L’Italia è un Paese teatrale dove il peggio della narrazione occidentale può essere espresso senza che esso metta in luce la plumbea realtà in cui giace l’occidente prigioniero di se stesso, dei propri miti e delle proprie bugie. Così Zelensky nella sua visita pastorale a Roma ha finalmente potuto essere il guitto che è: invece di mettere l’usuale giacca e cravatta con bandierine sparse, usata nei Paesi che contano qualcosa e dove le sceneggiate danno una cattiva impressione, ha voluto sfoggiare uno di quegli abiti di scena l’abito di scena che preferisce e che ha ritenuto adatto all’occasione. Sia dal Papa che dalla Meloni si è presentato con un maglione nero che sembrava preso da un museo della Decima Mas, o magari dal reparto stile di Casa Pound, arricchito da ben due emblemi nazisti della seconda guerra mondiale che poi sono diventati il simbolo della Organizzazione dei nazionalisti ucraini, ossia di fatto i neonazisti di di Kiev.
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Il silenzio stampa per così dire sulla distruzione degli arsenali di Khmelnytsky, mostra chiaramente come il colpo abbia avuto un effetto devastante e di come i russi siano ormai decisi a fare terra bruciata delle vie delle armi che dalla Polonia e dalla Romania riforniscono Kiev.
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Ad ogni modo bisogna dire che la nottata di Kiev ha dato una durissima lezione a chi pensava che offrendo all’Ucraina una specie di ombrello aereo che avrebbe dovuto proteggerla dagli attacchi aerei fosse un buon sistema di dare ossigeno al regime di Kiev e di tenere in vita la guerra cercando di propiziare uno stallo sostanziale negli scontri terrestri. Tuttavia come si vede i Patriot non bastano – dopotutto mica sono S300 russi – e Washington ha commesso un grosso errore ad inviarli mostrando che la continuazione della guerra è proprio la strada sbagliata per tutti.
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