Il giorno della collera

ghigliott

 

Questo movimento è stato innescato dall’annuncio di un aumento dei prezzi del carburante. Tuttavia, riflette una rabbia molto più profonda e cause molto più complesse. La questione dei prezzi del carburante rimanda alla cosiddetta “compressione dei consumi” delle famiglie delle classi popolari. Quando non si hanno mezzi di trasporto alternativi e si devono fare ogni giorno decine di chilometri per andare al lavoro, ebbene sì, il costo del carburante rappresenta un pesante onere. Detto in termini economici, in questo caso non vi è alcuna elasticità del consumo rispetto al prezzo.

 

Tuttavia, un semplice aumento dei prezzi del carburante non avrebbe certamente causato una tale collera se non fosse arrivato in aggiunta ad altri aumenti e ad una pressione fiscale che le classi lavoratrici considerano eccessivamente onerosa. Le riforme fiscali realizzate lo scorso anno dal governo – tra cui la rimozione della ISF (Imposta di solidarietà sul patrimonio) – e le misure adottate dai governi precedenti – tra cui ricordiamo i 44 miliardi di sgravi fiscali del CICE (credito d’imposta per la competitività e l’occupazione) concessi alle grandi imprese in cambio della creazione di qualche posto di lavoro – sono alla base di questa rabbia. Si parla di una “esasperazione fiscale”; in certi casi ci si può arrivare. Ma qui si tratta soprattutto di un senso di ingiustizia fiscale.

A questo aggiungiamo le più che infelici osservazioni di un presidente della Repubblica il quale evidentemente non prova alcuna empatia per le classi popolari, affascinato com’è dagli “start-upper” e dalla ricchezza di coloro che, per usare la sua espressione, “si sono fatti dal nulla”. I termini estremamente dispregiativi che egli ha usato per anni contro le classi popolari sono ben noti. Non sono stati dimenticati da coloro a cui sono stati rivolti. I francesi, si dice, hanno la memoria corta. Invece hanno appena dimostrato l’esatto opposto.

Tutti questi sono stati fattori di coesione di una rivolta emersa dalle profondità della “Francia periferica”, per riprendere l’espressione del geografo Christophe Guilluy. L’odio dei rappresentanti organici della Francia “bobo” (bourgeois-bohème, corrispondente all’italiano radical-chic, ndt) segnala dove si trova la frattura.  Questa frattura, e qualcuno non se ne dispiaccia, è una frattura di classe. Gli slogan politici che abbiamo sentito non sono dovuti alla presenza di attivisti e di organizzazioni di partito, ma piuttosto al fatto che queste classi popolari identificano spontaneamente il governo e il presidente come loro nemici.

Questa rivolta è stata in gran parte non organizzata, o più esattamente auto-organizzata. È partita da iniziative individuali, e si è amplificata sui social network. Un gran numero di manifestanti del 17 novembre erano alla loro prima esperienza di manifestazione, di lotta collettiva. Questa esperienza, questa forma specifica di socializzazione è di estrema importanza. Perché imparando a coordinarsi, a parlare insieme, queste persone smettono di essere individui isolati. Diventano consapevoli della loro forza. È per questo motivo che questo movimento, eterogeneo nella sua ideologia, i cui partecipanti sono disomogenei e tra loro differenziati, è fondamentalmente un movimento sociale progressista. Perché ogni esperimento sociale che oggi permette agli individui di uscire dal loro isolamento ha un carattere progressista.

http://vocidallestero.it/2018/11/20/jacques-sapir-i-giubbotti-gialli-e-la-rabbia-delle-masse-popolari/

Autore: redattorecapo

associazione culturale Araba Fenice fondata a Bondeno (FE)

3 pensieri riguardo “Il giorno della collera”

  1. La Germania ha tutto l’interesse che i paesi del sud Europa rimangano immersi nell’austerity che produce la riduzione del loro PIL con l’effetto di ridurre il numero delle imprese manifatturiere (competitors della Germania) e di conseguenza l’ occupazione, con lo Stato che preleva imposte al di sopra del volume della spesa pubblica , con la sola eccezione della economia in nero, l’unico fattore che riduce la recessione del sistema economico.
    Soltanto con il proseguire con le politiche di austerità l’Eurozona sarà in grado di presentare partite correnti positive, in caso contrario l’intera eurozona registrerebbe un aumento della domanda interna e sarebbe costretta ad avere maggiore indebitamento estero per procurarsi la valuta con cui acquistare le materie prime.

    Questo scenario produrrebbe inflazione e questo è esattamente quello che aborrisce la Germania e l’elite finanziaria.
    Del costo sociale che queste politiche deflattive producono, alle oligarchie europee non può fregare di meno, come si è visto nel caso eclatante della Grecia, anzi la necessità di ridurre il debito, tagliando la spesa pubblica e procedendo alle privatizzazioni, consente la messa in vendita dei beni pubblici come aziende di servizi, aeroporti, porti, isole e persino i siti archeologici (quello che sta accadendo in Grecia) con grandi profitti delle multinazionali e delle grandi banche che finanziano le operazioni.

    Tuttavia le oligarchie europee hanno sottovalutato un fattore che è quello della rabbia delle popolazioni che potrebbe esplodere con improvvise insurrezioni e mettere ni crisi i governi fiduciari della UE. Esattamente quello che sta accadendo in Francia, dove si vedono le prime avvisaglie di una insurrezione popolare contro Emmanuel Macron, il pupazzo dei potentati finanziari, figlioccio dei Rotshild.

    Si può già prevedere che le oligarchie dominanti correranno ai ripari con una dura repressione poliziesca e infiltrando i gruppi di insorti con quinte colonne di finti sovranisti che faranno il gioco del potere. Un copione già visto per smontare le rivolte e criminalizzare i responsabili.

    Per questi motivi l’Italia rappresenta un campo di sperimentazione, come altre volte avvenuto nella storia ( ad esempio con la strategia della tensione negli anni’70) e non è escluso che si vedranno episodi sinistri di provocazione e fatti eclatanti che serviranno a diffondere paura, a distrarre il popolo e convincere l’opinione pubblica a mettersi sotto la “protezione benevola” delle Istituzioni Europee “per il bene della democrazia e per sconfiggere ogni populismo e nazionalismo”, ci diranno.

    https://www.controinformazione.info/la-vera-partita-in-gioco-fra-la-commissione-e-il-governo-giallo-verde/

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  2. Marie, 31 anni, babysitter nella regione di Var nel sud della Francia, ha protestato per tutta la settimana a una casello. “La gente è esasperata, c’è molta rabbia. Le tasse stanno crescendo ma i nostri salari no, e quando tu lavori duramente ti sembra ingiusto”, ha detto.
    “I miei genitori in pensione non arrivano alla fine del mese, e hanno dovuto trovarsi un nuovo lavoro distribuendo volantini pubblicitari. Il governo non ci sta ascoltando. Per me Macron è il presidente dei ricchi, che taglia le tasse ha chi ha i soldi e si dimentica del resto di noi. I politici sono completamente disconnessi dalla nostra vita”.
    “Quelli al potere sono un’unica grande oligarchia. Dei media non ci si può fidare. Ho pensato di votare Marine Le Pen, ma è l’intera classe politica a essere deludente. Mi sto chiedendo cosa voto a fare. Sono preoccupata che il futuro dei miei tre figli possa essere peggiore del mio”.
    http://vocidallestero.it/2018/11/23/guardian-i-gilet-gialli-fanno-sbiancare-macron/

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  3. Persone che non si preoccupano della destra o della sinistra, e che per la maggior parte non sono mai stati impegnati in politica, ma che combattono sulla base di ciò che è per loro un senso comune: la sensazione di essere trattati come cittadini di seconda classe dalla casta dei media, considerati taglieggiabili e sfruttabili grazie all’oligarchia predatoria dei ricchi e dei potenti; mai consultati, ma sempre ingannati, per essere i “capri espiatori” (François Bousquet) della Francia dal basso, di questa “Francia periferica” ​​che è senza dubbio la cosa più francese in Francia oggi, ma che è abbandonata al suo destino, per essere vittima della disoccupazione, del calo delle entrate economiche, della precarietà, delle delocalizzazioni, dell’immigrazione. Questo popolo dopo anni di pazienza e sofferenza, è sbottato dicendo: “Basta!” Questo è il movimento di gilet gialli. Onore a movimento, onore a loro!”.
    http://www.barbadillo.it/79148-lintervista-alain-de-benoist-i-gilet-gialli-il-popolo-torna-protagonista-dopo-tanti-soprusi/

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