BCE: Attacco all’Italia

Il regime bancario europeo, quello che ordì la crisi del debito pubblico italiano nel 2011 per rovesciare il governo e imporre Monti, ha preparato lo strumento per mettere in ginocchio e ai suoi comandi il prossimo governo italiano già dalla sua gestazione, condizionandone la formazione.

Infatti i media (https://marketinsight.it/2018/02/23/banche-commissione-ue-in-arrivo-il-13-marzo-proposta-su-coperture-npl/

https://it.reuters.com/article/topNews/idITKCN1C90M9-OITTP

https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2017/11/08/npl-parere-pe-bce-non-ha-competenza_ca9c79ab-828f-4f44-8038-edf2a6936898.html) hanno annunciato che la BCE vuole mandare in vigore da aprile (ma i termini temporali non sono chiari) una nuova normativa sull’ ammortamento dei crediti in sofferenza delle banche. Essa comporterà che i crediti deteriorati dovranno essere interamente ammortizzati, cioè passati a perdite, in non più di 7-8 anni se assistiti da garanzie, in due soli anni se non assistiti da garanzie.

Dato l’alto livello di sofferenze già emerse e che emergeranno nel sistema bancario italiano (soprattutto nel Monte dei Paschi di Siena); e dato che attualmente molte banche da tempo stanno concedendo crediti in modo piuttosto spensierato allo scopo di raggiungere budget elevati, queste nuove regole, in prospettiva, scateneranno una crisi bancaria generale perché molte banche semplicemente non hanno i soldi per coprire le perdite e salteranno. Inoltre quelle regole indurranno le banche a restringere il credito, e ciò strozzerà l’economia. Contro la BCE, che voleva  imporre soli 7 anni per ammortizzare i crediti a sofferenza garantiti, si sono  scagliati  Padoan prima ed ora Bruxelles: hanno ottenuto un anno in più!

Nessun governo reggerebbe a un tale disastro, quindi il prossimo governo italiano dovrà inginocchiarsi ai grandi banchieri per impetrare rinvii dell’applicazione delle nuove regole e aiuti per adeguarsi ad esse nel tempo.

Ma gli aiuti, si sa, sono condizionati all’obbedienza politica, cioè a che il governo faccia le riforme, le cessioni di sovranità e le privatizzazioni che richiedono i sovrani monetari (i banchieri centrali indipendenti e gli interessi che rappresentano). E’ già avvenuto nel 2011 in Italia e in Grecia.

Il prossimo governo pertanto dovrà dimenticare e far dimenticare alla gente tutte le promesse elettorali di farsi sentire in Europa, di sforare il 3%, di varare la flat tax, di fare grandi investimenti, di sostenere i poveri, etc. etc.

I programmi elettorali sono stati bollati come velleitari perché non indicano concretamente le coperture. Ma essi sono velleitari, anzi illusori, soprattutto perché non tengono conto del fatto che l’Italia, come la Grecia, è sottoposta gerarchicamente al comando e al bastone di interessi esterni ad essa, che si stanno prendendo i suoi migliori assets aziendali. Da diversi decenni, soprattutto dal Britannia Party del 1992 e ancor più con l’imposizione della guerra alla Libia (una guerra di aggressione incostituzionale in cui a nostre spese aiutammo la Francia a prendersi il petrolio togliendolo a noi) e con il colpo di stato del 2011, è stata completamente sottomessa a quegli interessi. I suoi vertici istituzionali collaborano con essi.

La ribellione, o la semplice obiezione alle imposizioni,  abbozzata a tutela dell’interesse nazionale, anche solo parziale, non è tollerata, e viene repressa attraverso la BCE, l’Ecofin, il FMI.

Ma il principale pericolo per la democrazia non è la dominazione dei banchieri speculatori sulla società civile, bensì il populismo, il fascismo, l’euroscetticismo, le politiche economiche dei paesi slavi, che compromettono il prestigio dell’Euro.

Italiani, volete voi un governo che faccia gli interessi del vostro paese per cui pagate le tasse? Allora cambiate paese.

28.02.18 Marco Della Luna

Nuovo ordine mondiale: Bce e Nato senza vergogna

Così il presunto strumento di pace tiene in piedi la propria mutazione oligarchica con la guerra e con il conflitto, con il totale asservimento al Washington: a questo piunto è inutile nasconderlo, è meglio tenere insieme le percorelle smarrite non con la speranza di un pascolo che non c’è più, che è stato devastato dal latifondista, ma con la paura dei lupi.

il Simplicissimus

14_dottor_stranamore_640-480_resizeNon sono sono passate nemmeno tre settimane dal voto sul Brexit e già si va delineando per accenni, ma in maniera inequivocabile la risposta delle oligarchie continentali e statunitensi allo choc subito al referendum: un trauma non tanto dovuto alll’uscita dalla Ue di una Gran Bretagna già ampiamente ai margini dell’unione, ma al fatto che per la prima volta siano stati contestati con successo i meccanismi , le cinghie di trasmissione istituzionali del potere reale, che il dominio dell’informazione sia apparsa potente, ma non onnipotente, che la gestione dell’emotività (vedi assassinio della Cox) abbia mostrato dei limiti.  La linea di azione principale non sembra essere quella di rischiosissima di delegittimare il referendum, di ripeterlo o di imbastire quale trucco per renderlo inefficace: questo può soddisfare la rabbia di oligarchi di secondo piano come Juncker o quella dei cortigiani burocrati di Bruxelles, inviperiti per la ricomparsa del popolo e atterriti da un voto che presenta…

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La fine dell’Italia: l’inizio

Finalmente il bluff è finito. L’impazienza incontrollata dei tecnocrati è stata finalmente saziata. Mario Monti, re incontrastato della tecnocrazia europea, è divenuto ufficialmente presidente del Consiglio, in barba alla volontà popolare e ad ogni principio democratico. Dopo il simil-golpe di Napolitano, sono arrivati gli attestati di stima al nuovo governo da varie parti: dal duo delle meraviglie Santoro/Travaglio, dal faziosissimo Tg3, dal montiano Corriere della Sera, dall’opposizione del PD e dalle piazze che sprizzavano gioia per la “caduta” del minitiranno Silvio Berlusconi. Si dice che la caduta del governo sia imputabile all’aumento dello spread e alla scarsa credibilità internazionale dell’esecutivo, ma il Financial Times, giornale della City di Londra, vaglia un altro scenario. Secondo il quotidiano, il numero uno della Bce Mario Draghi è stato “un complice involontario della caduta di Berlusconi in quanto non ha provveduto ad acquisti massicci di titoli italiani”, mettendo così “in mora l’Italia perché non avrebbe attuato le riforme da lui stesso suggerite assieme a Trichet”, e cioè quelle contenute nella famosa lettera della Bce di agosto.[1]

Il paradosso più evidente è che quelli che esultavano per la caduta di B. e per l’avvento dell’eroe Monti, sono gli stessi che scendevano nelle piazze per protestare contro la lettera di intenti della Bce, non sapendo che, se Berlusconi ha fallito sul piano delle riforme, Monti ne uscirà sicuramente vincitore. Infatti, sul piatto ci sono la riforma del sistema pensionistico, la riforma del mercato del lavoro, l’introduzione di nuove tasse, tagli alla spesa pubblica ecc., vere e proprie misure “lacrime e sangue”. Tutto questo per salvare l’Europa e l’euro, dopo che l’Italia ne aveva minato la credibilità, non essendo stata in grado di operare con rigore sul piano delle riforme. Ed è proprio questo il dogma intoccabile nell’opinione pubblica e nel consesso politico: l’Europa e l’euro. Dopo le timide accuse dell’ex premier alla moneta unica, sulla carta stampata è successo il finimondo: sono insorti il capo dello Stato, i protoeuropeisti Ciampi e Prodi, e nell’agone si muoveva sornione anche il tecnico Monti, che dalle colonne della sua roccaforte “Il Corriere della Sera”, ammoniva il premier affermando che l’euro aveva salvato l’Italia, avendo “portato negli ultimi 12 anni un’inflazione ben più bassa di quella che abbiamo avuto con la lira”.[2] Non va dimenticato che l’ultraeuropeista Monti è lo stesso che ha affermato, qualche mese fa, che “oggi stiamo assistendo al grande successo dell’euro, e la manifestazione più concreta di questo successo è la Grecia, costretta a dare peso alla cultura della stabilità con cui sta trasformando se stessa”.[3] Quindi, il sacrificio sull’altare dell’euro imposto dalla cultura del rigore forzato, dalla disciplina maniacale dei conti pubblici, altro non è che un successo consegnatoci dall’Europa e dall’euro per il nostro bene supremo. Sulla stessa linea anche i commenti di Ciampi e Prodi.

Quindi, la causa della speculazione contro l’Italia va ricercata solo nelle sue colpe, che hanno un solo nome: debito pubblico. Però non si spiega come gli Stati Uniti, che hanno un debito intorno al 100% del Pil e un deficit di bilancio del 9,1%, riescano a piazzare i propri bond a tassi vicini allo 0. Analoga situazione per il Giappone, che ha un debito pubblico intorno al 233% del Pil e alla Gran Bretagna che non se la passa molto meglio dell’Italia. Ma perché accade questo? Questo accade perché gli Usa, il Giappone e la Gran Bretagna avendo come monete il dollaro, lo yen e la sterlina possono, in caso di bisogno, stampare carta moneta quando vogliono (come fa la FED), e chi compera i loro titoli ha questa certezza dalla loro parte. Questo non può avvenire con l’euro, dato che la Bce, per statuto e per il dogma della lotta all’inflazione, non può essere prestatore di ultima istanza per gli Stati. In poche parole, essa non può monetizzare il debito.

Al di là delle questioni tecniche riguardanti l’euro, un altro problema della moneta unica lo ha riscontrato il “Chicago boy”(per la verità non tanto boy) Antonio Martino, che in risposta all’apologia dell’euro di Monti risponde: “Monti sa bene che non è affatto vero che la bassa inflazione degli ultimi anni significhi che l’euro non ha perso potere d’acquisto in termini di beni e servizi. Con uno stipendio mensile di due milioni di lire si viveva, anche se non agiatamente, con mille euro certamente no. L’inflazione non c’entra, la colpa è della luciferina presunzione di chi ha ritenuto di potere stabilire a priori il potere d’acquisto esatto di una moneta fiduciaria mai prima esistita. E’ questa la ragione per cui da sempre mi sono battuto contro questa aberrazione logica, conquistandomi le critiche del mio amico Mario Monti, che non ha mai nemmeno lontanamente pensato che chi ragionava in modo diverso dagli euro-bacchettoni potesse avere ragione”.[4] Quindi, secondo Martino, e secondo le tasche di molti italiani, il potere di acquisto dell’euro rispetto alla tanta vituperata lira si è di fatto dimezzato!(fin dall’inizio, avendo fissato il tasso di cambio a 1927 lire per un euro, aggiungiamo noi)

Un altro feticcio che ricorre con frequenza è quello dell’ipotetica implosione italiana qualora essa non fosse entrata nell’euro, all’urlo entusiastico di: “l’euro ci ha salvato la vita!” Nessuno mette in dubbio che la nostra moneta (la lira) non se la passasse molto bene durante gli anni ’90, ma questo feticcio crolla rapidamente quando si ascoltano le parole dell’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, colui che si adoperò con tutte le sue forze affinché l’Italia entrasse nella prima tranche dell’euro. Egli, che aveva certamente una faccia più sveglia di quella di Prodi e Ciampi, nel 1996 affermò: “un’Italia fuori dall’euro farebbe una concorrenza rovinosa all’industria tedesca. L’Italia deve quindi essere subito parte dell’euro, alle stesse condizioni degli altri partner”.[5] Per questo, chi è stato salvato dall’euro?

Viel Erfolg!
A.D.G. LA VOCE DEL CORSARO

note:

[1]http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFartico…

[2]http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFartico…

[3] http://www.youtube.com/watch?v=Qq7omxEXhR8

[4] vedi nota 2

[5] http://www.antiit.com/2011/03/quando-kohl-impicco-litalia...

http://lavocedelcorsaro.myblog.it/archive/2011/11/15/eurofetish-il-feticismo-dell-euro-pa-e-la-sodomizzazione-dei.html

– See more at: http://www.bondeno.com/2011/11/15/luovo-del-serpente/#sthash.SgbDoAXR.dpuf

Interessi di bottega

George Papaconstantinou, ministro delle finanze greco dal 2009-2011, ricorda il presidente francese Nikolas Sarkozy “che ci diceva ‘ non permetterò mai che il FMI entri in Europa’“. Christine Lagarde, allora ministro delle finanze della Francia e ora a capo del Fondo monetario internazionale, era d’accordo con Sarkozy. Il suo punto di vista, disse a Reuters in un’intervista, era “fondato sulla speranza che gli europei avrebbero messo insieme un pacchetto adeguato, una protezione sufficiente, abbastanza sostegno da dimostrare che l’Europa poteva risolvere da sola i suoi problemi.”

Secondo l’ex ministro delle Finanze greco Papaconstantinou, a maggio 2011 Strauss-Kahn infine decise di giocare duro con Merkel e insistere sulla ristrutturazione del debito. Poi accadde l’imprevisto: mentre Strauss-Kahn era in viaggio per l’Europa per incontrare il cancelliere tedesco, venne arrestato a New York perché una cameriera d’albergo lo accusò di averla aggredita sessualmente. Sotto una forte pressione dei media, Strauss-Kahn abbandonò. (Nel 2011 i pubblici ministeri di New York ritirarono le accuse contro di lui, che raggiunse un accordo con la cameriera.)

L’incontro sul debito non è mai avvenuto. Alcuni dei partecipanti alle trattative pensano che l’occasione mancata, così come la confusione all’interno del Fondo monetario internazionale dopo la partenza di Strauss-Kahn, abbiano causato un ritardo fatale nel tentativo di convincere l’Europa ad abbracciare la riduzione del debito. “Non sto dicendo che la Merkel si sarebbe convinta“, ha detto Papaconstantinou sulla riunione annullata. “Ma la discussione avrebbe potuto iniziare molto prima.”

…..

Evangelos Venizelos, che nell’estate del 2011 assunse la carica di ministro delle finanze greco, ha detto che il problema era politico.

Loro (il Fondo monetario internazionale e l’Europa) insistevano su delle misure che erano atti di crudeltà, perché dovevamo dimostrare loro che eravamo disposti a pagare il costo politico“, ha detto a Reuters. Tali misure comprendevano bruschi licenziamenti nel settore statale e riduzioni degli stipendi nel settore privato – anche se il governo greco opponeva resistenza.

Alla fine la Grecia ha ottenuto qualche alleggerimento sul suo debito, quando gli investitori privati hanno accettato un “haircut” di oltre il 50 per cento su circa 200 miliardi di euro di titoli greci. Allo stesso tempo, la Grecia ha preso in prestito altri 130 miliardi di euro dalle istituzioni statali europee in un secondo piano di salvataggio. Il FMI rimaneva dubbioso sul fatto se il programma avrebbe tirato fuori la Grecia dal pantano.

estratto da http://vocidallestero.it/2015/08/30/ekathimerini-come-la-disavventura-greca-del-fmi-sta-cambiando-il-fondo/

Il doppio fondo della verità

di Federico Fubini   04 Febbraio 2015

L’ipocrisia attorno alla Bce si snoda così. Nel 2010 e 2011, la banca centrale ha comprato titoli greci per 27,7 miliardi di euro e solo quest’estate Atene dovrà rimborsarne sei (oltre a circa 8 al Fondo monetario internazionale). A quel punto l’Eurotower, grazie ad Atene, realizzerà una plusvalenza degna dei migliori speculatori perché nel 2010 e 2011 aveva comprato quella «spazzatura» con rendimenti a doppia cifra. A differenza degli hedge fund però la Bce non accetta rischi di perdite benché il rendimento dei titoli sia astronomico, e pretende di essere ripagata fino in fondo. Si realizza così un trasferimento di risorse dai contribuenti greci a Francoforte. In teoria quei guadagni dovrebbero essere di nuovo stornati alla Grecia, ma accadrà solo a condizione che il nuovo governo di Atene accetti i termini di un programma sotto il controllo dell’area euro.

Non è l’unica doppia verità di questa vicenda, ovviamente. È fin troppo facile il gioco di scoprirne in ciascuno dei protagonisti. Barack Obama per esempio accusa gli europei di voler “strizzare” la Grecia, ma gli Stati Uniti non hanno mai usato il loro potere di veto nel Fmi di cui sono primi azionisti – per allentare le richieste del Fondo e della troika verso Atene; e anche per Obama è inconcepibile un’estensione delle scadenze sui crediti del Fmi alla Grecia, perché in gioco c’è anche la quota versata dalla sua amministrazione. Quanto a Angela Merkel, non ha mai spiegato ai suoi elettori che i pacchetti di denaro degli europei sono serviti anche a far uscire indenni le banche tedesche esposte in Grecia fino a 45 miliardi di dollari; senza quei salvataggi, i tedeschi probabilmente avrebbero dovuto pagare ancora di più per ricapitalizzare gli istituti in rovina del loro stesso Paese.

Neanche Alexis Tsipras, il nuovo premier ellenico, è esente da una buona dose di ambivalenza. Non ha mai riconosciuto che il deficit greco, falsificato per anni, aveva superato il 15% del prodotto lordo. Non ha restituito la scorta né ha mai speso una parola per Andreas Georgiou, l’attuale presidente dell’istituto statistico greco, che da tempo è bersaglio di minacce anonime ed è formalmente imputato per alto tradimento alla nazione dopo aver osato svelare le frodi nel bilancio dello Stato.

estratto da http://www.nuovatlantide.org/il-doppio-fondo-della-verita/

Peggio dell’impero Romano

Peggio dell’impero Romano

All’Italia, come alle altre “province”, vengono chiesti dazi e sacrifici, bilanci in ordine, e montagne di debito. I servizi necessari da parte del governo tuttavia scarseggiano, o non sono mai stati prestati. La nostra economia non è assolutamente aiutata, sfruttata anzi e prosciugata da un colonialismo di modello “portoghese”. La nostra identità è sempre più minacciata da miti europei, da flussi migratori forzati e da famiglie “alternative”. Per garantire questo impero del nulla ai lavoratori vengono presentati contratti di prigionia, dove si impongono ore di lavoro improponibili per sei giorni su sette, e dove vedersi concedere 20 giorni liberi su 365 diventa un lusso. Il tutto per stipendi insufficienti a garantirsi un futuro, o neppure una vaga sopravvivenza. Ad ogni modo chi riceve i panni di questo servaggio ha pure di che ritenersi fortunato, di che abbracciare il suo padrone – o tiranno- perché con una disoccupazione a due cifre a molti non viene concessa neppure questa infame possibilità.

Imparare dall’Egitto

Imparare dall’Egitto

O ci rimbocchiamo le maniche per cambiare questa Europa, oppure, finiremo per fare la stessa fine degli egiziani. Non ci saranno poliziotti che ci spareranno addosso dai tetti. Da noi si fa in modo diverso. Siamo più sofisticati, dotati di subdola e raffinata ipocrisia secolare. Si fa in modo di rimbecillire la gente in modo tale che, alla fine, in piazza non scende nessuno, perché ci pensano i cicisbei che gestiscono i talk show televisivi ad ammansire le persone. E’ più indolore, meno sanguinolento e più efficace. Si uccidono le coscienze e si addormentano le persone; i più riottosi e restii finiranno comunque per suicidarsi o diventare emarginati, scomparendo nel nulla: basta non dar loro accesso al mercato della diffusione delle idee.

Sergio Di Cori Modigliani

Religione imperiale

Religione imperiale

BCE, euro ed Europa, costituiscono la nuova trinità, i cardini della  religione imperiale, di cui l’euro è l’unico elemento tangibile.
Detta religione ha due funzioni: quella di sacralizzare l’euro, strumento del Potere (e, attraverso di esso, il Potere stesso, che coincide con il denaro  e con la facoltà di emetterlo), e quella legata alla stessa etimologia di religo (che significa tenere insieme, da cui rilegare), cioè la funzione di tenere insieme  entità diverse e creare l’illusione di una identità attraverso un suo simbolo tangibile.
Francesco Mazzuoli

Io amo l’Italia

Liberiamo l’Italia dalla schiavitù dell’euro, dall’ingiustizia del signoraggio monetario, dall’inganno del debito pubblico creato dalle banche, dalla dittatura della finanza speculativa globalizzata
Per superare la crisi strutturale della finanza e dell’economia globalizzata causata dall’esplosione della bolla speculativa dei titoli derivati e per emanciparci dalla schiavitù del signoraggio bancario, l’unica soluzione realistica e costruttiva è il riscatto della nostra sovranità monetaria che, di fatto, si traduce nell’uscita dell’Italia dall’euro.
Solo se lo Stato potrà emettere moneta a credito, l’Italia si affrancherà dalla follia suicida che oggi ci impone di contrarre sempre più nuovi debiti per ripianare i debiti, tramite l’emissione di titoli di Stato a debito, ovvero l’unica opzione consentita allo Stato per disporre della moneta. Ed è così che l’Italia si sottomette sempre di più alla dittatura delle banche che si sono attribuite il monopolio dell’emissione della moneta e detengono il 75% del debito pubblico italiano che ammonta a circa 2 mila miliardi di euro.
Io amo l’Italia ha elaborato una proposta approfondita, articolata, pragmatica e attuativa del processo che realizzerà il riscatto della sovranità monetaria. Io amo l’Italia vuole che lo Stato torni a emettere direttamente la moneta a credito, così come ha fatto per 100 anni, affrancandoci dalla schiavitù dell’euro, monopolio dei banchieri privati proprietari della Banca Centrale Europea, dall’ingiustizia del signoraggio bancario, tassa occulta imposta dalle banche che detengono la prerogativa dell’emissione della moneta, dalla dittatura della finanza speculativa che, per riciclare una massa di denaro virtuale (titoli derivati, pari a 787 mila miliardi di dollari nel 2011) che è circa 12 volte il Pil mondiale (Prodotto Interno Lordo, pari a 66 mila miliardi di dollari nel 2011), impone e condiziona il potere politico ovunque nel mondo. Le banche e la finanza globalizzata sono indiscutibilmente il principale potere forte a livello mondiale, di fronte a cui si sottomettono i governi e per i quali i popoli sono costretti a ridursi in povertà e a perdere la loro dignità e libertà. La guerra
finanziaria, emersa con il tracollo della banca d’affari americana Lehman Brothers il 15 settembre 2008, è già costata ai cittadini americani 7.700 miliardi di dollari (pari al doppio del costo affrontato dagli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale, circa 4 mila miliardi di dollari a valori odierni), mentre ai cittadini dell’Unione Europea è già costata 2 mila miliardi di dollari. Contemporaneamente 30 milioni di persone nel mondo hanno perso il posto di lavoro.
Noi prendiamo atto che gli italiani vivevano meglio 10 anni fa prima dell’introduzione dell’euro. Con 1 milione e 500 mila lire una famiglia italiana viveva dignitosamente. Con il corrispettivo in euro, circa 750 euro, oggi si fa la fame. Con l’euro si è ridotto il reddito pro-capite degli italiani, è calato il livello delle esportazioni delle imprese, è peggiorata la bilancia dei pagamenti, è aumentata la disoccupazione. In aggiunta le politiche recessionistiche avviate dai governi della partitocrazia e accentuate dal governo tecnocratico di Mario Monti, stanno distruggendo le imprese, riducendo il Pil, aggravando il debito pubblico, accrescendo la disoccupazione, escludendo i giovani dal mercato del lavoro, impoverendo le famiglie, assottigliando il tasso di natalità degli italiani, acuendo la conflittualità sociale.
Con il riscatto della sovranità monetaria lo Stato si attribuisce la prerogativa di emettere la nuova Lira, determinando autonomamente in base all’interesse nazionale il volume del conio, i rapporti di cambio con le altre valute e la politica monetaria.
Grazie alla facoltà di emettere moneta a credito, lo Stato può procedere subito a restituire i circa 100 miliardi di euro di debiti contratti con le imprese, mettendole nella condizione di assumere il ruolo di protagoniste dello Sviluppo.
Io amo l’Italia sostiene che le banche devono recuperare il legame con il territorio e ritornare a svolgere la loro funzione primaria ed essenziale, cioè quella di conservare il risparmio, farlo fruttare ed erogare finanziamenti.
Il riscatto della sovranità monetaria si traduce nel primato dell’economia reale, fondata sulla produzione di beni e servizi, e nella ricollocazione dell’attività finanziaria nel suo ruolo di mediazione e di supporto all’economia reale”.

Quello sopra riportato era il primo punto del programma elettorale del partito “Io amo l’Italia” che ha ottenuto 40.000 voti (0,13%) alle ultime elezioni politiche.

Indipendentemente dal risultato questo è proprio il punto che tutti i partiti dovrebbero fare proprio per uscire dalle sabbie mobili in cui la plutocrazia finanziaria ci ha gettati.

L’intero programma lo trovate al link del Ministero dell’interno: http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/speciali/elezioni_politiche_regionali_2013/liste_leader_programmi.html

+ Stato – Mercato

In rete si trovano molti interessanti articoli sul tema, la nostra tesi la vedete nel titolo e proviamo ad articolarla per temi; iniziamo da un estratto da Federalist:
“Il credo secondo il quale il mercato è mondiale e bisogna eliminare ogni ostacolo al libero commercio internazionale, ha giustificato una ancora più decisa deregulation negli anni Novanta, soprattutto negli Stati Uniti, a partire dal settore finanziario, con il benestare del Fondo monetario internazionale: “Liberalizzazione dei mercati finanziari e dei capitali significava che le banche estere potevano ottenere guadagni elevati sui prestiti, e quando i prestiti diventavano inesigibili, l’FMI imponeva la socializzazione delle perdite, il che significava mettere sotto grande pressione intere popolazioni per rimborsare le banche estere”.[5] “Le istituzioni finanziarie globali… sollecitavano (i governi) ad adottare le teorie economiche liberali note con il termine di ‘Washinghton Consensus’, che consiste sostanzialmente di tre idee: disciplina fiscale e di bilancio; economia di mercato comprensiva di diritti di proprietà, tassi di cambio in competizione, privatizzazioni e deregolamentazione; e apertura all’economia globale attraverso la liberalizzazione del commercio e degli investimenti esteri diretti”.[6]
Come ha osservato Stiglitz, “l’amara verità è che le innovazioni nei mercati finanziari americani erano mirate ad aggirare le regole, le norme contabili e l’imposizione fiscale”, e a svuotare in particolare la legge Glass-Steagal del 1933 che invece aveva separato “le banche commerciali (che prestano denaro) dalle banche di investimenti (che organizzano la vendita di obbligazioni e azioni) per evitare i chiari conflitti di interesse che vengono a crearsi quando la stessa banca emette azioni e concede prestiti”.[7] Quella legge aveva infatti avuto anche lo scopo di “fare in modo che le persone incaricate di custodire il denaro del comune cittadino nelle banche commerciali non intraprendessero attività rischiose come quelle delle banche di investimenti, il cui obiettivo è massimizzare i guadagni di chi già è ricco”. Con la sua abrogazione venne “meno la separazione fra banche di investimenti e banche commerciali e quelle di investimento hanno preso il sopravvento”.[8] E infatti, la crisi dei mutui americani, che ha dato origine alla più grave crisi del sistema capitalistico occidentale dopo il 1929, non è stata altro che la conseguenza della rottura di questi delicati meccanismi di regolazione, che ha consentito alle istituzioni finanziarie di favorire, contro ogni logica, il fatto di legare il valore dei beni immobiliari a prodotti altamente speculativi.[9]
Qui incontriamo il punto chiave della Glass-Steagall Act, una legge che separava le banche commerciali da quelle di investimento attraverso il divieto di impiegare i risparmi dei cittadini in attività diverse da quelle dell’erogazione del credito.Tale divieto fu introdotto in Italia nel 1936 attraverso la cosiddetta ‘Riforma Menichella’ (che prese il nome dall’allora direttore generale dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale, successivamente nominato, nel 1947, Governatore della Banca d’Italia).

Malauguratamente Draghi l’abolì nel 1993 e tutto quello che è successo dopo non è una coincidenza (cfr.http://finanzaedintorni.info/tag/glass-steagall-act/)