Ma guarda che coincidenza, adesso che l’Italia aveva riinviato il suo ambasciatore al Cairo, dopo un periodo di raffreddamento dei rapporti diplomatici, puntuale come un orologio viene pubblicata una informativa del Dipartimento di Stato USA sul caso Regeni. Era già evidente che il caso era stato creato appositamente, con la “manina” dei servizi britannici, per creare una frattura nei rapporti diplomatici fra Italia ed Egitto ed era evidente che al centro degli interessi britannici e statunitensi vi era la concessione data all’ENI delle attività di prospezione e sfruttamentno dell’importante giacimento di idrocarburi scoperto al largo delle coste egiziane. Trovare il modo di guastare i rapporti diplomatici dell’Egitto con l’Italia per far revocare la concessione all’ENI, era sembrato il sistema più semplice per gli anglo americani per arrivare al loro obiettivo. Questo spiega l’assassinio dell’incauto ricercatore italiano caduto nella trappola tesagli dai servizi segreti e rimasto vittima di un gioco molto più grande. Inoltre bisogna considerare che il regime di Al Sisi non è di quelli graditi a Washington…
L’Egitto di Al Sisi ha varcato la linea rossa stabilita da Washington nel momento in cui ha voltato le spalle agli USA ed all’Arabia Saudita ed al Sisi si è recato a Mosca concludendo accordi per acquisti di armi russe e cooperazione economica con la Russia. Vedi: Russia ed Egitto promuovono una cooperazione multiforme In conseguenza di questo strappo, l’Arabia Saudita, che mira ad avere la supremazia nel mondo arabo, ha chiuso il rubinetto dei finanziamenti e delle forniture di petrolio tanto che l’Egitto si è rivolto all’Iraq per ottenere le forniture di greggio di cui abbisogna. In contemporanea è partita la campagna mediatica che accusa Al Sisi di impersonare un regime dittatoriale e tirannico che viola i “diritti umani”. Tutta la sinistra europea si è accodata supinamente a questa campagna, in ossequio alle centrali USA. Per isolare l’Egitto e far revocare gli accordi economici con l’ENI e con l’Italia è partita puntuale l’offensiva degli organi del “main stream” USA, il New York Times è soltanto il primo, ne seguiranno altri, ci possiamo scommettere.