Il grande gioco

Non è un caso che il crollo dell’Unione Sovietica e la formazione dell’Unione europea si susseguissero l’uno dopo l’altro: l’Europa aveva la possibilità di ripristinare la propria sovranità. Ma è solo una possibilità, perché il progetto Unione Europea stesso era più atlantico, globalista, cioè progettato per infondere il vecchio vino nelle “nuove pellicce” – per consentire alle élite europee, educate nello spirito di sottomissione, di giocare nell’unità europea. In parole povere, gli anglosassoni dovevano assicurarsi che l’UE fosse subordinata alla NATO e rimanesse così sull’intero percorso dell’integrazione europea.

Naturalmente, all’interno delle élite europee, per non parlare degli stessi popoli, c’erano molti sostenitori di una integrazione europea completamente diversa – una che avrebbe permesso loro di eliminare l’oppressione dell’atlantismo. E proprio per rendere possibile un tale percorso, l’Europa aveva bisogno di costruire le relazioni più favorevoli con la Russia. Non solo con lei, ma soprattutto con lei. Senza i normali legami con la Russia, e ancor più in un conflitto con la Russia, il progetto di un’Europa indipendente e indipendente non ha una sola possibilità di concretizzarsi.

È per questo che gli atlantisti fanno tutto per separare l’Europa e la Russia, li spingono insieme e litigano. E in primo luogo, naturalmente, impedire le relazioni della Russia con la Germania. La storia di Volkswagen in questo senso è molto rivelatrice. I tedeschi stanno mantenendo, adattandosi alle circostanze, cercando di non essere sostituiti dalle sanzioni americane e di mantenere e persino sviluppare legami con la Russia.

Per ora funziona. Ma dire per sempre “aspettiamo la revoca delle sanzioni” non funzionerà comunque. Prima o poi, la Germania ( e altri paesi europei) dovranno decidere una rivolta contro le sanzioni, se, ovviamente, si vuole creare un’Unione europea veramente indipendente.

Pyotr Akopov, VISTA

Traduzione: Sergei Leonov

https://www.controinformazione.info/gli-usa-bloccano-i-progetti-della-germania-di-cooperazione-con-la-russia/

Spirito della comunità

L’Eurasianismo, inizialmente concepito all’inizio del XX secolo dal geografo PN Savitsky, il geopolitico GV Vernadsky e lo storico culturale VN Ilyn, tra gli altri, considerava la cultura russa come una combinazione unica e complessa di oriente e occidente, e il popolo russo come appartenente a “una comunità eurasiatica completamente originale”.

La nuova via della seta

Questo certamente vale ancora. Ma come sostengono gli analisti del Valdai Club, il concetto aggiornato di Greater Eurasia “non è rivolto contro l’Europa o l’Occidente”; si propone di includere almeno una parte significativa dell’UE.

La leadership cinese descrive BRI non solo come corridoi di connettività, ma anche come “comunità”. I russi usano un termine simile applicato alla Grande Eurasia; “sobornost “(“spirito di comunità”).

Come ha sottolineato costantemente Alexander Lukin della Higher School of Economics e un esperto della SCO, incluso nel suo libro Cina e Russia: The New Rapprochement , questo riguarda l’interconnessione di Greater Eurasia, BRI, EAEU, SCO, INSTC, BRICS , BRICS Plus e ASEAN.

La crema dell’insieme di intellettuali russi – al Valdai Club e alla Higher School of Economics – così come i migliori analisti cinesi, sono in sincronia. Lo stesso Karaganov ribadisce costantemente che il concetto di Grande Eurasia è arrivato, “congiuntamente e ufficialmente”, dal partenariato Russia-Cina; “Uno spazio comune per la cooperazione economica, logistica e informativa, la pace e la sicurezza da Shanghai a Lisbona e Nuova Delhi a Murmansk”.

https://www.controinformazione.info/eurasia-la-russia-punta-a-stabilire-un-nuovo-paradigma-non-solo-in-geopolitica-e-geoeconomia-ma-anche-a-livello-culturale-e-ideologico/

La Cina si avvicina

Nell’ambito della One Belt One  Road , Pechino guida l’iniziativa ”16 + 1” che sta rafforzando la cooperazione con 11 paesi membri della UE e cinque  paesi balcanici: Albania, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Macedonia, Montenegro, Polonia, Romania, Serbia, Slovacchia e Slovenia. La regione ha una popolazione di 120 milioni di persone.

La ferrovia Ungheria-Serbia fatta coi cinesi.  E’ solo il primo tratto di una futura rete che unirà i Balcani meridionali.  Anzi, molto oltre: 
la linea Baku-Tbilisi -Kars che unirà il Mar Nero al Caspio.

 

La cooperazione ha come punta   di  lancia  le  INFRASTRUTTTURE.  Il premier Orban  ha stretto con la Cina un accordo per una linea ferroviaria  nord-Sud dalla Polonia ai Balcani meridionali.   La maggior parte degli investimenti cinesi   sarà concentrata in Ungheria.  Il 28  novembre è partito da Mortara il primo treno merci cinese diretto  a  Chendu Cina,   17 vagoni con merci italiane. La frequenza   dei convogli dipenderà  dall’intensità del’interscambio.

https://www.maurizioblondet.it/superstato-canaglia-berlino-forse-si-smarca/

Heartland

Eurasia

Heartland o Heartlands (letteralmente: il Cuore della Terra) è un nome che venne dato alla zona centrale del continente Eurasia, corrispondente all’incirca alla Russia e alle province limitrofe, da Sir Halford Mackinder, il geografo inglese autore di Democratic Ideals and Reality; la teoria delle Heartlands venne sottoposta alla Royal Geographical Society nel 1904.

L’Heartland era descritto da Mackinder come il territorio delimitato ad ovest dal Volga, ad est dal Fiume Azzurro, a nord dall’Artico e a sud dalle cime più occidentali dell’Himalaya. All’epoca, tale zona era quasi interamente controllata dall’Impero Russo.

Per Mackinder, che basava la sua teoria geopolitica sulla contrapposizione tra mare e terra, Heartland era il “cuore” pulsante di tutte le civiltà di terra, in quanto logisticamente inavvicinabile da qualunque talassocrazia. Da qui la frase che riassume l’intera concezione geopolitica di Mackinder:

(EN)« Who rules East Europe commands the Heartland: who rules the Heartland commands the World-Island: who rules the World-Island commands the World » (IT)« Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland: chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo: chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo »

Il “povero” Mackinder temeva tutto questo, quando convinse i banchieri del suo paese che era giocoforza tramare contro lo Zar. Gli anglosassoni sono convinti che riusciranno a boicottare ancora una volta i lavori ferroviari attorno al Caspio, come fecero appoggiando di fatto i bolscevichi nel 1918 in Turkmenistan. Pensano di innescare disordini in Azerbaijan e Turkmenistan, rispettivamente dal nuovo Kurdistan e dall’Afghanistan. Stavolta però lo scontro si farà più duro ed esplicito, perché ad attenderli al varco non ci saranno solo siriani e iracheni.

Ciò potrebbe rivelarsi un bagno di sangue ben superiore all’attuale, che attende ovviamente anche noi vassalli europei.

La cosa incredibile è che noi vi prenderemo parte contro i nostri stessi interessi commerciali, perché se i treni merci dal Caspio riuscissero a passare anche il blocco nazista ucraino nel Donbass, dove il secondo binario fu divelto con la fine dell’URSS ed il primo sta per esserlo, ed arrivassero così agevolmente in Slesia e poi a Tarvisio, noi, oltre ai bassi costi di trasporto, potremmo anche regolare i conti con l’Oriente in euro, magari con un doppio corso euro-lire, anziché in dollari!

http://www.maurizioblondet.it/la-mackinderite-malattia-cronica-perniciosa/

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La guerra psicologica non mediatica

Per quanto concerne le tattiche non mediatico/comunicative/culturali di guerra psicologica, vale a dire lo studio della cultura del nemico, l’infiltrazione e gli strumenti derivati dall’HUMINT (human intelligence) i paesi europei sono ancora deficitari. Sullo studio del nemico islamista, della sua storia, cultura e psicologia, dei suoi codici e linguaggi, sconta un ritardo imbarazzante. Il califfo nero sa esattamente cosa suggestiona l’immaginario europeo (decapitazioni, atti di iconoclastia…). Le nazioni europee brancolano nel buio anche solo quando si tratta di distinguere cultura sciita (sensibile come la nostra all’iconoclastia e caratterizzata da una forte devozione a figure spirituali simile per certi aspetti al nostro culto dei santi) e cultura sunnita (più o meno rigidamente aniconica). Sull’analisi psicologica del nemico siamo tanto arretrati da immaginare ancora il fenomeno dell’estremismo religioso come riguardante principalmente i poveri e gli emarginati – e siamo pertanto vittime della mentalità laicista che vuole la religione, qualsiasi religione, come fenomeno del passato, riservato ai minus habentes ed incapace di produrre cultura nel senso positivo – ed ignoriamo il ritorno alla religione della borghesia (6) (come quella degli europei convertiti), avvenga questo ritorno per (anti?)conformismo, per ricerca di valori forti nell’era del pensiero debole o per sincera ricerca spirituale. Sull’infiltrazione e sul livello di attività HUMINT il livello di complessità si alza ulteriormente e merita un discorso a parte.[…]

Lo stato di cose sin qui esposto ed analizzato è figlio della miopia delle nostre classi dirigenti, alle quali dovremmo chiedere coerenza e visione, non una marcia dei buoni propositi nel centro di Parigi, per di più invitando il presidente turco. Il terrorismo politico degli anni ’70 fu vinto dal benessere degli anni ’80 e ’90, non da strategie vincenti dei governi – strategie che non si videro. La violenza dei terroristi rossi, anarchici e neri li isolò da una società che aveva la pancia troppo piena per sognare superuomini nietzschiani o soli dell’avvenire. Il terrorismo religioso non ci lascerà questo aggio perché si radica tanto nelle pance piene che in quelle vuote. Sarebbe bene cominciare a darne una lettura geopolitica e strategica, non solo “sentimentale”, alla “je suis” – per quanto, proprio nella logica sin qui indicata trasmettere ed enfatizzare l’immagine di una società unita contro la violenza e non divisa su basi settarie sia quantomeno un inizio.

Amedeo Maddaluno

 

Leggi tutto su http://www.eurasia-rivista.org/guerra-psicologica-e-terrorismo-contemporaneo/22175/

Il secolo cinese

Il secolo cinese

Secondo William Kaye, un ex della Goldman Sachs che gestisce fondi finanziari a Hong Kong, “la Cina possiede tra 4.000 e 8.000 tonnellate di oro fisico. Non solo i Cinesi sono i più grandi produttori di oro, ma sono anche i maggiori importatori di oro al mondo. La Cina accumula in maniera rapida e massiccia l’oro estirpato all’Occidente. (…) Penso che la Cina non abbia terminato di accumulare oro. Dai forzieri occidentali ne è uscito molto, lo hanno ammesso le grandi banche centrali: la Federal Reserve, la Banca Centrale Europea e la Banca d’Inghilterra”. Kaye afferma che l’oro della Federal Reserve è diventato proprietà della Banca Popolare Cinese e, in parte, anche della Reserve Bank of India e della banca centrale russa. “Nei forzieri della Federal Reserve – dice – non c’è più nulla”2.

2. www.rischiocalcolato.it/2013/11