Centralità dell’Italia

Da leggere con molta attenzione il riassunto storico:

http://federicodezzani.altervista.org/2016-un-paio-di-carte-per-affrontare-la-burrasca/

Concludendo, lo scenario più probabile è quello di un’escalation militare che, partendo dal Medio Oriente, si diffonde a livello internazionale: devono essere quindi monitorare con attenzione la Turchia e l’Arabia Saudita, entrambe in situazioni critiche, e le elezioni americane di novembre, dove il nuovo presidente, eletto probabilmente con l’apporto decisivo delle lobby israeliane e saudite, sosterrà, a differenza di Barack Obama, un intervento diretto sullo scacchiere mediorientale. L’Unione Europea sarà a quel punto in un avanzato stato di decomposizione ed i singoli interessi nazionali (vedi il recente accordo russo-tedesco per il potenziamento del North Stream) preverranno quasi certamente sugli obblighi verso la NATO. Ponderare attentamente le mosse, non sarà un’opzione: specialmente per un Paese come l’Italia, al centro del decisivo Mar Mediterraneo.

N.d.R : Con questa classe politica non è certo pensabile una politica autonoma da parte dell’Italia

Eurasia

Come sempre, gli alleati di ieri iniziano ad agire contro Washington. Arabia Saudita e Turchia vedono che l’Iran ha raggiunto il suo obiettivo liberandosi dalle sanzioni. Il processo globale di liberazione dalla dittatura statunitense appare ovvio anche all’Europa. Perciò gli Stati Uniti cercano di sopprimere l’aspirazione russa all’indipendenza, per mantenere anche l’Europa sotto controllo. In caso contrario, c’è il rischio che la liberazione dalla dittatura statunitense diventi un massiccio movimento coordinato. Per riunire l’Europa, è necessario esibire una minaccia estera comune, pratica comune degli Stati Uniti. Quando la minaccia diventa lo SIIL e i profughi da Medio Oriente e Nord Africa, la Russia passa in secondo piano e la solidarietà della NATO comincia ad andare a pezzi. Così gli statunitensi fanno tutto il possibile per presentare i russi nel familiare ruolo di principale nemico. Nel 2015, ricordo, gli Stati Uniti adottarono la nuova strategia di sicurezza nazionale. Nel documento la Russia veniva indicata 13 volte sempre in un contesto negativo. La Russia è il principale nemico nella dottrina militare aggiornata degli Stati Uniti, che ora cercano di riscrivere i punti chiave della strategia della NATO. E’ impossibile aspettarsi altro dagli Stati Uniti date le attuali condizioni“.
Merkel+Erdogan+Mark+50+Years+Turkish+Immigration+o9d5qvOzmvPx

E in tale quadro va inserita l’alleanza slavofoba tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente turco Erdogan. Dove difatti la Germania ignora la strage dei curdi nel sud-est della Turchia, il contrabbando di petrolio e la collaborazione di Ankara con i terroristi dello SIIL. Secondo il quotidiano tedesco Handelsblatt la cancelliera tedesca Merkel “ha bisogno di Erdogan per la propria sopravvivenza politica… Erdogan ha creato la carta vincente per evitare l’intervento dell’Europa: i rifugiati“, dice l’articolo. Il presidente turco sfrutta la fiducia dei Paesi europei e “senza intoppi conduce una guerra sporca” nel proprio Paese, che si traduce ancora una volta in nuovi flussi di migranti in fuga dal sud-est del Paese con l’aumento delle violenze.

estratto da https://aurorasito.wordpress.com/2016/01/29/la-nato-verso-il-collasso/

Qatar

Qatar

Qatar: il felice principato che arde dalla voglia di vendere a noi europoidi il suo gas,   superando la ragguardevole distanza con un facile accorgimento: rovesciare l’attuale governo della Siria, ha in allestimento sul proprio territorio una base militare turca permanente: tremila uomini, e forze aeronavali adeguate. Nel darne l’annuncio a dicembre ambasciatore turco in Katar, Ahmet Demirok: “Non stiamo costruendo una nuova alleanza, ma riscoprendo gli storici e fraterni legami” (di quando il Katar era parte dell’impero Ottomano, che andava dalla Bosnia a Golfo Arabico). E’ appena il caso di ricordare che il Katar non è solo uno dei massimi finanziatori di DAESH, ma che è anche sede della più grossa base Usa nell’area, con 10 mila soldati, ad Al Udeid. Domanda: Washington avrà dato il suo placet all’insediamento turco? E come domandarsi se Washington a dato il suo assenso all’abbattimento del Sukhoi russo da parte dell’aviazione turca: silenzio. Magari sarebbe il caso di chiedere al nostro massimo alleato nella NATO, la sola Superpotenza rimasta – che ci protegge e difende –  se per caso ha deciso di lasciare in gestione a Erdogan e al reuccio wahabita l’area medio-orientale, dopo averla ridotta ad un grumo di   devastazioni e di sangue? Giusto per sapere a cosa ci serve stare nella NATO, a noi, e cosa ci guadagniamo ad obbedire agli ordini euro-occidentali.

http://www.reuters.com/article/us-qatar-turkey-military-idUSKBN0TZ17V20151216

estratto da http://www.maurizioblondet.it/dove-ci-sta-portando-la-nato-di-erdogan/

Le “colpe” della Germania

La Germania invece di imboccare la via delle federazione del continente, prima rifiuta gli eurobond nel 2011, poi si asserraglia sull’austerità che scarica tutto il peso dell’aggiustamento del regime a cambi fissi detto “euro” sulla periferia: taglia ai salari e inasprimento fiscale per uccidere l’import e riequilibrare le bilance commerciali. Quando  Alexis Tsipras, che gode del palese appoggio di Washington e Londra, minaccia di rifiutare le politiche d’austerità, i falchi di Berlino non esitano a dire: bene, la porta è quella, esci dall’euro! Solo la clamorosa retromarcia di Alexis Tsipras (testimoniando quali interessi si celano dietro i vari Syriza e Movimento 5 Stelle) evitano che la Grecia abbandoni l’eurozona, sancendo la reversibilità della moneta unica.

Il primo a dissociarsi dall’appoggio garantito da Angela Merkel al cambio di regime a Kiev è stato il potentissimo mondo dell’industria che ha interessi da difendere a Mosca ben di più che a Kiev, poi è stato lo stesso governo tedesco a criticare i crescenti toni bellicistici contro la Russia del generale Philip Breedlove, responsabile del Comando delle forze armate americane in Europa (con sede a Stoccarda). Non va meglio in Medio Oriente dove la Germania, su posizioni sempre meno atlantiche e sempre più vicine ai BRICS, prima si dichiara contro l’intervento militare in Libia (con la clamorosa astensione sulla risoluzione ONU 1973 che impone la no-fly zone) poi, è storia di questi giorni, quando la Russia opta per un intervento militare risolutivo in Siria, Berlino capovolge la politica finora seguita ed afferma che Bashar Assad (la cui caduta è agognata da Washington e Tel Aviv sin dal 2011) è un interlocutore imprescindibile.

Come abbiamo sottolineato nei nostri lavori, se la Germania si saldasse a Russia e Cina, gli USA sarebbero espulsi dall’Eurasia, e perderebbero la “testa di ponte” per proiettarsi nell’Hearthland.

estratto da http://federicodezzani.altervista.org/un-popolo-unauto-rappresaglia/

 

 

Interessi di bottega

George Papaconstantinou, ministro delle finanze greco dal 2009-2011, ricorda il presidente francese Nikolas Sarkozy “che ci diceva ‘ non permetterò mai che il FMI entri in Europa’“. Christine Lagarde, allora ministro delle finanze della Francia e ora a capo del Fondo monetario internazionale, era d’accordo con Sarkozy. Il suo punto di vista, disse a Reuters in un’intervista, era “fondato sulla speranza che gli europei avrebbero messo insieme un pacchetto adeguato, una protezione sufficiente, abbastanza sostegno da dimostrare che l’Europa poteva risolvere da sola i suoi problemi.”

Secondo l’ex ministro delle Finanze greco Papaconstantinou, a maggio 2011 Strauss-Kahn infine decise di giocare duro con Merkel e insistere sulla ristrutturazione del debito. Poi accadde l’imprevisto: mentre Strauss-Kahn era in viaggio per l’Europa per incontrare il cancelliere tedesco, venne arrestato a New York perché una cameriera d’albergo lo accusò di averla aggredita sessualmente. Sotto una forte pressione dei media, Strauss-Kahn abbandonò. (Nel 2011 i pubblici ministeri di New York ritirarono le accuse contro di lui, che raggiunse un accordo con la cameriera.)

L’incontro sul debito non è mai avvenuto. Alcuni dei partecipanti alle trattative pensano che l’occasione mancata, così come la confusione all’interno del Fondo monetario internazionale dopo la partenza di Strauss-Kahn, abbiano causato un ritardo fatale nel tentativo di convincere l’Europa ad abbracciare la riduzione del debito. “Non sto dicendo che la Merkel si sarebbe convinta“, ha detto Papaconstantinou sulla riunione annullata. “Ma la discussione avrebbe potuto iniziare molto prima.”

…..

Evangelos Venizelos, che nell’estate del 2011 assunse la carica di ministro delle finanze greco, ha detto che il problema era politico.

Loro (il Fondo monetario internazionale e l’Europa) insistevano su delle misure che erano atti di crudeltà, perché dovevamo dimostrare loro che eravamo disposti a pagare il costo politico“, ha detto a Reuters. Tali misure comprendevano bruschi licenziamenti nel settore statale e riduzioni degli stipendi nel settore privato – anche se il governo greco opponeva resistenza.

Alla fine la Grecia ha ottenuto qualche alleggerimento sul suo debito, quando gli investitori privati hanno accettato un “haircut” di oltre il 50 per cento su circa 200 miliardi di euro di titoli greci. Allo stesso tempo, la Grecia ha preso in prestito altri 130 miliardi di euro dalle istituzioni statali europee in un secondo piano di salvataggio. Il FMI rimaneva dubbioso sul fatto se il programma avrebbe tirato fuori la Grecia dal pantano.

estratto da http://vocidallestero.it/2015/08/30/ekathimerini-come-la-disavventura-greca-del-fmi-sta-cambiando-il-fondo/

La loro agenda

di Claudio Messora – 29/07/2015

Fonte: byoblu

five-presidents

 

Jean-Claude Juncker, Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem, Mario Draghi e Martin Schulz. E’ “la banda dei Cinque che risolve ogni cosa“, come cantava Elisabetta Viviani. Jean-Claude fa il presidente della Commissione Europea, una setta tipo Scientology che se ci entri poi non ne esci più, perché è ir-re-ver-si-bi-le. Donald invece è a capo di un club esclusivo, paramassonico, che di tanto in tanto finge di riunirsi al Consiglio Europeo per depistare mamma e papà dalle vere riunioni, che vengono organizzate in qualche grotta segreta, dove si tirano delle gran pippe sui cataloghi del Postal Market e pontificano sul futuro del pianeta (tipo “eravamo 4 amici al bar, uno s’è impiegato in una banca”).

Jeroen ospita una cricca di commercialisti falliti, dediti all’usura, dove di tanto in tanto per svagarsi organizzano un torneo di freccette scagliandole contro il malcapitato di turno, tipo “la cena dei cretini“: lo chiamano Eurogruppo e l’ultima volta hanno invitato un certo Varoufakis. Inoltre, per hobby Jeroen presiede anche il MES, una baby gang che ti presta i soldi per le merendine e poi in cambio pretende che gli consegni tutte le biciclette. Mario porta avanti una zecca clandestina chiamata BCE e Martin è a capo di di un’assemblea condominiale fatta da centinaia di inquilini che non conta niente e decide ancor meno, ma litiga su tutto e costa tantissimo: a sfottò lo chiamano Parlamento Europeo.
Questi cinque signori (so’ ragazzi) si sono messi insieme e hanno scritto, di loro spontanea volontà e senza che nessuno glielo abbia chiesto, un’agenda con le tappe forzate che tutti i cittadini europei saranno costretti a seguire. Si chiama “Completare l’Unione economica e monetaria dell’Europa“.

Completare Unione Europea

La relazione, c’è scritto, “rispecchia le deliberazioni e le discussioni personali dei cinque presidenti“. Adesso sono più tranquillo: temevo che riflettesse i desideri dei popoli. C’è anche scritto che “l’euro è una moneta stabile e di successo” e che “l’euro è più di una semplice valuta: è un progetto politico ed economico“. Il che avvalora le tesi di quelli che dicono che l’euro “è un metodo di governo“. Ma soprattutto, la relazione detta l’agenda dei futuri Stati Uniti d’Europa, passando per l’Unione economica, l’Unione finanziaria, l’Unione di bilancio e infine l’Unione Politica. E tutte queste unioni comporteranno “inevitabilmente un’ulteriore condivisione della sovranità nel tempo“. I cinque, che hanno calcolato tutto minuziosamente, hanno deciso che avverrà in due fasiconsecutive, di cui “i presidenti delle istituzioni UE seguiranno l’attuazione“, traducendo in “leggi e istituzioni” le idee presentate nella relazione, in “un processo che dovrebbe iniziare immediatamente“.

Fase 1 (entro il 30 giugno 2017):

  1. Unione Economica (Autorità per la competitività, Procedura per gli squilibri macroeconomici, Occupazione e performance sociale, Coordinamento Politiche Economiche);
  2. Unione Finanziaria (Unione Bancaria, Unione Mercati dei Capitali, Comitato Europeo per il Rischio Sistemico);
  3. Unione di Bilancio (Comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche);
  4. Rafforzamento istituzionale (Rinnovo semestre europeo, Controllo parlamentare rafforzato, Cooperazione Parlamento Europeo e Parlamenti nazionali, Potenziamento Eurogruppo, Rappresentanza esterna unica della zona euro, Integrazioni nel Diritto dell’UE dei trattati sulla stabilità, coordinamento e governance);

Fase 2 (al più tardi entro il 2025):

  1. Unione Economica (Intensificazione Vincoli);
  2. Unione di Bilancio (Creazione di una funzione di stabilizzazione macroeconomica per la zona euro e convergenze verso strutture economiche analoghe nazionali);
  3. Controllo Democratico (Integrazione del Meccanismo europeo di Stabilità – il MES – nel diritto dell’UE, Istituzione Tesoreria zona euro);

Intanto Mario Monti (quello che “al riparo dal processo elettorale” è meglio) non sta con la mani in mano. Zitto zitto, dal 2014, guida una Commissione tutta sua, la “High level group on own resources“, con l’incarico di trovare nuovi modi di finanziare l’Unione Europea, che produrrà le sue linee guida nel 2016.

L’Unione Europea attualmente si finanzia nei seguenti modi:

  • TOR (Traditional Own Resources): alla UE vanno i dazi doganali sull’import, che sono raccolti dagli Stati Membri i quali trattengono il 20% per i costi di gestione, e i contributi che arrivano dal settore dello zucchero.
  • La UE raccoglie una percentuale (lo 0,3% medio dopo un’opportuna armonizzzione) sulla base IVA degli Stati Membri.
  • Alla UE va una percentuale dello GNI (il Gross National Income, in italiano RNL: Reddito Nazionale Lordo), in una misura che non può superare l’1,23%, di ogni Stato Membro;
  • Attraverso altre fonti di finanziamento, come gli avanzi dei bilanci precedenti, gli interessi bancari, le multe, gli interessi sui pagamenti arretrati, le contribuzioni di paesi extra-UE ai programmi europei e così via.

Questo grafico mostra quanto valgono le singole componenti di finanziamento nelle risorse complessive:

EU Budget Composition
Come si vede, la parte maggiore è rappresentata dalle contribuzioni sui redditi nazionali lordi dei singoli stati membri.

Ma il criterio della proporzionalità assoluta non vale per tutti gli stati membri: ci sono un certo numero di “correzioni” per alcuni paesi le cui contribuzioni sono considerate eccessive. La più famosa è quella del 66% per il Regno Unito, che è permanente. Ma poi, per esempio, c’è anche la Germania, cui tra il 2007 e il 2013 è stata scontata una quota di contribuzione IVA per lo 0.15%, insieme a Olanda (0.1%), Austria (0.225%) e Svezia (0.1%) perché considerate “contribuzioni eccessive“. E siccome questi sconti speciali impattano sulla riduzione del 66% al Regno Unito, quest’ultimo viene rimborsato di una quota pari al loro finanziamento. Non solo, tra il 2014 e il 2020 l’Olanda beneficerà di 695 milioni di euro di sconto sulla quota dovuta in base al Reddito Nazionale Lordo, la Danimarca di 130 milioni, la Svezia di 185 milioni e l’Austria di una quota progressiva che partirà da 30 milioni e scenderà a 10 nel 2016.

In virtù di queste “correzioni”, se consideriamo il reddito pro capite di ogni singolo stato membro nel 2013 e lo paragoniamo alla percentuale effettiva di contribuzione alle entrate dell’Unione Europea, salta fuori questo grafico:

GNI per Capita VS National Contributions 480

Come si può vedere, l’Italia ha un 1% di contribuzione sul suo reddito e la Germania meno dello 0,9%, nonostante il reddito pro capite tedesco sia stato di circa 10mila euro superiore.

Grafici inventati o presi da fonti discutibili, frutto di calcoli errati? No, dati pubblicati dal primo rapporto della Commissione di Mario Monti, il First Assessment Report, che deve valutare come finanziare la UE superando il meccanismo attuale. Wolfgang Schäuble, il ministro delle finanze tedesco, manco a dirlo vuole un super commissario europeo, un vero e proprio Ministro del Tesoro della UE, ancora una volta non eletto da nessuno, mentre dalla Commissione Europea fanno sapere che “l’idea di una eurotassa è interessante e vale la pena esplorarla“, come riporta questo articolo del Corriere della Sera di oggi.

Padoan Serve Unione Fiscale

Sulla scia di Eugenio Scalfari, che dalle pagine di Repubblica ci fa sapere checessioni di sovranità urgono, politiche ed economiche“, anche il nostro Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan(ex direttore esecutivo FMI) ammonisce che “serve subito l’Unione Fiscale” (per poi tentare di indorare la pillola sostenendo che ci vuole anche un Parlamento europeo meno inutile).

La strada è segnata: la “banda dei cinque” ha deciso come e quando si prenderanno ogni residuo della nostra sovranità. Resta solo da vedere se, dopo la Grecia, i popoli glielo lasceranno davvero fare.

Nota: considerando che i popoli pensano solo a riempirsi la pancia, non vedo chi possa opporsi

 

 

Come ci vogliono gli USA

Fonte: Limesonline
Fonte: Limesonline

di Giulietto Chiesa.

Chi dominerà il prossimo decennio? Il Rapporto di Stratfor Global Intelligence, intitolato “Decade Forecast: 2015-2025” (“previsioni per il decennio 2015-2025”, ndt) è decisamente interessante. Ma più che per le sue previsioni – alcune delle quali ragionevoli, altre assai meno – lo è nella misura in cui riflette il modo di pensare il mondo dei gruppi dirigenti americani. Sicuramente di una parte rilevante di essi.
Leggendolo con attenzione viene subito da pensare che nessuno dei suoi estensori conosca, nemmeno per sentito dire, il fondamentale saggio di Arnold Toynbee, “Il Mondo e l’Occidente”. Infatti non sembra esservi dubbio, per loro, che gli Stati Uniti resteranno la forza dominante, anche se “non più onnipotente”, del pianeta. E non solo nel decennio che si è aperto – il che è probabile, ma non certo – ma perfino molto più in là. Questo non è scritto, perché i ricercatori ci tengono alla delimitazione temporale da loro scelta, ma è implicito nel procedere logico e metodologico che permea lo stile dell’analisi. Ci tornerò sopra tra poco ma, per intanto, mi piace rilevare un altro dato: Stratfor, a distanza di otto anni, continua a ritenere che, nel 2008, la Russia «invase la Georgia».
Davvero singolare, per studiosi che presumono di fare prognosi per il futuro, scoprire che non conoscono il passato recente.

Leggi tutto su: http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=116869&typeb=0

 

Come ci scalderemo domani?

Se evitare la monopolizzazione del mercato dell’energia appare una normale procedura di funzionamento all’interno di un mercato comune, le dichiarazioni di Bruxelles che hanno etichettato la Gazprom come unica compagnia commerciante in esclusiva è un falso propinato per accrescere un’avversione nei confronti di Putin.
A palesare tutta l’inconcludenza politica della Comunità europea è inoltre la mancanza di una seria alternativa al gas russo. Dopo aver fallito lo scorso anno nel progetto del Nabucco, gasdotto voluto per sostituirsi proprio alle dipendenze di Mosca, l’Unione Europea si ritrova con un intero blocco di sanzioni contro la Russia che, paradossalmente, colpirà maggiormente le economie dei propri Paesi membri.
Escludendo un dialogo con l’Iran per questioni politiche, mentre invece Mosca ha da poco firmato con Teheran un accordo commerciale sullo scambio di petrolio iraniano per beni industriali russi ed accettato investimenti nel settore nucleare iraniano, le forniture provenienti dal Nord Africa o dal Golfo Persico sono insufficienti per il fabbisogno richiesto.
L’àncora di salvezza viene al momento confermata dalla Trans Adiatic Pipeline e dal Gasdotto Trans-Anatolico che, sempre Bruxelles, sta cercando di sponsorizzare con evidenti difficoltà nella regione dei Balcani.[…]

Il piano di Putin rimane fermo nell’idea di costruire un South Stream ma con un percorso alternativo rispetto a quello precedente. Ciò indurrà la Russia a rifornire la Turchia del 20% della sua energia, che si aggira intorno ai sessantatré miliardi di metri cubi di metano, mentre la restante parte verrà ricondotta nuovamente nei Balcani.

Il nuovo percorso del gasdotto permetterà alla Russia non solo di superare lo stallo imposto dalle sanzioni di Bruxelles ma, fattore ancora più importante, di aggirare Paesi ostili come Romania ed Ucraina e regimi politici definiti «non sovrani» come quello bulgaro.

Sicuro della dipendenza energetica dell’Unione Europea, il gas ricondotto nei Balcani dalla Turchia rappresenterà un risultato geopolitico non indifferente. La Russia, superando lo stallo delle sanzioni, avrà l’occasione di sostituire Francia e Germania nel ruolo di Paese strategico per la regione balcanica; i vari processi di avvicinamento a Bruxelles di alcuni Paesi, come ad esempio la Serbia, potrebbero perciò ridisegnare una nuova sconfitta per l’Unione Europea a vantaggio dell’ “Orso russo”.

estratto da http://www.eurasia-rivista.org/il-blocco-del-south-stream-e-la-vittoria-di-putin-contro-le-sanzioni/22032/

Meglio saperlo

L’articolo era al link
solo che il sito ha una politica pubblicitaria nefasta: come si fa a doversi sorbire una pubblicità di 16 secondi prima di poter leggere se c’è un rischio concreto che scoppi una guerra nucleare!
Ovviamente noi ci auguriamo caldamente che questo non succeda, però, visti i precedenti e visto che l’Europa è gestita per conto terzi, uomo avvisato, mezzo salvato.

 

“Da molto tempo i piani degli Stati Uniti prevedono un cambio di regime in Russia, mirando a colpire il governo sovrano indipendente del proprio principale antagonista eurasiatico.
Washington vuole insediare un governo fantoccio filo-occidentale con una rivoluzione colorata o con la guerra. Le ambizioni egemoniche statunitensi minacciano la pace nel mondo e mai come oggi, dagli eventi che precedettero la seconda guerra mondiale, la situazione è stata tanto pericolosa. L’economista e analista politico Mikhail Delyagin prevede una massiccia provocazione anti-russa: esprimendo le sue opinioni su Radio Pravda, ha affermato che «cose e dati riconducibili a un’unica matrice […] costituiscono per tutti una gravissima minaccia».
L’Ucraina è un pretesto, una piattaforma NATO manovrata dagli Stati Uniti, un anomalo e criminale regime neonazista messo al potere da Washington.
Economicamente in bancarotta, senza nessuna legittimità, dipendente da aiuti esterni per sopravvivere, l’Ucraina è la più recente colonia americana.
A comandare è una politica di controllo, quel che dice Washington va bene. Il regime fantoccio di Kiev riverisce e obbedisce, altrimenti è sostituito e una rivoluzione colorata 3.0 ne insedia un altro.
«Perché è successa la crisi ucraina?», si è chiesto Delyagin. «Qual è la ragione principale? Perché gli americani vi sono stati così profondamente coinvolti?»
Perché Washington, la Cina e l’UE sono i «tre (più importanti) attori a livello globale», dice Delyagin. Distruggere «la cooperazione dell’UE con la Russia elimina quest’ultima come partecipante indipendente nella competizione globale, che è ciò che vediamo oggi», lasciando l’America e la Cina come i due restanti giocatori dominanti al mondo, fra i quali esiste una «vera guerra fredda».
In Ucraina c’è una guerra calda. Il commercio tra l’Unione Europea e la Russia è importante: Delyagin crede che il sentimento europeo favorisca «relazioni non basate sull’arroganza».
Washington vuole uno «strappo» della Russia dall’Europa che per il momento non è riuscito: non è riuscita la provocazione false flag del volo MH17, con la quale la Russia non aveva nulla a che fare e nemmeno i separatisti filorussi del Donbass, combattenti per la libertà. Il responsabile è stato semmai il fuoco del cannone di un aereo da guerra ucraino Sukhoi-25.
Dati radar e satellitari verificabili hanno mostrato la traiettoria del volo MH17 prima della distruzione; i fori penetrati nella fusoliera erano compatibili con i colpi di cannone.
«Il seguito sta arrivando», ha detto Delyagin: «Ci sarà un’altra provocazione […], siamo in possesso di alcune informazioni indirettamente confermate dall’Occidente che dicono che l’esercito Ucraino “continuerà (una falsa) offensiva fingendo di attaccare e i soldati svolgeranno una massiccia preparazione di artiglieria”.» Poi «una testata nucleare tattica esploderà nella zona dell’offensiva dell’esercito ucraino».
Ingiustificatamente, forse inutilmente, la Russia sarà considerata responsabile. Solo l’America ha finora usato armi nucleari: farlo di nuovo «non è così difficile», ha detto Delyagin.
Scorie radioattive sono immagazzinate nel porto estone di Paldiski. Guidata dagli Stati Uniti, la NATO «ha presumibilmente consegnato un carico (radioattivo)», non «rifiuti da smaltire».
«Il sistema va in questo modo», ha detto Delyagin: «Non essendo in grado di dimostrare la responsabilità della Russia per il volo MH17, spiegheremo a tutti che i maledetti barbari russi hanno usato armi nucleari contro l’indifeso esercito ucraino».
Putin verrà incolpato perché nessuno in Russia «può schierare un’arma nucleare tattica senza l’ordine diretto del comandante supremo».
Qui si tratta di distruggere le relazioni tra la Russia e l’Unione Europea, interrompere il commercio, recidere i normali legami politici, addirittura bloccare i mezzi d’informazione russi nei paesi occidentali e in Giappone.
«Dato l’infinito cinismo dei nostri cosiddetti “colleghi” americani,non c’è nulla di troppo scandaloso che resti fuori dai loro intrighi, perfino esplodere un ordigno nucleare, azioni criminali sotto falsa bandiera per incolpare la Russia, un 11 settembre sotto steroidi troppo muscolare per essere ignorato, con nessuna prova da fotografare per l’indagine giudiziaria, diversamente dal volo MH17, «per dimostrare che non siamo noi».
Finora i tentativi di incolpare la Russia per le condizioni della crisi ucraina sono falliti. La prove, o la loro mancanza, hanno smentito le dichiarazioni occidentali .
«Un’esplosione nucleare è diversa», ha detto Delyagin: «Non lascia impronte. Magari prima di Natale, uno shock per la sacra festività.»
Delyagin aveva predetto il colpo di stato dell’Ucraina: se lo aspettava lo scorso febbraio, il primo giorno delle Olimpiadi invernali di Sochi; è venuto alla fine, due settimane più tardi, il 22 febbraio. È da vedere se Delyagin ha ragione o torto su una false flag nucleare: per i folli di Washington tutto è possibile.
L’impensabile potrebbe seguire agli incidenti nucleari di massa: forse isolare con successo la Russia e poi dirigere lo scontro tra Est e Ovest.
Il conflitto lancerebbe una guerra nucleare che decenni di deterrente “MAD” (distruzione reciproca assicurata) hanno evitato, ma forse non più: resta da vedere, non per molto, se si dimostra corretto lo scenario prenatalizio di Delyagin.
Domenica scorsa il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha incontrato John Kerry a Roma, è stato il loro diciassettesimo incontro di quest’anno senza risolvere niente: Washington scarica interamente (sulla Russia) la responsabilità delle condizioni della guerra civile in Ucraina e degli altri conflitti nel mondo.
Il ministero degli Esteri russo ha dichiarato:
«In tema di rapporti bilaterali, Lavrov ha sottolineato che il loro sviluppo è possibile solo sulla base dell’uguaglianza e di interessi reciproci, mentre ogni tentativo di esercitare pressioni sulla Russia non ha alcuna prospettiva.»
Lavrov e Kerry hanno trattato la questione dell’Ucraina: il diplomatico russo ha sottolineato l’importanza del rispetto degli accordi di Ginevra e Minsk, che quelli di Kiev hanno respinto e immediatamente violato su ordine di Washington senza mostrare prove credibili agli osservatori. Ora le condizioni di conflitto restano, ma Lavrov spera altrimenti e dice:
«Nel contesto della situazione nel sud-est dell’Ucraina, l’attuazione coerente degli accordi di Minsk è fondamentale, così come la convocazione di un gruppo di contatto per questo scopo il più presto possibile.»
L’illegittimo presidente oligarca Petro Poroshenko è l’uomo di Washington in Ucraina, un fantoccio di comodo che obbedisce agli ordini a comando con l’intenzione di alimentare la guerra: il suo falso “regime del silenzio” è un inganno fuorviante.
Dice che questo lo aiuta a riorganizzarsi, ad accrescere la forza delle truppe, riarmarsi, ripristinare la prontezza al combattimento, prepararsi per nuovi conflitti agli ordini di Washington.
Le condizioni attuali riflettono la calma prima della tempesta. Resta da vedere se con l’inganno nucleare false flag − un’altra provocazione Usa-Kiev − oppure con un altro pretesto.
Vale la pena ripeterlo: Washington vuole che un governo fantoccio filo-occidentale sostituisca la sovrana indipendenza russa; il suo piano generale prevede la conquista del mondo, perfino a costo di un conflitto nucleare per raggiungere gli obiettivi: è la follia sotto ogni punto di vista.
Un commento finale
Russia Today ha intervistato Mikhail Gorbaciov, l’ultimo leader della Russia sovietica, oggi ottantatreenne, il quale dice che l’America ha bisogno delle riforme di una Perestroika, una ristrutturazione politica, economica e militare.
«Possono chiamarla col nome che vogliono», ha detto Gorbaciov, «non è facile per loro con la società che hanno».
Creano nemici inesistenti, alimentano tensioni, creano instabilità, fanno i prepotenti con le altre nazioni, scaricano le responsabilità.
«Ogni volta che le tensioni sono alte, ogni volta che c’è instabilità in un determinato paese o in tutta la regione, è l’occasione per (Washington) di intervenire», ha detto Gorbaciov.
«Con questa politica ho abbastanza familiarità data dalla mia esperienza», ha spiegato. Crede poi che spetti all’Europa evitare una nuova Guerra Fredda potenzialmente molto più pericolosa dell’altra. La distensione è di vitale importanza quando le cose rischiano di girare fuori controllo innescando un conflitto più grave.
I rischi sono troppo pericolosi per consentire a Washington di assumersi l’intera responsabilità di alimentare il sentimento antirusso: è inaccettabile.
Contemporaneamente, sapendo ciò che sta affrontando la Russia, Gorbaciov crede che ci sia ancora tempo per cambiare le cose.
Washington ha bisogno di nemici, ha detto Gorbaciov, per esercitare «una pressione senza la quale (gli americani) non possono vivere perché sono ancora schiavi dalla loro vecchia politica».
L’Ucraina è il pretesto dell’America per qualunque cosa accada, per la sua politica in cui tutto è lecito, per scatenare un conflitto Est-Ovest che nessun governo responsabile permetterebbe e che per Washington costituisce una priorità volta a perseguire le sue mire egemoniche. Vale la pena ripeterlo: è la follia sotto ogni punto di vista.
di Stephen Lendman.

 

L’invadenza della pubblicità

Andrebbe bandita dagli organi di informazione: come si fa a leggere della possibilità concreta che ci stiamo avviando ad una guerra, dovendo districarsi tra lo spot di Sky e la inderogabile necessità di tenere in ordine il prato!

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=113198&typeb=0

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/07/usa-la-nuova-risoluzione-porta-alla-guerra-contro-la-russia/1255455/

Non è l’Euro il problema

L’Europa divinata da Spinelli, Rossi e Colorni era una Europa di cittadini liberi dal bisogno, dalla guerra e dalla povertà.
Era una Europa in cui l’Economia reale era prevalente su quella virtuale degli “staccatori di cedole trimestrali”.
Era una Europa in cui la finanza speculativa non trova nessuno spazio. Dal Manifesto emerge chiaramente la necessità di dare ai cittadini la sovranità energetica, alimentare, culturale ed economica.
Una Europa in cui si va alla sostanza privilegiando la qualità della vita, il benessere e la felicità degli europei, e non gli interessi nazionalistici dei singoli stati, o peggio ancora, di alcuni potentati finanziari.
In questa logica, la moneta unica,  è solo un punto di arrivo, lo strumento finale di una unificazione politica e economica, processo del quale si fece massimo interprete Jacques Delors.

Quel progetto si è arenato nel 2004 con il fallimento del referendum francese sulla Costituzione Europea. A quel punto andava arrestato anche il processo di unificazione monetaria, ma esso invece andò avanti per ragioni riconducibili agli interessi dei gruppi finanziari che da allora hanno condizionato pesantemente le decisioni dell’UE.

Secondo alcuni per uscirne bisogna tornare indietro agli Stati nazionali e alle monete nazionali. A me sembra che questa soluzione si limiti a rimuovere gli effetti del problema ma non ne tocca le cause.

Il mondo si sta evolvendo verso una globalizzazione che sta “uccidendo” il lavoro, creando quella che gli esperti chiamano “disoccupazione tecnologica” che è la prima causa di quella “Jobless recovery” (ripresa senza occupazione) che fu prevista da Rifkin nel 1995 nel suo “LA FINE DEL LAVORO” e provocò vesti stracciate fra tutti gli ultra-liberisti al di qua e al di la dell’Atlantico. E che oggi si è verificata in pieno, mettendo in ginocchio il capitalismo tradizionale, incapace di andare oltre i limiti da lui stesso creati.

Non è l’Euro il problema dunque, ma l’ultraliberismo selvaggio ispirato alla logica del profitto estremo che controlla i mercati energetici, alimentari e industriali attraverso pratiche oligopolistiche, per battere le quali sono necessarie strategie europee a bassa intensità di capitali, alta intensità occupazionale e costi marginali bassissimi.

Si tratta di ridare ai cittadini la sovranità energetica, alimentare, economica e politica.
La sovranità monetaria è solo una rappresentazione convenzionale di quelle più profonde realtà.
Insistendo su di essa ci si avvita in un falso dibattito che alla fine ci porterà a dipendere sempre più dal petrolio, dal cibo di filiera lunga e da produzioni industriali insostenibili, indebitandoci in monete locali sempre più svalutate.
Mentre invece dobbiamo da subito, insieme a tutti i popoli d’Europa, diventare indipendenti dai fossili, dal cibo industriale di filiera lunga e dalla schiavitù dell’iper-consumismo andando verso cicli di rifiuti virtuosi, cibo locale di filiera corta e di qualità, e una nuova economia della condivisione, sostenibile e dal basso. Questo renderebbe irrilevante la questione monetaria. Questo è lo spirito moderno del Manifesto di Ventotene e sfido chiunque a dimostrare il contrario.

Angelo Consoli

estratto da http://angeloconsoli.blogspot.it/2014/11/a-proposito-del-mondo-nuovo-di-spinelli.html