Le giornate di venerdì e di ieri sono state in qualche modo cruciali: una valanga di fuoco si è abbattuta su tutte le linee di rifornimento che cercano di portare armi e munizioni della Nato nella saccatura del Donbass dove è accerchiato metà dell’ esercito ucraino: è stata distrutta la raffineria di Odessa, sono stati messi fuori uso gli aeroporti militari di Mirgorod Poltava, Dnepropetrovsk e i nodi ferroviari di Lozovaya e Pavlograd. Inoltre sono stati distrutti due depositi di armi munizioni missilistiche e di artiglieria, nonché 23 aree di concentrazione di equipaggiamento militare delle forze armate ucraine. Nella stessa giornata sono stati abbattuti di due elicotteri e 24 droni e infine c’è stato un attacco con missili Iskander al quartier generale della difesa a Kharkov dove sarebbero rimasti uccisi un centinaio di mercenari stranieri. Non a caso ormai non arrivano più “volontari” nonostante gli ingaggi siano stati notevolmente aumentati: i potenziali mercenari ormai hanno capito che la partita è persa e che se i russi riservano un trattamento dignitoso agli ucraini, che non c’entrano nulla con il Pravy Sektor, non sono disposti ad essere flessibili nei confronti della jihad nazista. Insomma le forze armate russe stanno isolando le rimanenti truppe ucraine, circa 12 brigate, che nella cartina di apertura del post si trovano nella zona blu dentro il cerchio giallo. Le truppe della Repubblica popolare di Lugansk hanno già cominciato ad attaccare, ma la battaglia sarà estesa a tutta l’area. Però senza rifornimenti di armi e munizioni gli ukie non potranno resistere a lungo e questo lo sanno proprio tutti a cominciare dalla Nato che si ostina a voler trasferire armi che per l’ucraina significano solo morti in più .