La lenta agonia del dollaro

La Russia continuerà ad aumentare le transazioni in valute nazionali, tenendo conto del fatto che gli Stati Uniti fanno di tutto per minare la fiducia nel dollaro, dichiarava il Primo ministro Dmitrij Medvedev. In un’intervista, rispondendo a una domanda sulla dedollarizzazione, il primo ministro russo sottolineava che ciò non significa rinuncia del dollaro, spiegava che è necessario portare avanti la dedollarizzazione “semplicemente perché dobbiamo orientarci verso la nostra moneta, è una questione utilitaristica. Per noi è più vantaggioso pagare in rubli. È più vantaggioso stabilire relazioni cogli altri Paesi in rubli: per effettuare pagamenti con la Cina in rubli e yuan, ne parliamo sempre con loro, coll’India, in rupie e rubli rispettivamente, con altri Paesi, nelle valute nazionali e rubli “, dichiarava Medvedev.
Secondo il primo ministro russo, è normale che la Russia continui questo corso, non c’è niente di sbagliato. “Più che i nostri colleghi oltre oceano, parlo delle autorità statunitensi, fanno di tutto per minare la fiducia nel dollaro”, dichiarava Medvedev. Ciò avviene quando la Russia ha compiuto un altro importante passo nel percorso di dedollarizzazione economica vendendo obbligazioni pubbliche in valuta europea; la domanda superava l’offerta.
Secondo l’autore Aleksandr Lesnykh, i primi risultati del corso annunciato verso la dedollarizzazione superavano tutte le aspettative, all’inizio di novembre fu rivelato che i sistemi di difesa aerea S-400 Triumf saranno acquistati dall’India in valuta russa, dal valore contrattuale totale di circa 331 miliardi di rubli. “Non miriamo ad abbandonare il dollaro, è il dollaro che ci lascia. E chi decide non sta in piedi, ma un po’ più in alto, dato che l’instabilità nei pagamenti in dollari provoca in molte economie mondiali il desiderio di trovare monete di riserva alternative e creare sistemi di pagamento indipendenti dal dollaro”, dichiarava il Presidente Vladimir Putin a fine novembre.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

http://aurorasito.altervista.org/?p=3974

De-dollarizzazione

L’imminente apparizione del “petroyuan” è un passo molto audace da parte della Cina, visto che gli USA non abbandoneranno la base della loro egemonia -il dollaro come moneta di riserva mondiale- senza lottare per contrastare questo passaggio. Il piano cinese di lanciare i contratti petroliferi denominati  in yuan, prima della fine dell’anno, viene accompagnato da voci relative al fatto che il gigante asiatico sarà un grande acquirente delle azioni della petroliera statale saudita Aramco. Tutto questo inizia ad avere significato da un punto di vista geopolitico, nel senso che la Cina, la Russia e perfino i sauditi stanno cercando si sottrarsi al vincolo del dollaro statunitense , dalla sua egemonia, ha dichiarato l’analista finanziario Max Keiser nel corso di una intervista concessa alla redazione della RT Inglese. Nonostante questo, Keiser ricorda che i paesi “che hanno cercato di uscire dalla matrice del petroldollaro sono finiti terribilmente male”. “Saddam Hussein voleva cercare di intercambiare il petrolio con gli euro e lo hanno ucciso, Muammar Gaddafi voleva intercambiare la sua energia per qualche cosa di diverso dal dollaro statunitense (il dinaro doro) : lo hanno assassinato”, aggiunge l’analista. Nello stesso tempo la Cina ha la determinazione e le risorse per realizzare la “dedollarizzazione” e inoltre conta con l’appoggio di vari paesi importanti che sono ” resistenti rispetto al cartello finanziario dominato dagli USA”, concretamente la Russia e l’Iran, ha sottolineato l’anfitrione del programma finanziario della RT ‘Keiser Report’.

https://www.controinformazione.info/kaiser-gli-usa-scateneranno-una-guerra-per-bloccare-lapparizione-dei-petroyuan/

Fine del (petro)dollaro?

La nuova triade petrolio, yuan e oro è in realtà una tripla vittoria. Nessun problema se i fornitori di energia preferiscono essere pagati in oro fisico invece che yuan. Il messaggio chiave è schivare il dollaro statunitense. Russia e Cina, attraverso la Banca Centrale Russa e la Banca Popolare della Cina, sviluppano il cambio rublo-yuan da tempo. Una volta che si va oltre i BRICS agli aspiranti membri dei BRICS Plus e a tutto il Sud Globale, la reazione di Washington sarà nucleare (si spera, non letteralmente). Le norme strategiche della dottrina di Washington non permettono in alcun modo che Russia e Cina prevalgano sul continente euroasiatico. Tuttavia ciò che i BRICS hanno in riserva sul piano geo-economico non riguarda solo l’Eurasia, ma l’intero Sud Globale. Le sezioni guerrafondaie di Washington dedite a strumentalizzare l’India contro la Cina, o contro Russia-Cina, avranno un brutto risveglio. Per quanto i BRICS possano attualmente affrontare diverse turbolenze economiche, la lunga strada cercata, al di là della Dichiarazione di Xiamen, è stata imboccata.
Avendo minacciato la Cina oggi d’esclusione dallo SWIFT, si sospetta che Washington stia rapidamente perdendo tutti i grandi alleati nel sostenere l’egemonia (e implicitamente la sua macchina da guerra) guidata dai petrodollari. Richiesta per l’invasione del Venezuela tra 3… 2… 1…!
https://aurorasito.wordpress.com/2017/09/15/il-venezuela-smette-di-accettare-dollari-per-il-petrolio/

Ritorno all’oro

Lo sviluppo dell’organizzazione di cooperazione di Shanghai negli ultimi anni è la piattaforma per la Cina, in partnership con la Russia, per abbracciare il continente asiatico attraverso il commercio pacifico, migliorando la vita di tutti i cittadini delle molte nazioni che sono e ne diventeranno membri. Lo SCO (Shanghai Cooperation Organisation – Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, è un organismo intergovernativo fondato il 14 giugno 2001 dai Capi di Stato di sei Paesi: Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan – http://www.wikipedia.org) promette una rivoluzione nella ricchezza e negli standard di vita per oltre il 40% della popolazione mondiale e benefici associati alle sue nazioni-fornitrici sugli altri continenti. L’approccio della Cina è fondamentalmente diverso da quello dell’America, che sotto il presidente Trump sembra invidioso del successo dei non americani che producono beni e servizi per il consumatore americano. L’autarchia dell’America ha un PIL di 19 trilioni di dollari. Alla fine, la Cina avrà accordi di libero scambio con il resto del mondo, escludendo per ora l’UE. Su una base di parità di potere d’acquisto, si tratta di un mercato con un PIL di circa 70 trilioni di dollari, su un totale di circa 125 trilioni di dollari. La Cina domina già il commercio mondiale. La sua economia è già significativamente più grande di quella degli Stati Uniti sulle stime della parità di potere d’acquisto (PPP – Purchasing Power Parity). Pur essendo il più grande consumatore di materie prime, la Cina esporta, in valore, anche più prodotti finiti di qualsiasi altro paese. Come potenza asiatica, ha sollevato le economie di tutti i paesi del versante occidentale dell’Oceano Pacifico, che, compreso il proprio, tra loro hanno un PIL di 50 trilioni di dollari. Le sue esportazioni in Asia superano, ora, le esportazioni verso gli Stati Uniti. Eppure, nonostante questo dominio, la maggior parte degli scambi cinesi è condotta in dollari americani, cosa che la Cina è destinata a cambiare, se deve contenere il rischio economico esterno e sostituire l’America come l’impero globale dominante. Entrambi gli obiettivi possono essere raggiunti solo da una Cina che sostituisce il dollaro come mezzo di scambio. Perché l’oro è centrale per la futura politica di regolamento del commercio in Cina La sfida della Cina è il yuan, come una moneta legale, ed occorreranno decenni per sostituire il dollaro, forse mai. Questo presuppone che la Cina segua politiche monetarie più stabili degli Stati Uniti. Questo non è stato il caso, sin dalla crisi della Lehman Brothers, con la crescita della quantità di denaro più ampia della M2 in Cina, che ha rappresentato gran parte della crescita monetaria mondiale negli ultimi anni. Il tasso di espansione monetaria è criticato come una bolla di credito pericolosa, da parte degli analisti occidentali, che sono pronti a condurre l’espansione monetaria nelle proprie nazioni sviluppate, ma si trasformano in critici monetaristi duri verso la Cina. No, la Cina non sostituirà mai il dollaro con la propria moneta senza una garanzia in oro. Pertanto, la Cina deve introdurre l’oro per sostituire il dollaro. Questo può essere fatto in uno dei due modi, uno che incoraggia i mercati ad evolversi dal dollaro verso l’oro, o, in alternativa, lo stato che costringe a tenere il passo.

Putin e premier cinese.

La Cina offre la possibilità di convertire il yuan in oro fisico nel mercato di Shanghai attraverso il Shanghai Futures Exchange. Ciò dà all’esportatore delle materie prime, alla Cina, un’opzione di moneta sonante invece di essere pagata solo in yuan o in dollari. Non richiede che la Cina utilizzi l’oro statale, l’oro fisico può provenire dal mercato. Nel tempo, la liquidità nei contratti futures yuan dovrebbe migliorare e Shanghai è già il più grande mercato fisico dell’oro. Si noti che solo nel mese scorso è stato annunciato che la banca centrale russa ha aperto un ufficio a Pechino che ha il compito di risolvere gli aspetti tecnici delle consegne in oro dalla Russia alla Cina. L’importanza del Shanghai Gold Exchange aumenterà ulteriormente attraverso questo collegamento con Mosca. Utilizzando il mercato cinese per la consegna temporanea dell’oro fisico dovrebbe dare una certa stabilità allo yuan rispetto al dollaro, in particolare se le banche americane che commerciano su Comex (Commodity Exchange Inc.) continuano a scoraggiare la consegna del lingotto fisico. Questo potrebbero richiederlo sempre. In alternativa, la Cina potrebbe annunciare piani per rendere la sua moneta trasformabile in oro ad un tasso fisso, ma dovrebbe essere ad un tasso di cambio molto più elevato dell’attuale CNY 8.700 (yuan cinesi) per oncia. Se questo corso è seguito, gli US Treasuries saranno destinati ad essere spostati come lo standard obbligazionario a rischio zero, potenzialmente creando il caos nei mercati finanziari occidentali. La Cina avrebbe anche bisogno di rivelare le sue vere proprietà di lingotti d’oro, trasferendoli nel conto delle riserve valutarie, per dare fiducia agli scambi esteri sulla scala del supporto dell’oro per il yuan. Finora la politica della Cina è stata quella di utilizzare il percorso meno distruttivo, preferendo non muovere il commercio mondiale, in parte perché ha bisogno di coesistere con il resto del mondo politicamente ed in parte perché influirebbe negativamente sul proprio commercio. È stato anche molto conveniente poter gestire l’economia cinese attraverso l’espansione del credito bancario. Il percorso meno distruttivo è ancora la tesi del default. La Cina vuole anche ridurre l’esposizione di riserva del dollaro e ai US Tresauries in modo ordinato. Il ritmo di vendita, il grado di riduzione delle riserve del dollaro ed il tasso di accumulazione dei materiali industriali e dell’energia determinando la durata del tempo per completare la ripristino della valuta. Questo corso è stato previsto dagli osservatori informati per portare ad una graduale diminuzione dell’utilizzo del dollaro come suo ruolo nel commercio globale. L’alternativa con la Cina che annunciava le sue vere riserve d’oro ed un tasso di cambio con la propria moneta, era sempre considerato un’opzione estrema, solo per avere fatto ricorso ad una grave provocazione. La Corea del Nord potrebbe diventare l’innesco di tale evento, ma ci sarebbe anche una crisi finanziaria interna in America, in quanto si può prevedere che avrebbe influito sulla politica estera dell’America. Ricorda che i cinesi credono che l’America progetti periodicamente una crisi estera per finanziare la propria economia, incoraggiando gli US Treasuries a comprare dollari, preferendo un lavoro più rischioso. Per questa ragione, la Cina guarda attentamente l’economia statunitense i segni che potrebbero influenzare il valore del dollaro. Dopo un lungo periodo di crescita sottovalutata, ora esistono segni che l’economia statunitense soffre di stanchezza per il debito complessivo. Il prestito bancario sta bloccando, come mostra la tabella sottostante l’M2 meno l’offerta di moneta M1. Il rendimento sul lungo termine delle obbligazioni è sceso dal 3,2% al 2,9%, indicando, sulla carta, una possibile recessione e l’Atlanta Fed ha anche rivisto le sue aspettative per la crescita economica in forte flessione. In breve, a meno che non si verifichi qualche miracolo, il governo degli Stati Uniti inizia a chiudere, il limite del debito è stato raggiunto senza alcun segno di un accordo per aumentarlo. Allo stesso tempo, l’America sta intensificando le tensioni con la Corea del Nord. Pechino è convinta che la belligeranza americana sia guidata da fattori finanziari ed è possibile che Trump sia alimentato dal patriottismo americano per costringere il Congresso ad aumentare il limite del debito. Infine, la Cina probabilmente crede che l’America sia disperata. Immaginate come la Cina senta questo. La Cina porterà avanti un attacco sullo stato del dollaro come un colpo di avvertimento difensivo? Sarà costretta ad abbandonare il suo delicato approccio per tenere il mondo lontano dalla dipendenza dal dollaro? È disposta a scalare la guerra finanziaria con l’America, fino all’olocausto finanziario dell’America? Le risposte a queste domande probabilmente saranno rivelate nei prossimi mesi, forse solo fra un paio di settimane, se la Corea del Nord si surriscalda. Ma se la Cina decide di rivalutare l’oro, i mercati dei capitali occidentali saranno completamente impreparati alla caduta. La stessa Cina sarà colpita, come tutte le altre nazioni che commerciano con gli Stati Uniti o commerciano con paesi che commerciano con gli Stati Uniti. Le nazioni avanzate guidate dal benessere che dipendono dai mercati dei capitali sono a rischio. La grande crisi finanziaria di nove anni fa sarà una prova leggera rispetto a quanto potrebbe seguire. L’ironia è che i paesi isolati dal dollaro, in particolare la Russia e l’Iran, usciranno meglio. L’Iran sarà notevolmente più forte rispetto all’Arabia Saudita, con importanti conseguenze per il gioco del potere in Medio Oriente. La Russia avrà anche interesse a spingere la Cina a questa azione, in parte perché vorrebbe puntare all’equilibrio in Siria in favore della Russia e, in parte, perché la distruzione dell’egemonia statunitense libererà l’Europa occidentale per staccarsi dalle sottane americane. Questo è il premio finale per le due nazioni principali dell’Organizzazione di cooperazione di Shanghai: una zona di libero scambio che, infine, includerà l’intero continente eurasiatico, con il resto del mondo che agisce come materia prima. È sempre stata la logica ultima della partnership russo-cinese. Nonostante tutto il suo potere militare, l’America sarà isolata, a meno che, come la Gran Bretagna, nelle sue colonie negli anni ’60, l’America accetti di non controllare più il commercio globale. E’ difficile da immaginare. Nel frattempo, di massima importanza nel pensiero della Russia sarà il continuo problema dei prezzi del petrolio legati al dollaro. Ci sono alcune prove indiziarie che l’America ha usato l’arma petrolifera per attaccare la Russia incoraggiando il crollo dei prezzi del petrolio nel 2014. Vero o no, la Russia non vuole essere esposta ai continui rischi del suo principale prodotto di esportazione di esportazione essendo valutato in dollari. Sarà quasi sicuramente preferita di vedere valutare il petrolio ai prezzi dell’oro o una valuta legata all’oro. Il nostro prossimo grafico, confronta il petrolio ai prezzi in dollari con il petrolio al prezzo in oro, illustra la stabilità finanziaria che si può prevedere per la Russia e per gli altri esportatori asiatici del petrolio, rispetto alla storica volatilità dei prezzi in dollari. Prima del fallimento della riserva aurea alla fine degli anni Sessanta e del successivo abbandono del gold standard del dollaro nel 1971, il petrolio, in comune con tutte le altre materie prime, era effettivamente valutato in oro, il dollaro era semplicemente il mezzo di pagamento. Dal 1971, il prezzo del petrolio misurato in oro è variato in un range del 350%, mentre in dollari la gamma è stata molto più grande. Se il dollaro dovesse essere compromesso, il prezzo del dollaro potrebbe aumentare, ma il potere d’acquisto del dollaro elimina ogni beneficio. La Russia vuole quasi certamente tornare al regime pre-1971, del petrolio ai prezzi in oro, permettendole di accumulare riserve monetarie che mantengano il loro valore. Quindi possiamo cominciare a capire l’importanza di Sergey Glazyev (classe 1961 politico ed economista russo) che condivide la visione geo-strategica della Cina. Essa conferma che, se sufficientemente stimolato, il piano di organizzazione di cooperazione di Shanghai di operare senza il dollaro statunitense, potrebbe essere necessario portarlo avanti. La stabilità economica della SCO non può essere garantita sostituendo una moneta fiat (a corso legale) nella sua morte con un’altra. Alcune forme di convertibilità dell’oro saranno essenziali, per cui anche questi piani saranno portati avanti. Forse la Cina e la Russia non hanno più il lusso del tempo. L’aumentata belligeranza militare dell’America, nei primi cento giorni di Trump, potrebbe forzare la mano. Forse l’America, sapendo che la sua scomparsa sta diventando sempre più inevitabile, ha qualche piano drammatico ben confezionato per cogliere l’iniziativa finanziaria, magari drammatico come lo shock di Nixon, quando l’America abbandonò il gold standard del dopoguerra. L’instabilità portò l’equazione geopolitica della presidenza di Trump ed i primi segni che l’economia americana si sta sgonfiando, con una battuta d’arresto, sotto il peso assoluto del consumatore e debito pubblico, sono sempre più probabili per sollecitare la Cina e la Russia ad azione finanziaria costante, se non altro per proteggersi in un ambiente finanziario e monetario instabile. Fonte: Mises Institute Tradotto da Ezio Pozzati –

USA contro resto del mondo

Anche nel 2008, mentre i governi della Ue a rimorchio delle chiuse visioni di Berlino si affidavano a politiche rigoriste suicide, la Federal Reserve (Fed) guidata da Ben Bernanke, lanciava tre successivi programmi di acquisito di titoli di stato (Quantitative Easing) che in pochi anni hanno dilatato il suo bilancio da 850 a 4.500 Mld di $. Secondo il calcolo fatto a Washington, Cina, Giappone e le principali economie del G20 (Brasile, India e così via), terrorizzate dal deprezzamento del dollaro, ne avrebbero fatto incetta sui mercati insieme ai T–Bonds emessi dalla Fed. Se non lo avessero sostenuto, le loro monete si sarebbero rivalutate su di esso, rendendo le loro attività (basate sulla vendita di materie prime e di manufatti, Giappone escluso, di scarsa qualità e basso prezzo) assai meno appetibili; inoltre, un dollaro in caduta libera avrebbe falcidiato le loro riserve monetarie basate appunto sul biglietto verde.

Il risultato è stato che, mentre la crisi finanziaria demoliva la Ue e Giappone e Cina si svenavano per rafforzare la valuta americana, fra il 2009 e il 2013 negli Stati Uniti si riversavano 2.510 Mld di $, praticamente lo stesso volume di moneta messo in circolazione nelle prime due fasi del Quantitative Easing della Fed, 2.600 Mld. Nella sostanza Washington non ha speso un soldo per rivitalizzare la sua economia, lasciando che economie avanzate e nazioni emergenti facessero a gara per sostenerla: il Giappone ha acquistato T–Bonds per 556 Mld, la Cina per 543; il Brasile per 129 e così via. E vista la crescente richiesta, questo finanziamento è avvenuto a interessi sempre più bassi, passando dal 4% pre crisi, all’1,5% nel pieno del ciclone.

La Cina stessa, che un colosso economico ormai lo è, è stata costretta ad abbozzare: fra il 2013 e il 2014 ha provato a ridurre la montagna di debito statunitense che detiene, ma è stata una manovra di facciata, perché ha continuato a rastrellarne tramite il governo belga che è arrivato a detenerne una cifra mostruosa pari al 70% del proprio Pil (350 Mld). Anche Pechino è in trappola: se cade il dollaro, gli effetti per la sua economia, che attraversa un passaggio delicato, sarebbero devastanti.

leggi tutto su http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=50701

Russia, dollaro, petrolio

La Russia è una potenza in ascesa, alleatasi apertamente con la Cina, con la quale ha stipulato grandi accordi commerciali bilaterali tendenti a superare l’uso del dollaro nelle transazioni; basta citare lo storico accordo per la fornitura di gas alla Cina (4). Inoltre, è del primo dicembre scorso l’altro storico accordo con la Turchia per l’estensione del Blue Stream, l’oleodotto che trasporterà gas dalla Russia alla Turchia, passando per il Mar Nero; dalla Turchia il gas arriverà ai paesi dell’Europa meridionale (Grecia ed Italia), all’Austria ed ai paesi dei Balcani. A questo oleodotto che porta il gas russo all’Europa, si unirà un ramo che porterà anche il gas dell’Iran e dell’Azerbaigian. I paesi dell’Europa che lo desiderano hanno totalmente assicurato l’approvvigionamento gassifero. Tutto ciò rappresenta una minaccia per la potenza USA, perchè tale gas non sarà certo fornito utilizzando il dollaro come strumento di pagamento.
Questi accordi commerciali in cui si elimina l’utilizzo del dollaro, si stanno diffondendo grazie alla Russia (ed alla Cina) anche ad altri stati,  come Malesia, Nuova Zelanda e vari paesi dell’America Latina.

Un eventuale abbandono del dollaro come moneta di riserva internazionale avrebbe conseguenze catastrofiche sull’economia statunitense, anzi minerebbe l’esistenza stessa dell’Unione, per cui gli USA sono impegnati a fermare con ogni mezzo (sanzioni, ritorsioni, guerra economica, fino ad arrivare a bombardamenti ed invasioni) tutti coloro che cercano di superare l’uso del dollaro (5). E’ questa la política che stanno portando avanti anche contro la Russia.

estratto da http://apocalisselaica.net/la-russia-verso-labbandono-del-dollaro-aumenta-le-riserve-in-oro-e-si-libera-dei-bond-usa/