E’ stato nel numero del 3 febbraio 1993 di “L’Italia Settimanale”, direttore Marcello Veneziani, e per cui lavoravo anch’io. L’articolo rivelava per primo che meno di un anno prima, il 2 giugno 1992, “a bordo del regio yachtBritannia (che si trova “per caso” nelle nostre acque territoriali) dei rappresentanti della BZW (la ditta di brocheraggio della Barclay’s), della Baring § Co., della S.G. Warburg , e dai nostri rappresentanti dell’ENI, dell’AGIP, di Mario Draghi del ministero del Tesoro, Riccardo Gallo dell’IRI, Giovani Bazoli dell’Ambroveneto, Antonio Pedone del Crediop e da alti funzionari della Comit, delle Generali e della Società Autostrade [danno] il via alla svendita dello Stato. Prime vittime annunciate, i patrimoni industriali e bancari più prestigiosi. Il nome dell’operazione è“privatizzazione”. Formula magica presentata alla collettività come unica cura per risanare la nostra economia e che invece nasconde un business di proporzioni incalcolabili […] fra le famiglie del capitalismo, banche e signori della moneta. Accordi e strategie politiche ben precise: scippare agli Stati, considerati un inutile retaggio del passato e un odioso freno la globalizzazione del mercato, la sovranità monetaria”.
Che ve ne pare, come attualità, ora che Mario Draghi torna venerato a qualche massima carica che è stata approntata per lui? Traggo queste righe dal libretto di Michele Rallo, “La Crociera del Britannia”, Dino Grammatico Edizioni, per un buon motivo. Rallo, di Trapani, che è stato deputato di Alleanza Nazionale per due legislature dal 1994 al 2001, ebbe la dignità civile di fare quattro interrogazioni parlamentari per sapere cosa s’era deciso sul Britannia: quattro interrogazioni al governo Amato, al governo Ciampi, al governo Berlusconi. Senza mai ottenere risposta.
Attenzione alle date, consiglia giustamente Rallo: i media erano pieni dello scandalo di Mani Pulite (cominciato a febbraio ‘92) delle ondate di arresti eccellenti, della crisi del governo democristian-socialista, le elezioni di aprile avevano segnato la liquidazione politica di Craxi e di Andreotti e il vuoto di potere reale della classe dirigente – il primo e originale Golpe degli Onesti – conGiuliano Amato capo di un governo di emergenza. Come non bastasse, il 23 maggio era stato ucciso il giudice Falcone nel famoso mega-attentato; i media avevano le migliori scuse per non riferire che, all’orizzonte di Civitavecchia, era comparso il Britannia dove uno sconosciuto funzionario del Tesoro di nome Draghi era presente all’incontro dove (precisa un’altra interrogazione di Rallo) “fu decisa la dismissione delle aziende a partecipazione statale […] Le procedure di vendita sono a buon punto per Maccarese e Italstrade, e c’è la conferma della volontà di quotare in Borsa, scendendo sotto il 51%, anche le azioni della Società Autostrade” : che sappiamo in quali mani private è finita, a render lucri inverosimili ingiustificati.
Per di più, a settembre del ’92, ecco l’attacco di George Soros alla lira, che “obbliga” Ciampi a svalutare del 30% dopo una inutilmente ostinata (e sospetta) difesa della nostra valuta, che costò all’erario una perdita valutaria di 48 miliardi di dollari, facendo arricchire qualcun altro di altrettanto. Con la svalutazione, “calcolato in dollari, l’acquisto delle nostre imprese da privatizzare è diventato per gli acquirenti esteri meno costoso del 30%”. Sarà certo una coincidenza se Soros riceverà la laurea honoris causa dalla massonica università di Bologna, su indicazione(si dice) di Romano Prodi, uno degli artefici maggiori della esaltante stagione delle privatizzazioni.
A rivedere il film di quei tempi che ho vissuto, resto colpito dall’accumulo straordinario di eventi enormi che avvennero tutti in pochi mesi del 1992. Il 7 febbraio, il Trattato di Maastricht: 17, arresto di Mario Chiesa e inizio della tempesta giudiziaria di Mani Pulite; aprile, le elezioni disastrose per i vecchi partiti, e che vedono l’affermazione di Lega Nord e di Rete (Leoluca Orlando), i due “partiti degli Onesti” dell’epoca, con molti punti in comune con il grillismo odierno. Il 27 aprile, le dimissioni anticipate di Cossiga, “perché ci vuole un presidente forte” per reggere il timone nella tempesta (e tenere a freno le procure) e lui, prossimo alla scadenza e dunque al semestre bianco, non lo è. A maggio la morte di Falcone; a giugno, l’arrivo del Britannia; a settembre Soros che attacca la lira. E in questi mesi Amato, Ciampi, Prodi, Andreatta che ci danno dentro con le privatizzazioni delle aziende a partecipazione pubblica. Con un governo Ciampi che è il primo di uno al di fuori del parlamento (meglio: il secondo, il primo fu il governo Badoglio), e pieno di “tecnici”, ossia gente delle banche e della finanza.
Cronologia di Mario Draghi
Ciò che non ricordavo è la provenienza di Draghi. Com’è che appare al Tesoro, e come direttore generale? Dove stava, prima?
Era direttore esecutivo, ossia altissimo dirigente, della Banca Mondiale. Dal1984 al 1990. La Banca Mondiale, fondata nel ’45 dopo Bretton Woods come primo pilastro del futuro Governo Mondiale; quello di cui il banchiere Warburg disse al Senato, nel 1950: “Avremo un governo mondiale, vi piaccia o no – o col consenso o con la forza”. E’ alla Banca Mondiale che Bush jr. ha messo il suo complice-chiave del’11 Settembre, il Paul Wolfowitz dal doppio passaporto.
Dunque Draghi aveva alle spalle una eccelsa carriera nel mondo della finanza anglo, in corso dal 1984 al 1990. Ma proprio nel 1990, per divina ispirazione, lascia l’America e torna in Italia. Nel 1991, viene nominato alTesoro: Direttore Generale. Da chi? Dal ministro di allora, Guido Carli,“co-autore con Giuliano Amato della legge delega che aveva avviato la privatizzazione” della Banca d’Italia. In tempo per salire sul Britannia. Un “tecnico”. E’ possibile, ma non c’è prova, che ci fosse anche Andreatta. Se fosse vero, era l’unico politico italiano invitato. Se si può chiamare “politico” quello che attuò il divorzio fra Tesoro e Bankitalia nell’81.