi, denominazione che deriva da uno di essi, il Lantanio. Dai nomi insoliti per citarne alcuni, quali l’ittrio, promezio, samario, gadolinio, lutezio, europeo, ecc… Ai più non dicono nulla se non ricordargli un’assonanza con dei nomi propri e le bizzarrie genitoriali che vanno per la maggiore.

Questa famiglia allargata è una vera e propria fonte di approvvigionamento, in grado di alimentare l’odierno capitalismo. La rivoluzione digitale e le linee guida della transizione energetica, incardinate sull’implementazione tecnologica, dettano i tempi del modello della crescita pulita. Ma non è tutto argento quello che luccica, dato il colore argenteo dei minerali in questione: la lotta di potere per le materie prime che servono per la produzione degli smartphone, delle nuove tecnologie hi-tech, per le turbine eoliche, le auto elettriche ed i missili “intelligenti”, è in pieno svolgimento.

La Cina è la maggiore beneficiaria dell’estrazione e produzione delle “terre rare” e, per fare un esempio, la sola Francia gli affida più del 40% delle sue risorse senza tener conto della tipologia di estrazione e, in più, del pessimo sistema di riciclo dei RAEE (rifiuti elettronici) che non supera l’1% annuo. Ma a contendersi il mercato ci sono anche gli Stati Uniti. Finito il periodo florido di maggior produttore degli anni ’80, e scacciato il breve ricordo della chiusura della miniera di Mountain Pass nel 2002, sancendo de-facto il monopolio cinese, adesso vogliono tornare ad avere un ruolo preminente.

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=60790

Passaggio di consegne

Il ministro francesi degli Esteri, Le Drian, si è recato a Tripoli lunedì. Secondo varie fonti, con uno scopo: ottenere di aprire una base militare permanente in Libia.

Il ministro ha incontrato  Sarraj, il  capo dello pseudo governo,  ma anche il capo  delle “forze armate libiche (sic) Abdulhramman al-Tawi e il comandante della  zona militare  occidentale Osama Al Juwaili,  della zona centrale  Mohamed al-Addad, il comandante della zona militare di Tripoli Abdelsabit Marwan- insomma i caporioni delle milizie  (bande)  locali  più o meno  “fedeli” a Sarraj, ossia che lui non controlla ma che controllano lui – allo scopo di “promuovere lo spiegamento di truppe francesi a Misurata onde aiutare il GNA a stabilizzare  la Libia.

Il sito  Special Monitoring Mission to Libya , citando “il membro dell’Alto Consiglio di Stato Abdurrahman Shater”, riferisce che già un mese prima, in Tunisia, c’erano stati incontri con “rappresentanti francesi” dei “gruppi armati di Misurata” per discutere “operazioni comuni antiterrorismo” ossia sempre stabilire una base francese;la delegazione di Misurata “aveva rifiutato”; sicché “si attende la visita del ministro degli Esteri per far cambiare idea ai gruppi armati”:  Certo Le Drian sarà arrivato  doni. Quali: armi?  (come noto, l’ONU ha i posto un embargo sulla vendita di armi alla Libia), soldi? Tutt’e due?

Quanto a Naaba TV, l’11 luglio segnalava l’arrivo di “cinque esperti militari francesi da Bengasi a Ras Lanut per sostenere le milizie Karama”  – ossia le  bande del generale Haftar impegnate ad impadronirsi della “mezzaluna petrolifera”.    I francesi erano “esperti nel controllo dei sistemi  aerei che hanno aiutato le milizie durante le battaglie sulla mezzaluna del petrolio”.

La Spartizione

Dunque sono sempre più intense le manovre di Parigi per  destabilizzare “la parziale pax italiana”   ricreata  in Libia. In questa serie di manovre, secondo  Luca Donadel, Francesca Totolo ed altri, va inserita l’ostinata operazione della spagnola “Proactiva Open Arms”   per  creare difficoltà al governo italiano, con la scusa dell’accoglienza ai profughi.

Il punto è che la petrolifera francese, Total, sfrutta la sua parte di  petrolio libico insieme alla  petrolifera spagnola Repsol.  Insieme, secondo l’accusa, finanziano “milizie berbere che gestiscono le attività scafiste a Al-Zuwara”.   Altre  bande armate,  nemiche della Guardia Costiera llibica, che però vengono promosse, propagandate e esaltate rommanticamente da articoli di Open Migration,  uno strumento della  Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD),   dove operano figli di papà dell’estrema sinistra italiana, ovviamente collegati a organizzazioni globaliste.

Zuwara, Libia: la città che ha detto basta alle morti in mare

 

In questa opera di promozione è ancor più favorita la Open Arms, creata da Oscar Camps. Un catalano che fino a pochi anni fa faceva il capo di bagnini, accaparrandosi contratti per la sicurezza sulle spiagge spagnole,  spesso denunciato (e alle Baleari condannato) perch non pagava i dipendenti.

L’ausilio  interessato della Spagna (socia di Total)

https://cronicaglobal.elespanol.com/vida/la-adjudicataria-del-socorrismo-de-bcn-tiene-un-historial-negro-en-baleares_34804_102.html

Di colpo, nell’autunno 2015, Oscar Camps decide di diventare umanitario e  va a salvare i profughi siriani in Grecia. SI scatena “il circo mediatico di beatificazione attorno a Camps”; che “coinvolge tutto il sistema català, dalla alcaldesa Ada Colau alla Junta Permanent di Puigdemont…media, personaggi dello sport, l’ex allenatore del Barça Guardiola e il cestista NBA Marc Gasol, entrambi caval”  (Così Vale Mameli).

Quyesto interesse dell’indipendentgismo catalano per Open Arms si spiega con motivi petroliferi. La compagnia petrolifera spagnola, Repsol, è al 73% flottante in borsa e le quote di controllo le detengono la banca catalana La Caixa col 12%, la società Sacyr e il fondo sovrano di Singapore. Caixa è dominus in Repsol”.

“E Caixa non detiene solo il controllo Repsol, controlla anche Naturgy (ex gas Natural Fenosa) società con interessi in Italia come i gassificatori di Taranto e Trieste, partecipata da algerina Sonatrach e Suez (link: https://es.wikipedia.org/wiki/La_Caixa) es.wikipedia.org/wiki/La_Caixa (link: https://es.wikipedia.org/wiki/Repsol) es.wikipedia.org/wiki/Repsol

E infatti è La Caixa, attraverso la sua fondazione, a  dare i primi finanziamenti all’ex bagnino Oscar. Con una prima donazione di 200 mila euro, ma ceto mobilitando molte più “donazioni”.

https://www.elperiodico.com/es/internacional/20171027/la-fundacion-bancaria-la-caixa-impulsa-con-200000-euros-la-labor-de-la-oenege-proactiva-open-arms-6383649

Il bagnino-salvatore insieme a Jaume Girò (Caixa e Repsol) suo primo  finanziatore.

Qui si vede l’umanitario Camps in compagnia di Jaime Girò, che è il donatore: capo delle comunicazioni della Caixa, ma nello stesso tempo, capo della comunicazione della Repsol e della Petronor (la petrolifera basca).  Importante partner della Petronor  è la compagnia di rimorchiatori Ibaizàbal  – che è la compagnia che ha “donato” uno dei suoi rimorchiatoi ad Oscar Camps: quella nave dipinta di giallo e rosso che “salva”  i migranti sotto le coste libiche, sottraendoli alla guardia costiera, per portarli a vagonate in Italia (fino a ieri).

E non basta: qualcuno dona anche la nave appoggio, Astral, “un veliero di lusso”:  è “il milionario andaluso-italiano Livio Lo Monaco”.. Che ha fatto i soldi vendendo materassi in tv,  “famoso per spot e telepromozioni su Telecinco. E’ l’anima commerciale di #OpenArms (link: https://cronicaglobal.elespanol.com/business/lo-monaco-el-rico-empresario-que-cedio-su-velero-para-rescatar-refugiados_40795_102.html) cronicaglobal.elespanol.com/business/lo-mo…

Altri fondi vengono da “Il portale di fundraising  “Banco Solidal”, che fa capo alla Fundacion Real Dreams di Barcellona presieduta da David Levy Faig, ex vicePresidente di Merrill Lynch Spagna”.

Tutti questi banchieri ardono di carità e dalla volontà benefica di scaricare migliaia di negri in Italia,  fino al punto da sfidare il governo italiano.

(Qui una completa storia sui moventi della Open Arms:

http://ilcappellopensatore.it/2018/07/open-arms-la-guerra-del-petrolio/)

La Open Arms che voleve querelare il governo, poi ha cambiato idea e querelerà la Guardia Costriera Libica, ma fose cambierà ancora idea.  Avrebbe da spiegare il salvataggio di Josefa e del suo smalto per unghie.

I mediai italiani si sono precipitati a strillare che la storia dello smalto alle unghie della povera profuga salvata dalla Open Arma  da 48 ore in acqua,  e quindi in fin di vita, era “Una fake”, una bufala. Invece la notizia è vera e hanno dovuto ammetterlo “le volontarie: abbiamo messo noi lo smalto alla povera Josefa  per tranquillizzarla”.

Per tranquillizzare  naufraghi, niente di meglio che  lo smalto per unghie.  Non deve mai mancare nella cassetta del pronto soccorso nautico.

Magari si balla anche  n po’, sulla Open Arms. Del resto si deve tenere allegra la Josepha: del Ghana, è fuggita dal marito perché la picchiava. La picchiava perché non poteva avere figli. Cos’ la Josefa ha intascato preso i suoi 3-5 mila dollari –  ogni donna africana  li ha nel salvadanaio,  specie le mogli picchiate dai mariti   – ed ha  intrapreso il periglioso viaggio.  Pagando gli scafisti e finendo nelle braccia aperte di Open Arms. Che aveva a bordo, allora,  un deputato delal sinistra italiota, Palazzotto – e adesso è ripartita da Barcellona per creare nuove difficoltà alla Guardia Libica, stavolta con a bordo Nicola Fratojanni – addirittura il Segretario della Sinistra.

Sempre al servizio di qualunque potenza straniera, la Sinistra. In odio all’avversario interno, chiamare  l’amico esterno : ecco un classico della storia italiota.

Potenza, la Capitale del Profugo

Ma anche i soldi contano, mica solo l’ideologia, nell’odio contro Salvini.   Dal sito di Francesca Totolo, riporto un elenco, probailmente incompleto, di  “cooperative umanitarie” che guadagnano dalla “accoglienza”. Guardate che fatturati.  Domandatevi come mai  i più grossi fatturati li fanno due caritatevoli organizzazioni a Potenza: con 61 milioni e 41 milioni  l’anno,   sicuramente, in una città come Potenza, sono le due potenze economiche massime. Le Amazon, le Google di Pz, capitale del Profugo.  E i principali datori di lavoro. E i profitti, li vedete? In  tasca a chi finiscono? Sono soldi pubblici, meditate. Questi non vogliono far finire la pacchia.

L’articolo MACRON VUOLE UNA BASE MILITARE IN LIBIA (ha dalla sua Open Arms) proviene da Blondet & Friends.

25 luglio 1943

Sembra quasi impossibile, ma sono trascorsi ben 75 anni da quella data, storica per le vicende italiane. La vita di un uomo. Per decenni ne abbiamo sentito parlare da chi c’era, da chi l’ha vissuto, con diversi accenti, differenti opinioni. Che hanno pervaso, nei giorni a venire, la storia italiana.

Era, quella data, già indissolubilmente legata a quella dell’8 Settembre? Poteva, Mussolini, cercare altre soluzioni? Se lo aspettava? Era l’unica soluzione, anche per il Duce?

La cronologia di quei giorni, spaventa solo a ricordarla. Pare quasi un evento stocastico, detta all’occidentale, oppure un groppo di karma che si scatena improvviso, per un orientale. Improvviso? Forse per chi lo vive, non certo per chi sa leggere il “prima” ed ha potuto vedere anche il “dopo”. Le cause sono le radici degli eventi, e solo le condizioni conducono alla loro maturazione: per gli orientali istruiti non è una sorpresa, giacché la loro cultura ha molti nessi che, già da bambini, li conducono sulla via della comprensione, del capire i nessi dell’originazione interdipendente, così com’è citata nei testi buddisti.

Noi occidentali seguiamo una via più contorta, ma rincorriamo la cronologia come un vademecum che dovrebbe spiegare, mentre in realtà dipinge soltanto le situazioni, senza convincere. Ha, però, il pregio della precisione: sempre che ci sia onestà intellettuale, e certezza delle fonti.

Non è mia intenzione addentrarmi nell’analisi di un evento che ha già avuto più esegeti che attori, bensì cercare di capire cosa vissero gli italiani d’allora, secondo le poche fonti non inquinate che si possono consultare e, soprattutto, le voci, le parole di chi mi dipinse quei giorni, né maledetti e né meravigliosi (questa è già una perversione del “dopo”), ma solo funesti.

Il 19 Luglio 1943 si scatena, per la prima volta, l’ira degli angloamericani sulla città di Roma, fino a quel momento risparmiata dalle bombe alleate: il colpo è terribile e la città devastata, al punto d’accorgersi finalmente di cosa succede da tre anni a Milano, a Genova, a Torino…e così via, nel “cuore” industriale del Paese. Di colpo, il “cuore” politico del Paese deve prendere coscienza che la situazione non ammette più deroghe: i cinegiornale Luce non bastano più nel creare sempre il dubbio che sia sempre e solo la propaganda nemica a mentire.

Gli stessi cinegiornale Luce non fanno nemmeno in tempo a “confezionare” un prodotto “accettabile” per il regime e, difatti, tutti i cinegiornali Luce sono postumi, ed in lingua inglese, poi doppiati. Girati dai nuovi padroni.

Perché la valanga è talmente improvvisa da stordire: i ricognitori della Regia Aeronautica e della Luftwaffe non riescono nemmeno ad avvicinarsi ai porti tunisini, perché la caccia nemica è ovunque, incontrastata. Perciò, gli italiani, non sanno cosa li attende: gli Alleati sbarcano il 10 Luglio in Sicilia, l’11 Giugno era già caduta Pantelleria, il 12 Luglio cade Augusta, il 22 Palermo. Infine, la presa di Messina avvenne il 17 Agosto la conquista della Sicilia era durata 37 giorni.

L’Aeronautica ha combattuto una battaglia impari, l’Esercito in certe situazioni ha combattuto, in altre è scappato, la Marina – oramai ridotta al lumicino e senza carburante – non si è mossa.

Comunque si voglia osservare la situazione, conquistare un’isola grande come la Sicilia in 37 giorni è un’impresa da guinness dei primati: un anno dopo, gli Alleati ci misero molto di più per riuscire a varcare i confini della Normandia e per prendere Parigi ci misero due mesi e mezzo.

Scrivo questo, perché ci sono persone le quali ritengono che l’Italia sarebbe dovuta rimanere al fianco dei tedeschi e combattere palmo a palmo per difendere il Paese. Di là delle considerazioni morali, non eravamo in grado di difendere niente: i primi caccia veramente in grado di confrontarsi ad armi pari con gli Alleati entrarono in servizio proprio nel 1943 – poche decine, non migliaia di velivoli – la Marina era a pezzi, non avevamo nulla che fosse paragonabile ad un carro Patton americano o Tigre tedesco. Non avevamo nulla, così come poco avevamo nel 1940.

Eppure, ancora oggi, qualcuno parla di “supremo sacrificio” e di “onore”.

Mussolini era un uomo molto orgoglioso, anche un poco sbruffone e tracotante, ma non era stupido, non lo era per niente.

Quando seppe dell’ordine del Giorno Grandi, dovette capire che il vento era oramai cambiato: nella lunghissima lotta – durata vent’anni – fra il Fascismo e la Monarchia, la seconda aveva avuto il sopravvento: Grandi era uomo di diplomazia, amico personale di Churchill, che aveva sempre guardato con maggior favore a Londra, piuttosto che a Berlino. Difatti, dopo la guerra, fu a lungo consigliere degli ambasciatori USA in Italia.

C’è da chiedersi cosa si aspettava Mussolini da quel Gran Consiglio: argomenti da controbattere non ne aveva più, se non uno sterile “pacta servanda sunt”, che Grandi rigirò facilmente, ricordando che i tedeschi erano stati i primi a non rispettare i patti. E, la votazione, terminò con 19 voti favorevoli, 7 contrari, 1 astenuto ed un non-votante.

Come si sentì Mussolini dopo quel voto? Forse abbattuto, oppure sollevato. D’altro canto, non aveva più strali al suo arco da scoccare: sapeva che, se quel voto avesse approvato l’esistente, Roma sarebbe stata bombardata come le città tedesche, e dunque la fine sarebbe stata ancor più vicina. L’auto del Re, in visita al quartiere bombardato di San Lorenzo il 19 Luglio, fu presa a sassate ed il Re dovette fuggire.

Mussolini sperava, con una buona dose d’infantilismo, di tornare privato cittadino: difatti, chiese di poter tornare alla Rocca delle Carminate, a casa sua, a Predappio. Ma la Storia esige sempre un conto da pagare, e non poté sottrarsi.

C’è un ultimo sberleffo in queste vicende: le due rocambolesche fughe, quella del Duce e quella del Re. Il primo “liberato” da un blitz tedesco da alcuni paracadutisti tedeschi sul Gran Sasso, il secondo che – quasi negli stessi giorni – attraversò un’Italia a dir poco confusa, dominata dalle truppe tedesche, filtrando come una Primula Rossa fra le soverchianti forze germaniche: viene da chiedersi se ci fu accordo, e di che tipo, e per quali scopi di parte.

La Campagna d’Italia proseguì a rilento – gli Alleati sarebbero potuti sbarcare sul litorale emiliano qualora lo avessero voluto – perché, a quel punto, contò più Stalin che Hitler, come futuro nemico, al confronto di un nemico oramai sconfitto. Troppa velocità avrebbe scontentato Stalin, che si sarebbe vendicato prendendosi i Balcani ed il sempre agognato sbocco sul Mediterraneo.

Per Mussolini rimase solo la parte di un personaggio shakespeariano, che portò a compimento con l’ineluttabilità del destino che accompagna, sempre, la penna del grande drammaturgo inglese.

Dopo aver sbagliato molto, se non proprio tutto – dai Patti Lateranensi per ingraziarsi lo IOR, e dunque costruire le armi fasciste, fino a disperdere quei soldi verso una FIAT che nel 1944 costruiva ancora caccia biplani e “scatole di sardine” come il carro M-13/40 – si ritirò in una Repubblica fasulla, senza esercito, se non quello tedesco.

Nulla ci è pervenuto dei lunghi colloqui che il Duce ebbe, nel suo dorato esilio di Gragnano, con l’amico di gioventù Nicola Bombacci – mai stato fascista, eppure fucilato a Dongo – il quale già lo andava a trovare in galera, nel 1911, quando divideva la cella con Pietro Nenni, per aver, entrambi, manifestato contro la guerra di Libia. E lo ritrovò, nella nuova “prigione” di Salò, dove continuarono a sognare un mondo migliore, una nuova repubblica, con tanto di Costituzione. Protetti dalle SS.

Chissà cosa si dissero, cosa si raccontarono: entrambi avevano conosciuto Lenin, ma mentre il primo aveva creduto nel Partito Nazionale Fascista, il secondo aveva fondato il Partito Comunista Italiano.

Peccato che l’Italia non abbia avuto un drammaturgo come il grande William: senz’altro avrebbero avuto l’onore di calcare i palcoscenici di mezzo mondo. Già, la Storia a volte è bizzarra, a volte codarda. La maggior parte delle volte, però, dimentica che, dietro ad ogni vicenda storica, ci sono delle persone, relegate – a forza – nel loro personaggio.

http://carlobertani.blogspot.com/2018/07/75-anni-troppipochi.html

Stato tribale

Secondo la stampa inglese il territorio italiano sarebbe ora a forte rischio di “tribalizzazione territoriale”, ovvero le bande di migranti potrebbero appropriarsi di aree e difenderle come usano fare nelle zone del centro Africa già attraversate da guerre civili e atavici conflitti tribali.

Rodolfo Ruperti, capo della polizia di Palermo, aveva dichiarato al Times che “la gang dei Vichinghi è sorta mentre la polizia sgominava l’organizzazione dell’Ascia Nera (struttura mafiosa nigeriana in Italia): quando elimini una gang, subito altre vengono a colmarne il vuoto”. Secondo le fonti britanniche si sarebbe ormai a cospetto di “organizzazioni molto gerarchiche, con capi presenti in ogni città”.

Il rischio secondo gli inglesi è che, messi alle strette (o progettando una supremazia sugli italiani) potrebbero anche armare i centri d’accoglienza, e coloro che vivono nei palazzi occupati, per fronteggiare le forze dell’ordine in eventuali focolai di guerriglia urbana: l’esempio dello sgombero nei pressi di Roma-Termini avrebbe potuto avere di queste conseguenze.

L’ulteriore restrizione dei flussi migratori verso la Gran Bretagna sarebbe stata operata dal governo di Londra dopo le relazioni dell’intelligence. Di più, il caso italiano sarebbe oggetto di studio e preoccupazione, al punto che Scotland Yard avrebbe consigliato maggiore controllo sui voli in entrata dall’Italia, e perquisizioni accurate sui vettori su rotaia e gomma che attraversano il canale. Dal canto loro i francesi hanno già in due occasioni fronteggiato gruppi paramilitari nelle banlieue parigine, ricorrendo all’esercito in supporto alla Gendarmerie.

Ma la politica italiana sarebbe quella di non allarmare la popolazione circa il rischio d’assalti da parte di gruppi “paramilitari extracomunitari”. Anche se bande sudamericane avrebbero già il controllo d’una decina di edifici a Milano e d’una zona non ben definita a Genova. Va rammentato che lungo l’Adriatico sarebbero già state segnalate bande di africani. Qualche funzionario di polizia ventila che ordini superiori avrebbero minimizzato il fenomeno, etichettandolo come ininfluente sotto il profilo dell’ordine pubblico. Evidentemente necessita attendere che si manifestino con i fatti, e cioè non basta qualche stupro o rapina per gridare al fenomeno diffuso.

Occorre che bande paramilitari di migranti assalgano aziende agricole e piccoli centri rurali, che s’approprino arma alla mano di pezzi del Paese… allora forse lo Stato democraticamente sonnacchioso si desterà, forse proponendo di dialogare con gli eventuali nemici. Il Papa ci dirà di perdonare loro ogni peccato, ma soprattutto qualcuno ci rammenterà che prima di tutto sono rifugiati politici.

14 settembre 2017

http://www.opinione.it/societa/2017/09/14/ruggiero-capone_migranti-nigeriani-paramilitari-times-the-guardian/

Fiume

Gigante, che aderì al fascismo, fu sempre controcorrente e sposò un’ebrea. Il senatore decise di rimanere a Fiume a guerra finita sostenendo «di non aver mai compiuto alcun crimine». Appena arrivati, gli sgherri dell’Ozna andarono a prenderlo a casa come «nemico del popolo». Testimoni lo videro sfilare in una colonna di prigionieri in via Trieste, ma poi sparì nel nulla. L’Ozna lo consegnò ai reparti Knoj, il Corpo di difesa popolare della Jugoslavia, che avevano il compito di eliminare i prigionieri. Castua era un importante comando partigiano. Il senatore, assieme a carabinieri e finanzieri italiani venne portato davanti a una chiesa in costruzione. «Li fucilarono senza processo – spiega Micich – e poi vennero finiti con le baionette». I corpi furono sepolti vicino al sentiero che porta al bosco della Loza. Per 73 anni la fossa comune è rimasta un tabù.

Nel 1992, alla fine della Jugoslavia comunista, Amleto Ballarini, allora presidente della Società di Studi fiumani, comincia le ricerche. Assieme a Gigante fu trucidato il finanziere Vito Butti sposato a una croata. La cognata, che era staffetta partigiana, convinse i titini a buttare il corpo nella fossa per ultimo. Così venne recuperato la notte dell’esecuzione. Le figlie di Butti confermano la storia a Ballarini e un prete croato, don Franjo Jurcevic, riceve le confidenze di alcuni fedeli, che sanno dov’è la fossa. Si muove la Federazione nazionale degli esuli per fare pressione sul governo italiano affinché intervenga sui croati, ma ci vogliono anni per convincere Roma e trovare collaborazione a Zagabria.

Il 7 luglio vengono finalmente ritrovati i resti mortali di un senatore italiano trucidato dai titini e ancora disperso. Vittima di un crimine di guerra volutamente dimenticato per decenni.

*Da Il Giornale

http://www.barbadillo.it/76125-foibe-di-f-biloslavo-riemergono-i-resti-di-riccardo-gigante-genio-fiumano-fucilato-dai-titini/

Il piano

Ecco il piano delle élites per far cadere il governo M5S-Lega (di Giuseppe PALMA)

Oggi può sembrare fantapolitica, ma più avanti ci proveranno. Tenteranno di rimettere in moto il colpo di stato iniziato nel novembre 2011 e terminato lo scorso 1° giugno. Il governo del cambiamento M5S-Lega ha costruito una barriera contro il progetto mondialista di creare un popolo europeo senza identità, un meticciato senza diritti sociali ma libero di spostarsi per garantirsi la mera sopravvivenza. Senza famiglia, senza radici, senza identità. Il governo Salvini-Di Maio rappresenta certamente un ostacolo a questo progetto delle élites globaliste, ma, allo stesso tempo, in Parlamento non è possibile alcun ribaltone che metta insieme tutte le altre forze politiche oggi presenti (Pd, Forza Italia, LeU, piùEuropa etc), le quali non hanno i numeri per contrapporre un’alternativa all’esecutivo giallo-verde. Che farà dunque l’establishment sovranazionale? Occorre ammettere che questo ha sempre prediletto la soluzione di unire il centrodestra col centrosinistra, lasciando fuori i 5Stelle (come nel 2013), ma stavolta non è possibile per la ferma opposizione di Salvini a qualsiasi alleanza col Pd.
E allora i grandi gruppi della finanza internazionale punteranno sulle divisioni dentro al governo Conte e su quelle all’interno del M5S. 
Il grimaldello è rappresentato dal Presidente della Camera Roberto Fico, che alla prima crisi di governo riaprirà – su probabile indicazione di Mattarella – il famoso “secondo forno”, quello naufragato sotto i colpi di Renzi lo scorso 29 aprile. Ma stavolta il senatore di Scandicci non avrà lo stesso peso politico che ebbe tre mesi fa. Il neoeletto segretario Dem Maurizio Martina sta già lavorando sottobanco. Prima delle elezioni europee del 2019 al Nazareno potrebbe arrivare un nuovo segretario legittimato dal voto delle primarie, e non è escluso che il “nuovo” che avanza sia rappresentato proprio da Martina o, più probabilmente, dall’attuale Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, uomo con le stesse idee di Martina ma con ben più consistenti potenzialità comunicative e, soprattutto, non “sporcatosi” con le fallimentari esperienze di governo degli ultimi anni.
A quel punto, subito dopo le elezioni europee, il “nuovo” Pd cercherà di dividere Di Maio da Salvini sulla base del fatto che il M5S potrebbe aver subìto una flessione (del tutto fisiologica) in termini elettorali rispetto alle politiche di quest’anno (con un parallelo aumento di consensi in favore della Lega), spingendo i pentastellati a far cadere l’attuale governo per formarne un altro col Pd di Zingaretti (o personaggio similare). Una sorta di mantide religiosa pronta a morire pur di uccidere il vecchio nemico e nuovo presunto alleato. Un vero e proprio abbraccio mortale per i 5Stelle, sia dal punto di vista parlamentare (i numeri potrebbero non esserci) che politico. Ma alle élites questo non interessa. Se pensano che ci possa essere una sola possibilità per fermare le politiche economiche, fiscali e sull’immigrazione del governo M5S-Lega, utilizzeranno tutti gli strumenti a loro disposizione pur di raggiungere l’obiettivo. Si tratterebbe certamente di un altro colpo di stato, anche perché del nuovo governo non farebbe parte la componente più votata all’interno della coalizione che ha ottenuto più voti alle elezioni del 4 marzo. Ma se c’è una cosa che alle élites non interessa, quella è proprio la democrazia!
Sarà il M5S sufficientemente fermo e stabile per non cedere alle sirene globaliste e del Pd? Io credo di sì, anche perché sarebbe auto-distruttivo se cedesse. E Di Maio non è poi così sprovveduto da farsi soffiare il Movimento da una manovra di questo tipo. Il governo del cambiamento, che poggia la propria legittimazione democratica sul forte consenso elettorale dei due partiti che ne fanno parte, è nato anche per effetto della rivolta popolare avvenuta sui social la sera del 27 maggio – subito dopo che Mattarella aveva impedito la nascita del governo Conte (a causa del veto su Savona al Mef) e nominato Cottarelli -, oltre che per le rassicurazioni americane sull’acquisto dei nostri titoli di stato sul mercato secondario. Diversamente, dovete tenerlo bene a mente, era già pronto per Palazzo Chigi – in continuazione del colpo di stato del novembre 2011 – proprio l’onnipresente Cottarelli, l’uomo del FMI che ci avrebbe imposto – senza neppure ottenere la fiducia in Parlamento – ancora più austerità e rigore, cioè le folli ricette neo-liberiste di Monti.
Tutto questo non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo, soprattutto per quel che potrebbe accadere in un futuro non molto lontano. Sulla Libertà, diceva Calamandrei, bisogna vigilare. E oggi più che mai, aggiungo io, anche sulla democrazia.

Giuseppe PALMA

Chi è Mister Browder?

Ora, è il caso di capire che cosa ha fatto Magnitsky, la povera vittima  dei crudeli russi, per il suo cliente Browder.  Ha aperto società fittizie in Kalmukia, una provincia buddhista e autonoma, a cui Mosca ha dato importanti esenzioni fiscali nella speranza che investimenti stranieri potessero innescare lo sviluppo economico.  Quelle che  vi ha aperto Magnitsky non hanno certo innescato alcun miracolo economico; non erano che caselle postali in cui transitavano milioni e miliardi  per poi venir dichiarate fallite e chiuse. Il punto è che queste società, formalmente di cittadini russi, acquistavano azioni di società russe che Mosca, memore del gran saccheggio degli oligarchi, vieta di vendere a stranieri.

S. Magnitsky, il complice di Browder.

E non basta:  Magnitsky ha intestato queste società a handicappati fisici e psichici kalmukki, approfittando del fatto che le leggi russe hanno esentato queste povere persone  da ogni imposta. Proprio   nel docu-film che gli europarlamentari non hanno potuto vedere, alcune di queste  persone, limitate e talora analfabete, si fanno intervistare: e raccontano la di come  siano state fatte firmare loro delle carte che non hanno potuto leggere, e di come avessero ricevuto per questo un po’ di denaro: modestissimi  compensi,  in confronto ai miliardi che passavano nei “loro” conti per finire chissà dove.  Più precisamente, in una  rete finanziaria oscura, gestita da grandi nomi dell’ebraismo: l’editore Robert Maxwell, britannico nato in Cecoslovacchia, il banchiere “libanese” Edmon Safra (alla cui banca il FMI affidò 4 miliardi destinati ad aiuti  speciali alla Russia in rovina: ovviamente spariti) e Boris Berezovski: tutti e tre morti in circostanze  misteriose ed atroci, tutti e tre indicati poi come agenti del Mossad  che forse avevano avuto un ripensamento.

Proprio per sapere dove sono finiti i soldi, la procura russa ha avanzato formale richiesta di poter interrogare Browder in Usa: cosa a cui Browder si rifiuta con scatti  ridicoli, e vere e proprie fughe davanti ai mandati di comparizione, accusando Putin di essere il nuovo Hitler, al punto da suscitare qualche dubbio anche negli americani informati:  capisco che non si  fidi  dei procuratori di Mosca, ma perché fugge la giustizia americana?

La posizione di  Browder si fa sempre meno sicura. Boris Berezovsky, lì oligarca ebreo che abitava a  Londra, si disse, è stato ucciso perché aveva avanzato personale richiesta a Putin, per lettera, chiedendo di poter tornare in Russia. Ora il capo delle sue guardie del corpo, Sergei Sokolov, è arrivato  a Mosca portando i documenti che Berezovsky aveva raccolto e che intendeva portare come “agevolazione” del suo ritorno: da essi   risulta che Browder era un agente ella Cia negli anni in cui operava in Russia, per poi passare ai servizi britannici M16, e che  le sue attività finanziarie erano solo parte del progetto generale di  condurre una guerra economica contro la Russia.

Nello stesso docu-film che gli europarlamentari non hanno potuto vedere,    appare anche una intervista a Magnitky in prigione, dove costui dice che teme che il suo cliente Browder la farà ammazzare  per impedirgli di chiamarlo in correità.

A questo punto, avete il diritto di chiedervi come mai questo documentario doveva proprio essere presentato all’euro-parlamento. Semplice: perché è stato  il Parlamento Europeo a pagarlo, finanziando il suo realizzatore, il giornalista russo Andrei Nekrassov.  E perché Nekrassov? Perché è ostilissimo a Putin e  noto per aver attaccato in modo documentato il suo sistema di potere, autore di inchieste scottanti contro Putin che gli hanno valso persino la richiesta di arresti a Cipro.
Il fatto è che Nekrassov, partito con le migliori intenzioni di  esaltare  Magnitsky come martire innocente  dell’ex Kgb, e Browder come il nobile milionario  che opera per la libertà della Russia dal nuovo Hitler, cammin facendo, in tre anni d ‘inchiesta e ascoltando decine di testimoni,  si è trovato davanti a prove incontrovertibili del contrario: è la versione delle procure russe questa giusta, mentre la versione di Browder è solo narrativa e fake news.

http://russiepolitics.blogspot.com/2016/05/arte-censure-un-film-russe-dopposition.html

Nekrassov ha persino avuto una crisi di coscienza e superato una depressione, dopo la scoperta, come ha scritto nel suo blog

https://echo.msk.ru/blog/andnekrasov/1757476-echo/

Andrei Nekrasov, il giornalista autore dell’inchiesta.

 

Ma ecco:

Gli avvocati di Browder hanno minacciato l vie legali se i parlamentari europei avessero visto il video che hanno pagato, e l’europarlamento è stato ben felice di rinunciare.  Anche  la tv eurocratica ARTE ha dunque cancellato la programmazione. Il documento è stato visto solo da russi sulle tv russe.

https://www.maurizioblondet.it/ecco-mister-browder-il-gran-regista-del-russiagate/

Sudameritalia

Non c’è dubbio che Giuliano Amato sia ancora una volta al centro della spoliazione dell’Italia, a cui ha dato la sua opera decisiva  e continua e coerente. Collaboratore di Craxi eppure  intoccato da Mani Pulite,  messo a capo del governo durante la tempesta giudiziaria  nel 1992, spiana la strada alle  privatizzazioni, ossia alle svendite a capitali stranieri delle migliori e più avanzate aziende pubbliche (a cominciare dalla Nuovo Pignone).   Amato si dimette nell’aprile 1993  – attenzione, senza voto di sfiducia del parlamento – e lascia il posto al governatore della Banca d’Italia, che nessuno ha eletto a fare il capo del governo: Ciampi, il quale gestirà da par suo l’attacco alla lire di Georges Soros.  Ossia: chiesto alla Bundesbank se  era disposta a “difendere la lira” con le sue enormi possibilità, e  ottenutone un rifiuto ( contrariamente agli accordi), Ciampi con Amato ministro avrebbero dovuto rinunciare subito alla “difesa” che era già persa in anticipo; invece  dilapidarono almeno 14 mila miliardi in una difesa, che si concluse come doveva: con la prevista sconfitta. Sconfitta che comportò una svalutazione della lira del 25% .  proprio nel momento  guarda caso, in cui il governo offriva in vendita le imprese-gioiello da ”privatizzare”: gli stranieri poterono quindi comprarle con quello sconto ulteriore. Ciò mentre il Pool giudiziario di Mani Pulite contribuiva validamente a d abbassare il prezzo, con le retate e gli arresti del presidente dell’ENI , Emanuele Cagliari, tenuto in galera preveniva fino al suicidio;  il “suicidio” di Gardini e la retata di tutti i dirigenti della Ferruzzi, nostra efficiente multinazionale granaria;  in questo clima di  terrore giudiziario  fatto pesare sui manager pubblici,  Ciampi, con Prodi, operò la  privatizzazione della Banca Commerciale Italiana , del Credito Italiano, e la “ristrutturazione”  dell’ILVA ossia la distruzione della grande siderurgia nazionale,  Se l’Italia d’oggi è l’ombra “sudamericana” di quella che fu così distrutta, bisogna ringraziare Ciampi e Amato. E infatti sono stati ringraziati:  uno con la presidenza della Repubblica, l’altro come giudice costituzionale, nominato a quella eccelsa poltrona d Napolitano.

Capite bene dunque perché ha ragione di considerare il”sovranismo” un razzismo, da eliminare con linciaggio e senza processo.

L’articolo GIULIANO AMATO GUIDA LA HITLERIZZAZIONE DEL GOVERNO proviene da Blondet & Friends.

La realtà è un uccello

Se il governo italiano riuscisse a bloccare gli sbarchi e con essi il piano di destabilizzazione dell’Italia, acutizzando, di conseguenza, il livello di scontro sulla Libia, e dunque il conflitto geopolitico con la Francia, la diarchia franco-tedesca potrebbe andare in crisi, entrando in una fase di instabilità politica, che provocherebbe un ricambio di ceti dirigenti ai vertici dei due paesi tramite un’affermazione elettorale di forze e partiti “populisti”. È a quello stadio che la diarchia alias Unione Europea avvierebbe l’implosione, prima ancora che un governo di un qualsiasi paese membro possa o voglia tentare un’uscita dall’euro o un irrealistico riesame dei trattati.

Luciano Del Vecchio in http://appelloalpopolo.it/?p=43895

Nota: probabilmente i nostri politici non sono in grado di pilotare in questa direzione, ma la storia potrebbe prendere anche questa piega…