E se le cinte di Gobekli Tepe descrivessero, in linguaggio astronomico, la catastrofe del 10.950 a. C., e rimasta certo paurosamente infissa nella memoria collettiva dei loro costruttori? L’affascinante ipotesi è stata avanzata da due studiosi della facoltà di ingegneria dell’Università di Edimbugo, Martins Sweatman e Dimitrios Tsikritsis.
I due studiosi hanno unito geologia, archeologia e paleo-astronomia – esiste sul web un programma gratuito che mostra come si presentava il cielo in passato, anche ai costruttori di Gobekli Tepe 11 mila anni prima di Cristo (http://www.stellarium.org/it/) ed hanno cercato di identificare le costellazioni descritte dagli “animali” sul pilastro 43. Supposto che lo scorpione rappresentasse proprio l’attuale costellazione dello Scorpione, hanno ricostruito la posizione degli altri “animali” (costellazioni) vicini in nei giorni della tragedia più grande di quella umanità, dove certamente migliaia di esseri umani furono spazzati via.

Non vi traduciamo le 18 densissime pagine della rivista “Mediterranean Archaeology and Archaeometry” in cui i due studiosi hanno pubblicato la loro ipotesi:
http://maajournal.com/Issues/2017/Vol17-1/Sweatman%20and%20Tsikritsis%2017%281%29.pdf
Basti segnalare l’ingegnosità della ricerca e della ricostruzione del cielo di “allora”. Le posizioni reciproche delle costellazioni che sarebbero raffigurate in quella stele si sono verificate in quattro date: nel 2000 della nostra era, nell’equinozio d’autunno del 4850 a.C., nel solstizio d’estate del 10.950 a.C., oppure nell’equinozio di primavera del 18mila a.C. Ovviamente la data “suggestiva” è la terza, la più vicina alla catastrofe che provocò il raffreddamento fulmineo della Terra e la morte dei mammut siberiani, trovati con ancora nello stomaco il cibo che stavano brucando, fra cui erbe e piante estivo-primaverili.

Naturalmente ci sono difficoltà ad accettare questa ardita ipotesi; fra cui il fatto che i templi di Gobekli Tepe sono stati elevati un migliaio di anni dopo l’Evento catastrofico. Possibile che una civiltà senza scrittura ne conservasse la memoria, tramandandola di generazione in generazione? I due studiosi non nascondono le difficoltà. Tuttavia la loro tesi è affascinante e lancia come un raggio di luce significativa su quell’antico gruppo umano, così tecnicamente avanzato e così intelligente. Come viveva, senza agricoltura? Una delle ipotesi è che l’uomo antichissimo dell’emisfero Nord vivesse non semplicemente da raccoglitore e cacciatore, ma fra immense distese di grani selvatici spontanei, che fornivano loro i necessari energetici carboidrati, e la relativa abbondanza che dava loro il tempo di vivere non già ossessionati dal procurarsi la cena, ma osservando da metafisici e sapienti il cielo stellato – da cui oltretutto sapevano poteva precipitare un altro malvagio corpo cosmico devastatore. Solo dal Dryas, si ritiene, quegli uomini (vicini alla Mezzaluna Fertile) ebbero la necessità di coltivate i cereali che avevano smesso di crescere spontanei nel clima più freddo ed arido, di selezionarli, di seminarli, di irrigarli. Per procurarsi il pane col sudore della fronte e un’organizzazione sociale specifica, quelle delle monarchie idrauliche.
Misteri..
L’articolo Gobekli Tepe mostra la cometa che colpì la Terra nel 10950 a.C.? è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.