Il saccheggio

Non ci vuole tanto per capire che l’immigrazionismo è un fatto ideologico voluto dalla finanza apolide internazionale per terminare il bel lavoro che hanno fatto sul nostro paese: spossessarci dell’IRI e del comparto industriale nazionale, per sostituire quello che sarebbe stata la multinazionale di stato più ricca del mondo entro il 2023 – dixit studio dell’OCSE – con le altre sorellastre, quelle private, oberarci di sensi di colpa per avere secondo la stessa ideologia “speso troppo” negli anni 70 e 80, ucciderci i personaggi di spicco che davano fastidio, Mori, Mattei, Falcone e Borsellino, tra i più insigni, e così via dicendo adesso tocca a piccoli commerci, artigiani, proprietari e tra un po’ toccherà a notai,  liberi professionisti e a tutti coloro che sono considerati “privilegiati”, parlamentari compresi, alla fine divoreranno anche i magistrati,  molti dei quali complici della finanza e dell’immigrazionismo, pensano che loro “se la caveranno”.

Comunque sia, quello a cui abbiamo assistito oggi è propaganda in atto. Ai piani alti, all’UNHCR hanno deciso che noi – Italia- “per denatalità” abbiamo “bisogno” di importare circa 400000 immigrati l’anno, scritto nero su bianco in tutta una serie di papers, studi e documenti prodotti negli anni! Invece di pensare a incoraggiare la maternità, gli asili nido, la domanda interna, il pil, e tutte quelle misure da noi considerate l’abc per rilanciare la crescita, no, costoro pensano di strozzarci di austerity e poi di riempirci di africani, cinesi ecc, che a loro volta scappano – o provengono – da paesi che crescono al 6% ma di cui non possono godere appieno – perché a goderne devono essere i coloni –  affinché noi che cresciamo allo 0.2% cediamo ancora gli ultimi “schifosi” privilegi che ci rimangono per essere nati bianchi e nella parte “ricca” del mondo, che poi sono i diritti basilari dell’uomo, una casa, un lavoro, una pensione, vitto, salute, istruzione, maternità, che noi avevamo ereditato corredati di un patrimonio messo in valore dai  nostri avi.

Tutto questo perché a chi sfrutta l’Africa, e la sfrutterà sempre di più, fa piacere che alcuni paesi africani  vengano svuotati demograficamente, due piccioni con una fava si possono colonizzare meglio facendone scappare i giovani e la classe media europea abbassa la cresta, non rischierà di andare a fare, diciamo così, competizione con l’elite del mondo. Poi con l’ECO la nuova valuta che sostituirà il franco CFA, e che toglie le riserve alla Francia, significa solo che l’elite francese si prende la torta per sé e invece di cederla al Tesoro francese – come avviene da 75 anni – e quindi putativamente al popolo francese,  la suddividerà direttamente con i suoi amichetti sinorotschildiani, visto che l’ECO sarà agganciato a un paniere di valute di cui il remnimbi.

Immigrazione e capitale

Pubblichiamo la traduzione dell’importante articolo di Maximilian Forte su Zero Anthropology – già segnalato da Alberto Bagnai su Goofynomics – in cui l’antropologo italo-canadese analizza impietosamente la svolta storica cui stiamo assistendo: la scomparsa della sinistra dal panorama del futuro. Concentrandosi sul caso degli Stati Uniti, egli fa un ritratto impietoso di una sinistra doppiamente ipocrita che rincorre i liberisti sul loro stesso piano abdicando totalmente ai suoi valori. Una sinistra che da un lato difende un’immigrazione senza limiti, dimenticando che questo significa generare una guerra tra poveri le cui prime vittime sono le classi locali meno abbienti assieme agli immigrati stessi. Dall’altro lato, una sinistra che tace sulle cause delle migrazioni: le invasioni e i bombardamenti dell’occidente. E’ ora di porre il tema dell’immigrazione al centro del dibattito politico, senza ipocrisie.

Leggi tutto su http://vocidallestero.it/2018/05/14/immigrazione-e-capitale-2/

Quindi, se i lavoratori hanno tutti meno soldi, chi sostiene la domanda? Una opzione è aumentare gli stipendi: male. L’altra è aumentare il credito, cosa che si sta facendo. La terza opzione è aumentare la massa totale dei lavoratori, cosa che si sta anche facendo. I lavoratori possono anche avere meno denaro da spendere singolarmente ma, importando più lavoratori, ci saranno più persone che spendono (anche se poco). Quindi l’immigrazione può aiutare a sostenere o perfino aumentare la domanda, senza aumentare i salari.

Qualcosa si muove (altrove)

il tema immigrazione pare sparito dai radar dei media nazionali ma sul territorio, fra le gente che andrà alle urne (o non ci andrà, visto il risultato della partecipazione di Ostia, dove il presidente di Municipio è diventata tale con le preferenze del 18% degli aventi diritto totali), è caldissimo.

A Cona, frazione di Mestre dove sono ospitati quasi duemila immigrati clandestini, la situazione è ormai esplosiva e le risorse fanno il bello e il cattivo tempo, con istituzioni e forze dell’ordine che assistono inermi allo spettacolo di una vera e propria presa di potere sul territorio. L’illegalità è diventata prassi quotidiana del non-convivere civile, il punto di non ritorno verso uno scoppio di esasperazione cresce pericolosamente di giorno in giorno, sottotraccia. Christian Lindner e i suoi avranno detto no a Frau Merkel per evitare questo o per un disegno di disgregazione europea più ampio che tuteli la Germania in vista della prossima crisi, vedi la scelta della Bundesbank di aver rimpatriato con due anni di anticipo tutto l’oro depositato all’estero? Temo che lo scopriremo presto. E, qualunque sia la riposta, non sarà una scoperta né piacevole, né tantomeno indolore.

Fonte: Rischio Calcolato

Di cosa dovete avere paura

Questi “Grandi Orientamenti”   imperativi sono il modo con cui l’oligarchia UE governa l’economia dei paesi sudditi; quello per l’Italia  è addirittura introvabile nei documenti europei, ma c’è.   Perché, ad esempio,  anche la guerra dei governi pd  contro i taxisti è iscritta anche nelle “Grandes Orientations” per la Francia, nel quadro della direttiva imperativa “eliminare gli ostacoli all’attività nel  settore dei servizi”:  il che, tradotto dalla neolingua  orwelliana di  Bruxelles, significa de-regolamentare  tutti i mestieri attualmente regolamentati:   si comincia con i taxisti e si continua coi farmacisti, per finire coi medici,  che  devono diventare dipendenti sotto-remunerati di società private, quindi per definizione “competitive”. Eccetera.   Potete leggere qui come il segreto degli “orientamenti” europei sia ben protetto.

http://www.wikistrike.com/2017/03/le-secret-bien-garde-les-grandes-orientations-de-politique-economique-2016-2017-pour-la-france.html

Le politiche che i vostri governi “spontaneamente” adotteranno nel 2017 , sono scritte tutte lì.

E’ incredibile, o cittadini, quanti accordi segreti a vostro danno riescono a farvi accettare facendovi paura.

Miracoli della “politica della paura”: no a Wilders, sì alla UE

Siamo arrivati al punto   che l’Onu – ed è tutto dire – ha chiesto a Germania, Francia, Regno Unito e Usa, di smettere di usare “la  carta della paura” (testuali parole)  per infilare  nella legislazione leggi  liberticide con la scusa di difendere i cittadini dal terrorismo “islamico” .

Qui potete leggere il rapporto dell’incaricato speciale per la difesa della vita privata, Joseph Cannataci, uscito l’8  marzo:

http://www.ohchr.org/EN/Issues/Privacy/SR/Pages/SRPrivacyIndex.aspx

 

http://www.ohchr.org/EN/Issues/Privacy/SR/Pages/SRPrivacyIndex.aspx

Lì, l’incaricato Cannataci dubita della “efficacia di misure estremamente intrusive introdotte in Francia, Germania, Regno Unito   ed Usa” per  debellare il terrorismo –  ricordiamoci che in Francia è sempre  in vigore lo stato d’emergenza – ma che servono benissimo per controllare le mail  e le telefonate dei cittadini ignari, e ridurre la loro possibilità di esprimersi su  Internet. Cannataci dubita della volontà degli stati occidentali a far sì che “la protezione della vita privata sia rispettata come   un vero diritto universale”.

Secondo il suo mandato, Cannataci   denuncia la “politica della paura” usata per l’abolizione della privacy. Così non ha  bisogno di denunciare con quanta forza la politica della paura venga usata dalle oligarchie, oggi, per mantenere il loro potere: paura  di uscire dall’euro (i media e gli economisti di corte vi terrorizzano), paura dei “populismi”  paura della Le Pen  all’Eliseo …. In Olanda,  la paura per Wilders al governo – ingigantita senza alcun senso, Wilders non avrebbe mai vinto   alcun governo  – ha fatto sì che i paurosi abbiano dato il trionfo a Mark Rutte.  Quello che ha colluso con la Merkel, in base ad un piano segreto, per riempirci di stranieri indiscriminati,  non selezionate, ad ondate di 250 mila l’anno.

Beh, ma Orban aveva profetizzato 400-500 mila.. Sbagliava per eccesso? Attenzione: nel settembre 2015, prima della crisi delle ondate migratorie, il vice-cancelliere Sigmar Gabriel  gettato lì, come per  caso, che il paese  poteva assorbire  500 mila   immigrati l’anno.  E Gabriel è “di sinistra”. Quindi,  i germanici  governati dalla paura,  o voteranno Merkel per paura dell’AfD (partitino ingigantito dai media per farvi paura), o voteranno Schulz perché gli sembrerà più rassicurante della Merkel. E farà le stesse politiche.

E’ inutile dire che  i francesi paurosi manderanno al potere Macron de’ Rotschild per paura che all’Eliseo vada Marine Le Pen – possibilità zero, ma paurosamente agitata quanto basta dai media per creare il terrore nell’elettorato “progressista” che sente la minaccia del “populismo”.

…avete votato il vostro rimpiazzo.

Così, con Mark Rutte ancora al governo in Olanda,  i paurosi e ignoranti hanno garantito la  riuscita dell’esperimento sociale  è più colossale della storia, il Gran Rimpiazzo, concordato con Erdogan nel 2015,  e denunciato invano da Orban.  Ché poi, per sventare la possibilità di un vostro risveglio, o paurosi,  e magari di una iniziativa referendaria che potrebbe interrompere l’esperimento sociale, sappiate,  o tedeschi, che il Commissario Federale per  i Rifugiati e Migranti ha già raccomandato di dare diritto di voto ai migranti residenti  fissi in Germania, regolari o no. Sulla linea, in fondo, di ciò che “raccomanda” il senatore Manconi, e  di cui si intravvede lo  scopo finale: fare degli stranieri  i cittadini a pieno diritto, e a voi sottrarre  i diritti politici. Ma tranquilli, in cambio vi hanno dato le nozze gay,  l’adozione dei bambini strappati alle madri naturali;  il suicidio assistito è dietro l’angolo, e presto vi daranno il diritto all’eutanasia. Pensate che conquista: così vi eutanisserete, mentre i migranti voteranno  al vostro posto.

Sapete come si chiama il Commissario Federale che propone   questo?  Aydan Özoguz.

Il fatto è che hanno fatto miracoli, a forza di farvi paura.  E voi, maggioranza, ci cascate sempre.  Perché   la politica della paura non consiste   solo nell’impaurirvi, ma nel non farvi aver paura di ciò che dovrebbe spaventarvi.

Per esempio, torniamo all’Olanda che ha votato Rutte per paura di Wilders. E  perché Rutte, in fondo,  è stato duro con Erdogan, ha impedito i  comizi  del turco…

Ma sapete cosa hanno scritto i giornali turchi?  Hanno  ricordato come i  caschi blu olandesi si comportarono a Srebrenica, nel 1995, quando  per viltà lasciarono massacrare  dagli scherani del generale Mladic centinaia  di musulmani inoffensivi, bosniaci-erzegovini.

(Per ricordare: http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/03/14/srebrenica-massacro-davanti-ai-caschi-blu-olandesi_6a894c49-27a2-4628-8b2f-54abb69a188c.html)

Un giornale turco ha persino scritto:   sapete quanti uomini conta l’esercito dei Paesi Bassi? 48 mila uomini. E quanti immigrati turchi ha l’Olanda? 400 mila. Magari gli sono venute delle idee.

Di questo dovevate aver paura, Olandesi. Invece avete avuto paura di Wilders.  E voi europei avete paura di Orban, che vi ha detto la verità..

 

L’articolo Orban diceva il vero: il patto segreto Merkel-Erdogan esiste. è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.

Il campo dei Santi

“Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magog, per adunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare. Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d’assedio il Campo dei Santi e la città diletta”. Apocalisse, 20, 7-9 di Michele Fabbri Da questa citazione biblica è tratto il titolo del romanzo apocalittico Il Campo dei Santi di Jean Raspail, pubblicato nel 1973. In breve la trama dell’opera è la seguente: nel 1997 una folla di poveri dell’India decide di impadronirsi di una flotta per invadere l’Europa. La folla, guidata da una bieca figura detta il “coprofago”, con la complicità di missionari cristiani e di organizzazioni “umanitarie” riesce nell’intento e comincia il suo minaccioso itinerario di avvicinamento. Le classi dirigenti delle nazioni europee sono disorientate dagli avvenimenti e tutto quello che riescono a immaginare è preparare il terreno all’invasione mediante una martellante campagna propagandistica che deve far accettare all’opinione pubblica l’avvento della società multirazziale. Quando la flotta degli immigrati arriva sulla Costa Azzurra, un gruppo di francesi che tenta di resistere viene bombardato dalla stessa aviazione francese, inviata dal governo a proteggere la marcia trionfale degli immigrati. Gli immigrati non trovano quindi alcuna opposizione sul piano militare, e men che meno sotto l’aspetto istituzionale: viene immediatamente instaurato un regime neocomunista che espropria le abitazioni ai proprietari e dà il via alle occupazioni delle case da parte delle orde di colore. Raspail, con una efficace similitudine, paragona l’invasione dell’Occidente da parte degli immigrati alla caduta di Costantinopoli conquistata dai Turchi nel 1453. Il Campo dei Santi La perizia stilistica di Raspail è davvero magistrale: il romanzo, incentrato sul tempo relativamente breve delle poche settimane che occorrono alle navi per viaggiare dall’India all’Europa, scava in profondità nella psicologia collettiva dei gruppi umani protagonisti del romanzo. Le masse di immigrati sono animate da spirito di conquista, e perseguono il loro obiettivo con convinzione incrollabile, rifiutando qualsiasi offerta di compromesso. Gli occidentali complici degli immigrati, missionari e uomini politici, sono invece mossi dal tornaconto personale e da un risentimento infinito, e si sentono votati interamente alla causa dell’annientamento della loro stessa civiltà. Ma il genio letterario di Raspail si manifesta soprattutto nella descrizione delle popolazioni europee, sottoposte al martellamento continuo della propaganda multirazziale, che per lo più viene accettata passivamente, anche se talvolta i cittadini sono sfiorati dal dubbio se l’avvento dell’ecumene multietnica sia davvero il migliore dei mondi possibili. La penna di Raspail raggiunge vertici tragicomici difficilmente eguagliabili quando descrive i bambini delle scuole elementari che, istigati dagli insegnanti, disegnano gli immigrati che vanno a scuola, al lavoro, a fare la spesa… Per non parlare di una canzone sull’accoglienza appositamente commissionata dal governo e trasmessa da tutte le radio e da tutte le televisioni con ripetitività maniacale. L’opera di Raspail è cinica e disillusa e in questa sua durezza c’è tutta la volontà malvagia che spinge le forze occulte a edificare il regno satanico della globalizzazione: l’imposizione del meticciato ha prodotto uno scenario di caos istituzionale, di violenza quotidiana e di degrado generalizzato che ben sintetizza le attitudini e gli obiettivi della classe dirigente mondialista. Il Campo dei Santi poteva sembrare un’opera di fantapolitica quando uscì, ma in breve tempo l’Europa è stata travolta da un’ondata migratoria che ha attirato l’attenzione del pubblico su questo testo, ispirando anche un bel film: La seconda guerra civile americana (regia di Joe Dante, 1997). Purtroppo non solo gli appassionati di cultura alternativa si sono interessati al Campo dei Santi, ma anche i censori “democratici”, che hanno cercato di occultare il romanzo o quanto meno di tenerlo lontano dai circuiti della grande distribuzione editoriale. A oltre trent’anni di distanza dalla pubblicazione del libro, occorre purtroppo rilevare che la triste realtà ha ormai oltrepassato la fantasia del romanziere francese, ma Il Campo dei Santi è ancora una lettura provocatoria e rigenerante per coloro che non vogliono arrendersi al pensiero unico progressista. * * * Jean Raspail, Il Campo dei Santi, Edizioni di Ar, Padova, 1998, pp.348, € 17,00. Fonte: Centro Studi La Runa

Rallentano gli arrivi di stranieri per lavoro e crescono le partenze di italiani

Netti sono gli effetti della congiuntura economica negativa sui processi migratori e, più in generale, di mobilità. Il numero di iscrizioni anagrafiche dall’estero è sceso dalle 558mila unità del 2007 alle 307mila del 2013, mentre gli ingressi regolari di cittadini non comunitari (nuovi permessi di soggiorno), pur restando intorno alle 250mila unità all’anno, sono sempre meno legati ai motivi di lavoro e sempre più a quelli familiari (ricongiungimenti), all’asilo politico e a altre motivazioni. Questi cambiamenti nell’intensità e nelle modalità di ingresso degli immigrati stranieri fanno sì che la popolazione di cittadinanza non italiana residente nel paese sia cresciuta durante la crisi meno velocemente che negli anni precedenti, attestandosi al disotto dei 5 milioni di persone alla fine del 2013. Contemporaneamente alla riduzione dei flussi in entrata di cittadini stranieri si osserva dopo il 2008 un aumento consistente dell’emigrazione di italiani verso paesi europei che garantiscano prospettive economiche e lavorative migliori; si è accresciuta soprattutto la propensione ad emigrare all’estero dei più istruiti e dei residenti nelle regioni settentrionali. I dati relativi alla mobilità interna indicano anche la persistenza degli spostamenti lungo la direttrice Sud-Nord del paese.

http://www.neodemos.info/la-demografia-italiana-ai-tempi-della-crisi-e-sotto-la-lente-dellaisp/

L’Italia e l’immigrazione

di Tommaso Segantini – 18/12/2014

Fonte: L’intellettuale dissidente

L’immigrazione, in Italia, è un tema urgente che va affrontato subito, adottando un approccio radicalmente diverso da quello odierno.

L’immigrazione è un tema al centro del dibattito politico italiano, soprattutto in questi ultimi anni di crisi economica e di avvenimenti politici importanti in Medio Oriente e in Africa. In un momento così delicato, è fondamentale analizzare la situazione con lucidità, senza cadere in facili generalizzazioni o semplificazioni propagandistiche, in modo anche da andare alla radice del problema e, possibilmente, trovare una soluzione duratura.Innanzitutto, occorre chiarire che il problema riguarda la gestione dei cosiddetti “immigrati clandestini”, ovvero persone entrate senza regolare visto di ingresso, e non gli immigrati regolari. Su questo, almeno, sembrano concordare tutti. In seguito, è fondamentale dare una definizione dei vari termini che vengono spesso usati con imprecisione o incorrettamente da politici e giornalisti:

– Un clandestino è uno straniero entrato in Italia senza regolare visto di ingresso.

– Il richiedente asilo è una persona che presenta una domanda di riconoscimento dello “status di rifugiato”. Se la domanda viene accettata, il Paese in cui si trova questo rifugiato ha il dovere di assisterlo. Il richiedente asilo non è quindi assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza documenti d’identità o in maniera irregolare.

– Il rifugiato, quindi, è chi ha ottenuto il riconoscimento dello “status di rifugiato” in seguito all’approvazione della sua domanda. A tutelarlo è la Convenzione di Ginevra, resa esecutiva in Italia con la legge del 24 luglio 1954 n. 722. La domanda deve essere approvata se queste persone non possono o non vogliono tornare nel loro Paese d’origine per il timore di essere perseguitate per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche.

– Il termine “profugo” non ha nessun  contenuto giuridico. Solitamente è utilizzato per definire chi si è allontanato dal Paese di origine per persecuzioni o per una guerra.

Secondo la Convenzione di Ginevra, uno straniero, che esso sia richiedente asilo o semplicemente un clandestino, non può essere espulso se necessita soccorso, se bisogna fare accertamenti sulla loro identità o nazionalità, se occorre preparare i documenti per il viaggio, o se non è disponibile un mezzo di trasporto idoneo. Prima di passare a come al dibattito sulla questione in Italia, è interessante osservare alcuni dati del 2012 sulle richieste asilo in vari Paesi. Nel 2012, il numero di richiedenti asilo nell’Unione Europea è stato 332mila. Soltanto al 14% di questi è stato concesso lo status di rifugiato politico. Delle 21700 domande fatte in Italia, il 64% sono state rifiutate (dato sotto la media europea). Il maggior numero di domande è stato registrato in Germania (77 500 richiedenti, il 23% dei totali), seguita dalla Francia (60 600, 18%), Svezia (43 900, 13%), Regno Unito (28 200, 8%) e Belgio (28 100, 8%). La ragione dell’alto numero di richieste in questi Paesi è semplice: i migranti mirano ai Paesi in cui ci sono le migliori prospettive per il futuro. Interessante è osservare le percentuali di approvazione di richiesta di asilo politico nei singoli Paesi. In Svezia e in Germania sono state accettate rispettivamente il 40% e il 30% delle richieste. In Grecia, invece su 11’195 richieste, 11’095 sono state rifiutate, praticamente il 100%. Questi dati significano che i criteri per l’accettazione dello status di rifugiato non sono uniformi all’interno dell’Unione Europea e che l’accettazione o il rifiuto di una richiesta d’asilo dipendono, soprattutto, dalla situazione economica di un Paese e dal partito politico politico in carica. Il fatto che venga concesso o no l’asilo politico non significa quindi necessariamente che lo straniero lo meriti o no.

Una volta chiarite questi termini e avendogli attibuito la corretta definizione giuridica, e avendo analizzato alcuni dati, si può fare una migliore analisi di come si possa far fronte al problema e di come viene affrontato oggi dalle diverse forze politiche. Il problema degli immigrati che sbarcano in grandi numeri è affrontato fondamentalmente in due modi: c’è l’approccio della Lega Nord e della destra italiana in generale che, con lo slogan “prima gli italiani”, afferma che, a parte i profughi (cioè quelli a cui è stata approvata la richiesta d’asilo), gli immigrati irregolari vanno “rispediti nel loro paese” (Salvini), perché la priorità, in tempi di crisi, va data ai cittadini italiani. La Lega afferma anche che i soldi investiti per l’operazione Mare Nostrum, che ora, dopo qualche modifica, si chiama Triton, andrebbero investiti nei Paesi da dove provengono gli immigrati. Il secondo approccio è quello del PD, che accoglie tutti gli immigrati che arrivano in Italia, che molte volte li soccorre in mare, che rivendica un aiuto, legittimo, da parte dell’Unione Europea nella gestione del fenomeno e una ritrattazione della Convenzione di Dublino, che in sostanza dice che un rifugiato deve rimanere nel primo Paese di arrivo.

Secondo chi scrive, entrambi gli approcci sono sbagliati. Nessuna delle due fazioni si preoccupa di individuare l’origine del problema. Non basta, come fanno, sia a destra che a sinistra, affermare che ci sono delle guerre, è che il flusso di immigrati è causato da quello. Quella è ovvio. Per risolvere la questione alla radice c’è bisogno di coerenza nelle politiche che entrambi i partiti portano avanti. Le guerre, come sembra trasparire dalle dichiarazioni del centro sinistra, sembrano essere qualcosa di inevitabile e irreversibile, mentre non è vero. Il governo che continua a finanziare, per fare un esempio, i famosi F-35, e che entra a far parte della coalizione internazionale contro l’ISIS (di cui ovviamente non si giustifica alcuna azione, ma il modo in cui viene fronteggiato il problema), è in completa contraddizione con le politiche sull’immigrazione. Con questo non vuole dire che l’Italia sia la causa delle numerose guerre internazionali in corso, ma che, per affrontare il problema del flusso di immigrati con serietà e coerenza occorra almeno mettere in discussione alcune azioni, a cui l’Italia aderisce sempre, decise dalla comunità internazionale (leggi: gli Stati Uniti). È inoltre chiaro che i centri di accoglienza temporanei vanno gestiti in maniera completamente diversa, in modo da evitare che parte di questi stranieri approdati sulle coste italiane vengano riciclati nel mondo del lavoro, sfruttati e sottopagati, abbassando i diritti del lavoro e diventando funzionali al sistema. La richiesta di aiuto all’Unione Europea, ma è evidente che senza una unione politica reale tra i membri dell’UE e senza solidarieta è difficile pensare che arrivino risposte dalla Commissione. Insomma, l’approccio del centro sinistra è colmo di contraddizioni, e fare affidamento all’UE non sembra, in questi tempi, un’opzione. L’approccio della Lega Nord è alquanto contraddittorio. Innanzitutto, sono sbagliati, gli slogan del tipo “StopInvasione” o “Prima gli italiani”. Nonostante Salvini lo smentisca, è evidente che sono frasi a effetto che mirano alla componente emotiva dei cittadini, e il cui unico scopo è ottenere consenso elettorale. Inoltre, come si è visto negli ultimi mesi, queste dichiarazioni, combinate con la crisi economica, rischiano di sfociare in tensioni sociali e contrapposizioni tra gli strati più poveri della popolazione. Per quanto riguarda le proposte concrete, l’idea di intervenire in Africa come propone Salvini non è sbagliata. È evidente che logisticamente sarebbe un’operazione complicata da condurre, per vari motivi, ma non una ipotesi da scartare. Il problema emergenziale, però, non viene affrontato. Come devono essere gestiti i migranti che, per il momento, proveranno a venire comunque ed in ogni caso, in Italia? I clandestini sono veramente clandestini? Cosa vuol dire “espellere”? E dove, e come, e chi e secondo quali criteri? A queste domande la Lega Nord, purtroppo risponde con slogan al limite del razzismo, non con proposte concrete. È necessario combinare una messa in discussione di alcune politiche internazionali in corso, agire coerentemente non aderendovi, e una politica di accoglienza basate su solidarietà e integrazione efficace, possibilmente integrandola con interventi umanitari all’estero. Con gli stessi partiti al comando, senza ormai più alcuna credibilità, un cambio di rotta sembra, purtroppo, improbabile. Inoltre, occorre ricordare che in questo momento, nel Kurdistan, secondo i dati delle Nazioni Unite, un abitante su tre è un profugo di guerra. In quei luoghi, martoriati da violenza e distruzione, i criteri di accoglienza sono semplicemente due: solidarietà e compassione umana, che in Europa, spesso, si dimenticano.

http://www.lintellettualedissidente.it/societa/litalia-e-limmigrazione/

 

La grande bruttezza

La condizione abitativa delle periferie italiane ha toccato livelli di disumanità totale. L’abbandono, il degrado, la totale assenza di uffici, strutture o mezzi pubblici che rappresentino l’esistenza di una qualche forma di Stato ha oramai avuto la meglio. Il caso romano – che forse è il più emblematico non solo per i più recenti fatti di cronaca – ci racconta di periferie nate da una forsennata ed irrazionale speculazione edilizia. A Roma si è costruito troppo, troppo velocemente e senza curarsi dell’aspetto umano che ogni struttura dovrebbe conservare. Interi quartieri – oggi residenza per migliaia di cittadini – sono sorti senza alcun negozio, senza parchi né giardini, né aree di gioco per bambini, senza spazi ricreativi o circoli culturali dove potersi intrattenere. Emblema della periferia è diventato il palazzone di cemento grigio concepito per essere un alveare, e non un luogo di residenza umana. E lo stesso, identico discorso vale per ogni città italiana. La disumanità di simili zone è l’humus ideale per far sorgere moti di protesta popolare. Periferie grigie e smorte, prive di collegamenti con il centro delle città, non sono luoghi in cui l’essere umano può vivere a lungo. Non in maniera dignitosa ed accettabile.

Gran parte delle periferie romane è sorta per tutelare gli interessi di avidi costruttori che in pochi anni hanno accumulato ricchezze da capogiro. E quando di mezzo ci sono affari milionari, davvero di poco conto è la tutela dell’individuo e della sua umanità. Provate a fare un giro per Corviale, Ponte di Nona, Ponte Galeria a Roma, o a Corvetto e Barona a Milano, o ancora lungo le periferie di Torino o di qualsiasi altra città italiana: vedrete il degrado sociale causato da decenni di incuria ed assenza delle istituzioni. A questo paesaggio già di per sé tetro si è poi aggiunta la pessima gestione dell’immigrazione. In assenza di una seria politica di integrazione dello straniero che consenta di fare dell’immigrato un tassello fondamentale dell’economia del nostro Paese, si è pensato bene di trasferire ingenti quantità di immigrati in enormi palazzoni periferici. Al disagio delle periferie è stato dunque affiancato il disagio di chi scappa da condizioni ancor più invivibili. La miccia è accesa, e lo scoppio della bomba è solo questione di tempo.

estratto da http://www.lintellettualedissidente.it/italia-2/la-grande-bruttezza-periferie-degrado-e-nuove-speranze/

L’obiettivo di Renzi

Non riesco a rebloggare dall’originale

http://pauperclass.myblog.it/2014/09/23/la-condizione-dei-lavoratori-nel-mondo-reale-eugenio-orso/

quindi copio e incollo:

Sono disoccupato da lungo tempo non per mia scelta, ovviamente. Un paio di settimane fa, tramite annuncio sul giornalino trova lavoro locale, vengo chiamato dal titolare di una azienda agricola operante nel campo della vinificazione. Dieci-undici ore di lavoro duro nel vigneto, a cinque virgola cinque € all’ora, intruppato con una numerosa marmaglia di extra-comunitari, in particolare Moldavi e Rumeni. Ritmi di lavoro pazzeschi, una sola pausa di mezz’ora giornaliera nel campo per bere acqua e mangiare un panino, con il padrone contadino sempre a pungolare e minacciare di lasciarti a casa se non vai svelto, io che ho 58 anni. Ogni giorno ne cacciava alcuni sui due piedi, subito rimpiazzati da altri schiavi che evidentemente il “padrone” non aveva difficoltà a rimpiazzare, stante l’enorme serbatoio di mano d’opera di cui dispongono i padroni e padroncini, fino a ieri oscuri mezzi morti di fame e ora grazie a questo nuovo potere assunti al ruolo di “Kapò”. Orbene, Domenica mattina ho un pesante alterco con un energumeno Moldavo che ambisce a fare il capetto e che mi accusa di essere troppo lento…Dopo essere arrivato sulla linea rossa, quella che poteva portarmi a piantargli le forbici nella pancia, mi calmo e me ne vado sui due piedi, contento tutto sommato di non essere stato colpito dal Moldavo pazzo e pericoloso, immaginate se mi avesse buttato fuori i denti malfermi quale danno anche economico avrei subito. Naturalmente il padrone e me lo ha detto sul muso, teneva al Moldavo anche perché sennò avrebbe perso gli altri schiavetti, solidali con il loro capetto. Morale della favola, io Italiano locale sono stato cacciato da un Moldavo con la complicità di un padrone  ignorante e approfittatore. Siamo arrivati a questo punto. E non mi si parli di guerra tra poveri, qui c’è dell’altro. e molto sbagliato.

[Link:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=13945]

Mi pare assolutamente naturale che l’inserimento di questo commento abbia spostato l’attenzione dal mio articolo (centrato sul “piano lavoro” renziano e sulla querelle fra l’imbonitore fiorentino e la cgil) alla storia raccontata da clausneghe e alle sue rilevanti implicazioni antropologico-sociali. Tanto è vero che altri hanno commentato … il commento del mio quasi coetaneo (che dichiara 58 anni contro i miei 56). Al punto che clausneghe ha risposto come segue:

[…] Ma schiacciarmi no, nessuno c’è mai riuscito e mai ci riuscirà, perché io possiedo una coscienza di classe e un orgoglio personale, quello che magari manca alla moderna “carne da cannone” straniera sfruttata da padroncini avidi e senza onore né morale. Io mi sono difeso con successo, ho evitato di farmi colpire dall’energumeno (mi faceva sentire il suo alito fetido sul muso) e soprattutto sono riuscito a non AMMAZZARLO, come la rabbia mi diceva di fare. Avrei finito i miei giorni in galera o al manicomio. Inoltre ho ancora frecce nel mio arco, e le userò. Sopravviverò anche a questo, perché tutto quello che non ti uccide ti fortifica. Ciao.

Siamo andati di un passo oltre la guerra tra poveri, dunque, fino ad arrivare a un punto di non ritorno per il lavoro, in Italia e in molta parte d’Europa (nella Grecia dei trecento euro netti mensili di stipendio, o nella Spagna ad altissimo tasso di disoccupazione). Qui il discorso si intreccia con quello dell’immigrazione incontrollata, l’immigrazione che potremmo definire “indotta”, perché usata come arma sia contro i lavoratori autoctoni e i loro diritti, sia contro la specificità culturale dei nostri paesi. Ciò non significa colpevolizzare gli immigrati moldavi o rumeni (anche loro europei e soggetti alle stesse dinamiche che ci opprimono), ma solo riconoscere che attraverso di loro – o meglio, anche attraverso di loro – si esercita una pressione indescrivibile sui lavoratori italiani, ridotti in molti casi come clausneghe. Una pressione che per le sue implicazioni sociopolitiche, antropologiche e culturali va oltre il mero ricatto economico. A differenza di clausneghe, però, la grande maggioranza dei lavoratori oggi è priva di coscienza di classe … e della stessa classe come mondo culturale, attraversato da legami solidaristici! Così si inducono i “new workers” senza classe ad accettare condizioni di lavoro peggiori di quelle degli anni cinquanta. Se clausneghe resiste, grazie alla coscienza di classe che tiene alto l’orgoglio personale, tantissimi altri, più giovani, non hanno neppure questa difesa e non hanno piena consapevolezza della loro situazione di minorità.

Si dirà che scrivendo queste righe ho scoperto l’acqua calda e, in effetti, sembra che sia proprio così. Il punto è che le grandi verità non necessariamente sono complesse, alla portata della comprensione di pochi dotati, ma spesso sono semplici, esattamente come questa. E’ qui che ci porta il discorso crudo e disincantato del mio quasi-coetaneo clausneghe, cinquantottenne che lavora quando può, quando trova qualcosa, “respinto” dal mondo del lavoro più dei giovani. A differenza di loro, proprio perché vecchio, non è oggetto dei “pianti da coccodrillo” dei politici collaborazionisti o delle pelose attenzioni renziane.

Chiediamoci una cosa, dopo aver letto ciò che ha scritto il mio quasi-coetaneo, molto più “sfortunato” di me: cosa c’è oltre la guerra fra poveri, che rientra fra i classici strumenti di dominazione elitista? Cosa c’è oltre il mero ricatto economico, esercitato dal capitale sui lavoratori? C’è la scomposizione e ricomposizione dell’Europa per controllare una massa amorfa di lavoratori poveri che non hanno più le caratteristiche culturali e, alle loro spalle, la storia dei popoli europei originari. (grassetto nostro) Così sarà più facile azzerare del tutto la sovranità degli stati e delle nazioni, imporre la lex neoliberista senza concessioni al sociale, far digerire la robusta dose di darwinismo sociale – sopravvivano i più adatti, i più flessibili, i più “meticciati”! – che si nasconde dietro le attuali riforme del lavoro, per la supposta modernizzazione dell’omonimo mercato.

Nicola il carpentiere

Nicola il carpentiere

Le regole fondanti della UE, relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone (che sarebbe meglio definire “libera circolazione degli schiavi”) sono servite solo a far scendere i prezzi della manodopera. Una volta tale evenienza veniva definita “curva di Phillips”: aumentando la disoccupazione marginale tramite leggi che favoriscono l’immigrazione da zone notoriamente più povere se non sottosviluppate, si mettono in concorrenza i lavoratori che saranno portati così ad abbassare le proprie pretese salariali, come, appunto, il caso di cui al link.

Roberto Nardella

La radice del problema

La radice del problema

Chi teme i migranti che arrivano di continuo a Lampedusa dovrebbe capire che il problema non sussisterebbe se in Africa la gente non morisse di AIDS perché le lobbies farmaceutiche si ostinano a tenere altissimi i costi dei brevetti impedendo al diffusione di farmaci a prezzi abbordabili; se non morisse di fame perché le corporations multinazionali hanno diffuso le monoculture necessarie ad alimentare i nostri consumi (il caffè, l’ananas, i filetti di persico del lago Vittoria) distruggendo culture che fino ad alcuni anni fa erano in possesso dell’autosufficienza alimentare; se non morisse di sete in quanto si sta cercando, da parte di imprenditori occidentali in combutta con i corrotti governi africani, d’imporre altissimi costi di gestione della stessa acqua potabile che la gente dovrebbe pagare; se non morisse di miseria pur essendo nati in paesi dal sottosuolo ricchissimo perché le imprese multinazionali non la derubasse del suo oro, del suo uranio, del suo coltan, del suo petrolio, dei suoi diamanti con i quali si alimenta un sistema mondializzato – è questa la “globalizzazione” – retto dalle “ferree leggi del mercato” (!?) che punta alla sempre maggior concentrazione della ricchezza e quindi alla crescente proletarizzazione delle masse del pianeta.

Franco Cardini