
Solo che il popolo non esiste, esistono solo dei prestanome: se leggete il manifesto dicono che oggi sono gli studenti scendere in piazza.
In effetti non riesco a dimenticare Arbeit macht frei (in tedesco Il lavoro rende liberi; /ˈaɐ̯baɪt ˈmaxt ˈfʁaɪ/) era il motto posto all’ingresso di numerosi lager prima e durante la seconda guerra mondiale :
La frase è tratta dal titolo del romanzo del 1872 dello scrittore tedesco Lorenz Diefenbach,[2][3] e venne usata per la prima volta a Dachau, nel 1933, nel campo di concentramento che vi fu costruito.

Particolare della lettera «B» saldata sottosopra (Auschwitz I)
Solo nel 1940 la scritta venne utilizzata anche per Auschwitz, probabilmente per decisione del maggiore Rudolf Höß, primo comandante responsabile del campo di sterminio. I prigionieri che lasciavano il campo per recarsi al lavoro, o che vi rientravano, erano costretti a sfilare sotto il cancello d’entrata, a volte accompagnati dal suono di marce marziali eseguite da un’orchestra di deportati appositamente costituita. Tuttavia, contrariamente a quanto rappresentato in alcuni film, una buona parte dei prigionieri era detenuta nel campo di Auschwitz II – Birkenau e non passava quindi da questo cancello.
Jan Liwacz, prigioniero polacco non ebreo numero 1010 entrato ad Auschwitz il 20 giugno del 1940, venne incaricato di forgiare la macabra scritta. Di professione fabbro, era a capo della Schlosserei, l’officina che fabbricava lampioni, inferriate e oggetti in metallo. Nel costruire la scritta, Liwacz decise di saldare la lettera «B» della parola Arbeit sottosopra, per indicare moralmente il proprio dissenso.[4] Tale gesto di ribellione intellettuale assunse notorietà e un forte valore simbolico solo molti anni dopo,[4] sino ad essere rappresentato in forma di statua nel 2014 di fronte alla sede del Parlamento europeo a Bruxelles.[5]
Infatti la nuova schiavitù è l’Euro, mentre il potere reale lo detiene Facebook, che lo usiate oppure no!
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Voi sapete che il principio numero uno che informa il lavoro del medico è «Primum non nŏcēre» ossia «per prima cosa, non nuocere». Per contro, il principio numero uno di Brunetta è «Primum nŏcēre», cioè «per prima cosa, nuocere». Voi capite che un siffatto ministro, in un qualsiasi paese europeo democratico, sarebbe saltato come un tappo di champagne dopo un solo minuto. Da noi invece il ministro affila sadicamente i tamp0ni da infilare nelle narici dei sudditi del Draghistan, in mancanza di olio di ricino, coperto dall’imbarazzato silenzio della sua terrificante maggioranza di governo.
Un governo che rompe in questo modo il patto sociale impone al popolo la necessità di doverne costruire uno nuovo e diverso. Intanto abbiamo dimostrato che l’opposizione potrà riempire le piazze e poi costruire l’alternativa.
Pino Cabras
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