Le guerre nel continente europeo sono una chiara dimostrazione di come Washington abbia usato l’Europa per promuovere i propri interessi. L’obiettivo costante dei neocon e dell’establishment di Washington è stato quello di negare qualsiasi possibilità di un riavvicinamento tra Germania e Russia, qualcosa che potrebbe potenzialmente portare a un pericoloso asse che minaccia gli interessi di Washington. La guerra di aggressione contro la Jugoslavia ha rappresentato il colpo di grazia alle repubbliche sovietiche, uno sforzo per bandire l’influenza di Mosca sul continente. La successiva guerra in Ossezia, Georgia e Ucraina ebbe il duplice obiettivo di attaccare e indebolire la Federazione Russa, oltre a creare un clima ostile per Mosca in Europa, limitando i contatti economici e diplomatici tra Est e Ovest.
Negli ultimi anni, specialmente dopo il colpo di stato in Ucraina, il ritorno della Crimea nella Federazione Russa e l’azione terroristica di Kiev contro il Donbass, le relazioni tra Russia e Occidente sono peggiorate a livelli storicamente bassi.
L’elezione di Trump ha inviato segnali confusi agli europei nei confronti della Russia. Inizialmente Trump sembrava intenzionato a stabilire buoni rapporti con Putin di fronte alla forte opposizione degli alleati europei come Francia, Germania e Regno Unito. Ma la possibilità di un riavvicinamento USA-Russia è stata gravemente minata da una combinazione data dall’inesperienza di Trump, degli scaltri consiglieri neocon che ha nominato e dell’influenza dello stato profondo (“deep State”) degli Stati Uniti. Questo sconvolgimento geopolitico ha avuto due conseguenze primarie. Per i tedeschi, in primo luogo, ha approfondito lo scambio di energia e la cooperazione economica con Mosca, soprattutto in relazione al Nord Stream 2. Ma d’altra parte, Trump ha trovato amici in paesi europei ostili alla Russia come la Polonia.
Le divergenze tra Stati Uniti ed Europa si sono ampliate con il ritiro di Washington da una serie di trattati importanti come il trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (trattato INF) e il piano d’azione globale congiunto (JCPOA), o l’accordo nucleare iraniano, che hanno entrambi un impatto diretto sull’Europa in termini di sicurezza ed economia. Donald Trump e il suo atteggiamento “America First” hanno quindi offerto agli europei uno spazio di manovra e un certo livello di autonomia, con il risultato di aumentare le sinergie con Mosca e soprattutto con Pechino.
In termini economici, la Cina ha offerto l’Europa (con la Grecia come primo esempio) piena integrazione nella Belt and Road Initiative (BRI), un progetto con vaste possibilità di incrementare il commercio tra dozzine di paesi. L’Europa diventerà il mercato principale per le merci cinesi, ma al momento uno dei maggiori ostacoli da superare può essere visto nei treni merci, che spesso iniziano il loro viaggio verso l’Europa, ma sono semivuoti nel loro viaggio di ritorno in Cina. Pechino e le principali capitali europee sono ben consapevoli del fatto che per rendere il progetto BRI economicamente sostenibile, questo scambio deve andare in entrambe le direzioni in modo che entrambe le parti guadagnino.
L’interconnessione tecnologica tra Cina ed Europa si sta già verificando grazie ai dispositivi Huawei che vengono acquistati dalle aziende europee in numero crescente. L’assenza di backdoor nei sistemi Huawei, in contrasto con quello che Snowden ha dimostrato con altri sistemi occidentali, è la vera ragione per cui Washington ha dichiarato guerra a questa società cinese. Lo spionaggio industriale è un vantaggio inestimabile apprezzato dagli Stati Uniti e la presenza di backdoor sui sistemi occidentali, a cui hanno accesso la CIA e la NSA, garantisce un vantaggio competitivo che consente a Washington di eccellere in termini di tecnologia. Con la diffusione dei sistemi Huawei questo vantaggio è perso, con dispiacere dell’apparato spia di Washington. Gli alleati europei comprendono il potenziale vantaggio che si può ottenere e si proteggono con i sistemi cinesi.
In termini tecnologici, gli sforzi di Pechino stanno dimostrando un grande successo in Europa e stanno aprendo la strada per la futura integrazione fisica nel BRI. In questo senso, la partecipazione di tali paesi europei come Regno Unito, Francia, Germania e Italia nella Banca d’investimento asiatica (AIIB) guidata dalla Cina mostra anche come la prospettiva degli investimenti di capitale cinesi sia di grande interesse per le economie europee in difficoltà.
In campo militare, il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato INF minaccia la sicurezza dei paesi europei a causa delle misure adottate dalla Federazione Russa per garantire la necessaria protezione dai sistemi statunitensi schierati in Europa. Un proverbio afferma che quando gli elefanti combattono, è l’erba che soffre. L’Europa, in quanto potenziale campo di battaglia in ogni confronto di grande potenza, ha il massimo da perdere da una nuova guerra fredda che potrebbe diventare rovente. La rivelazione di Mosca della sua nuova generazione di armi ha causato ansietà tra gli europei che temono che le loro vite possano essere sacrificate per soddisfare gli americani che si trovano a migliaia di chilometri di distanza. Allo stesso tempo, gli americani vogliono sbarazzarsi della NATO mentre chiedono che gli europei spendono di più per le armi americane e limitano anche gli investimenti sino-russi in Europa. È probabile che la rottura del trattato INF, combinata con le capacità convenzionali e nucleari di Mosca, aumenterà i colloqui diplomatici tra la Russia e l’Europa senza che gli Stati Uniti possano sabotare gli accordi futuri. Alcuni paesi europei sono desiderosi di liberarsi della politica di subordinazione dei loro interessi a quella di Washington, in particolare per quanto riguarda la sicurezza.
Federico Pieraccini
La Cina in Africa non è una santa ma neppure una canaglia: sarebbe ora che l’Occidente la smettesse di mentire al mondo
di George Tubei – 01/03/2019
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Trump ha dovuto liquidare anzitempo i colloqui con il leader nordcoreano Kim Jong-un che non accetta di rinunciare alla sua atomica senza avere almeno la garanzia che gli Usa gli tolgano a breve le sanzioni. Netanyahu è andato a Mosca da Putin chiedendo che Mosca convinca l’Iran a togliere i suoi pasdaran dalla Siria. Ma ha avuto soltanto qualche vaga promessa anche perché la coalizione anti-Iran che vorrebbero gli Usa, Israele e l’Arabia Saudita stenta a decollare.
Il vertice delle scorse settimane è a Varsavia è stato un flop, cui è seguito dopo poche ore una altro disastro diplomatico, il fallimento del vertice dei Paesi di Visegrad a Gerusalemme, saltato per un nuovo feroce litigio sui lager nazisti in Polonia tra Varsavia e il governo di Netanyahu.
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