L’ EMA, incapace di risolvere il dramma del virus, occupa il suo tempo ad indagare se “militari e scienziati russi che hanno partecipato alle ricerche, lo hanno fatto senza costrizione “. Si possono salvare vite (pare che Sputnik ci riesca) si chiede l’EMA con la mano sul cuore e una lacrima sul viso, con un vaccino che potrebbe essere stato realizzato e prodotto infrangendo “diritti”? Evitiamo di ricordare i drammatici esiti delle prove su popolazioni del Terzo Mondo di brevetti di Big Pharma o del grande filantropo Bill Gates: troppo facile.
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Chi rifiuta il vaccino si affida spesso al fatalismo; ma al fatalismo si affida anche chi si fa iniettare la dose e si abbandona più che alla scienza, alla statistica: chi crede ai grandi numeri dice che il rischio è minimo e l’immunità invece è massima. C’è chi oppone ai grandi numeri astratti l’evidenza dei casi personali, conosciuti o di cui ha sentito, che smentiscono le rosee previsioni numeriche. È la diaspora filosofica sul bugiardino. E tu che fai? Io non mi affretto a vaccinarmi né mi rifiuto; pratico l’amor fati con realismo e relativismo, sarò duttile, non ho certezze in merito.
In ogni caso il vaccino richiede di assumere una posizione filosofica. Non sto dicendo di fare un simposio socratico per decidersi; dico che la decisione presa sarà l’adesione, anche inconsapevole, a una visione, a una filosofia di vita. Prima del siero c’è il pensiero.
Marcello Veneziani
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