Repetita iuvant

“Il 22 febbraio di quest’anno (2020 n.d.r) è stata comunicata la circolazione di un nuovo coronavirus – ha continuato Dondini – Il Ministero della Salute ha mandato un’ordinanza a tutti noi medici del territorio, dicendoci sostanzialmente che eravamo di fronte a un nuovo virus, sconosciuto, per il quale non esisteva alcuna terapia. La cosa paradossale è che fino a quel giorno avevamo gestito i medesimi pazienti con successo, senza affollare ospedali e terapie intensive; ma da quel momento si è deciso che tutto quello che avevamo fatto fino ad allora non poteva più funzionare. Non era più possibile un approccio clinico/terapeutico. Noi, medici di Medicina generale, dovevamo da allora delegare al dipartimento di Sanità pubblica, che non fa clinica, ma una sorveglianza di tipo epidemiologico; potevamo vedere i pazienti solamente se in possesso di mascherina Ffp2, che io ho potuto ritirare all’Asl solo il 30 di marzo”.Ma c’è una cosa più grave – ha detto quindi la dottoressa – Nella circolare ministeriale, il ministro della Sanità ci dava le seguenti indicazioni su come approcciarci ai malati: isolamento e riduzione dei contatti, uso dei vari Dpi, disincentivazione delle iniziative di ricorso autonomo ai servizi sanitari, al pronto soccorso, al medico di medicina generale. Dunque, le persone che stavano male erano isolate; e, cosa ancora più grave, il numero di pubblica utilità previsto non rispondeva. Tutti i pazienti lamentavano che non rispondeva nessuno; io stessa ho provato a chiamare il 1500 senza successo. Un ministro della salute che si accinge ad affrontare una emergenza sanitaria prevede che i numeri di pubblica utilità non rispondano?”.“In sintesi: le polmoniti atipiche non sono state più trattate con antibiotico, i pazienti lasciati soli, abbandonati a se stessi a domicilio – ha spiegato ancora – Ovviamente dopo 7-10 giorni, con la cascata di citochine e l’amplificazione del processo infiammatorio, arrivavano in ospedale in fin di vita. Poi, la ventilazione meccanica ha fatto il resto. E c’è un altro problema. Si arrivava in ospedale, si faceva il tampone: tampone positivo, quindi veniva formulata la diagnosi di Covid-19. E si veniva trattati come tali. Punto. Qui a Bologna c’è stato anche altro: a pazienti con tampone negativo, venivano fatte una o più Tac toraciche e sulla base delle immagini di ‘ground glass’ veniva formulata la diagnosi di Covid-19. Mi sono confrontata con una radiologa e mi ha confermato come queste immagini radiologiche non siano patognomoniche per Covid-19 poiché si evidenziano in molteplici altre patologie. E quindi si è finito per mascherare altri quadri clinici anche più gravi. Pertanto ritengo che innumerevoli condizioni cliniche non siano state trattate come avrebbero dovuto”.Inoltre, la dottoressa Dondini ha sollevato dei dubbi anche sulla veridicità dell’esito dei temponi: “Il primo studio cinese del 24 gennaio afferma che, riguardo all’isolamento del Sars-Cov-2, non sono stati rispettati i postulati di Henle-Koch, indispensabili per isolare effettivamente un virus o un batterio. A riguardo, sono andata in un laboratorio di ricerca, per chiedere informazioni, anche perché girava un documento da cui sembrava che si utilizzasse un primer per avviare questa amplificazione genica che avrebbe una sequenza complementare al cromosoma 8 umano, il che significherebbe cento per cento di falsi positivi. Mi è stato risposto che i postulati di Koch sono vecchi di oltre un secolo. Allora ho chiesto: scusate, voi lavorate con una sequenza genica, ma per allestire un vaccino avrete bisogno del virus intero. Mi è stato ribattuto che in questo caso, i postulati di Koch sarebbero necessari, perché per un vaccino avremmo bisogno dell’involucro virale. Mi sembra piuttosto contraddittorio. Bisognerebbe indagare bene su come vengano allestiti questi tamponi e ricordiamoci che lo stesso ideatore del test di amplificazione genica, il dottor Mullis, ha sempre sostenuto che non dovesse essere utilizzato a fini diagnostici!”.“Dall’aprile di quest’anno, praticamente pare non esista più l’influenza? Certo. Non solo – ha spiegato ancora la dottoressa bolognese – Noi riceviamo annualmente il report dell’influenza dell’autunno-inverno precedente. Ce lo consegnano nell’autunno successivo, in occasione dell’apertura della campagna vaccinale antinfluenzale. Quest’anno, stranamente, questo report è arrivato verso la fine di febbraio: questo significa che si era già deciso che tutte le forme influenzali/simil-influenzali dovevano essere battezzate come Covid-19. L’influenza è sparita, insieme a tanto altro. Io sono convinta che ci troviamo di fronte a numerose sovradiagnosi di Covid-19”.Infine, “Sui dati dei ricoveri e delle terapie intensive: non ci può essere chiarezza fino a quando non si specificherà chi sono queste persone e di cosa effettivamente soffrono. Dai dati comunicati non si capisce: non si fa questa necessaria operazione di definizione dei ricoveri. Si danno semplicemente dei numeri, come i numeri dei tamponi positivi in pazienti per la maggior parte asintomatici. E questo allontana dalla reale misura del problema, sempre che di Covid-19 si debba parlare. È evidente che si voglia ricercare solo quello”, ha concluso.

Gulag

Nel novembre 1991 il nuovo parlamento russo, la Duma, emanò la “Dichiarazione dei diritti e delle libertà dell’individuo” che garantì, in punto di principio, tra le altre libertà, il diritto di dissentire dal governo

Da noi potremo non vaccinarci?

Giusto per i medici

Covid, l’idrossiclorochina funziona. 7 scienziati inchiodano l’Oms. Lo studio

di Monica Camozzi – 30/09/2020

Covid, l’idrossiclorochina funziona. 7 scienziati inchiodano l’Oms. Lo studio

Fonte: Affari Italiani

Possiamo dirlo senza tanti giri di parole. L’idrossiclorochina, se usata nella prima fase della malattia, funziona. E pare sia sicura, oltre che efficace. Le affermazioni, dati alla mano, arrivano da un gruppo di scienziati internazionale, capitanati dal dottor Didier Raoult, che con evidenze cliniche pubblicate su the International Medical Journal il 29 settembre, smonta punto per punto i due assunti sulla base dei quali OMS ha ritirato il suddetto farmaco adducendone la pericolosità e la non efficacia. E smonta soprattutto quanto affermato dallo studio Recovery dell’Università di Oxford (la stessa che sta lavorando sul vaccino?), finanziato anche dalla Fondazione Bill e Melinda Gates.

leggi tutto su https://www.ariannaeditrice.it/articoli/covid-l-idrossiclorochina-funziona-7-scienziati-inchiodano-l-oms-lo-studio

Ovviamente un mio ex-studente (oggi docente all’università in Chimica e Tecnologia Farmaceutica), sostiene il contrario; forse c’entra il fatto che si sia presentato nelle liste fiancheggiatrici del PD?

La totale assenza di un approccio medico-clinico per la patologia COVID-19, dello Studio Recovery, deve necessariamente far riconsiderare all’OMS le decisioni prese in conseguenza a tale studio per non farsi carico della responsabilità di un aumento di decessi nel mondo. La decisione di sottrarre nuovamente un farmaco, stavolta dimostratosi sicuro e di accertata efficacia nella fase iniziale di malattia, contribuisce ad aumentare le morti di persone che avrebbero potuto essere altrimenti curate e guarite e a prolungare la pandemia. Questo, seppur inaccettabile in qualsiasi circostanza, si rileva come danno intollerabile anche e soprattutto nei paesi più poveri nei quali l’idrossiclorochina rappresentava il farmaco principale nel trattamento della fase precoce della malattia.

Nota [A]: come risultato di questa decisione, tutte le agenzie farmaceutiche regionali e nazionali hanno dato l’ordine, nei loro territori, di limitarne l’uso ai soli studi clinici. L’OMS ha dichiarato che la propria decisione è stata presa sulla base dei risultati di Recovery, su quelli di Solidarity e su una Cochrane review su altre prove su l’idrossiclorochina. 

 

Il mondo nuovo

Il sistema vuole un abbassamento del livello di cultura e in particolare un annichilimento del senso critico che consente di manipolare i cervelli e inculcare nella mante un pensiero unico omologato e indiscutibile , basato sui dogmi. Un obiettivo fondamentale per l’elite di potere che, come in ogni sistema totalitario, cerca di forgiare l’individuo sulla base delle sue convenienze. Se ne vedranno quanto prima gli effetti.

https://www.controinformazione.info/lo-scientismo-dogmatico-ha-conquistato-conte-ed-il-suo-entourage-di-governo/

Golpe boliviano

Naturalmente assisteremo al tentato spaccio di falsa democrazia per giustificare un golpe fascista le cui cui origini sono chiarissime. Ma nella confusione attuale   ci dimentichiamo che il fascismo reale è quello che derivata dal sistema neo liberista il quale prevede come  diceva Foucault “uno stato sotto il controllo del mercato, anziché un mercato sotto il controllo dello stato”. E non si potrebbe immaginare esempio migliore, più luminoso di ciò che accade  in Bolivia per renderlo evidente. Del resto anche il golpe di Pinochet, ispirato e rivendicato dai Chicago boys oltre che organizzato dalla Cia e dall’esercito fu attuato per denazionalizzare gli stessi giacimenti, al tempo importanti per altri minerali.  Insomma è sempre la stessa merda, ma questa volta i banchettatori agiscono per disperazione:  perché non si tratta più come nel ’73 di sperimentare il sistema di dominio, ma di una lotta per sopravvivere ai danni compiuti.

 Nota Beninteso il litio è un metallo molto diffuso nella crosta terrestre, ma essendo anche un elemento molto reattivo si lega strettamente ad altri composti che ne rendono difficile o comunque costosa la separazione: solo quello contenuto nelle “salamoie” dei laghi salati sudamericani e asiatici è relativamente facile da ottenere sotto forma di carbonato di litio. Se così non fosse,  visto che questo metallo è presente in molte rocce vulcaniche e anche nelle acque che le attraversano, l’Italia sarebbe una specie di paradiso del litio. A questo proposito va detto che i cinesi hanno brevettato un sistema per riciclare il litio delle batterie a prezzi abbastanza contenuti e stanno cominciando ad usarlo, mentre in occidente l’unico brevetto in questo senso è del Cnr italiano ed è  ancora in sperimentazione.

Il golpe elettrico

Il drone S-70 Okhotnik: il nuovo multiruolo della Russia

Gli Stati Uniti hanno 185 velivoli di quinta generazioni F-22. Dal 2006 ad oggi sono stati prodotti 400 F-35 per Stati Uniti, Australia, Israele, Italia, Giappone, Corea del Sud, Olanda, Norvegia e Regno Unito. Questi aerei sono preparati per l’invasione a lungo raggio dal proprio territorio. La Russia non ha adottato lo stesso metodo degli Stati Uniti, con una massiccia dotazione di velivoli di quinta generazione. Invece, la Russia ha investito nei sistemi C4 I (Comando, Controllo, Comunicazioni, Informatica, Intelligenza), sistemi di guerra radioelettronica ed armi difensive per creare una roccaforte impenetrabile A2/AD (aerea anti-accesso/d’esclusione ). Tali armi sono S-400, S-500, missili da crociera K-300P Bastion-P, Kalibr e Zirkon per navi e sottomarini, e così via. Le apparecchiature da guerra radio-elettronica si occupano di bloccare sorveglianza aerea e spaziale, rilevazione e sistemi di guida d’attacco dei nemici (1RL257 Krasukha-4, 1L267 Moskva-1 e Borisoglebsk 2). La Russia pensa di costruire bastioni A2/AD utilizzando aeromobili modernizzati e un numero limitato di velivoli di 5.ta generazione, insieme a una flotta di droni d’attacco “invisibili”. L’UCAV (Unmanned Combat Air Vehicle) Sukhoj S-70 Okhotnik è una versione del Mikojan Skat che utilizza tecnologie di quinta generazione. La propulsione è affidata a un turbogetto AL-41F utilizzato dal Su-35 S. Il Sukhoi S-70 pesa 17,6 tonnellate, ha un’apertura alare di 19 m, una velocità di crociera di 1000 km/h. L’autonomia di volo è di 6000 km. La missione principale del S-70 è la supremazia aerea su un’area ristretta, disattivando la rete radar dei sistemi missilistici antiaerei, creando un corridoio di penetrazione sicuro per gli aeromobili di quarta generazione. Secondo il Ministero della Difesa russo, l’S-70 e gli aerei Su-57 saranno piattaforme di coordinamento congiunto nelle missioni.
Gli Stati Uniti non possono abbandonare la produzione di F-35 utilizzando invece i droni d’attacco, quindi la Russia si aspetta che la produzione dell’S-70 trovi un ampio mercato internazionale. Tuttavia, non è chiaro per quanto la Russia finanzierà il progetto. Infatti, dal 2015 non sono stati stanziati fondi per la produzione in serie dei nuovi corazzati (carro armato T-14, veicoli da combattimento per la fanteria T-15, Kruganets e il veicolo trasporto blindato Bumerang). I vantaggi dell’uso dei droni russi S-70 Okhotnik sono più evidenti in caso di risposta a un attacco dalla flotta aerea della NATO. Le modifiche apportate all’S-70 consentono l’uso di missili aria-aria ipersonici K-77M, dalla gittata di 200 km, contro aerei AWACS e caccia decollati dalle portaerei. Contemporaneamente, l’S-70 “sorveglia” il lancio dei missili da crociera Tomakawk da navi di superficie e sottomarini. I missili da crociera sono vulnerabili subito dopo il lancio, quando non possono eseguire manovre per cambiare rotta e altitudine. Portaerei, portaelicotteri, navi per il trasporto di mezzi corazzati e pesanti sono obiettivi facili per i missili Kinzhal. Questi missili hanno una velocità di Mach 10 (12000 km/h), il tempo a disposizione dei missili intercettori nemici è di poche decine di secondi e la probabilità della reazione inferiore al 7-8%.

Il drone S-70 Okhotnik: il nuovo multiruolo della Russia

Valentin Vasilescu, Reseau International 16 luglio 2019

Supremazia tecnologica

Da quando un missile iraniano Khordad-3 ha abbattuto un sofisticato drone spia statunitense, Global Hawk a 50 km di altitudine, qualche cosa è cambiato, letteralmente, nei calcoli dei circoli militari israeliani.
Da quel momento, gli esperti israeliani affermano che il vecchio piano di Benyamin Netanyahu, di inviare aerei israeliani ad attaccare le istallazioni nucleari , è un piano che viene oggi totalmente escluso, visto il fatto che l’Iran dispone di sistemi che possono distruggere gli aerei israeliani che sorvolino il territorio iraniano, anche ad altitudini elevate.
Da quel momento non si è visto più alcun drone israeliano a sorvolare il terrirorio libanese e neppure in Siria, ovviamente Israele evita le provocazioni per non ricevere un messaggio simile a quello dell’ abbattimento del drone statunitense e, incluso, si potrebbe dire che neoppure gli USA vogliano ancora ricevere messaggi su un altro fronte. Questo non vuol dire che Israele desisterà dal violare lo spazio aereo libanese ma adesso è cosciente che i suoi apparati sono monitorati e che il cielo non sarà sicuro, quando arrivi il momento del confronto armato.

Aerei israeliani sul Libano

Israele, così come gli USA, sono rimasti sorpresi per la capacità del Khordad-3. Il suo nome si riferisce al 2 di Maggio del 1982 quando la città di Jorramshahr fu liberata dopo di 578 giorni di occupazione irachena, durante la guerra Iran-Iraq di quegli anni. Il Khordad-3 fu ottimizzato dall’Iran nel 2014 come parte della modernizzazione dei suoi apparati elettronici, sensori di intercettazione termici. Inoltre l’apparato dispone una opzione di blocco del suo GPS per proteggerlo nel caso di interferenza di alta intensità.
Il sistema ha ricevuto le coordinate che lo hanno lanciato dietro la scia termica del drone statunitense, prima di intercettarlo e distruggerlo. Esiste quindi un grande timore in Israele. Che succederebbe se il drone fosse consegnato alla Siria?

Source: Al Manar

Traduzione: Lisandro Alvarado

https://www.controinformazione.info/il-successo-del-sistema-khordad-3-crea-nervosismo-in-israele/

F 35

Ora non stiamo parlando della Russia, della Cina, ma della Turchia, il cui sviluppo industriale e tecnologico è recentissimo, ma che è già in grado di produrre macchine quanto meno all’altezza dei suoi padroni: questo dovrebbe essere un campanello di allarme per Washington e per tutto il suo sistema di alleanze. Finché sono Germania e Francia a dire no alla carretta volante per costruirsi in proprio un caccia efficiente, gli Usa possono irritarsi per lo sgarbo, pronti poi a vendicarsi alla prima occasione, ma quando lo fa la Turchia la cosa assume un significato tutto diverso ed epocale che consiste nella palese perdita della primazia che gli Usa vorrebbero esercitare sull’intero globo, perdita che peraltro sembra averli colti di sorpresa. In effetti a parte i difetti progettuali e costruttivi l’ F35 è un po’ il simbolo di tutto questo: l’idea alla base della concezione di questo caccia multiruolo che risale agli anni ’90,  è proprio l’ipotesi di non doversi mai misurare con avversari all’altezza della situazione, come rivela chiaramente la frase precedentemente riportata della Us Navy. In quell’epoca la Russia sembrava sulla via di un irredimibile decadimento, la Cina era di la da venire e l’Europa era saldamente nelle mani di un’elite atlantista: dunque serviva un aereo “furtitvo” in grado da una parte di operare contro avversari modestamente armati, privi di radar avanzati e dunque non sempre in grado di rilevarlo, tipo Afganistan, Medio Oriente o Nordafrica e dall’altra come vettore di armi atomiche in un contesto nel quale non si immaginava di aver bisogno di vedersela con macchine superiori per capacità. Insomma l’F35 era il caccia perfetto del mondo unipolare e della vittoria neo liberista. Venticinque anni dopo si dimostra l’arma del declino e lo sarebbe anche se l’opacità del sistema non lo avesse caricato di difetti. Il quadro diventa addirittura grottesco se si scopre che gran parte dell’ hardware elettronico del caccia è fornito dalla Exception PCB, azienda con sede in Inghilterra, ma filiale della cinese Shenzhen Fastprint dal 2013. E’ davvero penoso che il ministero della difesa inglese abbia garantito che “nessun cittadino cinese  può accedere ai dati dell’F-35”: basta solo sapere quali sono i circuiti venduti per la realizzazione del caccia, dati ovviamente in possesso della casa madre, per dedurne facilmente le funzionalità e gli scopi. Ma questa idea di detenere il segreto di cose concepite altrove è talmente paradossale da rendere perfettamente l’idea del punto in cui siamo.

Caccia all’errore

Chi la fa, l’aspetti

La risposta americana è ovvia, tanto è vero che per evitare rischi, è stato proibito l’uso di tecnologie riconducibili a Huawei nei sistemi di telefonia sul territorio Usa, e il governo fa pressioni di vario genere su alleati e vassalli perché facciano altrettanto.

Rete spionistica Echelon made in USA

Per ora l’America è concentrata sui paesi la cui alleanza strategica nelle informazioni di spionaggio e controspionaggio (ricordate il sistema di intercettazione Echelon?) è detta FiveEyes, cinque occhi, Australia, Nuova Zelanda, Canada,Gran Bretagna. Nessun problema con i primi tre, che hanno bandito Huawei, ma la Gran Bretagna sembra camminare per suo conto. Le indiscrezioni del ministro della Difesa sono state significative dell’intenzione inglese di autorizzare lo sviluppo della rete 5G attraverso i cinesi, per quanto con limitazioni ufficiali a componenti definite non strategiche e non essenziali (non-core), contravvenendo alle “raccomandazioni” dei tradizionali alleati. Il motivo è probabilmente nella necessità di accordi commerciali di lungo periodo con la Cina in previsione della Brexit. Sembra che le rivelazioni del ministro destituito abbiano bloccato le trattative, per cui non è da escludere che siano filtrate di proposito.
Gli americani fanno sul serio, come dimostra l’arresto in Canada, satellite Usa, di Meng Wanzhou, vicepresidente ed erede dell’impero Huawei, di cui è stata chiesta l’estradizione in America con l’accusa di aver violato le sanzioni contro l’Iran. L’arresto dell’imprenditrice cinese è avvenuto – altra casualità sospetta – lo stesso giorno in cui Trump cenava con XiJinping a Buenos Aires a margine dei lavori del G20. Analoghe accuse sono state mosse nei confronti della ZTE. E’ difficile sapere con certezza se la tecnologia di Huawei sia un rischio strategico. E’tuttavia pericolosissimo che le chiavi tecnologiche, i codici di accesso delle comunicazioni non siano nelle mani del potere pubblico di uno Stato, ma la complessità della rete 5G esige aggiornamenti settimanali di sicurezza del software, il che ne rende impossibile la verifica prima dell’implementazione. Evitare l’influenza cinese è comunque difficile: oltre un terzo dei brevetti relativi sono nelle loro mani,solo Huawei ne detiene oltre 1.500, seguito da Nokia, Samsung, LG (Corea), Ericsson, Zte, tutte con più di mille brevetti. La prima impresa americana, Qualcomm, ne ha 856, tallonata da Ericsson. Molto indietro tutti gli altri, compresi Intel e la giapponese Sharp.

L’Unione europea sembra all’angolo. La guerra contro Huawei può far riprendere fiato a Nokia ed Ericsson dopo anni di declino, come dimostrano i numerosi memoranda d’intesa firmati con operatori Usa. Peraltro, Vodafone ha da poco rivelato l’esistenza di backdoors nel software in possesso degli scienziati di Huawei destinati in Italia. Come sempre in Europa, manca una strategia comune dinanzi ai rischi della tecnologia altrui. Per il momento, non possediamo un’autonoma capacità tecno-scientifica per allestire e gestire reti 5G; al contrario, Nokia ed Ericsson competono tra loro di fronte al gigante asiatico il cui volume d’affari è doppio della loro somma. Più in generale, tutti i dati relativi a piattaforme tecnologiche, start up, brevetti, investimenti nell’intelligenza artificiale e nella robotica mostrano una distanza enorme dell’Europa rispetto a Usa e Cina.

leggi tutto su https://www.controinformazione.info/la-guerra-del-5g-e-leuropa/

Proprio ieri su RAI storia hanno ricordato la vicenda del primo personal computer prodotto dalla Olivetti in Italia nei primi anni ’60 e scorporato immediatamente dalla General Electric per un dollaro; poi arrivò la Hewlett Packard e ne acquistò i brevetti .

Il profitto prima di tutto

Il 737 MAX ha due computer di controllo del volo. Ciascuno è collegato a uno solo dei due sensori di angolo di attacco. Durante un volo, solo uno dei due computer esegue il controllo MCAS. Se rileva un angolo di attacco troppo alto, abbassa lo stabilizzatore orizzontale per circa 10 secondi. Quindi attende per 5 secondi e legge di nuovo il sensore. Se il sensore continua a mostrare un angolo di attacco troppo alto, abbassa nuovamente lo stabilizzatore per far abbassare la prua dell’aereo. MCSA è indipendente dal pilota automatico. È anche attivo nel volo manuale. C’è una procedura per disattivarlo ma ci vuole tempo. Uno dei sensori di angolo d’attacco sul volo indonesiano era difettoso. Sfortunatamente era quello connesso al computer che gestiva il MCAS. Poco dopo il decollo, il sensore segnalò un angolo di attacco troppo alto anche se l’aereo volava in normale salita. Il MCAS si accese e mise in picchiata gli aerei. I piloti hanno reagito disabilitando l’autopilota e tirando la cloche. Il MCAS si accese di nuovo lanciando l’aereo ancora in picchiata. I piloti tirarono di nuovo la cloche. Questo accadde circa 12 volte prima che l’aereo precipitasse in mare.
Implementare un automatismo rilevante per la sicurezza e che dipende da un solo sensore è una progettazione estremamente scadente. Anche avere un automatismo di controllo del volo acceso anche quando il pilota vola manualmente è una pessima scelta. Ma il vero crimine era che Boeing nascondeva ciò. Né le compagnie aeree che hanno acquistato gli aerei né i piloti che vi volano furono informati del MCAS. Non sapevano che esiste. Non sapevano del sistema automatico che controllava lo stabilizzatore anche quando l’autopilota era spento. Non avevano idea di come potesse essere disattivato.

http://aurorasito.altervista.org/?p=5947

La Russia registra orbite sospette

Il compito principale del sistema di allarme automatico per lo spazio pericoloso russo è il rilevamento ai dispositivi spaziali dell’avvicinamento di detriti spaziali, il rilevamento della distruzione di sonde orbitanti e il rilevamento di oggetti potenzialmente pericolosi. Il sistema utilizza apparecchiature ottico-elettroniche, come i telescopi. Sono progettati per rilevare automaticamente detriti e dispositivi spaziali, determinarne le coordinate e trasmetterle assieme ad altre informazioni al centro di raccolta ed elaborazione dati. L’apparecchiatura del sistema esegue la ricerca e il rilevamento autonomi di oggetti spaziali ad altitudini fino a 50000 chilometri e possono rilevare dispositivi e detriti spaziali con luminosità di magnitudine fino a 18,5 (corrispondente alla dimensione di 30-35 centimetri su orbita geostazionaria). Questa registrazione arriva quando gli Stati Uniti tentano di dominare lo spazio e non consentono a Cina o Russia di ottenervi un punto d’appoggio.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

http://aurorasito.altervista.org/?p=5099

Vaccini sì, obbligo no

Sulla delicata e seria questione dell’obbligo vaccinale (qui una lettura consigliabile per approfondire l’argomento), il “frame” costruito dai media mette in scena due schieramenti contrapposti: quello dei fedeli alla scienza, propugnatori sia dell’utilità dei vaccini sia dell’obbligo di legge come misura necessaria per sostenerne la diffusione; e quello della irrazionalità e dell’ignoranza, che disconosce i vantaggi delle vaccinazioni e si oppone per questo non solo al loro obbligo ma anche alla loro  pratica. In soldoni: chi non è d’accordo sull’obbligo è un “novax”. Non è così. Al contrario, nel mondo scientifico il ricorso all’obbligo di vaccinazione non ha mai goduto di particolare sostegno. Per contribuire a un quadro più corretto, proponiamo l’editoriale uscito all’inizio di quest’anno sulla autorevolissima rivista medica  francese La revue Prescrire, considerata a livello internazionale un autentico caposaldo della letteratura medica fondata sulle prove ed indipendente dagli interessi delle case farmaceutiche. L’obbligo di vaccinazione, secondo Prescrire, è il triste segno dell’incapacità di rispondere alle contestazioni, ma anche alla richiesta di maggiori conoscenze, con dati solidi e scelte trasparenti.

http://vocidallestero.it/2018/10/29/prescrire-obbligati-sullimposizione-dei-vaccini/