Tre anni passati a spulciare tra le varie ricerche e non soltanto per dovere di informazione riguardo alla psicopandemia , ma anche per problemi personali, mi hanno fatto scoprire un insospettabile panorama nel quale – ma faccio solo un esempio fra i tantissimi possibili – non appena qualche ricerca indica un promettente utilizzo di principi attivi potenzialmente non gestibile solo dai colossi del settore, immediatamente questi studi si fermano e per una buona ragione: l’80 per cento della ricerca medica e pagato da Big Pharma, che ovviamente vuole i suo compenso.
Anche se l’informazione a mainstream che dipende dagli stessi padroni non ne parla ormai è abbastanza chiaro della dichiarazioni di alti dirigenti di multinazionali come Pfizer, nonché dalle dichiarazioni di alcuni filantropi autori della narrazione pandemica si capisce bene come siano stati somministrati vaccini inutili che non prevedevano affatto la possibilità di fermare l’infezione, ma con un’incidenza mai riscontrata prima danno effetti collaterali gravi o mortali. E non basta perché un dirigente Pfizer ci ha fatto sapere che anche loro fanno il guadagno di funzione così caro a Fauci e ai laboratori per la guerra biologica: in poche parole fabbricano virus per poi produrre vaccini. Così la vicenda del covid spalanca una finestra sull’abisso: quanti medicinali hanno conseguenze negative a lungo termine di cui non si parla? Quanti vengono somministrati inutilmente, anche quando la ricerca indipendente dimostra che i livelli considerati pericolosi sono eccessivamente bassi e che in tantissimi casi basterebbero degli integratori?
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Un altro capitolo della saga orwelliana della Pandemenza. Tre ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità elaborano un complesso studio retrospettivo sui vaccini covid a Mrna invitando a rivedere il rapporto rischi-benecifici e, neanche troppo velatamente, a sospendere le vaccinazioni di massa. Lo studio viene inviato a una rivista svizzera, “Pathogens”, sottoposto a revisione paritaria e pubblicato a firma dei ricercatori. L’Istituto, accortosi che inspiegabilmente, nonostante tutto, persino tra le sue mura qualcuno è ancora in grado di pensare da solo, pubblica un comunicato in cui dice: “l’articolo riporta esclusivamente l’opinione personale degli autori e non rappresenta in nessun modo la posizione dell’Istituto Superiore di Sanità”. Ribadendo con estrema chiarezza che, nei tempi in cui la salute pubblica è ridotta ad assett economico e “la medicina si è alleata con la finanza” (parole di Draghi al G20 di Roma), la scienza è solo quella che impone Pfizer. Il resto è “opinione personale”, nonostante venga dai ricercatori di una delle massime istituzioni sanitarie italiane, sia stata sottoposta a rigorosi meccanismi di revisione e venga pubblicata su una prestigiosa rivista internazionale. Ieri ho avuto il privilegio di parlare al telefono con uno degli autori dello studio, era allibito (e discretamente incazzato) perché lo studio pubblicato si basa su settimane di lavoro ed è sua volta il risultato dell’analisi di decine di altri studi internazionali. Dunque, prima di fare qualsiasi genere di replica, sarebbe stato necessario leggerlo e leggere gli studi studi su cui si è basato
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L’articolo viene dal fotogiornalista Giorgio Bianchi su instagram
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