Ma con un numero di decessi superiore alla media proprio a causa del panico provocato, delle strategie sbagliate di intervento, del collasso dei sistemi sanitari, una vera e propria strage degli innocenti che probabilmente non è affatto dispiaciuto a chi era interessato a bloccare la vita sociale, economica e politica in maniera da averne un vantaggio politico ed economico.
Comunque dopo la rivelazione di questa documentazione il portavoce del gruppo parlamentare FDP, Konstantin Kuhle, ha chiesto al comitato per la politica interna del Bundestag di chiarire le azioni del dipartimento di Seehofer.
L’impero americano sta affrontando lo stesso identico problema, ma siccome il dollaro è la valuta di riserva mondiale, verrà semplicemente colpito più tardi.
Ecco perché il Dow Jones Industriale e lo S&P500 sono ai massimi storici nonostante le ultime bordate del presidente Trump nell’ambito della guerra commerciale con la Cina, mentre il tedesco DAX fa fatica a rimanere sui livelli massimi del 2018.
Il Dow Jones risente delle differenze nelle incertezze economiche e politiche tra gli USA e la Germania. Perché…
La notizia importante è che i partner di coalizione di Angela Merkel, i Social Democratici (SPD), hanno appena eletto un nuovo leader che è ostile al governo di coalizione, in quanto attribuisce alla Merkel la colpa del collasso elettorale del suo partito a livello nazionale. Questo mette il futuro politico della Merkel in pericolo o, come minimo, assicura che lei avrà meno controllo su un governo tedesco largamente paralizzato.
Negli ultimi mesi abbiamo visto in generale i mercati tirare un sospiro di sollievo dopo che la FED e la BCE si sono attivate per immettere liquidità. Ma questo intervento non risolve i problemi sottostanti, li rimanda soltanto, gonfiando per qualche altro mese la curva dei rendimenti, in questo caso degli Stati Uniti e della Germania.
Ma l’impulso reflattivo è ora dominante o è una semplice pausa tra crisi, come suggerisce Jeff Snider di Alhambra Partners?
Io propendo per la seconda ipotesi, dato che la FED continua ad accumulare Repo (pronti contro termine, NdVdE) sul suo bilancio, ormai più di 208 miliardi di dollari da settembre, e un’altra operazione Repo di 42 giorni ieri è stato sottoscritta per una quantità doppia dell’offerta.
Certo, potrebbe trattarsi di semplici trucchetti da fine trimestre, ma perché? E ci chiederemo le stesse cose quando questi Repo da 42 giorni scadranno a fine gennaio?
La vera domanda è che cosa sta spingendo le banche USA ad aver bisogno di così tanti dollari per mantenere liquidi i mercati. E perché tutti si sentono agitati dalla mancanza di dollari.
La risposta è che tutti si aspettano la stessa cosa, che qualcosa cambierà in maniera decisa, e quando lo farà tutti vorranno dollari, non euro, non sterline, yen o yuan
L’economia tedesca sta rallentando, lo fa da più di un anno.
E quando l’impulso reflattivo finirà, i mercati che non hanno toccato i massimi storici saranno molto più vulnerabili a un collasso. L’impero mercantilista multigenerazionale tedesco ha raggiunto il suo zenith. Non può più spingersi oltre senza cedere terreno politico al resto d’Europa o abbandonare proprio quella cosa che ha creato l’impero fin dall’inizio: l’euro.
Ecco il problema principale che sta al cuore del progetto europeo. E non può essere nascosto ancora a lungo.
Nel sistema hitleriano, è la Banca centrale di Stato che fornisce agli industriali i capitali. Non lo fa aprendo fidi, ma creando cambiali – più precisamente tratte – garantite dallo Stato, emesse da una impresa fittizia Metallurgische Forschungsgesellschaft m.b.H, gli effetti MeFo: “garantite” vuol dire che un detentore di effetti MefFo poteva chiederne lo sconto – il rimborso -alla REichsbank, che avrebbe dovuto stampare moneta creando inflazione, Di fatto, le imprese non chiederanno mai il rimborso, anche perché gli effetti MEFo rendono un interesse del 4%, e se li scambieranno come fossero moneta contante. Dei minibot o piuttosto mega-bot a circolazione interna.
Lo Stato, dal canto suo, pagava con questi effetti le commesse pubbliche che ordinò con grande lena alle imprese private : a cominciare dalla autostrade, impiego all’epoca innovativo. Ciò mise in moto il circolo virtuoso:
“All’origine, gli ordinativi dello Stato forniscono domanda di lavoro, nel momento in cui la domanda è quasi paralizzata e il risparmio inesistente; la Reichsbank fornbisce i fondi necessari agli investimenti [con gli effetti MeFo]; l’investimento mette al lavoro i disoccupati; il lavoro crea dei redditi, e poi dei risparmi, grazie al quale il debito a breve precedentemente creato può essere finanziato(ci si possono pagare gli interessi) e in qualche misura rimborsato
(Così l’economista britannico C.W. Guillebaud, “The Economic Recovery of Germany, 1933-193 – Londra 1939)
Con questo denaro creato dal nulla a beneficio del popolo anziché dei banchieri, la Germania è il solo paese che prospera nel gelo della recessione mondiale. La massa salariale passa dai 32 miliardi di marchi nel 1932, a 48,5 nel 1937. I consumi alimentari aumentano (dai 42 chili di carne a testa nel ’32 si passa a 45, 9 nel ’37) E ciò senza inflazione: l’indice del costo della vita, pari a 120,6 nel ’32, è salito nel’37 a 125,1. E senza tassazione: il prelievo fiscale complessivo sul reddito nazionale del Reich è tale, da far gridare d’entusiasmo se lo realizzasse un governo liberale e democratico: 27,6%.
Ora, è evidente che gli Effetti MeFo furono un debito pubblico mascherato, che non appariva nei bilanci e dunque non cadeva sotto la damnatio del dogma liberista. Ma come ha fatto Schacht ha far dare i salari a 7 milioni di operai, senza stampare moneta?
Schacht a Norimberga rispose: se la recessione mantiene inoccupate lavoro e lavoratori, officine, materie prime disponibili, doveva esserci anche del capitale parimenti inutilizzato nelle casse delle imprese.
Col senno di poi, possiamo veder quanto aveva ragione: l’Italia deperisce sotto l’austerità europea, mentre centinaia di miliardi dei risparmiatori restano nelle banche inutilizzati e retribuiti a tasso negativo, (o sotto i materassi) per mancanza di impieghi produttivi in cui investirli.
“Se, in uno Stato in debito, e, in uno “stato di debito”, i governi hanno raggiunto un equilibrio tra le richieste rivolte loro da due costituenti – cittadini ( Staatsvolk ) e mercati finanziari internazionali ( Marktvolk ) – lo stato di consolidamento risolve il conflitto a favore dei mercati internalizzando risolutamente il primato degli impegni finanziari-contrattuali dello stato nei confronti dei suoi creditori rispetto a qualsiasi impegno politico-pubblico nei confronti della sua cittadinanza. Lo stato di consolidamento europeo richiede disciplina collettiva in tutta l’area dell’euro: tutti i membri devono acconsentire, poiché una percezione negativa da parte dei mercati finanziari del rischio di un membro può avere ripercussioni per il resto”.
Bisognerà dunque subire questa nuova forma di barbarie tedesca, cieca ed estranea a tutto ciò che è classico, piena d’invidia per ogni forma apollinea e alleata al più potente vizio tedesco, l’avarizia?
Ma naturalmente, non basta ancora: Oltre alla morte per inedia dei greci, alla messa in svendita delle antichità, la Germania (con la Francia) ha anche estratto una turpe creste, un furto con cui si sono arricchite a spese ulteriori della miseria di quel popolo.
Avvenne prima che Draghi attivasse la “stampa”, il quantitative easing,con un programma simile, chiamato SMP: “Trra maggio e giugno 2010, la Banca centrale europea ha acquistato circa 40 miliardi di euro di debito greco attraverso il programma SMP. Il punto era che all’epoca tali obbligazioni venivano scambiate sul mercato dal 30% al 40% del loro valore nominale. In altre parole, la BCE ha acquistato un pacchetto di obbligazioni per € 30 sapendo che alla fine avrebbe ricevuto € 100.
“Da lì in poi, ogni volta che la Grecia rimborsava il suo debito pubblico, la BCE ha accumulato profitti sostanziali. Tutti i profitti ricavati dalle operazioni di politica monetaria da parte delle banche centrali nell’Eurozona vengono prima raccolti dalla BCE, che può conservare fino al 20% degli utili per costruire le proprie riserve. Ciò che rimane viene poi ridistribuito a ciascuna banca centrale nazionale in base ad una percentuale più o meno proporzionale aella dimensione di ciascuna economia nazionale. A loro volta, le banche centrali nazionali restituiscono parte del denaro ai rispettivi governi. La Germania, con la Francia, le più “grosse” economie, e insieme la BCE, hanno lucrato dalla Grecia anche questa cresta speculativa – sui 13 miliardi. Che mai hanno restituito.
E’ questa bassezza, questa distruzione di tutto ciò che è caro ai cuori nobili, il lo splendido passato europeo, questi mostri cadaverici della barbarie osano chiamare “Europa”
Con usura
Con usura nessuno ha una solida casa
di pietra squadrata e liscia
per istoriarne la facciata,
con usura
non v’è chiesa con affreschi di paradiso harpes et luz e l’Annunciazione dell’Angelo
con le aureole sbalzate,
con usura
nessuno vede dei Gonzaga eredi e concubine
non si dipinge per tenersi arte
in casa, ma per vendere e vendere
presto e con profitto, peccato contro natura,
…
Usura uccide il figlio nel ventre
Arresta il giovane corteggiatore
Ha portato il decrepito a letto, lo ha posto tra il giovane sposo
Ora, dunque, se il primo gennaio 2019 la Germania continuerà a bruciare carbonella nonostante le promesse della sua Kohleausstiegskommission, siamo sicuri che Bruxelles avvierà la procedura d’infrazione contro Berlino per inquinamento delle popolazioni circonvicine. Siete sicuri? Noi si. Ma se la sciatica di cui Juncker soffre gli impedisse di agire a difesa di valori europei, ci permettiamo d suggerire al professor Paolo Savona, ministro appunto agli affari europei, di esigere l’apertura della procedura d’infrazione verso Berlino. Causa in cui, siamo certi, avrà l’appoggio pieno e totale del capo dello Stato, tanto intransigente in europeismo da non riconoscere come legittimo il vigente governo in quanto meno devoto ai dogmi di Maastricht.
Mattarella , da europeista, fremerà di sdegno ad apprendere che la Germania, per recuperare il terreno e adempier agli Accordi di Parigi come ha promesso di fare e per cui ha sgridato l’inadempiente Trump, dovrebbe spendere 2,3 trilioni di euro, ossia 2300 miliardi, da qui al 2050. Cosa su cui persino Die Welt esprime una certa incredulità.
Perché, guardiamoci in faccia: a cosa si riduce l’egemonia tedesca? Come sta operando la sua leadership?
Sulle emissioni inquinanti, ha violato i suoi stessi impegni.
Per rendere l’Europa a prova di crisi finanziarie e monetarie, nessuna iniziativa ha preso.
Nessuna idea ha concepito per combattere le ineguaglianze sempre più scandalose.
Nessun piano per affrontare la crisi demografica ed educativa, per la quale in Europa (a cominciare proprio dalla Germania) i giovani sono meno istruiti dei loro genitori, ricetta sicura di arretramento della civiltà.
L’accoglienza agli immigrati, vogliamo parlarne? Dopo averli invitati a milioni ed aver preteso sanzioni contro tutti i paesi vicini che non li accolgono come dice lei, la Merkel – constatato che la questione migranti toglieva voti alla CDU e ne portava alla AfD – ha emanato successivamente tre leggi , sempre più regressive e meno accoglienti, e sempre più limitanti i diritti degli immigrati e volte qa scoraggiare i nuovi arrivi.
Alla fin fine, la leadership, ossia la funzione-guida, della Germania sembra ridursi alle sue ossessive lezioni minacce e sanzioni sul debito dell’Italia e della Grecia.
Il presidente Mattarella avrà certo modo di contestare questo scarso europeismo di Berlino – ci vuole Più Europa, perdio! – ed esigere che almeno, la Germania copra le sue miniere a cielo aperto come l’Ilva copre le montagne di carbone e ferrite nei suoi piazzali, per volontà dei nostri ecologici 5Stelle. Sono costi, si sa. Ma per questo meritano sanzioni gli inadempienti. Anche i nostri no-Tav e No-Tap dovrebbero muoversi. Altrimenti cosa resta dei valori europei ? Ah sì, le sfilate del gay pride.
“Ottanta anni fa, il 30 settembre 1938, venne firmato uno dei più famosi documenti diplomatici nella storia dell’umanità, l’accordo di Monaco.
In questo articolo scopriremo come dietro la firma di quell’accordo si celava la strategia franco-britannica, consistente nell’indirizzare l’aggressività di Hitler verso l’Unione Sovietica. Risulterà evidente il motivo per cui questa strategia è praticamente ignorata dai testi di storia delle scuole occidentali. Soffermarci a riflettere sugli eventi di 80 anni fa è utile in questo momento in cui contro la Russia si conduce una implacabile guerra psicologica e continuare ad ignorare quanto accaduto nel recente passato è più che un errore.
La domanda che dobbiamo porci è: chi ha liberato Hitler dalle “catene di Versailles”? La risposta risulterà chiara nel proseguo della lettura: la responsabilità fu della Gran Bretagna e della Francia.
Infatti alla fine della prima guerra mondiale furono firmati i trattati di Versailles e di Saint-Germain in base ai quali la Germania, in quanto potenza sconfitta, veniva privata di tutti i suoi territori e delle colonie, la maggior parte delle quali passavano sotto il dominio inglese, e inoltre gli fu impedito di disporre di un esercito regolare, di un’aviazione e di una marina militare.
A partire dal 1924, violando apertamente il trattato di Versailles, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna diedero piena attuazione al piano Dawes col quale, mediante ingenti investimenti di capitale a breve e a lungo termine da parte dei monopoli americani con a capo le famiglie Du Pont, Morgan, Rockefeller, Lamont ecc., si mirava alla ricostruzione dell’industria pesante tedesca e del suo potenziale bellico-industriale. Tutto ciò era addirittura stato messo nero su bianco nel trattato di Locarno del 1925, di cui Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti furono i promotori, e col quale praticamente si dava via libera alla Germania di riarmarsi.
Con l’ascesa di Hitler al potere nei primi anni trenta l’economia tedesca venne reimpostata sul piede di guerra. L’economista Hjalmar Schacht, banchiere e politico liberale, nonché co-fondatore nel 1918 del “Partito Democratico Tedesco”, diventò il collegamento fra l’industria tedesca e gli investitori stranieri. A quel punto, anche il mondo commerciale e bancario britannico cominciò a canalizzare importanti donazioni verso il partito nazista: il 4 gennaio 1932 Montagu Norman, governatore della Banca d’Inghilterra dal 1920 al 1944, incontrò Hitler e il cancelliere tedesco Franz von Papen, per stringere un accordo segreto volto al finanziamento di quel partito. Alla fatidica riunione erano rappresentati anche gli Stati Uniti, coi fratelli John Dulles, futuro segretario di Stato e suo fratello Allen, futuro direttore della CIA.
Le prime tracce della strategia franco-britannica risultarono già evidenti subito dopo che i nazisti salirono al potere in Germania.”
Accordo di Monaco e la strategia franco-britannica contro l’Unione Sovietica di Luca D’Agostini
Su Le Monde, una presentazione del documentario di Emil Weiss “Auschwitz Projekt”. Allargando la visuale a tutto il complesso di fabbriche, aziende agricole, centri di ricerca che si estendevano intorno ai noti campi di concentramento, Weiss ci dà un’idea più complessiva del progetto nazista, volto a favorire il dominio delle grandi imprese tedesche fornendo loro manodopera schiavizzata e gratuita.
di Alain Constant, 31 gennaio 2018
Traduzione di Luca Fantuzzi
Da un punto di vista che comprende tutto ciò che si estende oltre e intorno al complesso concentrazionario, Emil Weiss ci permette di comprendere il progetto nazista nella sua globalità
Nessuna musica, solamente il rumore del vento. Riprese aeree, catturate da droni, attribuiscono a questo viaggio sopra l’inferno una sorta di soffice leggerezza. Edifici visti dall’alto e cerchiati di giallo, nero, o rosso per aiutare a comprendere la topografia di questi luoghi, per nulla simili agli altri. Il tutto accompagnato da commenti sobri e testimonianze strazianti (di Charlotte Delbo, Simone Veil, Primo Levi). Questa originale scelta stilistica in termini di montaggio di immagini e suoni, scelta da Emile Weiss, regista di questo eccezionale documentario, non solo non nuoce affatto all’importanza della sua inchiesta, ma anzi ne è il principale punto di forza.
Autore di una trilogia tutta consacrata ad Auschwitz (Sonderkommando Auschwitz-Birkenau, del 2007, Auschwitz prime testimonianze, del 2010, e Medici criminali – Auschwitz, del 2013), Weiss si è recato a più riprese in quest’angolo del sud della Polonia, vicino alla cittadina di Oswiecim (Auschwitz in tedesco). “Una volta terminata la trilogia che descrive l’annientamento, ho voluto mostrare il progetto nazista complessivo sviluppato ad Auschwitz e nelle zone intorno.Perché ad ogni viaggio che effettuavo in loco si accompagnavano nuove scoperte, che mi hanno spinto a comprendere meglio il funzionamento di questo enorme e labirintico complesso…”.
Aziende agricole, fabbriche, miniere.Se infatti è ben conosciuta la storia dei tre principali campi (la vecchia caserma polacca divenuta Auschwitz 1, il campo di sterminio di Birkenau e il campo di lavoro di Monowitz) esistenti in quella che i nazisti chiamavano la “zona di interesse” (40 km. quadrati di estensione, più o meno), questa documentazione allarga il proprio campo di indagine ad una zona assai più grande. Il complesso industriale di Auschwitz si estendeva – al di là della “zona di interesse” che, oltre ai tre campi, comprendeva anche aziende agricole, fabbriche, miniere, centri ricerca – per una sessantina di chilometri.
La zona della morte si accompagna ad una zona di lavoro intenso, dove i cantieri si susseguono senza fine. Tra il 1940 ed il 1944 vi si costruiscono laboratori di ricerca, fattorie, fabbriche. Alla periferia della cittadina di Auschwitz sono costruiti dei quartieri ultramoderni destinati ad ospitare una popolazione ariana. Perché si tratta, a partire da questa zona geografica, di portare a termine un ampio progetto di germanizzazione dell’Europa orientale.
Per le SS incaricate della gestione dei campi, la zona di interesse si rivela redditizia. Noleggiando alle grandi imprese tedesche installatesi in loco (Agfa, Bayer, BASF, Hoechst [1], Siemens, per citarne solo alcune) i servizi di una manodopera schiavizzata [oggi parleremmo di “somministrazione di lavoro”, N.d.T.], le SS si riempiono le tasche. E lo stesso gli industriali, grazie a queste migliaia di operai o cavie di laboratorio che non costano praticamente nulla. Si stima che la mano d’opera concentrazionaria noleggiata alle imprese ha fruttato alle SS qualche cosa come 20 milioni di marchi nel 1943 ed il doppio nel 1944, cioè a dire l’equivalente di circa 130 milioni di Euro di oggi.
Nelle fabbriche, nelle aziende di allevamento, nelle serre, nei laboratori, migliaia di donne e uomini deportati lavoravano in condizioni diverse da un luogo all’altro. “Noi eravamo lontani da Birkenau. Non ne sentivamo più l’odore. Vedevamo soltanto il fumo salire dai forni crematori”, testimonia Charlotte Delbo, assegnata ai vivai di Rajsko. In questi territori del sud della Polonia, oltre allo sterminio, i nazisti sperimenteranno le loro politiche demografiche, agricole, mediche, scientifiche e industriali.
(Auschwitz Projekt di Emil Weiss – France, 2017, 56 min.).
[1]N.d.T.: Hoechst AG è divenuta Aventis Deutschland dopo la fusione con la francese Rhône-Poulenc SA nel 1999. Con la fusione della nuova società, nel 2004, con Sanofi-Synthélabo, è diventata una filiale del gruppo farmaceutico Sanofi-Aventis.
il tema immigrazione pare sparito dai radar dei media nazionali ma sul territorio, fra le gente che andrà alle urne (o non ci andrà, visto il risultato della partecipazione di Ostia, dove il presidente di Municipio è diventata tale con le preferenze del 18% degli aventi diritto totali), è caldissimo.
A Cona, frazione di Mestre dove sono ospitati quasi duemila immigrati clandestini, la situazione è ormai esplosiva e le risorse fanno il bello e il cattivo tempo, con istituzioni e forze dell’ordine che assistono inermi allo spettacolo di una vera e propria presa di potere sul territorio. L’illegalità è diventata prassi quotidiana del non-convivere civile, il punto di non ritorno verso uno scoppio di esasperazione cresce pericolosamente di giorno in giorno, sottotraccia. Christian Lindner e i suoi avranno detto no a Frau Merkel per evitare questo o per un disegno di disgregazione europea più ampio che tuteli la Germania in vista della prossima crisi, vedi la scelta della Bundesbank di aver rimpatriato con due anni di anticipo tutto l’oro depositato all’estero? Temo che lo scopriremo presto. E, qualunque sia la riposta, non sarà una scoperta né piacevole, né tantomeno indolore.
Ora, analizziamo AfD: dicono che è un partito neo-nazista, o così sottilmente – ad arte – ce lo vogliono fare percepire. Bugia enorme, almeno secondo chi scrive. Ma avete visto il profilo della sua leader, Alice Weidel? Donna, omosessuale, convive con una donna immigrata (dello Sri Lanka, lssia immigrata), ha lavorato per Goldman Sachs ed Allianz, è stata consulente economica in mezzo mondo, parla diverse lingue incluso il cinese. Diciamo che Alice il mondo globalista lo conosce bene.
Insomma, A Voi sembra nazista una così? No, direi anzi che sembra lontanissima dal nazismo. In compenso è realista, di molto. Ma viene attaccata.
Quello che tutti voi dovreste chiedervi è il perchè di questo attacco, con accuse che non hanno nulla a che vedere con il neonazismo. Che invece viene tirato ignobilmente in causa. Queste sono bugie, crasse. Perchè ce le propinano? Chiedetevelo.
E state ai fatti: non fatevi abbindolare dai media, documentatevi, fatevi un’idea (i mass media devono solo essere utilizzati per recepire un fatto accaduto, non per interpretarlo). Cominciate a considerare il fatto che i media – o meglio i loro editori – possono avere interessi a raccontarvi delle balle, già questo sarebbe un traguardo grandissimo.
E poi usate il vostro cervello, che – credetemi – ce l’avete di sicuro anche voi, sebbene non siate abituati ad adoperarlo.
Quest’ultima ora da un lato è il paese più direttamente e tecnicamente controllato da Washington, anche attraverso il giuramento di fedeltà agli USA che ogni cancelliere tedesco presta prima di assumere l’incarico (la Kanlzerakte, introdotta con trattato segreto il 21.05.49 valido fino al 2099); dall’altro lato, si comporta nei confronti dei paesi più deboli, con la sua storicamente costante, aggressiva prepotenza, saccheggiandone le risorse finanziarie e industriali, soprattutto attraverso i prestiti predatori, appoggiata spesso dalla Francia, come ha fatto clamorosamente con Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia. E arrivando persino a cambiare i governi di alcuni di questi paesi. „Erneut zerstört eine deutsche Regierung Europa“, ossia “Nuovamente un governo tedesco distrugge l’Europa”, titola il 13.07.15 in prima pagina Handelsblatt, omologo tedesco de Il Sole 24 Ore, nella sua edizione online (il primo fu il governo Bethmann-Hollweg nel 1914-18, il secondo il governo Hitler nel 1938-45, il terzo il governo Merkel, oggi); e mette in bella mostra gli elmi chiodati del II Reich che distrusse l’Europa (e consentì l’egemonia degli USA) scatenando la I Guerra Mondiale, e scatenandola nel modo più sporco: l’invasione del Belgio neutrale, le stragi di civili innocenti, la distruzione gratuita di centri urbani, l’uso massiccio dei gas mortali.
Secondo Massimo d’Angelillo (La Germania e la crisi europea, Ombre Corte, 2016), la leadership politico economica che la Germania ha assunto de facto all’interno dell’Unione Europea è frutto di una strategia di lungo periodo, che origina negli anni Settanta, quando il collasso del sistema valutario a cambi fissi di Bretton Woods e la crisi petrolifera mettono fine a trent’anni di crescita sostenuta da parte dell’Occidente, producendo inflazione e disoccupazione di massa (stagflazione). La reazione tedesca alla crisi del modello keynesiano fino ad allora dominante va in controtendenza rispetto ad altri grandi Paesi, come Stati Uniti e Gran Bretagna, che si gettano tra le braccia dei leader neoliberisti Thatcher e Reagan con i loro furori antistatalisti e antisindacali e la loro fascinazione per la finanza, mentre si fonda su una nuova visione dell’economia: il keynesismo dell’export, che spinge i governi a concentrare gli sforzi di politica economica sul rafforzamento della posizione commerciale del Paese (p. 119) .
Nel modello del keynesismo dell’export, di cui saranno primi sostenitori i Socialdemocratici guidati da Helmut Schmidt, la crescita del PIL del Paese è trainata dalla domanda estera e non più dalla spesa pubblica come nel keynesismo tradizionale; di conseguenza, servono politiche dell’offerta per incrementare la competitività della manifattura ( investimenti massicci in ricerca, formazione professionale, infrastrutture, energia) e una valuta forte che frusti le imprese a perseguire continui guadagni di produttività attraverso il miglioramento della qualità dei prodotti evitando la scorciatoia del contenimento dei costi (o le svalutazioni del cambio). Il modello tedesco così disegnato dai socialdemocratici sarà in grado di far balzare, in pochi anni, l’incidenza dell’export tedesco sul PIL di ben cinque punti percentuali (dal 18,5% al 23,7%) e di abbattere l’inflazione, sperimentando con successo anche lo strumento della concertazione: un patto tra produttori in cui i sindacati, in cambio di welfare e di maggior potere nella gestione delle imprese, moderano le richieste salariali, mentre gli imprenditori si impegnano a reinvestire i maggiori profitti nel potenziamento dell’azienda. Ciò garantisce la combinazione aurea tra crescita economica e coesione sociale, vanto del Modell Deutschland.
Durante il lungo cancellierato del democristiano Helmut Kohl (1982-1998), la Germania intensifica la sua forza competitiva grazie all’apertura dei mercati dell’Est (compreso quello dell’ex Repubblica democratica tedesca, DDR) e alla costruzione del mercato unico europeo e dell’euro. I grandi gruppi tedeschi dell’auto e della meccanica possono così accedere ad una vasta rete di subfornitori a bassi costi e alte qualifiche in Paesi come Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria; mentre con l’istituzione della moneta unica e i vincoli alle finanze pubbliche previste dai Trattati europei vengono impedite svalutazioni competitive di cui si avvantaggiavano, in precedenza, paesi come l’Italia, che rosicchiavano per questa via quote di mercato alle imprese tedesche. Tuttavia, i costi economici e sociali dell’unificazione valutaria e politica della Germania (avvenuta il 3 ottobre 1990) sono rilevanti per l’est tedesco, in termini di elevata disoccupazione, emigrazione, deindustrializzazione e questo falsa le statistiche medie aggregate, facendo parlare a torto di declino dell’intero Paese ( “Germany:The sick Man of Europe”, titola l’Economist nel 2005).
Herlinde Koelbl – Gerhard Schroeder, Cancelliere dal 1998 al 2005
La strategia del keynesismo dell’export si fa così più aggressiva, questa volta puntando sul contenimento dei costi: salari diretti, indiretti (welfare) e differiti (pensioni). Se ne fa carico il cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder con il pacchetto di riforme “Agenda 2010″, che crea un mercato del lavoro a bassi salari e basse tutele per un quinto dei tedeschi (soprattutto giovani e donne del terziario, con più alta incidenza nella Germania orientale) e riforma lo Stato Sociale, tagliando entità e tempi di fruizione dei sussidi di disoccupazione e inasprendo le condizioni per mantenerli. A seguito di queste politiche di severa riduzione della domanda interna, il peso dell’export sul PIL tedesco cresce, durante il periodo 2002-2012, di dieci punti percentuali, facendo della Germania il primo esportatore mondiale nel 2006 (poi superato dalla Cina nel 2010) e il terzo paese al Mondo per incidenza dell’export sul PIL, dopo Vietnam e Corea del Sud (paesi con un peso demografico che è però inferiore a quello tedesco). Il surplus commerciale tedesco (differenza tra esportazioni e importazioni) esplode dal 2002, anno d’ingresso dell’euro, passando dal 1,9% al 8% del PIL in soli tredici anni[1]; la liquidità ottenuta dalla vendita delle proprie merci viene investita in titoli di stato della periferia europea, lucrando sui maggiori differenziali nei rendimenti rispetto al Bund, o vanno a sostenere, via intermediazione bancaria, le bolle immobiliari dei paesi del Sud Europa, fino allo scoppio della crisi finanziaria del 2007 e quella dei debiti sovrani dei PIGS nel 2011.
Herlinde Koelbl – Angela Merkel, Cancelliera dal 2005
Siamo giunti così all’attualità. Il governo conservatore Merkel-Schäuble svela il cuore di tenebra di un Paese che continua a far leva su surplus commerciali insostenibili – specchio di un cronico eccesso di risparmio privato rispetto a consumi e investimenti – e a porsi nel ruolo del creditore intransigente nei confronti dei paesi del sud europeo, costretti a un commissariamento di fatto dei loro governi (vedi i casi eclatanti di Grecia e Italia) e sottoposti a una terapia shock a base di tagli di spesa e deflazione salariale. Con conseguenze devastanti: dal 2009 al 2014 l’Eurozona subisce una decrescita del PIL dell’1% e una crescita della disoccupazione di 3 punti percentuali, mentre gli Usa crescono del 7,8%, il Giappone del 2%, la Cina del 52,7%. Scandalose disuguaglianze e povertà dilaniano le società europee, in primis quella tedesca. La cura dell’austerità, pur aggravando la malattia, viene comunque portata avanti per regolare i conti all’interno dell’Eurozona. Sta per avverarsi il sogno di Schäuble : l’Europa come “Sacro romano Impero della Nazione Germanica”, nella tacita connivenza di una sinistra europea (a cominciare dalla socialdemocrazia tedesca ) che ha rinnegato Keynes e le politiche della domanda pubblica (W.Münchau) per puntare tutto sulle riforme strutturali (liberalizzazioni, deregolamentazioni, privatizzazioni) e la retorica della “competitività”. Conclusione: “si ritiene che possa valere per tutta l’Eurozona quel modello di keynesismo dell’export che aveva funzionato così brillantemente in Germania. Dimenticando che i successi della piattaforma esportativa tedesca erano stati costruiti in almeno trent’anni, e comunque erano stati affiancati da lungimiranti e coerenti politiche industriali e sociali. I successi del Made in Germany erano costruiti gradatamente facendo leva sulla qualità dei prodotti, mentre ora i paesi in difficoltà vengono invitati brutalmente a competere abbassando costi e salari, cioè facendo leva soltanto sui prezzi, in modo repentino e socialmente insostenibile” (p.212).
Federico Stoppa
Editing grafico a cura di Edna Arauz
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Una collusione Cancelleria-Deutsche Bank, una omertà fra tedeschi e Bundesbank, che chiamarla “mafia” è dir poco. Ci hanno trascinato nella deflazione, il che rende ancor meno possibile pagare servire i debiti; ma nulla servirà. Quei soldi sono perduti. Lo si vedrà quando la deflazione si aggraverà ancora un po’: li avete perduti, tedeschi. Gollum, non hai più “Il tuo tessoro”. Basta che succeda qual cosina, e i derivati in pancia alla Deutsche, ti prosciugano in un lampo l’intero Pil tedesco.
Ora, viene da dire che se avessero “trasferito” i soldi agli altri paesi europei, se avessero”messo i debiti pubblici in comune”, i loro soldi sarebbero stati impiegati meglio: perché si trattava di una forma di finanziamento alla clientela. La crescita degli altri avrebbe aumentato virtuosamente il benessere tedesco. Invece hanno volto”tenersi tutto”, hanno voluto ammucchiare, non fare parte a nessuno. Capisco che la cifra può far paura: Sapir ha calcolato che per fare dell’euro una zona monetaria reale, i paesi del Nord dovrebbero trasferire dai 280 e 320 miliardi l’anno ai paesi del Sud, e la Germania dovrebbe sostenere l’80 della spesa, ossia tra l’8 e il 12 per cento del Pil. Ma quanto del Pil tedesco ha dilapidato la sola Deutsche Bank, per tacere delle altre banche germaniche che si sono fatte spennare al casinò di Wall Street? Senza produrre sviluppo? Se solo i tedeschi avessero condonato il debito ai greci (una trentina di miliardi, una briciola per il loro “tessoro”) staremmo tutti meglio, forse la UE non avrebbe crisi; e loro ci avrebbero guadagnato vendendo più VW e BMW a tutti noi. No,i loro banchieri hanno voluto i soldi indietro: il risultato è che ci sono costati 300 miliardi, e la Grecia è in rovina.
San Bernardino da Siena – il più grande economista del Medio Evo – insegnava (nelle sue prediche ai fiorentini, in mano ai loro banchieri) –che a forza di “ragunare”, ossia di accumulare con l’usura, di non dare agli altri, il denaro si sarebbe trasformato in quello che in fondo : in sterco del dimonio. Senza valore, perché il valore non sta in esso, ma nello scambio e nel consumo.
Ma l’Europa oggi è laicamente lontana da queste “superstizioni”. Noi laicissimi e razionali, mettiamo i sold in banca e crediamo che siano davvero lì, a nostra disposizione. Mica siamo superstizioso, noi. L’oro accumulato diventa sterco del demonio?! Ma non fateci ridere! Noi siamo al servizio di Bundesbank, del popolo Gollum. La gretta tirchieria germanica che ci ha rovinato, è per noi una virtù, un modello.