Gli Emirati Arabi Uniti affittano l’Eritrea

Il 26 marzo 2015 l’Arabia Saudita aggrediva lo Yemen; allora Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti cercarono di usare Gibuti, nel Golfo di Aden, per sostenere le operazioni contro lo Yemen. Ma alla fine di aprile 2015, lo scontro tra il comandante dell’Aeronautica di Gibuti e i diplomatici degli EAU rompeva i rapporti tra i due Paesi. Un aereo degli Emirati Arabi Uniti che partecipava alle operazioni contro lo Yemen era atterrato senza autorizzazione sull’aeroporto internazionale di Gibuti-Ambouli. Il viceconsole degli EAU Ali al-Shihi ricorse alle minacce, inasprendo anche la controversia legale sul contratto per il Doraleh Container Terminal, il più grande porto per container dell’Africa gestito a Gibuti dal Dubai Ports World, l’operatore portuale di Dubai, uno dei più grandi asset degli EAU. Infine, il 4 maggio 2015 Emirati Arabi Uniti e Gibuti ruppero formalmente le relazioni diplomatiche, e Gibuti sfrattò le truppe saudite ed emirote dalla base di Haramous, adiacente a Camp Lemonnier. Questo ex-avamposto della Legione Straniera Francese, usato dal Comando d’Africa degli Stati Uniti e dalla Task Force Combinata del Corno d’Africa, fu affittato alla coalizione del Golfo per sostenerne le operazioni contro lo Yemen.
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti si rivolsero subito alla vicina Eritrea, rivale regionale di Gibuti. Il 29 aprile 2015, il giorno della rottura delle relazioni con Gibuti, il presidente eritreo Isaias Afewerki s’incontrava con il re saudita Salman bin Abdel Aziz, concludendo un accordo di partenariato militare con gli Stati del Golfo, offrendo i diritti di uso delle basi in Eritrea. Nell’ambito dell’accordo gli Emirati Arabi Uniti conclusero un contratto di locazione di 30 anni per l’uso militare del porto e dell’aeroporto di Assab, quest’ultimo con una pista di 3500 metri in grado di far atterrare i grandi aerei da trasporto C-17 Globemaster III dell’Aeronautica degli EAU. Gli Stati del Golfo accettavano di fornire aiuti finanziari e a modernizzare l’aeroporto internazionale Asmara, a costruire nuove infrastrutture e ad aumentare le forniture di carburante per l’Eritrea. Le prime operazioni ad Assab avvennero il 13 aprile 2015, quando un elicottero CH-47 Chinook trasportò 8 specialisti della Guardia presidenziale degli EAU e controllori delle operazioni per i terminali (JTAC) nella penisola di Aden, presso la raffineria e i depositi di Aden. Queste forze guidarono le missioni aeree e navali che permisero alle forze filo-saudite dell’ex-presidente yemenita Abdurabu Mansur Hadi di assaltare le difese di Aden alle spalle, via mare. Le navi da sbarco emirote sbarcarono unità saudite, emirote e milizie filo-saudite locali addestrate negli EAU, accerchiando le linee difensive di Ansarullah ad Aden. Il supposto logistico navale dal porto di Assab e dalla base aerea permisero alle forze saudite di occupare Aden con l’operazione Arco d’Oro, nell’agosto 2015. Le navi da sbarco emirote e navi commerciali noleggiate fecero da spola tra la nuova base navale degli EAU di Fujairah, sul Golfo di Oman, e Assab. I velivoli C-17 e C-130 emiroti utilizzarono anche l’Aeroporto Internazionale di Asmara. A fine luglio 2015, la base aerea di Assab fu completata e poté ospitare la brigata blindata degli EAU che guidò l’assalto su Aden. La brigata era composta da 2 compagnie di carri armati Leclerc, 1 battaglione di veicoli da combattimento BMP-3 e 2 batterie di cannoni G6. Gli emirotini avevano anche inviato ad Assab una forza d’urto di 1500 yemeniti addestrati negli UAE e dotata di veicoli blindati costruiti negli EAU.
A metà luglio 2015, il gruppo d’assalto degli Emirati sbarcò nel terminal petrolifero di Little Aden. La nave da sbarco al-Futaisi e il catamarano Swift, ex-nave dell’US Navy, svolsero ripetute spole tra Assab e Aden. Nell’ottobre-novembre 2015, Assab fu il centro logistico dei 3 battaglioni meccanizzati sudanesi schierati ad Aden. 2 battaglioni sudanesi partirono da Kassala sul confine Sudan-Eritrea per il porto di Assab e quindi furono trasportati ad Aden dalle navi degli EAU. Il porto di Assab fu anche la base per il blocco navale imposto dai sauditi ai porti yemeniti sul Mar Rosso di Muqa e Hudaydah, a cui parteciparono le 9 corvette della classe Baynunah e le navi logistiche della classe Ramah della marina emirota. All’inizio del 2016, l’aeroporto di Assab ospitava diversi elicotteri d’attacco Apache del Comando aereo congiunto degli Emirati Arabi Uniti, nonché il Commando Operazioni Speciali Chinook della Guardia Presidenziale, i cui elicotteri Blackhawk e Bell 407MRH compirono operazioni sullo Yemen sud-occidentale. Nel novembre 2015, i turboelica d’assalto AT-802 del 18.mo Gruppo aereo del Comando Operativo Speciale degli EAU iniziarono a compiere sortite sullo stretto di Bab al-Mandab da Assab. I velivoli erano pilotati da personale yemenita addestrato dagli emiroti ad Assab, prima che venissero trasferiti nella base aerea al-Anad. a nord di Aden, nell’ottobre 2015. Furono costruiti anche un’enorme sistema abitativo containerizzato e una tendopoli, mentre le unità antiterrorismo di Aden e la fanteria mobile della Confederazione tribale dell’Hadhramout furono trasferite ad Assab per l’addestramento da parte degli EAU. Dimensioni e velocità di tali sforzi furono notevoli, le nuove unità furono dotate di veicoli tattici dagli EAU prima di essere inviate ad Aden. Un battaglione rimase ad Assab nella primavera-estate 2016, permettendo a un battaglione degli EAU di partecipare alle operazioni contro lo Yemen. Alla fine del 2015, gli Emirati Arabi Uniti iniziarono a costruire nuovi impianti navali presso l’aeroporto di Assab, agevolando le operazioni d’imbarco. Il lavoro fu affidato alla National Marine Dredging Company degli EAU, che costruì un’area di 60000 metri sulla costa e un molo di 700 metri. Le forze emirote inoltre estesero il perimetro di sicurezza attorno agli aeroporti e alle strutture portuali, deviando l’autostrada costiera P-6 tra Assab e Massaua.
Abu Dhabi ha investito molto su Seychelles, Maldive, Mauritius, Madagascar, Comore e Somalia. Nel maggio 2015, gli Emirati Arabi Uniti addestravano l’unità antiterrorismo e la National Intelligence and Security Agency (NISA) della Somalia, aprendo un nuovo centro di addestramento a Mogadiscio, dove gli operatori delle forze speciali emirote addestrano i commando somali mentre gli EAU fornivano alle forze dell’ordine somale blindati RG-31 Mk.V e Reva Mk. III, Toyota Land Cruisers, autocisterne e motociclette. E dall’ottobre 2015, gli Emirati Arabi Uniti pagano gli stipendi delle forze di sicurezza del governo federale somalo. Nel maggio 2016, il Ports World di Dubai stipulava un contratto di 30 anni per gestire il porto di Berbera e ampliarlo, allo scopo di rompere il monopolio di Gibuti sul traffico marittimo commerciale regionale. Gli Emirati Arabi Uniti cercano di ampliate porto e aeroporto di Berbera per sostenere le operazioni contro lo Yemen, oltre che a collegarli al Corridoio di Berbera, una via logistica tra Somaliland ed Etiopia. Gli EAU in cambio forniscono al Somaliland aiuti finanziari e un centro di addestramento militare. Nel Puntland, regione autonoma nella Somalia, gli Emirati Arabi Uniti finanziano la forza di polizia marittima (PMPF) istituita nel 2010, e l’addestrano tramite una compagnia militare privata. La PMPF opera dalle basi di Bosaso, principale porto del Puntland sul Golfo di Aden, e di Eyl sulle coste dell’Oceano Indiano. La componente aerea della PMPF dispone di 3 aeromobili Ayers S2R e 1 elicottero Alouette III. Gli EAU finanziano e addestrano anche l’agenzia d’intelligence del Puntland. Tali forze vengono utilizzate per imporre il blocco navale allo Yemen.

https://aurorasito.wordpress.com/2017/04/26/leritrea-nella-guerra-contro-lo-yemen/

Free Syrian Army

Una volta ultimati i lavori anche nelle altre basi, (Hajar, Qamishli e Kobani ), gli americani saranno nelle condizioni logistiche ottimali per poter raddoppiare il loro potenziale aereo sul campo in modo da eguagliare l’attuale potenziale russo-siriano. La località di Taqba era stata conquistata alla fine di marzo dalle truppe del cosiddetto esercito democratico siriano ( milizie kurdo-arabe), le quali erano state paracadutate li dall’ US Air Force’s Air Mobility Command. I piani della Casa Bianca prevedono anche il trasferimento di un contingente di terra di 2,500 unità attualmente ospitate nella base di Incirlik. Anche le forze della Bundeswehr tedesca come gli americani, stanno cercando basi alternative tra Cipro e la Giordania in modo da lasciare Incirlik, a cause delle relazioni non del tutto idilliache con Ankara. Le manovre in uscita dalla Turchia in maniera cosí rapida da parte di Washington sarebbero dovute alla necessità esigenza di raffreddare le relazioni con Erdogan e il suo stato maggiore il quale si sarebbe rivelato negli ultimi tempi alleato sempre meno stabile e leale. Ma le cinque nuove basi sarebbero il fulcro della nuova strategia trilaterale di Trump la quale mira sostanzialmente: a combattere in maniera più decisa il terrorismo islamico (anche se l’attacco di Shayrat dimostra il contrario); bloccare l’avanzata aerea e di terra delle milizie Iraniane sul suolo Siriano; garantire un nuovo enclave protetto da uno scudo missilistico contro l’esercito turco alle Syrian Kurdish-PYD-YPG. Ovviamente se cosi fosse la confusione e il gioco di azione e reazione sul terreno siriano potranno andare solo a vantaggio dello Stato Islamico il quale potrebbe trarre vantaggio in termini di tempo per riorganizzare le forze sul campo. di Vincent Ligorio Fonte: Pars Today

http://www.controinformazione.info/gli-usa-rafforzano-la-loro-presenza-in-siria-realizzando-nuove-basi-al-confine-giordano/

La battaglia di Ratyan

 

La Russia, la forza trainante che domina i cieli siriani, vuole garantire un posto ai curdi che Turchia e Arabia Saudita respingono dal tavolo dei negoziati per la pace di Ginevra, ma che dovrebbero conquistare alla fine di febbraio. Iran e Russia sono decisi a cambiare la situazione della Siria a vantaggio di Damasco prima della fine dell’estate. Le città si arrendono senza combattere, come Dayr Jamal, e altre, come Tal Rifat, negoziano una via d’uscita ai terroristi per evitare la distruzione della città. Un alto ufficiale che opera in Siria ha detto, “l’unità Sabarin della IRGC operante nelle grandi periferie di Aleppo (Rif di nord, sud, ovest ed est) fu creata più di dieci anni fa in Iran quale Forza Speciale d’élite, addestrata a combattere le guerre penetrando in profondità dentro e dietro le linee nemiche, soprattutto contro i jihadisti. È la punta di diamante contro al-Qaida nel Rif a nord ed ovest di Aleppo, e nel Rif orientale contro il cosiddetto “Stato islamico” (SIIL). Oltre 47 ufficiali e soldati sarebbero caduti nell’ultima offensiva di Aleppo”. “L’opera di disinformazione dell’Iran in questi mesi ha ingannato i media ufficiali che credevano che le sue forze si stessero ritirando dalla Siria, quando i velivoli da trasporto militari inviavano nuove truppe ad Aleppo pianificando la rottura dell’assedio di Nubul e Zahra, le due città sciite del nord assediate da oltre tre anni da al-Qaida e alleati. Dopo l’abbattimento del jet Su-24 russo sul confine turco-siriano da parte della Turchia l’anno scorso, la Russia ha mutato i piani militari per impegnarsi ancor più in Siria mirando a tagliare tutte le linee di rifornimento e collegamento tra i jihadisti e il loro protettori in Turchia. Pertanto, piani sono stati elaborati per controllare le frontiere dal Rif di Lataqia, dove l’offensiva avanza rapidamente, e dal Rif di Aleppo. Un centro operativo è stato creato ad Aleppo per dirigere i fronti settentrionale e meridionale dove l’unità al-Sabarin è principalmente impegnata”. Secondo la fonte, “quando Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno espresso la volontà d’inviare una forza militare in Siria, come concordato con gli Stati Uniti d’America, è arrivata la risposta dal comandante del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie dell’Iran, Maggior-Generale Mohammad Ali Jafari. Le sue forze sono direttamente presenti sul campo, a nord, contro al-Qaida (Nusra) e a nord-est contro lo SIIL. Ciò significa che IRGC ed Hezbollah affronterebbero tutte le truppe che sbarcassero nella loro area operativa senza alcun coordinamento con Damasco. Il centro operativo iraniano è incaricato di liberare l’area al confine tra Turchia e Siria e di combattere qualsiasi forza nemica ad eccezione dei curdi e dei loro alleati, considerati forze non-nemiche”.

https://aurorasito.wordpress.com/2016/02/10/6000-pasdaran-ad-aleppo/

Disgelo russo, letargo europeo

L’intervento rischia anche di prolungare, intensificare e forse espandere la guerra, se, come viene ampiamente ritenuto, le forze russe utilizzeranno la loro potenza di fuoco non contro lo Stato Islamico, ma contro i ribelli che stanno cercando di rovesciare Assad, alcuni dei quali sono appoggiati dagli Stati Uniti.
I funzionari russi hanno descritto il loro dispiegamento di truppe come parte di un nuovo sforzo bellico contro lo Stato Islamico, nel contesto di un sempre crescente dubbio sull’efficacia della vacillante strategia adottata dall’amministrazione Obama. I piani statunitensi di addestrare ed equipaggiare una forza bellica siriana per combattere i gruppi estremisti si sono rivelati un fallimento imbarazzante. La campagna di bombardamenti aerei che dura già da un anno, dal canto suo, non ha avuto alcun impatto evidente sul controllo che lo Stato Islamico ha sui territori siriani. (1)

L’Europa vive una crisi senza precedenti, un’intensa fase di immobilismo che si alterna ad attimi di iperattività le cui conseguenze sono, sovente, fonte di disastri totali (vedi in ultimo la vicenda libica). In queste ore molti gioiscono, incautamente, per lo scandalo che ha coinvolto una delle industrie più produttive, ed importanti, della Germania unificata. La Volkswagen, difatti, è stata al centro di una truffa elettronica gigantesca, di cui sono cadute vittime numerosi Paesi e milioni di consumatori. Il medesimo indennizzo di fine rapporto concesso al manager dell’azienda automobilistica teutonica, 31 milioni di Euro, getta un’ulteriore grande ombra sul Paese, da sempre primo della classe, diretto dalla Merkel.

Gioire quindi delle gravi gaffes di cui è caduta vittima la cancelleria di Berlino, significa non aver chiaro il reale stato delle cose. Il nostro Paese, da sempre in prima linea su tali temi, ha fatto scuola a tutto il Vecchio Continente, contaminandolo in un attimo di tutte quelle patologie della politica che sguazzano tra clientelismo ed erogazione di mazzette.  Corruzione, mala affare, incapacità della classe dirigente (pubblica e privata) ed immobilismo sono elementi alla base del vivere quotidiano in Europa. Elementi che, declinati nelle tante attività istituzionali, fanno presumere scenari inquietanti: se il Califfo sbarcasse in Italia non troverebbe Carlo Martello ad attenderlo, ma Romolo Augusto e nel giro di poco tempo si ritroverebbe in Islanda senza neppure sapere come.(2)

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  1. http://vocidallestero.it/2015/09/28/washington-post-lintervento-russo-in-siria-manda-allaria-i-piani-americani/

2) http://www.lospiffero.com/cronache-marxiane/disgelo-russo-letargo-europeo-23760.html

Obama, Nobel per la pace

Obama, Nobel per la pace

Dunque non ci resta che prepararci. Questo significa dire, chiaro e tondo, che la pace è l’unico modo per sopravvivere. Il che significa che dobbiamo costruire di nuovo un immenso movimento pacifista, italiano, europeo, mondiale.
Dobbiamo preparare ogni forma di resistenza alla guerra . Questa è una parola d’ordine che raccoglie il consenso della stragrande maggioranza. Lo sappiamo. Qui si va con la corrente, non contro la corrente. Solo che bisogna remare in tanti.
Giulietto Chiesa