Argumentum ad hominem

Il pensiero unico su cui si deve assestare l’opinione pubblica è infatti una forma di “politicamente corretto”, il più possibile allineato a quelli che sono gli obiettivi del potere.

Il totalitarismo democratico ha i suoi cani da guardia, i suoi psicopoliziotti, pronti a riportare all’ovile chiunque dissenta od osi manifestare pubblicamente dei dubbi.

Il dubbio non è consentito ed è pericoloso perché può “contagiare” il resto della popolazione, portando a un calo di consenso.

Il paradosso (potremmo parlare di vero e proprio bipensiero orwelliano) è che i mastini del pensiero unico, gli stessi che abbracciano la creazione di task force e che vorrebbero introdurre disegni di legge per censurare il web da fake news e teorie del complotto, sono i primi a perseguitare in modo violento, volgare e sguaiato i propri avversari, ricorrendo anche a falsità, strategie retoriche e a diffamazioni.
Oggi, purtroppo, il confronto è stato abolito per lasciare spazio al cyber bullismo. Si critica giustamente il bullismo quando nel mirino finiscono gli adolescenti o le minoranze, ma poi ipocritamente lo si usa come il braccio armato del potere per “mettere in riga” chi traligna dalla retta via.

Quando non si sa come attaccare il contenuto di certe ricerche si passa al bullismo vero e proprio con attacchi personali tanto vili quanto violenti o all’inserimento dei nomi dei ricercatori in liste di proscrizione.

Denigrando e perseguitando chi non si allinea al pensiero unico si spera di disincentivarlo dal continuare le proprie ricerche.

Sono metodi di bassa lega usati da tempo e che con l’avvento della tecnologia e dei social funzionano in modo più capillare.

Mettendo pubblicamente alla gogna i ricercatori “scomodi” si introduce di fatto uno psicoreato, un reato d’opinione di orwelliana memoria.

Si crea, come anticipavo, un frame, una cornice negativa, con cui stigmatizzare un ricercatore e le sue teorie in modo che il biasimo collettivo lo preceda e lo segni inesorabilmente. Si diffonderanno articoli, commenti su forum per confermarne il frame e si modificheranno persino le voci su wikipedia per avvalorare la veridicità delle accuse anche qualora siano assurde.

Il bullismo del potere tramite i suoi cybermastini si sta scatenando in questi mesi con il ricorso al noto argumentum ad hominem: si tratta di una fallacia o tecnica fuorviante che serve per screditare un argomento scomodo spostando l’attenzione dall’argomento della polemica, contestando non l’affermazione in oggetto, ma l’interlocutore stesso.

Invece di confutare l’argomentazione che si vuole negare, si attacca così la fonte o la persona che la sostiene. Si sposta pertanto l’attenzione dalla tematica alla persona che ne parla e la divulga.

Le argomentazioni ad hominem sono manovre diversive che servono a distogliere l’attenzione dall’argomentazione centrale per spostarla e focalizzarla su temi collaterali o estranei alla discussione:

invece di controbattere gli argomenti dell’interlocutore lo si attacca screditandolo, minacciandolo o deridendolo.

Ultimamente si usano le solite etichette per denigrare i pensatori alternativi: si crea un frame, un fermo immagine, per inserire colui che si vuole attaccare in questa cornice, magari dicendo che è un complottista o un ciarlatano.
Si crea cioè una cornice, per esempio quella del “complottista” o “negazionista”: tutto quello che vi viene fatto rientrare, vi appartenga o meno non importa, sarà visto dall’opinione pubblica come qualcosa da cui stare alla larga. Persino pericoloso per l’ordine sociale.

«Erano 17 mila…»

Autore: redattorecapo

associazione culturale Araba Fenice fondata a Bondeno (FE)

1 commento su “Argumentum ad hominem”

  1. Purtroppo certi uomini non sono davvero all’altezza degli incarichi che hanno:
    “Pensare che Fontana avrebbe potuto essere l’eroe della nuova fase: sarebbe bastato che convocasse nell’aula degli onori della Regione e decorasse il dottor Manera e suoi colleghi di Bergamo, segnalandoli al paese e al mondo per aver corretto la diagnosi e messo a punto la terapia che ha azzerato la letalità del Covid, e reso curabile a domicilio.

    Non l’ha fatto, ed ora si capisce perché: la sua povera intelligenza è insufficiente. Insufficiente a qualunque azione politica lucida ed efficace.

    Invece di difenderlo, Salvini dovrebbe consigliargli – pubblicamente, non a quattr’occhi – di ritirarsi per un lungo periodo di riposo. Magari alle Bahamas, dove la cara mamma, conoscendo i limiti del figlio, gli ha accumulato di che vivere senza far danni a sé e agli altri .

    Dopotutto, Fontana non è stato eletto da alcuna volontà popolare, è solo subentrato a Maroni; che si dimise per ostilità al progetto “Salvini premier” che era un progetto nazionale e quindi non leghista. Il che spiega perché come Zaia, anche Fontana non ha mai espresso un appoggio nemmeno verbale all’avventura nazionale di Salvini; gli hanno invece fatto pressione perché capitalizzasse i voti che aveva guadagnato ( nei sondaggi) e senza il loro appoggio, contribuendo a fargli fare la “scemenza del Papeete”. La Lega “Nord” è un partitello di cacicchi locali del 4 per cento; e se Zaia è un cacicco in proprio, Fontana è solo un vice-cacicco di Maroni. Ciò non toglie che quell’ambiente abbia sempre trattato con sufficienza Salvini come ragazzo di bottega. Il dramma è che Salvini si comporta verso di loro proprio così.”
    https://www.maurizioblondet.it/difendere-fontana-e-perdere-la-lombardia/

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