Scala mobile

Lama (a destra) e Berlinguer

La scala mobile (ufficialmente “indennità di contingenza”) è uno strumento economico di politica dei salari, volto ad indicizzare automaticamente i salari all’inflazione e all’aumento del costo della vita secondo un indice dei prezzi al consumo.

In Italia, la scala mobile è stata negoziata nel 1975 dal segretario della CGIL Luciano Lama assieme agli altri sindacati e a Confindustria, atto a recuperare il potere d’acquisto perso dal salario a causa dell’inflazione. ..

Il 14 febbraio 1984 un decreto del Governo Craxi taglia 4 punti percentuale della Scala Mobile, convertendo un accordo delle associazioni imprenditoriali con Cisl e Uil. Al decreto farà seguito la conversione nella legge 219 del 12 giugno 1984.(1)

A quel punto (1984 n.d.r.) partì la campagna del Pci. «Sì, prima in Parlamento, con uno strenuo ostruzionismo. Poi con la decisione di indire il referendum. Lo annunciò Gerardo Chiaromonte in Senato il 7 giugno, giorno della definitiva approvazione del decreto. La sera stessa Enrico Berlinguer, durante un comizio a Padova, viene colpito dall’ emorragia cerebrale che nel giro di quattro giorni lo porterà alla morte». Piero Fassino ha scritto che Berlinguer, come un giocatore di scacchi che vede la propria sconfitta, muore prima di subire lo scacco matto. «Non sono d’ accordo. Berlinguer era convinto di vincere. Fino al 14 febbraio pensava che l’ accordo non si sarebbe fatto. Poi scatenò l’ ira di Dio in Parlamento per far saltare il decreto. Quando capì che stava per essere varato ricorse al referendum abrogativo nell’ assoluta convinzione che il Paese gli avrebbe dato ragione perché il Pci era l’ unico a rappresentare davvero i lavoratori (2)

Il nuovo segretario del PCI, Alessandro Natta, tenne fede all’impegno, ma nel partito e nella stessa componente comunista della CGIL emersero crepe e divisioni, alimentate soprattutto dalla corrente “migliorista” di Napolitano e Lama, che pensava ad una trattativa considerando lo strumento della scala mobile ormai obsoleto e frenante in una fase di evidente espansione dell’economia: un errore terribile perché con quel tipo di posizione si smantellava un indispensabile oggetto di difesa delle condizioni materiali di vita delle lavoratrici e dei lavoratori ma, soprattutto, perché non c’era alle viste alcuna fase di espansione dell’economia, drogata da un innalzamento fuori misura della spesa pubblica, comprensiva di un enorme tasso di corruzione, come avremmo poi visto in Tangentopoli e soprattutto nella sparizione definitiva, nel giro di pochi anni, del sistema delle Partecipazioni Statali e di conseguenza delle parti più vitali dell’industria e dell’intera economia del Paese. (3)

Il 9 e 10 giugno 1985 si svolge il referendum abrogativo  della norma che comporta un taglio di quattro punti della scala mobile. Con un’affluenza alle urne del 77,9%, 45,7% SI all’abrogazione della norma e 54,3% NO all’abrogazione della norma, il taglio rimase.

La scala mobile è stata definitivamente soppressa con la firma del protocollo triangolare di intesa tra il Governo Amato I e le parti sociali avvenuta il 31 luglio 1992. Con la scala mobile è stata abolita l’indennità di contingenza ed è stato introdotto per i lavoratori dipendenti privati (dirigenti esclusi) l’Elemento Distinto della Retribuzione. (1)

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(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Scala_mobile_%28economia%29

(2) http://archiviostorico.corriere.it/2004/febbraio/13/Scala_mobile_cosi_Pci_perse_co_9_040213104.shtml

(3) http://sinistrainparlamento.blogspot.it/2013/01/scala-mobile-sapevamo-che-stavamo.html

Teatrino elettorale

di Marco Cedolin

Superate le profezie dei Maya, il Natale e pure l’ultimo dell’anno, in un’atmosfera per molti versi surreale, dove qualsiasi anelito di spirito festaiolo é stato stemperato dalla drammatica situazione in cui versa il paese e con esso gran parte delle famiglie italiane, sembra che l’attenzione dei più sia ormai catalizzata esclusivamente dalla tornata elettorale prossima ventura.

Il debito pubblico (per quanto può valere) continua a salire, il Pil (per quanto può valere) continua a scendere, l’inflazione fa passi da gigante, i consumi crollano, la disoccupazione cresce in maniera esponenziale, la pressione fiscale diventa ogni giorno più immanente e qualsiasi dato ed analisi lascia presagire un 2013 molto peggiore dell’hannus orribilis che ci siamo lasciati alle spalle. Nonostante ciò non esiste situazione così nera da non lasciare uno spiraglio alla speranza, e proprio sulla speranza, unita ad una forte dose d’incoscienza, sembrano essere intenzionati a fare leva i nuovi e vecchi camerieri politici che aspirano ad ottenere una poltrona nel futuro parlamento.

Speranza per tutti, con in regalo confezioni famiglia di perline colorate, sembra dunque la formula scelta da qualunque candidato, per accattivarsi i favori degli italiani e ritagliarsi il ruolo di esecutore dei dettami presenti e futuri della BCE, dell’FMI, dell’Europa e di tutti i grandi poteri che ormai gestiscono in toto il destino dei cittadini.
A ben guardare la campagna elettorale del 2013, già entrata nel vivo prima ancora che l’Epifania arrivasse a portare via le feste, qualche elemento di novità rispetto al passato lo presenta senza dubbio….

In primo luogo é già stato deciso in alto loco il risultato che dovrà emergere dalle urne, se é vero che Giorgio Napolitano e le più alte cariche europee hanno dichiarato pubblicamente in maniera adamantina quali compiti sarà tenuto a svolgere il nuovo governo, qualunque esso sia. In secondo luogo i partiti destinati a scendere nell’agone elettorale non redigeranno più programmi elettorali di centinaia di pagine, infarcite di “ma anche” e “superamenti” di varia natura, ma si limiteranno a pochi semplici slogan, utili per riempire il vuoto e creare false aspettative. Per chiudere, sempre in tema di superamenti, risulta ormai defunta ogni velleità di bipolarismo ed i poli che si contenderanno la carcassa del paese saranno almeno cinque, a meno di sorprese dell’ultima ora.

Mr. Legacoop Bersani guiderà il polo di centrosinistra che incorporato Sel di Nichi Vendola viene accreditato dai sondaggi (sempre assai benevoli) di un consenso superiore al 30%. Si dichiara pronto ad abbracciare l’Europa dei banchieri e la società civile e strizza l’occhio a Mario Monti, indispensabile nel caso i risultati reali arrivino a permettergli di tentare di formare un governo.

Il Cavaliere errante di Arcore, insieme a tutto il polo di centrodestra, consapevole di avere ormai perso ogni chanches, ha scelto la strada della confusione, nel velleitario tentativo di sparigliare le carte e far dimenticare agli italiani il fatto di avere deposto il paese nelle mani dell’usuraio di Goldman Sachs. Oggi con Monti, domani contro Monti, poi ancora con Monti, offrendogli la guida del partito, poi non contro Monti ma solamente contro le sue leggi ed infine con la sua agenda, purchè lui non ci sia. Un po’ tortuoso forse, ma nessuno sicuramente potrà affermare che esiste una posizione che non sia stata assunta.

L’usuraio di Goldman Sachs, conscio del fatto che la maniera migliore per tornare al governo fosse quella di connotarsi come ago della bilancia, entra nel tatrino elettorale sorretto da Casini e Fini (esili stampelle in verità), ma soprattutto dalla CEI e dai poteri forti mondiali, il che significa “buona stampa” a gogò e una discreta percentuale degli italiani disposti a sperimentare la sindrome di Stoccolma, se è vero che anche lui, come Bersani, si appella alla società civile per raccogliere il consenso.

Il movimento 5 stelle di Beppe Grillo si presenterà alle urne per la prima volta, con la concreta prospettiva d’intercettare il consenso di buona parte degli scontenti ormai guariti dalla sindrome destra vs sinistra, ma esistono forti dubbi sul fatto che voglia e sappia valorizzare lo socntento di cui sopra, anziché parcheggiarlo su un binario morto, lastricato di slogan anticasta e facili battaglie di facciata.

Antonio Di Pietro, in forte calo di presentabilità e di consensi, ha recuperato in Guatemala il collega Antonio Ingroia, per affidargli il compito di ricompattare in giro per l’Italia quel che resta della sinistra radicale e della galassia ambientalista, nella speranza (ci dovrebbe riuscire) di superare la soglia di sbarramento e riportare in parlamento Ferrero, Diliberto e molte altre icone della sinistra che alla scorsa tornata elettorale si ritrovarono fuori dei giochi. Anche Ingroia, come Bersani e Monti, cerca il consenso di quell’ectoplasma chiamato società civile, ma a differenza di loro sembra poter contare sul diritto di pescare fra i vari movimenti che si battono sul territorio. Sembra essere però partito con il piede sbagliato, praticando la pesca di frodo, dal momento che pur stando a braccetto con Di Pietro (che fu uno dei ministri che portarono avanti il TAV), strizzando l’occhio a Bersani da lui definito una brava persona ed incensando “l’amico” giudice Caselli, si é permesso di stmpare sui manifesti il nome del Movimento NO TAV fra quello dei suoi sostenitori, nonostante in Val di Susa nessuno gli avesse dato il permesso di farlo o si sognasse di darglielo.

Nel prossimo mese sicuramente se ne vedranno delle belle, fra scontri in TV, sondaggi pilotati, amicizie di vecchia data messe a repentaglio e nemici indefessi che ritrovano l’amore perduto.
Ma al di là dell’effetto taumaturgico della speranza in quanto tale, come si può sperare di cambiare la qualità del desco, semplicemente scegliendo i camerieri che portano in tavola il cibo, mentre il titolare del ristorante ed i cuochi rimangono gli stessi?
Continueremo a mangiare pesce avariato, anche se fingiamo di non sentirne la puzza, convincendoci che si tratta di una prelibatezza che abbiamo scelto noi.

fonte: Il Corrosivo