La “crisi umanitaria” della Libia fu dichiarata nel febbraio 2011, dopo l’inizio di presunte proteste che alla fine portarono ad escalation violente simili alle guarimbas venezuelane, solo che vi fu aperto uso di armi convenzionali. Tre giorni dopo la “rivolta”, The Guardian citò un’intervista di al-Jazeera a “attivista politico”, Amir Sad, che dichiarò: “I manifestanti di al-Bayda poterono prendere il controllo della base aerea militare dove giustiziarono 50 mercenari africani e due cospiratori libici, e ancora oggi a Darna sono stati giustiziati diversi cospiratori, rinchiusi in celle di una stazione di polizia perché resistevano, e alcuni morirono tre le fiamme nell’edificio”. ONG come la Federazione internazionale dei diritti umani (FIDH) e la Lega libica per i diritti umani (LLDH) affermarono che Gheddafi uccideva il proprio popolo, chiesero la sospensione della Libia dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ed esortarono il Consiglio Sicurezza dell’ONU a “rivedere la situazione e prendere in considerazione il rinvio al Tribunale penale internazionale”. Secondo le due organizzazioni non governative, “la repressione causò la morte di almeno 300-400 persone dal 15 febbraio” e “il regime libico usava chiaramente mercenari da Ciad, Niger e Zimbabwe” (o saranno stati i collettivi di Chavez?). In collaborazione con il National Endowment for Democracy (NED), oltre 70 ONG ribadirono la necessità di sospendere la Libia dal Consiglio per i diritti umani, oltre a sollecitare il Consiglio di sicurezza a invocare il principio della “responsabilità di proteggere” (R2P) nel presunto beneficio del popolo libico. Senza che il governo di Gheddafi non denunciasse le accuse infondate o richiedesse di essere presente, il Consiglio dei diritti umani seguì la raccomandazione e poi il Consiglio di sicurezza adottò le risoluzioni 1970 e 1973, autorizzando una no-fly zone per l’aviazione militare libica e sebbene l’articolo 2 della risoluzione 1973 ponesse l’accento sulla necessità di utilizzare la diplomazia per trovare una soluzione pacifica, l’attacco non tardò ad arrivare. Dopo la battaglia di Sirte, in cui assassinarono Gheddafi, giornalisti e ONG assistettero al saccheggio di case, torture ed esecuzione di ex funzionari, soldati e civili ben oltre 500 cadaveri.
Vale anche per il Venezuela: prima lo si affama con le sanzioni, poi si interviene “in soccorso” della popolazione; come ribadisce Michael Hudson: I cannot think of anything that President Maduro can do that he is not doing. At best, he can seek foreign support – and demonstrate to the world the need for an alternative international financial and economic system.
https://www.unz.com/tsaker/saker-interview-with-michael-hudson-on-venezuela/
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