Dall’inizio della crisi siriana, l’apparato mediatico occidentale si è mobilitato per imporre il mito della rivolta popolare, ovvero di far credere che il conflitto siriano fosse una guerra civile interna, una insurrezione “spontanea” o una sorta “primavera araba” per richiedere la “democrazia”. Tali falsificazioni adottate di frequente dai media occidentali hanno rappresentato, sotto molti aspetti, un cospicuo successo per le grandi potenze che hanno condotto una serie di operazioni di cambio-regime (tutte con pretesti fasulli ) nella regione mediorientale e del nord Africa negli ultimi quindici anni’, dall’Iraq alla Libia, alla Siria. In passato era stata fatta una operazione analoga con la ex Yugoslavia.
In Siria questa falsificazione (le così dette “primavere arabe”) non ha però funzionato come era nei piani dell’elite di Washington e di Tel Aviv. La guerra per procura contro la Siria è emersa come fatto evidente anche ai più sprovveduti telespettatori e sono eseguite ammissioni pronunciate a mezza bocca e fatte trapelare di fronte all’evidenza dei fatti.
Il progetto strategico statunitense perseguiva l’obiettivo di rovesciare il governo di Damasco e smembrare la Siria in diversi Stati su base confessionale ed etnica. Si trattava di un progetto che rientrava nel contesto del vecchio piano di “balcanizzazione del Medio Oriente” che risale agli anni ’90 e che si iniziò ad attuare con l’invasione dell’Iraq del 2003. Un progetto che peraltro è stato apertamente rivendicato dagli esponenti dell’Amministrazione Obama e di cui si trova traccia nei documenti ufficiali del Pentagono e della DIA (Defence Intelligence Agency). Vedi : Il piano degli USA per balcanizzare la Siria
L’operazione in Siria era diretta a spezzare i legami di Damasco con Teheran, favorire la realizzazione del gasdotto con il Qatar, spezzando l’unità dell’Asse della Resistenza e favorendo il nuovo assetto regionale teorizzato dagli strateghi di Israele e degli USA, progetto che prevedeva lo smembramento della Siria e dell’Iraq facedo leva sulle divisioni settarie ed etniche della regione.
Per raggiungere questo obiettivo Washington ed i suoi alleati non hanno esitato ad adottare la mistificazione delle armi chimiche utilizzate dal regime di Bashar al-Assad, una accusa ripetuta a più riprese e sempre smentita da invesitgatori indipendenti come l’investigatrice dell’ONU Carla Del Ponte la quale affermò di essere in possesso di testimonianze di vittime secondo cui i ribelli avevano utilizzato gas sarin ( BBC 2013 ). Poi, sempre in maggio, si diffuse la notizia che le forze di sicurezza turche avevano scoperto una tanica di sarin da 2 chilogrammi in una perquisizione nelle abitazioni alcuni combattenti di Jabhat al-Nusra ( RT 2013 ). In luglio la Russia annunciò di avere le prove del fatto che i ribelli producevano da soli il proprio gas sarin ( Al Jazeera 2013 )’’.
Mentre i media occidentali ripetevano per lo più le accuse di Washington, i resoconti indipendenti continuavano a smentire tale versione. I giornalisti Dale Gavlak e Yahya Ababneh pubblicarono interviste condotte direttamente con medici, abitanti della Ghoutha, combattenti ribelli e loro famigliari nella zona della Ghoutha Orientale. Molti ritenevano che gli islamisti avessero ricevuto armi chimiche tramite il campo dell’intelligence saudita, il principe Bandar bin Sultan, e che fossero gli autori dell’attacco con i gas ( Gavlak e Ababneh 2013 ).
Il veterano giornalista nordamericano Seymour Hersh intervistò agenti dell’intelligence USA, giungendo alla conclusione che le accuse di Washington riguardo agli eventi erano state inventate. Al-Nusra sarebbe dovuta essere tra i sospettati, affermò, ma l’amministrazione ( USA ) ha selezionato una per una le informazioni dell’intelligence in modo da giustificare un attacco contro Assad ( Hersh 2013 )’’. E via con altre smentite ed altre false accuse sempre ossessivamente ripetute dai giornalisti della CNN e dalle ONG pilotate dalla CIA, come Avaaz, Human Right Watch e Amnesty International, tutti autentici “cani da guardia” dell’Imperialismo USA. Vedi: “US Lied About Syrian Chemical Attack Then Bombed Them Anyway”.
La “strategia del caos” attuata da Washington e da Tel Aviv, con il supporto dell’Arabia Saudita e delle monarchie del Golfo, mirava alla creazione di uno ‘’Stato fallimentare’’, debole e frammentato (vedi la Libia post Gheddafi). l’Asse della Resistenza (Siria-Iran-Hezbollah) ha mandato all’aria questo progetto configurando un conflitto asimmetrico fra una guerra popolare e degli eserciti artificiali composti da mercenari di variegate nazionalità, molti dei quali non arabi. Superfluo dire che la posta in gioco nel conflitto siriano era altissima: sovranità nazionale della Siria o dominio neocoloniale degli USA-Israele sulla regione.
A questo conflitto sostenuto dall’Asse della Resistenza, supportato dall’intervento russo, si è unito anche l’Iraq, consapevole della posta in gioco e compartecipe nell’interesse di opporsi ai disegni di secessione e frammentazione che riguardano anche il Governo di Baghdad.
Arrivati a questo punto il fronte dei mercenari USA-Arabia Saudita ha ceduto e non è stato più in grado di riprendere l’iniziativa di fronte alla offensiva dell’Esercito siriano, di Hezbollah e delle milizie sciite irachene che hanno preso il controllo anche della frontiera Siria-Iraq-Giordania, mandando all’aria anche il piano B di Washington che intendeva utilizzare i curdi come esercito di terra da contrapporre all’Asse della Resistenza per indebolite le forze di Damasco e di Hezbollah.
Quest’ultima mossa azzardata di Washington di fare leva sulle legittime aspirazioni curde per utilizzare l’indipendentismo curdo come una ariete contro i governi di Siria-Iran-Iraq è clamorosamente fallita sia per il deciso intervento iracheno nel Kurdistan sia per la discesa in campo della Turchia che si è frapposta al progetto di una entità curda alle sue frontiere.
Il 25 novembre, il ministero della Difesa della Russia ha annunciato che gli aerei da guerra delle forze aerospaziali russe hanno compiuto attacchi aerei sulle posizioni dei miliziani jihadisti che hanno attaccato la città siriana settentrionale di Aleppo con armi chimiche il giorno prima .
Secondo il Ministero della Difesa russo, i servizi di intelligence hanno localizzato le armi utilizzate per lanciare l’attacco chimico all’interno della zona smilitarizzata, che è stata creata attorno al governatorato di Idlib nell’ambito dell’accordo di deconfigurazione russo-turco. Le informazioni raccolte dall’intelligence russa hanno anche rivelato che i miliziani stavano progettando di lanciare un altro attacco chimico su Aleppo.
Fonti dell’opposizione siriana hanno confermato che gli aerei da guerra russi hanno condotto diversi attacchi aerei sui distretti di Rashideen e Khan Tuman a nord-ovest di Aleppo ed hanno eliminato le postazioni dei ribelli jihadisti. Entrambi i distretti sono controllati dal Fronte nazionale per la liberazione (NFL) sostenuto dalla Turchia e dagli USA.
Più di cento civili, compresi bambini, sono stati dichiarati intossicati a causa dell’attacco chimico ad Aleppo. L’agenzia di stampa araba siriana (SANA) ha affermato che l’attacco è stato effettuato con razzi contenenti gas di cloro.
I raid aerei russi, che hanno svolto i primi attacchi da settembre, scoraggeranno probabilmente i miliziani dall’effettuare altri attacchi e li costringeranno a rispettare l’accordo di deconfigurazione.
Nota: Questo attacco ha svelato ancora una volta chi siano coloro che dispongono di armi chimiche e le utilizzano contro la popolazione civile, contrariamente a tutte le menzogne sostenute dai media e dai governi atlantisti che hanno sempre puntato il dito accusatore contro il governi di Damasco. Il pretesto delle armi chimiche difficilmente potrà più essere utilizzato da Washington e dai suoi alleati per condurre altri attacchi contro la Siria.
Fonte: South Front
Traduzione e nota: Luciano Lago
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