Ad ogni nuovo governo si ripresenta il problema del “Mezzogiorno” a cui gli esperti propongono sempre (quasi) nuove soluzioni.
Ad esempio Marcello Minenna, docente di Finanza matematica alla Bocconi e alla London Graduate School, scrive: «L’ austerità stringe nella sua morsa l’ Italia e ancor più il suo Mezzogiorno. L’ austerità aggrava la questione meridionale. I vincoli di bilancio europei allontanano sempre più il Sud dal Nord Italia». Il maggior disastro dell’ austerità imposta dalla UE – oltre alla Grecia – è il Mezzogiorno d’ Italia, salvato momentaneamente solo dalla tenuta faticosa del resto del Paese. I dati sulla disoccupazione e sulla povertà al Sud sono agghiaccianti, come quelli sulla sua depressa vita economica (e perfino sul crollo demografico). Usciamo a pezzi da questo ventennio dell’ euro come da una guerra perduta. Come si rinasce? Nel voto plebiscitario che il 4 marzo il Sud ha tributato al M5S c’ è un grido di disperazione, ma anche Luigi Di Maio sa bene che non può essere il «reddito di cittadinanza» a «risolvere» una situazione così disastrata. È sensato aiutare le fasce di popolazione più bisognose, ma il futuro non può essere quello. C’ è il rischio assistenzialismo che potrebbe deprimere ancor di più il Meridione e portare alla spaccatura col resto d’ Italia. Di Maio – affrontando il caso dell’ Ilva di Taranto – sta cercando di coniugare insieme sviluppo industriale e salvaguardia della salute e dell’ ambiente. Ma, al di là del caso specifico, bisogna avere visione e strategia, occorre elaborare un piano per tutto il Sud, che altrimenti affonderà nella disperazione portando nel baratro l’ intera Italia. Il rischio è non avere un disegno di sviluppo complessivo e addirittura bloccare anche i pochi investimenti esistenti (come il gasdotto dall’ Azerbaijan alla Puglia). Già è stato devastante – negli anni scorsi – perdere un treno che poteva essere importantissimo, quello degli investimenti cinesi nel porto di Taranto: si parla della la più grande azienda di logistica del mondo, la Hutchinson Wamphoa di Hong Kong con un fatturato di circa 40 miliardi di dollari. Questo colosso dal 2009 puntava su Taranto per farne il terminale, via Suez, di tutti i commerci con la Cina. Nel disinteresse dei vari nostri governi, nazionali e locali, i cinesi hanno infine mollato l’ Italia e hanno investito in Grecia nel porto del Pireo che adesso fa concorrenza a noi. STRADA DA SEGUIRE Eppure in quella disastrosa vicenda c’ era l’ indicazione di una strada. Proprio i nostri Porti potrebbero essere la principale molla di sviluppo del Sud, soprattutto dopo il raddoppio del Canale di Suez che ha esaltato la nuova centralità del Mediterraneo nelle rotte commerciali del mondo. In questi anni (e con questi governi che abbiamo avuto) la posizione geografica del nostro Mezzogiorno, proteso nel Mediterraneo, è stata fortemente penalizzante perché il Sud è stato l’ involontario porto di attracco della massiccia emigrazione africana e asiatica. Ma invece quella posizione geografica può essere una straordinaria chance per lo sviluppo. Non mancano né le idee, né le risorse (potendo attingere ai fondi europei non utilizzati e anche al possibile sforamento del deficit per investimenti produttivi) *1
Noi invece riteniamo che qualsiasi investimento finisca altrove (cfr.2); anzi riteniamo che storicamente l’unità di Italia non sia mai avvenuta.
Il 2 agosto 1847 lo statista austriaco Klemens Von Metternich scrisse, in una nota inviata al conte Dietrichstein, la famosa e controversa frase «L’Italia è un’espressione geografica».
Anche se Metternich non l’avesse mai detto, è evidente dai differenti risultati delle ultime elezioni al Nord e al Sud che sono due mondi distinti e le cronache di ogni giorno sono lì a confermarcelo.
Sarebbe ora di rendersene conto e farsene una ragione.
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- https://www.controinformazione.info/e-possibile-un-piano-per-il-riscatto-storico-del-sud-la-lega-di-salvini-potrebbe-esserne-la-protagonista/
- https://terzapaginaweb.wordpress.com/2018/07/15/dove-vanno-i-soldi/
C’è un pezzo di Bassa nel lavoro immediatamente successivo al terribile incidente di lunedì 6 agosto sul raccordo autostradale di Bologna Casalecchio. La ex F.lli Baraldi di San Prospero, ora Global srl, è intervenuta nella rimozione delle macerie.
“Hanno lavorato incessantemente per 15 ore, consentendo il ripristino della viabilità in tempi record. La devastazione – spiega un comunicato dell’azienda- richiedeva l’intervento di una azienda leader nel settore delle demolizioni”.
“Abbiamo conservato – aggiunge Agostino Dareggi, l’imprenditore che ha rilevato la Baraldi ed ora guida la Global Costruzioni – tutti i dipendenti perché non è facile trovare personale di così elevata esperienza e abbiamo chiesto la collaborazione di Claudio Baraldi nella Direzione Tecnica della nuova azienda Global; stiamo andando avanti molto bene. È stato proprio Claudio Baraldi che ha diretto e organizzato i lavori a Bologna dopo pochissimo tempo dalla chiamata, sollevando tutte le auto distrutte con i bracci degli escavatori: un lavoro tutt’altro che facile perché, in queste situazioni, si rischia di aggravare i danni”.
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In Campania sono in funzione 150 depuratori delle acque, ma soltanto cinque ri-
sultano a norma di legge con le regole europee che prevedono tre cicli di trattamento chimico, batteriologico e di . abbattimento dei nutrienti} e un impianto per essiccare i fanghi, depotenziando così il problema dello smaltimento a discarica.
Fabrizio Geremicca (Corriere del mezzogiorno)
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Ho visto così con i miei occhi quanto di vero c’è nell’incompresa (quantomeno al sud) civiltà trentina, dove su strade pulite e controllate da autovelox gli unici a sorpassare strombazzando il clacson sono i miei conterranei meridionali. In questo paradiso le ribellioni angeliche sono ancora in corso. Le distese di ombrelloni hanno lasciato spazio a quelle dei prati con il loro profumo, non meno invitante di quello dei piatti ipercalorici del posto.
Spostandoci a pochi chilometri io e la mia Beatrice abbiamo la possibilità di entrare in Svizzera per visitare Munstair con il suo monastero fondato niente meno che da Carlo Magno in persona, che ritratto in una statua squadra dall’alto i fedeli nella chiesa con i suoi occhi marmorei. Della proverbiale freddezza degli uomini del nord invece non trovo traccia. Il cherubino Gerard, proprietario del gasthof che ci ospita, è tutto tranne che impassibile: sempre sorridente e gentile a ogni richiesta, ama scherzare con i clienti. Ci entro subito in confidenza ed una sera mentre beviamo insieme un Braulio (amaro valtellinese a base di erbe) mi dice “Qui lavoriamo tutti in pratica, il lavoro ce lo passiamo di generazione in generazione. Siamo ancora molto legati all’Austria-Ungheria, ma cosa cambia in fondo se fossimo stati da sempre italiani?”.
http://www.barbadillo.it/76696-reportage-dallinferno-assolato-di-gallipoli-al-paradiso-trentino-tra-austria-e-carlo-magno/
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A Messina ci sono ancora le baracche del terremoto accaduto non qualche anno fa, non nel 1968 – quello della Valle del Belice – ma al tempo in cui in Russia c’era ancora lo zar. E la gente ancora vi abita.
Niente potrà accadere – né alluvioni, ne frane – che possa muovere a far qualcosa perché ci sarà sempre il niente che non si fa mai.
Niente succede in Sicilia se ci sono aerei dalle tariffe esose indifferenti della difficoltà obiettiva di unire l’isola al resto di Europa e restano come niente i tratturi a collegare i tre valloni della più importante realtà del Mediterraneo perché le strade – con niente di niente di quel minimo di caditoie, fognature, manto e perfino d’illuminazione che possano garantire il diritto alla sicurezza e alla modernità – non portano a niente.
A proposito: non c’è il Ponte, in Sicilia – sullo Stretto, figurarsi – perché intanto c’è la frana subito dopo, a Roccalumera, e poi c’è il niente.
Anzi, c’è il niente che non si fa mai. (da Il Tempo del 5 novembre 2018)
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