Le pentole già c’erano

Informazioni attendibili riferiscono che terroristi dell’ISIS, rientrati dalla Siria e dall’Iraq, sono mescolati fra i rifugiati arrivati in Europa ed ottengono facilmente le carte di credito che la UE ha riservato ai migranti a cui spetta la protezione umanitaria e, per le loro spese personali, godono delle agevolazioni previste per questi casi dalle organizzazioni dell’Unione Europea.

Secondo quanto riferito, un sospetto terrorista dello Stato islamico, che ha chiesto asilo in Europa, ha ricevuto una carta di debito prepagata destinata ai rifugiati provenienti dall’Unione europea. Il caso segnalato riflette un nuovo pericoloso periodo per l’Europa, come ha detto un analista alla RT.
Gli agenti antiterrorismo ungheresi hanno arrestato un cittadino siriano, a Budapest, la scorsa settimana, che era stato identificato come membro di alto rango dello Stato islamico (ex ISIS / ISIL). Il sospetto terrorista, fingendosi rifugiato, avrebbe ricevuto una carta di credito prepagata dall’Unione Europea al suo arrivo in Europa – una delle 64.000 persone destinate a ricevere le carte sovvenzionate dal contribuente. Altri casi del genere sono stati segnalati in Germania.

Mentre l’UE insiste che viene utilizzato un severo processo di screening per assicurare che le elargizioni in euro raggiungano le persone giuste, il governo ungherese ha sostenuto che l’imbarazzante scoperta espone il rischio della minaccia per la sicurezza dell’Europa, mentre numerosi jihadisti che fuggono dal Medio Oriente cercano rifugio all’estero, spacciandosi come profughi.
Philip Ingram, un ex ufficiale dell’intelligence militare britannica, è d’accordo con tale analisi, riferendo alla RT che l’Europa deve diventare più attenta a valutare le informazioni mentre i militanti islamici fuggono dalla Siria e dall’Iraq.

https://www.youtube.com/watch?time_continue=3&v=Me6EVENP1w4

Stiamo assistendo a un momento di transizione. Questi elementi si trasformeranno in qualcosa di diverso. Questo è un periodo molto, molto pericoloso e difficile, e dobbiamo monitorare da vicino questa transizione, per essere in grado di identificare e rintracciare i jihadisti conosciuti che stanno attraversando i confini europei “, ha detto.

Terrorismo e carte di credito

Nota: Sono in molti a chiedersi, nei paesi europei, di quali appoggi e di quali sostegni hanno goduto questi elementi che oggi giungono in Europa mentre i media atlantisti vogliono far credere che i gruppi terroristi che agivano in Siria ed in Iraq fossero dei gruppi di “pazzi isolati” e che le enormi quantità di armi, per centinaia di tonnellate , siano loro arrivate dal cielo. Qualcuno prima o poi dovrà rispondere a questi interrogativi.

Fonti: RT News Al Mayadeen

Traduzione e nota: Lisandro Alvarado

https://www.controinformazione.info/terroristi-dellisis-girano-per-leuropa-con-carte-di-credito-rilasciate-dalla-ue/

Afghanistan

Al Festa del Fatto alla Versiliana dello scorso settembre, nel dibattito dedicato al “processo ai Cinque Stelle”, Alessandro Di Battista, da me istigato (ma per la verità non ne aveva bisogno) ha promesso che se i grillini fossero andati al potere avrebbero ritirato il contingente italiano stanziato in Afghanistan. Capisco che non possa essere una priorità del nuovo governo, se finalmente si farà. Però in Afghanistan teniamo ancora 900 uomini del tutto inutili (è da quando siamo in quel Paese che abbiamo fatto un accordo con i Talebani: loro non ci attaccano, in cambio noi non controlliamo il territorio). Si tratta di mercenari che sono lì solo perché il ‘soldo’ è maggiore. Non hanno alcuna motivazione politica e tantomeno ideale. Restiamo in quel Paese solo perché ci obbligano gli americani. Intanto però questa ‘missione di pace’ ci costa circa mezzo miliardo l’anno. Con questa cifra non si salda certamente un bilancio gravemente in rosso, ma qualche buco quei quattrini lo potrebbero coprire. Inoltre quei 900 soldati potrebbero essere utilizzati per la sicurezza interna, perché non è affatto detto che l’Isis continui a risparmiarci.

Nel frattempo in Afghanistan si continua a combattere la guerra più lunga dei tempi moderni, ma nessun giornale informa su quel che sta accadendo in quel Paese. Le notizie bisogna andarsele a cercare sull’Ansa o su qualche media straniero o attraverso qualche canale privilegiato e diretto. Ne diamo qui un breve sunto. 13 maggio: attacco agli uffici del dipartimento delle finanze di Jalalabad nella provincia orientale di Nangarhar. Dieci i morti e una ventina i feriti. Operazione suicida e guerrigliera rivendicata dall’Isis. 14 maggio. Le forze governative e quelle della Nato hanno bombardato le postazioni dei Talebani che avevano attaccato la città di Farah, nell’ovest del Paese. Non è stato fornito il numero dei morti e dei feriti, ma sappiamo che quando a bombardare sono gli americani, che lo fanno a ‘chi cojo cojo’, ci sono sempre numerose vittime civili. Ed è la ragione per cui in questo caso non sono state date notizie. 18 maggio: attacco a un campo di cricket di Jalalabad City. Otto sono i morti, 50 i feriti, tutti civili. Fra i morti c’è il vice governatore della provincia di Laghman, Syed Nikamal. I Talebani hanno emesso un comunicato in cui si dicono “totalmente estranei all’operazione”, come sempre quando ci sono di mezzo i civili perché i Talebani attaccano solo obbiettivi militari o politici dato che, nella loro guerra di indipendenza, non hanno alcun interesse a inimicarsi la popolazione sul cui appoggio si sostengono da diciassette anni. 21 maggio: attacco a un centro di registrazione degli elettori del distretto di Kheway della provincia orientale di Nangarhar, in vista delle elezioni-farsa del 20 ottobre. Dal 14 aprile, cioè da quando il processo elettorale è stato avviato, oltre 100 persone sono morte e 180 sono rimaste ferite nelle province di Badghis, Nangarhar, Ghowr, Samangan, Khowst, Lowgar e Kabul. 22 maggio: un’autobomba è esplosa a Kandahar City causando la morte di 16 persone e il ferimento di altre 36. 22 maggio notte: 21 agenti di polizia sono morti nel corso di attacchi da parte dei Talebani contro checkpoint in vari distretti della provincia occidentale di Ghazni. Fra le vittime c’è anche il comandante della polizia locale.

Da queste notizie si capisce che l’Isis sta sfondando nell’est del Paese, in particolare a Nangarhar e Kandahar, notorie roccaforti talebane dai tempi del governo del Mullah Omar. Come è noto e come affermava esplicitamente una lettera aperta del Mullah Omar ad Al Baghdadi del giugno 2015, che intimava alla Jihad di non mettere piede in Afghanistan per non confondere una legittima resistenza all’occupazione straniera con i deliri geopolitici, universalistici e totalitari del Califfo, i guerriglieri dell’Emirato Islamico d’Afghanistan, da non confondere col Califfato, si battono contro quelli dell’Isis. E’ evidente che i Talebani dovendo combattere su due fronti, contro gli occupanti occidentali e contro gli jihadisti, perdono inevitabilmente terreno. Se l’Isis, come si afferma di continuo, è il più grave pericolo per il mondo internazionale, occidentale e non, i Talebani dovrebbero essere considerati oggettivamente dei nostri alleati. Questo Putin lo ha capito, anche perché se l’Isis sfonda in Afghanistan si avvicina pericolosamente alla Russia, e ha riconosciuto ai Talebani lo status di “gruppo politico e militare”, quindi legittimo. Gli americani invece si ostinano a considerare i Talebani dei “terroristi”. La sola speranza è che l’ondivago Donald Trump nonostante abbia chiesto agli inglesi nuove truppe in Afghanistan e lui stesso abbia minacciato di mandarne altre, cambi improvvisamente idea, come spesso gli accade (vedi Corea del Nord), perché attento com’è ai quattrini dei suoi cittadini non ha convenienza a spendere 45 miliardi di dollari l’anno per una guerra che, come ammettono gli stessi strateghi americani, “non si può vincere” e può quindi continuare all’infinito svuotando le pur ricche casse yankee.

Massimo Fini

Fuga con svista

Siria nord orientale, un F22 Raptor americano, il caccia da superiorità aerea più avanzato dell’aviazione Usa, cerca di ostacolare due bombardieri Mig 25 russi in missione per distruggere le fortificazioni Isis sull’Eufrate. I piloti russi chiamano perciò appoggio il temibile mig 35 e il Raptor se ne fugge verso l’Irak. Si tratta di uno dei tanti episodi della guerriglia americana in medio oriente volta a preservare i suoi terroristi e a tenere sotto scacco la Siria per quel che si può, ma in questo caso le giustificazioni del Pentagono hanno valicato qualsiasi limite: i caccia fuggono, ma le parole invece sfuggono e rivelano le verità che milioni di struzzi non vogliono sentire e migliaia informatori consapevoli del loro ruolo si guardano bene dal rivelare e analizzare.

Il portavoce del Comando centrale della US Air Force, ha detto che c’è un aumento di comportamenti pericolosi da parte dell’aviazione russa nella Repubblica araba siriana e che la più grande preoccupazione è di abbattere un aereo russo perché le sue azioni sono viste come una minaccia per le nostre forze aeree e terrestri”. Qualsiasi persona di intelligenza media si chiederebbe perché mai esista questa preoccupazione visto che i russi combattono l’Isis e il terrorismo e gli americani sostengono di farlo, dunque dovrebbero essere alleati, ma anche come mai, vista questa apprensione, gli aerei Usa cercano di impedire le azioni russe contro l’Isis. Nessuno ha fatto questa ovvia domanda, ma il portavoce dell’air force è stato comprensivo e ha svelato l’arcano: ” spesso i jet russi e siriani attraversano il nostro spazio aereo sul lato orientale del fiume Eufrate”. Dunque non lo sapevamo, ma esiste uno spazio aereo americano in Siria, che fino a prova contraria è ancora uno stato sovrano ed esiste guarda caso proprio nel territorio ancora occupato dalle bande di terroristi siano essi libertador a cachet, alquaedisti o resti dell’Isis. Facile vedere dentro questa tracotanza che avvilisce qualsiasi rimasuglio di diritto internazionale, chi siano i veri alleati degli Usa.

estratto da https://ilsimplicissimus2.com/2017/12/11/abomini-e-pinzillacchere/

 

Gli USA non pagano gli autisti

…e questi lo dicono alla BBC!

“I terroristi  dello Stato Islamico hanno potuto evacuare da Raqqa e Deir ez-Zor sotto  la protezione della coalizione detta anti-Daesh guidata dagli Stati Uniti”. Finché a dirlo è stata Damasco o sono i russi,  i nostri media   han fatto finta di niente, sprezzando la cosa come propaganda di Mosca. Ma che fare quando ad affermarlo è la BBC?

In un eccezionale servizio  pubblicato lunedì, intitolato “Raqqa dirty secret” la storica  emittente britannica  esordisce: “centinaia di combattenti dell’IS e loro familiari sono usciti da Raqqa sotto l’occhio della coalizione a guida Usa e britannica”.

Il fatto è che i giornalisti della BBC hanno identificato e intervistato i camionisti siriani o iracheni, che sono stati ingaggiati  per la gigantesca esfiltrazione. Come “Abu Fawzi, che guida un 18 ruote nel più pericoloso territorio della Siria del Nord”. Racconta  di essere stato contattato dalle   “Le Forze Siriane Democratiche” [SDF  la coalizione di curdi e arabi sostenuti dagli americani, anti-Assad e in teoria  anti Daesh]   gli hanno chiesto di guidare un convoglio di autocarri per rilevare centinaia di famiglie   sfollate per i combattimenti dalla cittadina di Tabqa sull’Eufrate ad  un campo più a nord. Un lavoro da sei ore al massimo, gli hanno detto.

Hanno messo insieme un convoglio di quasi 50 camion, 13 pullman, a cui si sono aggiunti a Raqqa  “più di cento veicoli dello Stato Islamico. Un convoglio lungo sei-sette chilometri”.  

E altro che sei ore. “Invece sono stati tre giorni di guida dura,  alcuni hanno rotto i motori o i semiassi,  con un carico di centinaia di combattenti di Daesh, loro famiglie e tonnellate di armi e munizioni”. Lui e i suoi compagni del convoglio  hanno capito solo dopo d’essere stati ingannati.  Sono stati promessi loro migliaia di dollari perché tenessero segreta la cosa.  Mai visti.

“Ma la BBC ha parlato a decine di persone che o erano nel convoglio, o lo hanno visto passare; e con gli uomini che hanno stipulato l’accordo”: che sono appunto elementi delle SDF, in combutta con i loro presunti nemici,  i terroristi IS che occupavano Raqqa.

Ore di viaggio su strade devastate e bombardate, ponti distrutti, poi: “Al momento di entrare a Raqqa avevamo terrore.  Credevamo di andare scortati dalle SDF (armate), invece eravamo  soli. I terroristi hanno piazzato trappole esplosive sui nostri mezzi. Se qualcosa  fosse andato storto, avrebbero fatto saltare l’intero convoglio. Persino i loro bambini e le loro  donne avevano cinture esplosive”.  I terroristi, spesso col volto coperto ed aria di sfida, non portavano solo le armi individuali: hanno caricato sui camion tonnellate di armamento pesante e munizioni –  per il cui peso almeno uno dei camion ha avuto un semiasse spezzato.

Dentro ogni cabina di guida si sono piazzati tre o quattro  guerriglieri per controllare il guidatore; alcuni li hanno picchiati, una donna li ha  minacciati col Kalashnikov,  “Ci chiamavano maiali o infedeli”.   Fra  gli almeno 250 combattenti “c’erano moltissimi stranieri, Francia, Turchia, Azerbaijan, Pakistan, Yemen, Saudi, Cina, Tunisia, Egitto…”, enumerano.

E pensare, evoca BBC, che il  maggior scorso il generale James Mattis, segretario Usa alla Difesa, aveva giurato che la guerra  contro l’IS sarebbe stata di “annichilazione. E’ nostra intenzione  che i combattenti stranieri non sopravvivano per tornare in Africa, Europa, America…Non glielo permetteremo”; disse in tv.

Il convoglio era preceduto da mezzi della SDF che, ad ogni villaggio, ordinavano agli abitanti di chiudersi   in casa al passaggio dei camion. Ma nel paesello di Shanine, approfittando del fatto che s’era formato un ingorgo e molti dei camion erano rimasti fermi , un bottegaio del luogo di nome Mahamud ha aperto la sua bottega. Quelli sono scesi, erano pallidi e affamati, hanno preso tutto, biscotti,  instant noodles cinesi, merendine, sigarette.  Hanno pagato regolarmente.

In altri villaggi furono più minacciosi,  passando facevano con il dito sul collo il gesto che significa “vi sgozziamo”.

Aerei della coalizione, a volte droni, hanno seguito il convoglio dall’alto. Abu Fawzi stesso ha visto questi aerei, dalla sua cabina, lanciare bengala  di notte  per   illuminare il percorso al convoglio. Superato l’ultimo posto di blocco delle “forze siriane democratiche”, in  territorio ancora IS, molti si sono dispersi. Spalloni locali hanno avuto  olte offerte per aiutare quelli e le famiglie ad espatriare di nascosto. Molti volevano esfiltrare in Turchia. Per il servizio dei contrabbandieri p hanno pagato 600 dollari a testa, 1.500 per famiglia. I contrabbandieri  li hanno parlare “francese e inglese”, ma c’erano anche “ceceni e uzbeki”.  Un giovane combattente che si fa chiamare

Abu Basir al-Faransy,   perché è francese, adesso si è stabilito ad Idlib e dice di volerci restare.  Ma molti del nostro gruppo di fratelli  hanno voluto tornare in Francia per fare quel che chiamiamo il giorno della resa dei conti”.

Qui il servizio con  le foto eccezionali, che non credo abbiamo il permesso di usare.

http://www.bbc.co.uk/news/resources/idt-sh/raqqas_dirty_secret

 

Alla BBC, i comandi anglo-americani hanno ammesso che  sì, anche se non avevano uomini al suolo col convoglio, hanno seguito il convoglio dal cielo.  Indenne.

https://www.maurizioblondet.it/usa-aiutato-migliaia-terroristi-ad-evacuare-indenni-raqqa-stavoltalo-dice-la-bbc/

Isis e Irak

La battaglia per conquistare quel che rimane di Mosul ovest, ultimo bastione dell’Isis nel nord dell’Iraq, è alle battute finali. L’offensiva delle Forze Armate Irachene lealiste sostenute dalle milizie Hashed Chaabi conquistano aree strategiche, e lo Stato Islamico si nasconde nel centro storico del Mosul, usando la popolazione come scudo umano, mentre il confine con la Siria è completamente controllato dalle Milizie Irachene e la Polizia Federale. L’Esercito Iracheno ha annunciato l’avvio di una nuova offensiva contro gli jihadisti dell’Isis che resistono in alcuni distretti di Mosul ovest, in particolare nella zona della Città Vecchia.

Combattenti di Hezbollah in Iraq

Il Libano non dà tregua ai terroristi lungo tutto il confine libanese, che rimane tranquillo e protetto dopo la liberazione della regione del Qalamoun e Qusseir. Mentre scriviamo giungono le notizie che il Fronte al-Nuṣra (Jabhat al-Nuṣra), che si trova ancora nel Qalamoun Ovest da giorni sotto i colpi degli Hezbollah, chiede aiuto alle Autorità libanesi per salvare i propri feriti e portarli negli ospedali libanesi. I protagonisti della scena sono la Federazione Russa, la Repubblica Islamica dell’Iran, l’Iraq, la Siria, cioè i Paesi costretti all’embargo dall’Europa, escludendo il Libano… Ma l’Europa, con chi sta? Fonte: Assadakah Najia al Houssari – il Cairo Jafar Mhanna – Damasco Talal Khrais, Paola Angelini – Roma

http://www.controinformazione.info/guerra-e-diplomazia-lo-stato-islamico-schiacciato-tra-il-confine-siriano-e-iracheno/

Infiltrazioni

di Lorenzo Tondo, Piero Messina e Patrick Wintour, 28 aprile 2017

Investigatori dell’intelligence italiana ritengono che un certo numero di miliziani dello Stato Islamico provenienti dalla Libia si siano introdotti in Europa infiltrandosi in un programma destinato a fornire trattamenti medici ai soldati feriti dell’esercito governativo libico.

Un documento dell’intelligence italiana, esaminato dal Guardian, rivela una complessa rete tramite la quale, dal 2015 a oggi, membri dell’Isis e altri combattenti collegati a movimenti jihadisti si sarebbero infiltrati in Europa fingendosi soldati feriti, in modo da raggiungere cliniche ospedaliere e poi, una volta dimessi, muoversi liberamente in Europa e nel Medio Oriente.

“Miliziani dell’Isis, coinvolti nel trasporto di feriti dalla Libia, stanno utilizzando questa strategia per uscire dalla Libia con passaporti falsi“, dice il documento.

Il documento dell’intelligence italiana si concentra su un progetto sanitario sostenuto dai paesi occidentali per la cura e la riabilitazione dei libici feriti, e sostiene che questo progetto viene gestito “in modo dubbio e ambiguo”, nonostante sia stato supervisionato dal governo libico con base a Tripoli riconosciuto dall’ONU. Il documento suggerisce che il governo libico abbia involontariamente pagato le spese di viaggio ai miliziani dell’Isis, confondendoli coi propri soldati regolari.

I diplomatici e i responsabili del settore sanitario hanno utilizzato un programma chiamato “Comitato Assistenza Feriti Libici” per richiedere passaporti speciali coi quali trasportare i soldati feriti verso l’Europa per fornirgli cure sanitarie.

Ma l’intelligence italiana ritiene che un numero imprecisato di guerrieri dell’Isis si sia infiltrato in questo programma usando passaporti falsi forniti da reti criminali e da funzionari corrotti. Il documento dice che all’inizio del 2016 è stato scoperto che l’Isis aveva preso il controllo dell’ufficio passaporti di Sirte e aveva rubato 2.000 documenti in bianco.

Il governo francese ha già dichiarato pubblicamente che l’Isis ha sviluppato capacità sufficienti da produrre in proprio almeno 200 passaporti falsi.

Il documento dell’intelligence italiana afferma: “Dal 15 dicembre 2015 un numero imprecisato di miliziani feriti dello Stato Islamico presenti in Libia sono stati trasportati al di fuori del paese verso un ospedale di Istanbul per ricevere trattamenti medici“.

Il grosso dei “falsi feriti” viene dall’area libica di Fataeh, dove “si nascondono numerosi militanti dello Stato Islamico“, dice il documento.

http://vocidallestero.it/2017/05/04/guardian-secondo-un-documento-dellintelligence-italiana-combattenti-isis-raggiungono-leuropa-fingendosi-soldati-libici-feriti/

La battaglia di Aleppo

Cosa significa quel corridoio verde per le forze anti-siriane? Prima di tutto, è il corridoio per inviare armi e carne da cannone, provenienti in grandi quantità. Sì, la provincia di Idlib condivide un confine più a lungo con la Turchia, quindi è troppo presto per parlare di sacca, ma è anche una questione di comodità di accesso, e il corridoio verde dispone di autostrade, valichi di frontiera, rotte del contrabbando ben consolidate, e Aleppo stessa, in parte persa da Damasco, è un importante nodo logistico per i flussi di uomini e mezzi ai terroristi. Idlib ha un confine assai meno conveniente, in quanto il terreno montagnoso impedisce il trasporto di grandi quantità di rifornimenti. Ma c’è anche un’altra importante via logistica che appare in appendice, il commercio tra i jihadisti e lo Stato islamico. L’accordo con la partecipazione di Ankara precisa che le s’invia il carburante dalle province settentrionali siriane, ricevendo cibo in cambio. Questo ne fa l’ancora di salvezza per entrambi, dato che lo SIIL controlla i principali giacimenti di petrolio nel deserto, e i gruppi filo-turchi occupano terreni agricoli, senza petrolio e raffinerie. La Turchia usa naturalmente lo scambio per affrontare le carenze di carburante e cibo in queste parti della Siria occupate dai terroristi. I giornalisti ad Idlib e nelle parti di Aleppo controllate dai jihadisti indicano una situazione umanitaria difficile. Stabilimenti alimentari, trasporti, servizi chiudono per mancanza di carburante per i generatori diesel. Non c’è luce o energia elettrica. Naturalmente, non indicano che gli autoveicoli dei jihadisti circolano allegramente. Il rapido peggioramento delle condizioni sociali nelle province occupate dai terroristi, in combinazione con l’offensiva dell’EAS, ha causato alcune manifestazioni di crisi umanitaria. Vi sono segnali di panico, soprattutto tra i terroristi che hanno sfruttato la Siria da tempo, arricchendosi con il contrabbando e che hanno anche creato famiglie, con l’obiettivo ultimo di utilizzare i fondi accumulati per passare poi in luoghi più prosperi come Turchia o Europa. Fuggono verso la frontiera con la Turchia e si concentrano nei campi specializzati. Ankara afferma che ci sono 50mila rifugiati e chiede che il mondo presti attenzione alla crisi apparentemente causata dalle bombe russe. I valichi di frontiera sono chiusi, le persone continuano ad arrivare e l’”apocalisse umanitaria” riceve ampia copertura dei media occidentali. Questo piano probabilmente sarà usato da Ankara e occidente per fare pressione sulla coalizione Russia-Siria, e potrebbe servire come pretesto per l’invasione via terra.

leggi tutto su

https://aurorasito.wordpress.com/2016/02/11/la-battaglia-di-aleppo-unanalisi-dettagliata/

Escalation

Siria settentrionale

Occupando l’aeroporto di Qamishli, la Russia dimostra di essere l’unico Paese pragmatico nella lotta allo SI, tagliandone le fonti del finanziamento. Quindi la vera ragione della rabbia della Turchia verso i russi è il controllo del confine turco-siriano, lungo 250-300 km e profondo 50 km, per evitare il contrabbando di petrolio siriano in Turchia e l’invio di armi a SI e altri gruppi jihadisti. Pertanto Qamishli può diventare un’importante testa di ponte attraverso cui gli Spetsnaz possono far arrivare in aereo direttamente dalla Russia truppe, mezzi corazzati e artiglieria per sigillare il confine turco-siriano e allo stesso tempo collegarsi alle truppe siriane che combattono nella parte orientale del Governatorato di Aleppo. [6] Inoltre, le truppe aviotrasportate russe hanno iniziato a introdurre nel proprio organico alcune decine di nuovi blindati ed obici semoventi, permettendo una capacità offensiva superiore, nell’ambito dei test che la Russia intende svolgere in condizioni di combattimento reali in Siria.

estratto da https://aurorasito.wordpress.com/2016/01/26/spetsnaz-russi-in-siria/

Traslochi in corso

LIBIA

Era già accaduto tra il 4 e il 6 gennaio scorsi, con medesimo esito ma questo fa capire che la minaccia di Daesh verso la porta sul Mediterraneo è crescente, tanto più che approfittando del vuoto politico che paralizza la Libia dall’estate 2014, i miliziani hanno esteso il loro dominio su oltre 300 chilometri di costa libica, da Sirte a Ben Giauad (Ben Jawad) nel centro del Paese, da Derna e Bengasi in piena Cirenaica.

Strategia perfetta. Silenziamo il successo russo e siriano contro Isis, prima che il mondo comici davvero a farsi qualche domandina scomoda al riguardo e spostiamo il fronte in Libia, in modo che Francois Hollande possa finire il lavoro iniziato da Nicolas Sarkozy e garantirsi lauti contratti petroliferi, casualmente a spese dell’Eni come nel 2011. Sempre per pura coincidenza, infatti, da settimane e senza alcun coordinamento con i membri della coalizione, i jet francesi stanno picchiando sulle postazioni jihadiste in Libia. D’altronde, il lavoro pesante lo hanno fatto russi e siriani, l’importante è che la gente non lo sappia e, soprattutto, non lasciare sulla scena prove compromettenti e ora si può puntare al bersaglio grosso, ovvero la Libia, dato che difficilmente qualcuno sarà così stupido da volere ancora la testa di Assad nel breve termine e rischiare un conflitto totale nell’area.

estratto da http://www.maurizioblondet.it/e-partita-lagenda-nascosta-contro-mosca-tra-rublo-ai-minimi-e-spy-story/

Ancora la Libia

Fonte: Hescaton

A nostro avviso il presunto coraggio di Renzi nel schierarsi a fianco della Russia contro le sanzioni e a favore degli interessi energetici italiani in Libia, sarà punito dalle forze che guidano gli States. Nel nostro immediato futuro dobbiamo sicuramente e ripeto sicuramente aspettarci un attentato, anche di proporzioni più grandi di quelli attuati a Parigi. Roma è ovviamente l’obiettivo principale, l’ISIS lo ha ribadito più volte nei suoi video e come sappiamo spesso mantiene le sue promesse. Ed è anche abbastanza sicuro che le postazioni dell’ENI verranno presto attaccate. L’obiettivo è quello di spingere l’Italia, che ricordiamo è ancora in una fase di depressione economica, ad impegnarsi in un conflitto che, bisogna ammetterlo, non è in grado di affrontare per almeno questi motivi: 1) Il tendenziale buonismo dell’opinione pubblica italiana, che quando vedrà i primi soldati italiani morti, se la prenderà subito con il governo in carica che potrebbe probabilmente rischiare il posto. 2) Il cattivo stato dei nostri conti pubblici non ci permette di affrontare una guerra che potrebbe costare miliardi di euro se l’Unione Europea non allenta le regole sul pareggio di bilancio. 3) Anche se l’Italia dispone di forze militari di discreto livello, non è sicuramente preparata ad una guerra aperta e difficile, come potrebbe essere quella in Libia e, ripeto non è assolutamente preparata la nostra opinione pubblica a decine se non centinaia di soldati italiani morti. 4) Ricordiamoci che la Libia ha subito, da parte di Gheddafi, decenni di propaganda anti-italiana e un intervento italiano, di qualsiasi tipo, potrebbe essere visto dalla maggioranza della popolazione come un tentativo neo-coloniale e quindi le forze ribelli di qualsiasi genere potrebbero fare fronte comune contro gli italiani. Inoltre le recenti accuse da parte dei militari di Tobruk ad una presunta violazione delle acque libiche, dimostra che l’Italia in Libia non ha alleati sicuri nemmeno tra le forze laiche. Concludiamo sostenendo che da più parti ci arrivano segnali del fatto che si voglia spingere l’Italia in guerra in Libia, guerra che potrebbe facilmente far collassare il nostro paese a livello economico e politico. Ricordiamo inoltre che il 2-3% della popolazione residente in Italia è di religione musulmana. Nel caso l’Italia non si limitasse ad un intervento aereo o navale, ma decidesse di intervenire a terra per difendere fisicamente le postazioni dell’ENI, il rischio che diventi il nemico principale dei musulmani, in qualità di neo-crociato, è grandissimo e non escludiamo la presenza di diverse cellule dormienti nel nostro paese, pronte ad attaccare proprio in quell’eventualità. Guardando chi ci governa, cioè Renzi ed Alfano, siamo sicuri che veramente l’ISIS non arriverà fino a Roma?

estratto da : http://www.hescaton.com/wordpress/vogliono-portare-litalia-in-guerra/

La Francia paga il duro salario della guerra di inciviltà

i cittadini impauriti da un’inaudita violenza che non è più lontana e mediatica, che nemmeno sceglie più le vittime, ma spara nel mucchio, cercano rifugio sotto le gonne del potere non comprendendo che proprio opponendosi alle sue malefatte saranno in grado di strappare maggiore sicurezza e sfuggire al ruolo di carne da cannone. Solo quando sarà chiaro che non si tratta di una guerra di civiltà come sussurra l’istinto più idiota, ma di una guerra di inciviltà, si potrà uscirne fuori. Solo quando i cittadini saranno in grado di decidere e non essere strumenti sacrificali di interessi oscuri che si nutrono della loro paura, potranno evitare le stragi.

il Simplicissimus

20151113PHOWWW01049Ciò che impaurisce, allarma e indigna nella strage di Parigi non è il numero dei morti, ma l’impossibilità di spiegarla. Sono i penosi contorcimenti dei leader e dei media occidentali nel prendere atto della mattanza tentando di contenerla nella minuscola cassetta degli attrezzi del discorso pubblico e della più elementare propaganda di potere fin qui esercitata. Lasciando intatta la menzogna che occupa lo spazio della comprensione.

Ma solo sgombrando il campo dalle mistificazioni di cui siamo vittime quotidiane si può comprendere il perché della strage e il perché di Parigi. Certo non può farlo Hollande che ieri è comparso in Tv con la faccia impaurita del ragioniere che ha in casa la finanza, né gran parte del milieu politico francese connivente e men che meno Obama e Cameron, complici e soci nell’affaire siriano. Avrebbe dovuto farlo quell’intellighentia che in Francia è tornata in grande stile alla corte di Versailles e l’informazione mainstream se non…

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