L’accordo turco-iraniano limiterà il movimento dei gruppi guerriglieri curdi e eserciterà maggiori pressioni sulle loro cellule. L’accordo è segno di un significativo riavvicinamento tra Ankara e Teheran.
N.B. L’accordo tra Iran e Turchia segna un fatto nuovo, considerando che i gruppi curdi sono sostenuti e armati da Israele e dagli USA, che su questi gruppi contano per arrivare ad una balcanizzazione del paese arabo, secondo il vecchio piano degli strateghi di Washington.
Mappa Iraq Kurdistan
L’accordo tra Iran e Turchia rovescia il piano degli USA ed è significativo che la Turchia prenda nettamente le distanze dagli USA e si allei con quello che è il principale nemico di Israele e di Washington..Un nuovo fallimento nella politica estera dell’Amministrazione USA e per il premier israeliano Netanyahu.
La Marina degli Stati Uniti ha presumibilmente sequestrato una nave che era in rotta verso l’Iran e trasportava zeolite, materiale necessario per fabbricare concentratori di ossigeno per i pazienti con infezione da coronavirus.
Secondo la Fars News Agency , le navi da guerra statunitensi hanno sequestrato la nave vicino al porto cinese di Qingdao mercoledì mattina.
“Solo una parte importata viene utilizzata per la produzione di concentratori di ossigeno, che è zeolite, e siamo costretti ad acquistarlo dalla Francia e importarlo nel paese attraverso diversi intermedi”, Peyman Bakhshandeh-Nejad, CEO della società Zist Tajhiz Danesh Pouya in Iran, ha detto alla Fars News Agency.
Ha affermato che il carico della nave potrebbe portare alla produzione da 4.000 a 5.000 sistemi di concentratori di ossigeno che saranno utilizzati dai pazienti.
Bakhshandeh-Nejad ha respinto le affermazioni secondo cui le sanzioni statunitensi non lasciano impatti sui settori medico e sanitario dell’Iran.
Un concentratore di ossigeno è un dispositivo che concentra l’ossigeno da una fornitura di gas (tipicamente aria ambiente) rimuovendo selettivamente l’azoto per fornire un flusso di gas prodotto arricchito di ossigeno.
Una società pionieristica basata sulla conoscenza in Iran aveva anche prodotto ad aprile uno speciale sistema di concentrazione di ossigeno che può essere utilizzato dai pazienti con coronavirus a casa.
“Il concentratore di ossigeno è il prodotto basato sulla conoscenza dell’azienda. Quando i polmoni non sono abbastanza potenti da pompare l’ossigeno necessario nel sangue, il sistema può aumentare la purezza dell’ossigeno dei polmoni “, ha affermato Ali Ebrahimi, CEO dell’azienda.
Ha aggiunto che il sistema è stato prodotto in tre versioni domestica, centrale e portatile.
Ebrahimi ha affermato che una delle applicazioni più importanti dei sistemi di concentrazione dell’ossigeno è per i pazienti con coronavirus che possono usarlo a casa senza la necessità di visitare l’ospedale.
Da quando un missile iraniano Khordad-3 ha abbattuto un sofisticato drone spia statunitense, Global Hawk a 50 km di altitudine, qualche cosa è cambiato, letteralmente, nei calcoli dei circoli militari israeliani.
Da quel momento, gli esperti israeliani affermano che il vecchio piano di Benyamin Netanyahu, di inviare aerei israeliani ad attaccare le istallazioni nucleari , è un piano che viene oggi totalmente escluso, visto il fatto che l’Iran dispone di sistemi che possono distruggere gli aerei israeliani che sorvolino il territorio iraniano, anche ad altitudini elevate.
Da quel momento non si è visto più alcun drone israeliano a sorvolare il terrirorio libanese e neppure in Siria, ovviamente Israele evita le provocazioni per non ricevere un messaggio simile a quello dell’ abbattimento del drone statunitense e, incluso, si potrebbe dire che neoppure gli USA vogliano ancora ricevere messaggi su un altro fronte. Questo non vuol dire che Israele desisterà dal violare lo spazio aereo libanese ma adesso è cosciente che i suoi apparati sono monitorati e che il cielo non sarà sicuro, quando arrivi il momento del confronto armato.
Aerei israeliani sul Libano
Israele, così come gli USA, sono rimasti sorpresi per la capacità del Khordad-3. Il suo nome si riferisce al 2 di Maggio del 1982 quando la città di Jorramshahr fu liberata dopo di 578 giorni di occupazione irachena, durante la guerra Iran-Iraq di quegli anni. Il Khordad-3 fu ottimizzato dall’Iran nel 2014 come parte della modernizzazione dei suoi apparati elettronici, sensori di intercettazione termici. Inoltre l’apparato dispone una opzione di blocco del suo GPS per proteggerlo nel caso di interferenza di alta intensità. Il sistema ha ricevuto le coordinate che lo hanno lanciato dietro la scia termica del drone statunitense, prima di intercettarlo e distruggerlo. Esiste quindi un grande timore in Israele. Che succederebbe se il drone fosse consegnato alla Siria?
Dopo l’abbattimento del drone, dice il giornalista, “so da fonti ben informate che l’Iran ha rigettato una proposta da servizi di intelligence degli Stati Uniti, fatta tramite una terza parte, di autorizzare Trump a bombardare uno, due o tre obbiettivi scelti dall’Iran, in modo che i due paesi escano vincitori e Trump non perda la faccia. L’Iran ha rifiutato categoricamente questa offerta ed ha risposto: ogni attacco, anche contro una spiaggia deserta, provocherà il lancio di un missile contro obbiettivi americani nel Golfo”.
Del tutto incredibile non è, se si ricorda che che il 12 giugno, mentre “qualcuno” attaccava due petroliere che portavano al Giappone il petrolio iraniano, e gli Usa accusava l’Iran dell’attentato, il premier giapponese Shinzo Abe era in visita a Teheran, e aveva un messaggio scritto di Donald Trump che voleva consegnare all’iman Khamenei. Ho riferito come aveva risposto l’imam: “Riguardo al messaggio del Presidente americano, personalmente non ho nessuna risposta per lui. Con Lei parlerò delle cose che ha detto, ma a lui non rivolgo alcun messaggio, perché non lo ritengo una persona degna con la quale scambiare messaggi. Lui (Trump) dice che sono ‘pronti ad iniziare negoziati onesti’ con noi, ma non crederemo mai a queste parole. Negoziati onesti con persone come Trump non possono avere luogo. L’onestà è molto scarsa tra gli uomini di Stato americani. […] L’Iran ha condotto dei negoziati con gli Stati Uniti e gli Europei per cinque o sei anni, e raggiunto un’intesa. Gli americani, però, hanno poi violato un accordo sottoscritto”, ha detto la Guida della Rivoluzione, sottolineando che nessuna persona saggia intraprenderebbe negoziati con un paese che è venuto meno a tutti gli accordi”.
Evidentemente Trump prende alla leggera il fatto che, venendo meno al patto sul nucleare, a cui Teheran teneva fede ed era stato sottoscritto e garantito dalla UE e dalla Russia, ha commesso un atto di criminalità internazionale gravissimo. Senza un vero motivo, se non obbedire al frenetico Netanyahu e alla lobby sionista in piena sindrome pre-traumatica, che sentiva questo trattato siglato da Obama “un pericolo esistenziale per Israele” e vuole assolutamente distruggere l’ultimo nemico potenziale rimasto.
Men che meno sembra rendersi conto Donald, quando offre sottobanco trattative per un “migliore deal” che ha stracciato quello valido davanti al mondo, che ha imposto sanzioni pesantissime all’Iran, obbligando anche tutti i paesi europei a smettere ogni scambio con il paese.
Adesso gli ayatollah si sono resi conto che Trump vuole uscire dal vicolo cieco in cui s’è cacciato. Che, offrendo sottobanco “la farsa del falso bombardamento concordato su siti vuoti, dimostra di non volere la guerra” – con ciò dando una carta in mano al regime di Teheran, in questo poker col trucco. Trump vuole evitare il conflitto perché pensa alle elezioni, e al suo elettorato stanco di guerre per Sion. Ma Teheran invece “vorrebbe che perdesse le elezioni e farebbe qualunque cosa per vederlo partite dalla Casa Bianca nel 2020.
“Trump vorrebbe vincere la guerra delle apparenze. Ma sembra dimenticarsi del fatto che l’embargo economico e’ un atto di guerra” reale. “Anche l’Iran non vuole la guerra, ma neppure accetta un embargo perenne alle sue esportazioni di petrolio”, scrive Magnier: “L’economia iraniana e’ sotto attacco per l’embargo imposto da Trump alle sue esportazioni petrolifere. Trump si rifiuta di togliere l’embargo perché prima vuole trattare”.
“L’Iran offre solo due possibilità al presidente americano: togliere l’embargo o la guerra”. E qui, Teheran ha a disposizione un’arma ben più concreta della fantomatica bomba atomica.
“Le fonti confermano: in caso di guerra, l’Iran cercherà di bloccare completamente l’approvvigionamento del petrolio proveniente dal Medio Oriente, non già prendendo di mira petroliere, ma colpendo direttamente le fonti di greggio in tutti i paesi del Medio Oriente, siano alleati o nemici. Se noi non possiamo esportare il nostro petrolio nessuno potrà”. E’ una minaccia molto seria che dovrebbe ascoltare il regno saudita e gli emirati complici. L’Iran perfettamente in grado di obliterare i loro giacimenti petroliferi. Ma anche i giacimenti iracheni possono essere nel mirino.
’Iran ha allestito anche una sala operativa congiunta per informare i suoi alleati in Libano, Siria, Iraq, Yemen e Afghanistan di ogni mossa che verrà decisa contro gli Stati Uniti ….Secondo le fonti, gli alleati dell’Iran non avrebbero nessuna esitazione ad aprire il fuoco contro una serie di obiettivi già concordati e la risposta sarebbe perfettamente organizzata, orchestrata, sincronizzata”.
È importante tener presente che gli Stati Uniti non hanno mai combattuto l’Iran da un punto di vista generale, bensì si sono quasi sempre arrogati il diritto di scegliere chi dovesse governarlo. Nel 1941 hanno infatti aiutato i britannici a deporre Reza Shah per sostituirlo con Mohammad Reza Pahlavi. Sono loro che nel 1953 hanno costretto lo scià a rompere con il nazionalista Mohammad Mossadeq per imporre il generale nazista Fazhollah Zahedi. Sono loro che nel 1979 hanno spinto lo scià a ritirarsi e hanno organizzato il ritorno dell’ayatollah Ruhollah Khomeini. E così via.
L’Iran di oggi si trova intrappolato nelle proprie contraddizioni. Innanzitutto, una grande distanza separa il discorso dalla realtà. La Repubblica Islamica continua a presentare Israele e Arabia Saudita come nemici assoluti. Ebbene, i fatti contraddicono sia la retorica di Teheran sia la retorica di Tel Aviv e di Riad. Per esempio, negli anni 1992-1995 i tre Paesi hanno combattuto insieme, a fianco della NATO e dei mussulmani di Bosnia Erzegovina. Altro esempio, Iran e Israele sono proprietari della società EAPC, che gestisce attualmente il gasdotto Eliat-Ashkelon [7].
In secondo luogo, anche se di fronte agli stranieri si mostrano coesi, in realtà i dirigenti iraniani sono molto divisi, vuoi schierati con la Guida della Rivoluzione, vuoi con l’ayatollah Ali Khamenei, vuoi con il presidente della Repubblica, sceicco Hassan Rohani, oppure con il capo dell’opposizione, l’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, da un anno agli arresti domiciliari e i cui più importanti collaboratori sono stati messi in prigione al termine di processi tenuti segreti [8].
Al termine del secondo mandato di Ahamdinejad, il presidente Barack Obama condusse di nascosto a Oman negoziati con il raggruppamento Rafsankjani-Rohani. In quell’occasione fu concordato il principio che avrebbe in seguito retto l’accordo sul nucleare. L’ayatollah Khamenei indusse l’ayatollah Ahmad Jannati a escludere dalle elezioni presidenziali il candidato di Ahmadinejad e favorì l’elezione dello sceicco Rohani, probabilmente senza conoscere alcuni aspetti dell’accordo con Obama. Rohani ha scommesso sull’accordo segreto con i Democratici degli Stati Uniti. Ha anticipato la rimozione delle sanzioni USA promettendo agli elettori giorni di prosperità. Dopo essere stato eletto, ha smantellato il sistema architettato per aggirare le sanzioni e ha finto di negoziare in Svizzera con le grandi potenze quel che in realtà aveva già convenuto con gli Stati Uniti. Ebbene, alla firma dell’Accordo 5+1 non ha fatto seguito la rimozione delle sanzioni. Privata della possibilità di aggirare le sanzioni, l’economia iraniana è crollata. Quando Donald Trump è arrivato alla Casa Bianca ha stracciato l’accordo con l’Iran, facendo precipitare nel panico l’équipe di Rohani, che ha commesso un altro errore: credere che Trump sarebbe stato rapidamente destituito e che i Democratici sarebbero tornati presto al potere. Il gruppo di Rohani ha rifiutato l’offerta di negoziazione di Trump e ora si trova economicamente con l’acqua alla gola.
Negli ultimi anni l’Iran ha potenziato la proprio potenza navale per proteggere navi e petroliere dai pirati e affrontare la crescente presenza navale statunitense ostile nel Golfo Persico. La Marina Militare iraniana varava cerimoniosamente il Sahand, una nuova classe di cacciatorpediniere che dichiara possedere proprietà stealth, evadendo i radar, capacità di guerra elettronica e un ponte di volo per elicotteri, nel porto di Bandar Abbas nello Stretto di Hormuz. Secondo la televisione iraniana, il cacciatorpediniere è dotato di armi avanzate tra cui cannoni antinave e antiaerei, lanciasiluri, missili superficie-superficie e missili superficie-aria. La nave potrebbe anche essere equipaggiata col sistema d’arma ravvicinato Kamand, capace di sparare 4000-7000 colpi al minuto a bersagli entro un raggio di circa 2 km. La nave è dotata di quattro motori e può sostenere viaggi a lunga distanza per 150 giorni accompagnata da una nave di supporto.
L’Islamic Revolution Guards Corps (IRGC) dell’Iran si dichiarava pronto ad attuare la direttiva del Presidente Hassan Rouhani secondo cui se Teheran non potrà esportare greggio attraverso lo Stretto di Hormuz, alcun altro Paese potrà farlo. Secondo le fonti, le osservazioni del comandante dell’IRGC giungevano dopo che il Presidente Rouhani lanciava un severo avvertimento agli Stati Uniti nell’ultimo tour europeo, contro qualsiasi tentativo di bloccare le esportazioni di petrolio iraniano alla luce del ritiro dall’accordo nucleare del 2015. Il Comandante Generale dell’IRGC Mohammad Ali Jafari salutava la posizione “decisa” del presidente iraniano contro le minacce di Washington ed anche espresso la speranza che l’avvertimento sia attuato “in caso di necessità” e nel caso in cui l’intera nazione e le autorità iraniane puntassero a un’azione del genere. Parlando a una conferenza stampa congiunta con l’omologo svizzero Alain Berset, nella capitale svizzera Berna, Rouhani dichiarava che è “scorretto e imprudente” pensare che “un giorno tutti i Paesi produttori di petrolio esportino il loro surplus e l’Iran sia l’unico a non poter esportare petrolio“. “Sicuramente, con l’implementazione delle ultime posizioni adottate dai dirigenti del Paese, nella contingenza ai nemici va fatto capire… cosa significa “tutti o nessuno passeranno per lo Stretto di Hormuz“, sottolineava Jafari.
Lo Stretto di Hormuz si trova all’imboccatura del Golfo Persico ed è l’unico passaggio marittimo dal Golfo Persico all’oceano, uno degli stretti più strategicamente importanti al mondo. Un’ampia fetta del traffico petrolifero mondiali attraversa l’idrovia strategica; lo stretto funge anche da importante via marittima per il traffico di gas naturale liquefatto. Per i Paesi che importano petrolio o gas, come gli Stati Uniti, il normale funzionamento di Hormuz è vitale. L’avvertimento di Rouhani provocava la reazione del Pentagono, che s’impegnava a mantenere aperta la via d’acqua cruciale.
Un nuovo conflitto esteso contro l’Iran e i suoi alleati, sarebbe oggi una sorta di terza guerra del Golfo, ma con conseguenze ancora più disastrose e con il rischio di coinvolgimento della Russia e di altre potenze (Turchia e Iraq in primis). Una guerra contro l’Iran sarebbe un conflitto condotto contro uno stato molto ben armato, molto superiore a quello che era l’Iraq di Saddam Hussein, dotato di una struttura di stato moderno e deciso a difendere il proprio territorio sovrano con forze armate professioniste che hanno la volontà, se non necessariamente i mezzi, per contrastare i principali sistemi di armi statunitensi. L’Iran conta oltre 80 milioni di abitanti con forte composizione di giovani ed è un paese che detiene forti legami culturali e religiosi con altri paesi della regione come l’Iraq, la Siria e il Libano. L’Iran ha acquisito un grande assortimento di armi moderne dalla Russia e possiede una propria industria di armi. A sua volta, ha rifornito il regime di Assad con armi moderne ed è sospettato di aver rifornito di una impressionante serie di missili e di altre munizioni ache Hezbollah in Libano.
Guardie della Rivoluzione Iran
Inevitabile sarebbe il coinvolgimento di Israele e dell’Arabia Saudita che sono esattamente gli Stati che premono su Washington per indurlo ad agire contro l’Iran. Il campo di battaglia di questo conflitto di estenderebbe dalle rive del Mediterraneo, dove il Libano confina con Israele, fino allo stretto di Hormuz, dove il Golfo Persico si svuota nell’Oceano Indiano. I partecipanti potrebbero essere, da una parte, l’Iran, il regime di Bashar al-Assad in Siria, Hezbollah in Libano e varie milizie sciite in Iraq e Yemen; e, dall’altra parte, Israele, Arabia Saudita, Stati Uniti con l’aggiunta degli Emirati Arabi Uniti (EAU).
La vicenda del nucleare iraniano è una delle più palesi dimostrazioni dell’inesistenza di un diritto internazionale e dell’arroganza senza limiti dell’impero. Il programma nucleare di Teheran nacque con lo Scià che prese accordi per la costruzione di una centrale a Bushehr con il beneplacito degli Usa e servendosi di tecnologia francese e soprattutto tedesca, visto che la costruzione fu affidata ad Aeg e Siemens. Con la rivoluzione komeinista e la successiva aggressione dell’ Irak, voluta e pagata dagli Usa (allora Saddam era trattato da eroe), la costruzione fu interrotta, lo stesso reattore ancora inattivo danneggiato da incursioni e i lavori ripresero solo 1995, grazie a un accordo con la Russia che avrebbe terminato l’impianto a patto che l’Iran si impegnasse a restituire il combustibile esausto alla Russia per fugare i dubbi sul suo utilizzo nella costruzione di armi atomiche.
Ma tutto questo non stava affatto bene agli Usa ed ecco che nell’agosto del 2002 il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana fa una conferenza stampa a Washington e annuncia che il governo di Teheran sta costruendo un impianto segreto per l’arricchimento dell’ uranio a fini bellici. Guarda caso la sede del consiglio era stata chiusa qualche mese prima per sospetti legami con un gruppo considerato terrorista a causa della sua vicinanza con il deposto Saddam. Miracolosamente però dopo cinque settimane dalle rilevazioni sulla possibile bomba iraniana, l’Fbi tolse il Consiglio dalla lista nera. Ho bisogno di aggiungere che l’Agenzia internazionale per l’energia atomica non ha trovato tracce di impianti segreti?
Tuttavia assieme alle prime sanzioni imposte sul nulla gli Usa offrirono all’Iran di sostituirsi a tutti gli altri attori, Russia, Germania, Francia, per la costruzione di un reattore ad acqua leggera e dei relativi impianti di arricchimento. Solo che Teheran trovando illegittime le sanzioni proprio in base al Trattato di non proliferazione nucleare disse che avrebbe abbandonato tale trattato visto che non era stato rispettato e che avrebbe badato in proprio all’arricchimento dell’uranio fino al 4% per alimentare la propria centrale. Una reazione più che naturale, ma che diede il destro agli occidentali di montare il caso della bomba iraniana e mettere in piedi anche la minaccia di invasione e di bombardamento. Solo con grande fatica e soprattutto per merito della Russia e della Germania si è arrivati a un accordo che tuttavia gli Stati Uniti hanno stracciato per vendetta contro la presenza in Siria di mezzi e truppe iraniane. Si può mai essere alleati con questi?
Ora, non occorre ricordare che l’Arabia Saudita è il primario e dovizioso finanziatore del “terrorismo” in Siria con miliardi di dollari in stipendi ad armi a oltre 200 mila combattenti – allo scopo precipuo di violare l’integrità territoriale della Siria, ossia smembrarla, e rovesciarne il governo legittimo. Che è nemico giurato di Iran ed Hezbollah e tutti gli sciiti, la cui difesa militare ha scongiurato lo smembramento della Siria e la cacciata di Assad. Men che meno occorre ricordare che il Regno wahabita ha sempre comprato miliardi di armi Made in Usa, essendo il principale cliente del complesso militare-industriale, e dipendendo per la sua sicurezza internazionale da Washington.
Non è un rovesciamento di alleanze – restano visioni divergenti sugli sciiti – ma è un impressionante cambiamento rispetto a solo pochi mesi fa. Il re saudita non si sente più protetto dagli Usa – o almeno non efficacemente – e si fida più della parola e dell’impegno di Mosca alla proprio “integrità”. Adesso Russia e Saudia si stanno concentrando su un interesse comune ben chiaro: far aumentare il prezzo del greggio (la Russia non è parte dell’OPEC) per il 2018.
Il professor Michel Chossudosky (il noto autore del sito canadese Globalresearch) ha fatto un rapido elenco dei “profondi sconvolgimenti delle alleanze geopolitiche cha stanno per prodursi, minando l’egemonia USA in Medio Oriente ed Asia centrale”, per effetto dei ciechi errori americani e dei fermi successi di Putin, che i paesi dell’area stanno cominciando a vedere non come una minaccia ma una potenza militare di mediazione e di stabilizzazione, della cui parola, amici e “nemici” possono fidarsi.
La Turchia,
membro della NATO, pilastro fedele dell’Alleanza contro l’URSS, nonché con Erdogan una delle forze scatenate contro Assad, sostenitrice di jihadisti e acquirente del petrolio di Daesh, adesso sta conducendo manovre militari congiunte con l’Iran attorno allo “stato” kurdo iracheno, sostenuto dagli Usa e Israele,nella cui indipendenza vede – esattamente come Teheran – un pericolo esistenziale per la Turchia; sta combattendo i ribelli curdi, sostenuti dagli Usa, che combattono contro Assad in Siria. Ed anche Erdogan sta comprando gli S-400 da Mosca, strappo primario al coordinamento e all’integrzione degli armamenti NATO fra alleati. La cooperazione militare di Ankara con Israele (più o meno occulta in funzione anti-Assad) è oggi gravemente minata. “Il legame più stretto che Ankara ha stretto con l’Iran contribuiranno a nuocere alle strategia USA e NATO a livello dell’intero Medio Oriente”.
I due progetti concorrenti. quello in blu è la casua della sistruzione della Siria. Adesso inattuale.
Adesso, l’amichevole sfruttamento congiunto del loro giacimento marino fra Qatar e Iran, rende inutile quel progetto; e induce Doha ad aderire al progetto alternativo, di un gasdotto che partirà dal porto di Assulieh, in Iran, e traverserà Persia, Irak e Siria per sboccare in Turchia, ai mercati europei. Diffondendo nel passaggio ricche royalties a tutti gli stati qui nominati. E’ un progetto sostenuto da Mosca. Il Qatar inoltre conta di unirsi ad un oleodotto che collegherebbe l’Iran alla Cina attraverso il Pakistan sempre a partire dal porto di Assoulieh.
Risultato: “Il controllo geopolitico della Russia sui gas e oleodotti in direzione dell’Europa si è consolidato”, invece di indebolirsi come sperato dagli Usa (e NATO).
Occorre segnalare che la Russia e l’Iraq hanno firmato nel 2012 un insieme di accordi sulla cooperazione tecnico-militare per un valore di 4.300 milioni di dollari. Dopo l’invasione dell’Iraq da parte dell’ISIS nel 2014, la Russia e l’Iraq hanno rapidamente implementato un contratto per rifornire Baghdad con armi russe mentre gli USA rifiutarono di consegnare all’Iraq aerei da combattimento F-16 già pagati. Successivamente, ci sono state molte denunce di una aiuto coperto fornito da parte USA all’ISIS sotto forma di aviolancio di casse con armi e munizioni da “misteriosi” aerei ed elicotteri, secondo quanto hanno segnalato incluso membri del Parlamento iracheno. Nel Giugno del 2017, la Russia e l’Iraq hanno firmato un contratto per rifornire il paese arabo con sofisticati carri armati T-90. In questo modo la cronologia di acquisti di armi russe da parte di Baghdad dimostra che l’Iraq preferisce queste ultime a quelle statunitensi. Nello stesso momento in cui Maliki si trovava a Mosca, il ministro della difesa iracheno, Irfan Hayali, visitava Teherán il 22 di Luglio del 2017, quando ha firmato con il suo omologo iraniano, Hussein Dahkan, un memorandoum di intesa sulla cooperazione nel camo della difesa fra i due paesi.
Al Maliki si incontra con Putin
Questo evento ha rappresentato uno schiaffo di Baghdad dato a Washington perchè ha avuto luogo in un momento in cui la Casa Bianca accusava cinicamente l’Iran di esere un “patrocinatore del terrorismo” e stava richiamando gli alleati degli USA a “isolare il regime iraniano”. Questo dimostra il fallimento della diplomazia USA in Iraq, paese che ha sofferto precisamente il terrorismo dell’ISIS e altri gruppi takfiri wahabiti, tutti patrocinati dall’Arabia Saudita ed altri alleati degli USA nel Golfo. Per la precisione l’Iran e lIraq si sono ripromessi di rafforzare la loro cooperazione militare per fare fronte ai terroristi ed estremisti ed alla loro ideologia. In questo senso, la rivista nordamericana Newsweek riconosce che entrambi i paesi sono stati obiettivo di attacchi terroristici e combattono contro questa piaga. A differenza di quello degli USA, l’aiuto iraniano è stato determinante perchè l’Iran potesse frenare prima l’ISIS e poi passare al contrattacco e ottenere una serie di vittorie contro il gruppo terrorista, l’ultima delle quali è stata la liberazione di Mosul. Newsweek segnala che gli USA temono una alleanza strategica tra Iran e Iraq.La rivista enfatizza che i responsabili nordamericani non hanno reagito alla firma dell’accordo Iran-Iraq. Loro sanno che tale minaccia impedirà agli USA di giocare e fare danno, come ha fatto fino ad ora, alla sicureza dell’Iraq e di altri paesi della regione. Esiste inoltre un fattore religioso in questa alleanza che gli statunitensi non arrivano a comprendere. Due terzi degli iracheni sono sciiti e condividono le credenze della grande maggioranza della popolazione iraniana. Milioni di iraniani visitano i luoghi santi sciiti di Kerbala e Nayaf ogni anno e i vincoli di tipo familiare tra entrambe le popolazioni si stanno sempre più estendendo. I centri di apprendimento religioso doi Qom e Nayf mantengono solidi legami e non occorre dimenticare l’influenza della Mayaiyah (la Scuola Teológica di Nayaf) nella politica irachena. I saggi religiosi iracheni non desiderano vedere una presenza statunitense nel loro paese.
estratto da http://www.controinformazione.info/baghdad-si-unisce-allasse-mosca-teheran-damasco/
Spero sia chiaro quel che è accaduto a Ryad, e trovo strano che i titoli dei media occidentali facciano finta di non capirlo. Affiancato dai monarchi sauditi e dagli emiri che finanziano Isis, al Qaeda, tutti i mercenari al Captagon che devastano e decapitano in Siria, ha dichiarato che “l’Iran è la punta di diamante del terrorismo globale” – ripetendo una frase appena pronunciata da re Salman – ed ha ingiunto a Teheran di smettere di aiutare i terroristi islamici. Tali “terroristi islamici” sono ovviamente Hezbollah in Libano, e il governo siriano di Assad, che l’Iran aiuta militarmente contro l’aggressione saudito-americana ed ebraica. Ovviamente, Hezbollah è ritenuto da Israele “una minaccia esistenziale” (perché è la solo forza araba che l’ha vinta in uno scontro), e questo dovrebbe spiegare abbastanza: gli Usa tornano a fare le guerre per Israele. Come sempre.
Dei “sette stati in cinque anni” che al Pentagono era stato incaricati di abbattere dopo e col pretesto dell’11 Settembre, l’Iran è il solo rimasto intatto. Gli altri, Irak, Siria, Libia, Somalia, Sudan, sono stati devastati come Israele ha voluto. Per anni McCain ha canterellato “Bomb bomb bomb Iran”, come suggeriva la lobby, invano. Ora sembra che ci siamo. Trump ha annunciato la creazione di una grande alleanza araba contro l’Iran, una specie di NATO del Golfo; sunniti contro sciiti, con una piccola eccezione: Israele sarà fianco dell’Arabia Saudita. Contro Teheran, guerra senza quartiere. Proprio nel momento in cui gli iraniani, votando massicciamente Rouhani, hanno espresso la speranza di normalizzare i rapporti con l’Occidente. Tutto il successo di Rouhani è stato la rinuncia all’arma atomica, in cambio della riammissione del paese all’onore del mondo, dopo un trentennio di sanzioni. Questa speranza sarà resa vana. La sola salvezza, nel mondo creato dalla superpotenza al servizio di Sion, è proprio avere le testate atomiche sufficienti a dissuadere i criminali globali.
Sarà guerra ibrida, sovversione e aggressione, come al solito. Sembra che i cervelli strategici Usa ritengano il regime in grave crisi economica, dissanguato nelle finanze dall’aiuto che fornisce a Siria e Hezbollah, e la popolazione sia sull’orlo della rivolta: regime change in vista.
La casa saudita ha pagato caro. Il prezzo del riscatto, secondo Silvia Cattori. Altro che 150 miliardi di dollari in armamenti. “L’Arabia ha promesso 300 miliardi di dollari di contratti di difesa nel prossimo decennio, e 40 miliardi di dollari d’investimento nelle infrastrutture. La cifra finale, secondo alcuni iniziati di Wall Street, potrebbe ancora salire a mille milioni di dollari. La Casa Bianca è in estasi davanti agli effetti di questa pioggia di denaro saudita all’interno del Paese. Secondo il resoconto uffiilale dopo l’incontro avvenuto (alla Casa Bianca) tra il principe ereditario ben Salman e Trump, oltre un milione di posti di lavoro potrebbero essere creati direttamente, e milioni di altri nella catena di approvvigionamento”.
Insomma Ryad ha accettato di salvare l’industria americana dalla bancarotta, di ravvivare la sola industria che conti – il militare-industriale. Trump ha ottenuto di fare l’America “great again” con i miliardi di Ryad. Trump aveva promesso di far pagare i sauditi anche per i missili che non userà, l’immane spropositato sofisticato armamento, inutilizzabile in un regnicolo di analfabeti. Assistiamo ad una fantastica integrazione economica e politica fra la Superpotenza e la cosca wahabita decapitatrice, dove l’una sostiene l’altra impedendole di crollare, una nella bancarotta, l’altra nell’autodistruzione; un mostro genetico in fieri da diverso tempo, da quando Hillary era ministra degli Esteri. Un mostro a due teste, anzi a tre – non bisogna dimenticare infatti la nota lobby, fautrice dell’integrazione saudio-americana.