La loro economia

di   Luciano Lago Arriva la sparata dei mondialisti con il presidente dell’INPS Tito Boeri che fa da megafono alle tesi di Soros, di De Benedetti e della Bonino. Bisogna aumentare l’arrivo dei migranti in Italia, ha detto Boeri esplicito, tanto da asserire sicuro e senza tema di smentite: “l’Italia ha bisogno di aumentare l’immigrazione regolare» perchè sono «tanti i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere». Nel lavoro manuale non qualificato. secondo l’Inps, ci sono il 36% dei lavoratori stranieri in Italia e l’8% degli italiani. Secca ed immediata la risposta del ministro degli Interni Matteo Salvini : “Il presidente dell’Inps continua a fare politica, ignorando la voglia di lavorare (e di fare figli) di tantissimi italiani. Dove vive, su Marte?», ha risposto polemicamente Salvini. La polemica è andata avanti e Boeri ha continuato ad insistere sulle sue tesi filo immigrazioniste. A questo punto qualcuno si potrebbe forse meravigliare che il presidente dell’INPS entri a piedi pari a sostenere delle tesi che sono in contrasto non solo con il Governo ma anche con l’opinione della grande maggioranza degli italiani che hanno espresso il rifiuto delle politiche immigrazioniste della sinistra mondialista, sonoramente bocciata nelle ultime elezioni politiche. Perchè meravigliarsi ? Soltanto chi ha la memoria corta può non ricordare che la nomina di Boeri alla presidenza dell’INPS fu patrocinata e promossa da Carlo De Benedetti, il finanziere proprietario del più importante gruppo editoriale italiano, Repubblica L’Espresso e strettamente collegato ai Rothshild ed a George Soros.

De Benedetti con Boeri

Come riportavano allora anche indiscrezioni di stampa, fu l’ing. De Benedetti a sostenere la nomina di Boeri alla presidenza dell’INPS e, in cambio di questa, Boeri si dichiarò favorevole al “Job Act” emanato dal Governo Renzi, in polemica anche con i sindacati e con i settori del lavoro contrari rendere “flessibile” il lavoro e abolire l’art. 18. Non ci si può poi dimenticare che SOROS fu invitato, qualche tempo prima, al Festival dell’Economia di Trento nel 2012, proprio quando era presidente del comitato scientifico TITO BOERI, che non mancò di invitare, guarda caso, anche DE BENEDETTI. In pratica TITO BOERI è un personaggio che risulta strettamente collegato con i settori della “Open Society”, ovvero la principale società con cui Soros finanzia e patrocina le migrazioni in Europa e fornisce appoggio e finanziamenti alle ONG che operano nel Mediterraneo ed alle formazioni politiche mondialiste come il partito di Emma Bonino, “Più Europa”. Per De Benedetti e per Boeri l’immigrazione consente di disporre di una mano d’opera di riserva per lo sfruttamento, permette anche di abbassare i salari dei lavoratori e soprattutto facilita la creazione di una nuova base di consenso per la sinistra mondialista che ha perso la sua base tradizionale. Quindi ben venga l’immigrazione di massa e l’africanizzazione dell’Italia, un obiettivo sempre facilitato e sostenuto da chi vuole distruggere l’identità culturale di questo paese e favorire i piani delle centrali globaliste transnazionali. Accade che i sostenitori del globalismo non hanno più remore ed attaccano in modo diretto spiegando i loro argomenti che sono al limite della provocazione, in particolare per quei milioni di disoccupati italiani che vorrebbero lavorare e pagare i contributi senza dover essere costretti ad accettare lavori a tre euro l’ora per la presenza della mano d’opera schiavizzata fatta entrare appositamente nel paese.

L’uovo di Colombo

L’idea di Boeri ha invece il pregio di apparire soltanto un “dettaglio tecnico”, non proprio una “riforma”. Consentirebbe grandi risparmi sulla spesa pensionistica senza dover allungare ulteriormente l’età pensionabile (67 anni sono un limite che per il momento neanche la Merkel chiede di superare).

Come? Tagliando gli assegni alle pensioni già in essere. Il ragionamento è semplice quanto omicida: se si “ricalcola” l’assegno pensionistico – di quelli che già si sino ritirati dal lavoro come di chi ci andrà in futuro, da qui all’eternità – secondo il sistema contributivo (in base cioé ai contributi effettivamente versati) si ottiene una riduzione più o meno drastica della cifra erogata. DIpende da quanti anni di servizio sono stati calcolati fin qui col “retributivo” e naturalmente dall’entità dei contributi versati annualmente (in proporzione allo stipendio).

A venir falciati in misura maggiore sarebbero dunque gli assegni attualmente pagati ai pensionati che hanno avuto tutta la loro carriera calcolata col retributivo (diciamo quelli che si sono ritirati dal lavoro fino a una decina di anni fa, grosso modo). A seguire ci sarebbe un taglio sostanzioso per quanti, all’epoca della “Dini”, si sono visti spezzare la carriera in due periodi (una prima parte col “retributivo” e una seconda col “contributivo”). In linea teorica – ma non ci giureremmo – nulla cambierebbe per quanti già ora sanno che la loro vita lavorativa sarà compensata con una pensione da fame, quantificata in base al solo “contributivo”. Constatiamo però che in campo pensionistico non sembra esistere limite alle riduzioni possibili; quindi anche i giovani attualmente al lavoro (quelli che hanno “la fortuna” di avercelo) potrebbero vedersi amputare parti più o meno consistenti dei quattro soldi che avranno a fine carriera (già ora è sotto attacco il Tfr…).

Insomma: una nomina che è tutto un programma. Di rapina.

estratto da http://contropiano.org/politica/item/28311-tito-boeri-all-inps-taglio-alle-pensioni-in-vista

Nota: lo studio che si cita nell’articolo riguarda le pensioni (va sottolineato) attualmente percepite: ci si dimentica, come al solito, che dietro alle cifre ci sono delle persone che “non tirano quattro paghe per il lesso”.