Acqua libica

La Libia si trova su una risorsa più preziosa del petrolio, la Nubian Sandstone Aquifer, la più grande fonte sotterranea di acqua dolce del mondo. Il sistema acquifero dell’acqua fossile si formò circa 20000 anni fa e contiene 150000 chilometri cubi di acqua dolce. Gheddafi aveva investito 25 miliardi di dollari nel Great Man-Made River Project, un complesso acuquedotto lungo 4000 km sepolto nel deserto e che poteva trasportare due milioni di metri cubi di acqua al giorno. Un tale schema monumentale di distribuzione dell’acqua stava per trasformare la Libia, nazione al 95 per cento desertica, in un’oasi autosufficiente e coltivatbile. Oggi, le megasocietà globali della Francia, come Suez, Ondeo e Saur, controllano oltre il 45% del mercato idrico del pianeta, un’industria globale da 400 miliardi di dollari. Per la Francia, la rivoluzione del 2011 in Libia riguardava controllo e privatizzazione delle sorprendenti risorse idriche della Libia. Mesi prima che il presidente Obama iniziasse a sganciare bombe sulla Libia, la Central Intelligence Agency avvertì sulla “… futura “guerra idrologica” in cui fiumi, laghi e falde acquifere diventeranno beni della sicurezza nazionale per cui combattere…” o controllati da eserciti per procura e Stati clienti. La rivoluzione del cambio di regime in Libia fu il principale esempio di guerra idrologica imperialista.
Ora che i profitti idrici della Libia fluiscono verso occidente, non sorprende che le regioni occidentali della Libia stiano esaurendo l’acqua potabile. A causa dell’avidità aziendale e della negligenza, i due terzi dei principali condotti idrici della nazione non funzionano più. Mustafa Umar, portavoce dell’UNICEF per la Libia, stima che in futuro circa quattro milioni di libici potrebbero essere privati dell’accesso all’acqua potabile provocando un focolaio di epatite A, colera e altre malattie della diarrea, nonostante la più grande falda acquifera del mondo sotto la casa.
Per l’Italia, il sostegno alla rivoluzione del 2011 fu alimentato dalla sete di petrolio e gas dell’ex colonia. La Libia ha le maggiori riserve di petrolio in Africa e sotto Gheddafi, l’85% delle esportazioni erano dirette in Europa. Prima di Gheddafi, re Idris lasciava che la Standard Oil scrivesse le leggi sul petrolio della Libia. Gheddafi pose fine a tutto ciò. Il denaro dai proventi del petrolio fu depositato direttamente sul conto bancario di ogni cittadino libico. Non sorprende che le compagnie petrolifere italiane abbiano fermato questa nobile pratica. Il petrolio della Libia è molto importante per l’Italia per la vicinanza, la facilità dell’estrazione e la leggerezza del greggio. La maggior parte delle raffinerie in Italia e altrove sono costruite per far lavorare il greggio libico, e non possono lavorare facilmente il greggio saudita più pesante e che ha sostituito il deficit della produzione libica. La Libia ha riserve di gas naturale per oltre 52,7 trilioni di piedi cubi e vaste aree devono ancora essere sondate. Con forniture garantite disponibili dalla Libia, l’Italia è meno dipendente dalle forniture della Russia che, sul fronte energetico, sempre più flette i muscoli e mette naso nell’Europa continentale. Il colosso petrolifero italiano, ENI, aveva acquistato una partecipazione di controllo delle attività libiche di British Petroleum ed ha un accordo col regime libico per estrarre giornalmente 760 milioni di piedi cubi di gas naturale. Col bottino di guerra del mercato idrico della Libia goduto dai francesi e petrolio e gas naturale in gran parte destinati agli italiani, di conseguenza gli USA appoggiarono la rivoluzione del 2011 per un altro mercato: le armi.
Nel giugno 2019 il New York Times riferì che furono trovate armi pesanti statunitensi in un arsenale dei ribelli sostenuti dagli statunitensi in Libia. Il New York Times dichiarò che “i segni sulle casse dei missili identificano il loro produttore, i giganti delle armi Raytheon e Lockheed Martin, e un numero di contratto che corrisponde a un ordine da 115 milioni di dollari per missili Javelin”. La Libia è ora la manna per i rivenditori di armi statunitensi e sede del più grande deposito di armi disperse del mondo. Dal petrolio all’acqua, dalle armi al gas naturale, la rivoluzione del 2011 in Libia fece incassare miliardi di dollari all’occidente e prodotto solo miseria e guerra civile infinita ai libici. La rivoluzione di Gheddafi cinquant’anni fa fu completamente diversa.
Per oltre 40 anni Gheddafi promosse la democrazia economica e utilizzò la ricchezza petrolifera nazionalizzata per sostenere programmi progressisti di assistenza sociale per tutti i libici. Sotto il governo di Gheddafi, i libici non solo godevano di assistenza sanitaria ed istruzione gratuite, ma anche di prestiti senza interessi e lucegratis. Ora, grazie all’espulsione NATO di Gheddafi, i black out elettrici sono comuni nella Tripoli un tempo fiorente, il settore sanitario è sull’orlo del collasso mentre migliaia di operatori sanitari filippini fuggono dal Paese e le istituzioni dell’istruzione superiore in tutto l’est del paese sono chiuse. Un gruppo che ha sofferto immensamente dalla rivoluzione del 2011 appoggiata dall’occidente sono le donne della nazione. A differenza di molte altre nazioni arabe, le donne della Libia di Gheddafi avevano il diritto a istruzione, lavorare, divorziare, detenere proprietà ed avere un reddito. Anche il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite elogiò Gheddafi per la promozione dei diritti delle donne. Quando Gheddafi prese il controllo nel 1969, pochissime donne andavano all’università. Poco prima che l’aeronautica militare statunitense iniziasse a bombardare la Libia nel 2011, più della metà degli studenti universitari libici erano donne. Una delle prime leggi che Gheddafi approvò nel 1970 fu la pari retribuzione con la legge sul lavoro. Dopo la rivoluzione del 2011, il nuovo regime libico “democratico” reprime i diritti delle donne. Le nuove tribù dominanti sono fortemente legate alle tradizioni patriarcali. Inoltre, la natura caotica della politica libica post-intervento permisero il libero regno delle forze islamiste che vedono l’uguaglianza di genere come perversione occidentale.
Contrariamente alla credenza popolare, la Libia, che i media occidentali descrivevano abitualmente come “dittatura militare di Gheddafi”, era in realtà uno Stato democratico. Sotto l’esclusivo sistema della democrazia diretta di Gheddafi, le tradizionali istituzioni di governo furono sciolte e abolite e il potere apparteneva al popolo direttamente attraverso vari comitati e congressi. Lungi dal controllo nelle mani di un solo uomo, la Libia era fortemente decentralizzata e divisa in molteplici piccole comunità, essenzialmente “mini-Stati autonomi” nello Stato. Questi Stati autonomi avevano il controllo sui distretti e potevano prendere varie decisioni, incluso come allocare le entrate petrolifere e i fondi di bilancio. In questi mini-Stati autonomi, i tre principali organi della democrazia libica erano i comitati locali, i congressi popolari di base e i consigli rivoluzionari esecutivi. Il Congresso Popolare di Base (BPC), o Mutamar shabi asasi, era essenzialmente l’equivalente libico della Camera dei Comuni nel Regno Unito o della Camera dei Rappresentanti negli Stati Uniti. Tuttavia, gli ottocento Congressi popolari di base della Libia non erano costituiti solo da rappresentanti eletti, invariabilmente ricchi, che facevano le leggi per conto del popolo; piuttosto, il Congresso permise a tutti i libici di partecipare direttamente a questo processo. Nel 2009, Gheddafi invitaò il New York Times in Libia a trascorrere due settimane osservando la democrazia diretta della nazione. Il New York Times, molto critico nei confronti dell’esperimento democratico di Gheddafi, ammise che in Libia l’intenzione era che “tutti siano coinvolti in ogni decisione. Le persone s’incontrano in commissioni e votano di tutto, dai trattati stranieri alla costruzione di scuole”. Lungi dall’essere una dittatura militare, la Libia di Gheddafi era la democrazia più prospera dell’Africa. Nella versione occidentale della “democrazia” in Libia oggi le milizie, variamente locali, tribali, regionali, islamiste o criminali, formavano due fazioni in guerra. La Libia ora ha due governi, entrambi coi proprio Primo Ministro, parlamento ed esercito, alimentando una guerra civile perpetua e distruggendo ogni possibilità di vero Stato democratico. Chiaramente, la rivoluzione di Gheddafi ha creato uno degli esperimenti di maggior successo nella democrazia economica del 21° secolo. In netto contrasto, la controrivoluzione appoggiata dall’occidente nel 2011 che potrebbe entrare nella storia come uno dei pergiori fallimenti sociali e militari del 21° secolo.

Garikai Chengu è uno storico dell’Africa antica e aveva studiato ad Harvard, Stanford e Columbia University.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

Muammar Gheddafi contro l’occidente: due rivoluzioni sui lati opposti della storia

Missioni italiane

missioni_italiane_edito219-1Qualcuno potrebbe ricordare ai nostri strepitosi alleati che  – su loro  ordine – noi teniamo 914 soldati nostri in Afghanistan  (Resolute Support), dove nessun interesse nazionale ci dà motivo di  stare?  E ciò da decenni?  Che altri 1100 uomini li dobbiamo tenere in Irak e Kuwait (Operazione Prima PArthika), sempre per fedeltà alla NATO “out of area”?  Più  582 in Kossovo (Kfor , e persino 157   in  Lettonia  (Baltic Guardian), paese che ci sputa addosso nella UE, e il cui interesse nazionale  – che consiste nel  provocare la Russia – diverge assolutamente dal nostro? Perché non chiedere alla Lettonia di   mandare un contingente in Libia, se esiste una qualche reciprocità nella Alleanza? Per non parlare del 1135  che – su  ordine ONU – teniamo in Libia anche quelli da decenni. A giudicare dalla carta che ha pubblicato qualche settimana  fa Carlo Jean su Limes, se radunassimo  le ruppe che abbiamo sgranato nel mondo dove non abbiamo cause da difendere se non quelle americane, israeliane e lettoni, anche i nostri generali avrebbero un numero di “diplomatici armati” da mandare su Zodiac e 4×4 in Libia –    dove, d’accordo, Matteo Renzi e Gentiloni ci hanno inchiodato a  sostenere i Fratelli Musulmani , ossia Sarraj. Ma almeno avrebbero una guerra più seria da condurre, invece che quella di far le scarpe a Salvini e mandare a monte la sola cosa buona che ha fatto  questo governicchio  di zeri, stagnare l’alluvione dei profughi.

Come minimo,  quel tal Foa messo a capo della RAI di Stato dal governo, potrebbe dare questo tipo di notizie?

Ma chiedo troppo.  Il governo adesso dice che non esce dall’euro, ma va a cambiare la  UE dall’interno. Non ha cambiato la RAI,  cambia Berlino.

 

 

L’articolo 13 “DIPLOMATICI FRANCESI ARMATI”  ARRESTATI  FRA Libia e Tunisia proviene da Blondet & Friends.

L’”aiuto umanitario” come strumento per distruggere Paesi

La “crisi umanitaria” della Libia fu dichiarata nel febbraio 2011, dopo l’inizio di presunte proteste che alla fine portarono ad escalation violente simili alle guarimbas venezuelane, solo che vi fu aperto uso di armi convenzionali. Tre giorni dopo la “rivolta”, The Guardian citò un’intervista di al-Jazeera a “attivista politico”, Amir Sad, che dichiarò: “I manifestanti di al-Bayda poterono prendere il controllo della base aerea militare dove giustiziarono 50 mercenari africani e due cospiratori libici, e ancora oggi a Darna sono stati giustiziati diversi cospiratori, rinchiusi in celle di una stazione di polizia perché resistevano, e alcuni morirono tre le fiamme nell’edificio”. ONG come la Federazione internazionale dei diritti umani (FIDH) e la Lega libica per i diritti umani (LLDH) affermarono che Gheddafi uccideva il proprio popolo, chiesero la sospensione della Libia dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ed esortarono il Consiglio Sicurezza dell’ONU a “rivedere la situazione e prendere in considerazione il rinvio al Tribunale penale internazionale”. Secondo le due organizzazioni non governative, “la repressione causò la morte di almeno 300-400 persone dal 15 febbraio” e “il regime libico usava chiaramente mercenari da Ciad, Niger e Zimbabwe” (o saranno stati i collettivi di Chavez?). In collaborazione con il National Endowment for Democracy (NED), oltre 70 ONG ribadirono la necessità di sospendere la Libia dal Consiglio per i diritti umani, oltre a sollecitare il Consiglio di sicurezza a invocare il principio della “responsabilità di proteggere” (R2P) nel presunto beneficio del popolo libico. Senza che il governo di Gheddafi non denunciasse le accuse infondate o richiedesse di essere presente, il Consiglio dei diritti umani seguì la raccomandazione e poi il Consiglio di sicurezza adottò le risoluzioni 1970 e 1973, autorizzando una no-fly zone per l’aviazione militare libica e sebbene l’articolo 2 della risoluzione 1973 ponesse l’accento sulla necessità di utilizzare la diplomazia per trovare una soluzione pacifica, l’attacco non tardò ad arrivare. Dopo la battaglia di Sirte, in cui assassinarono Gheddafi, giornalisti e ONG assistettero al saccheggio di case, torture ed esecuzione di ex funzionari, soldati e civili ben oltre 500 cadaveri.

http://aurorasito.altervista.org/?p=5301

Passaggio di consegne

Il ministro francesi degli Esteri, Le Drian, si è recato a Tripoli lunedì. Secondo varie fonti, con uno scopo: ottenere di aprire una base militare permanente in Libia.

Il ministro ha incontrato  Sarraj, il  capo dello pseudo governo,  ma anche il capo  delle “forze armate libiche (sic) Abdulhramman al-Tawi e il comandante della  zona militare  occidentale Osama Al Juwaili,  della zona centrale  Mohamed al-Addad, il comandante della zona militare di Tripoli Abdelsabit Marwan- insomma i caporioni delle milizie  (bande)  locali  più o meno  “fedeli” a Sarraj, ossia che lui non controlla ma che controllano lui – allo scopo di “promuovere lo spiegamento di truppe francesi a Misurata onde aiutare il GNA a stabilizzare  la Libia.

Il sito  Special Monitoring Mission to Libya , citando “il membro dell’Alto Consiglio di Stato Abdurrahman Shater”, riferisce che già un mese prima, in Tunisia, c’erano stati incontri con “rappresentanti francesi” dei “gruppi armati di Misurata” per discutere “operazioni comuni antiterrorismo” ossia sempre stabilire una base francese;la delegazione di Misurata “aveva rifiutato”; sicché “si attende la visita del ministro degli Esteri per far cambiare idea ai gruppi armati”:  Certo Le Drian sarà arrivato  doni. Quali: armi?  (come noto, l’ONU ha i posto un embargo sulla vendita di armi alla Libia), soldi? Tutt’e due?

Quanto a Naaba TV, l’11 luglio segnalava l’arrivo di “cinque esperti militari francesi da Bengasi a Ras Lanut per sostenere le milizie Karama”  – ossia le  bande del generale Haftar impegnate ad impadronirsi della “mezzaluna petrolifera”.    I francesi erano “esperti nel controllo dei sistemi  aerei che hanno aiutato le milizie durante le battaglie sulla mezzaluna del petrolio”.

La Spartizione

Dunque sono sempre più intense le manovre di Parigi per  destabilizzare “la parziale pax italiana”   ricreata  in Libia. In questa serie di manovre, secondo  Luca Donadel, Francesca Totolo ed altri, va inserita l’ostinata operazione della spagnola “Proactiva Open Arms”   per  creare difficoltà al governo italiano, con la scusa dell’accoglienza ai profughi.

Il punto è che la petrolifera francese, Total, sfrutta la sua parte di  petrolio libico insieme alla  petrolifera spagnola Repsol.  Insieme, secondo l’accusa, finanziano “milizie berbere che gestiscono le attività scafiste a Al-Zuwara”.   Altre  bande armate,  nemiche della Guardia Costiera llibica, che però vengono promosse, propagandate e esaltate rommanticamente da articoli di Open Migration,  uno strumento della  Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD),   dove operano figli di papà dell’estrema sinistra italiana, ovviamente collegati a organizzazioni globaliste.

Zuwara, Libia: la città che ha detto basta alle morti in mare

 

In questa opera di promozione è ancor più favorita la Open Arms, creata da Oscar Camps. Un catalano che fino a pochi anni fa faceva il capo di bagnini, accaparrandosi contratti per la sicurezza sulle spiagge spagnole,  spesso denunciato (e alle Baleari condannato) perch non pagava i dipendenti.

L’ausilio  interessato della Spagna (socia di Total)

https://cronicaglobal.elespanol.com/vida/la-adjudicataria-del-socorrismo-de-bcn-tiene-un-historial-negro-en-baleares_34804_102.html

Di colpo, nell’autunno 2015, Oscar Camps decide di diventare umanitario e  va a salvare i profughi siriani in Grecia. SI scatena “il circo mediatico di beatificazione attorno a Camps”; che “coinvolge tutto il sistema català, dalla alcaldesa Ada Colau alla Junta Permanent di Puigdemont…media, personaggi dello sport, l’ex allenatore del Barça Guardiola e il cestista NBA Marc Gasol, entrambi caval”  (Così Vale Mameli).

Quyesto interesse dell’indipendentgismo catalano per Open Arms si spiega con motivi petroliferi. La compagnia petrolifera spagnola, Repsol, è al 73% flottante in borsa e le quote di controllo le detengono la banca catalana La Caixa col 12%, la società Sacyr e il fondo sovrano di Singapore. Caixa è dominus in Repsol”.

“E Caixa non detiene solo il controllo Repsol, controlla anche Naturgy (ex gas Natural Fenosa) società con interessi in Italia come i gassificatori di Taranto e Trieste, partecipata da algerina Sonatrach e Suez (link: https://es.wikipedia.org/wiki/La_Caixa) es.wikipedia.org/wiki/La_Caixa (link: https://es.wikipedia.org/wiki/Repsol) es.wikipedia.org/wiki/Repsol

E infatti è La Caixa, attraverso la sua fondazione, a  dare i primi finanziamenti all’ex bagnino Oscar. Con una prima donazione di 200 mila euro, ma ceto mobilitando molte più “donazioni”.

https://www.elperiodico.com/es/internacional/20171027/la-fundacion-bancaria-la-caixa-impulsa-con-200000-euros-la-labor-de-la-oenege-proactiva-open-arms-6383649

Il bagnino-salvatore insieme a Jaume Girò (Caixa e Repsol) suo primo  finanziatore.

Qui si vede l’umanitario Camps in compagnia di Jaime Girò, che è il donatore: capo delle comunicazioni della Caixa, ma nello stesso tempo, capo della comunicazione della Repsol e della Petronor (la petrolifera basca).  Importante partner della Petronor  è la compagnia di rimorchiatori Ibaizàbal  – che è la compagnia che ha “donato” uno dei suoi rimorchiatoi ad Oscar Camps: quella nave dipinta di giallo e rosso che “salva”  i migranti sotto le coste libiche, sottraendoli alla guardia costiera, per portarli a vagonate in Italia (fino a ieri).

E non basta: qualcuno dona anche la nave appoggio, Astral, “un veliero di lusso”:  è “il milionario andaluso-italiano Livio Lo Monaco”.. Che ha fatto i soldi vendendo materassi in tv,  “famoso per spot e telepromozioni su Telecinco. E’ l’anima commerciale di #OpenArms (link: https://cronicaglobal.elespanol.com/business/lo-monaco-el-rico-empresario-que-cedio-su-velero-para-rescatar-refugiados_40795_102.html) cronicaglobal.elespanol.com/business/lo-mo…

Altri fondi vengono da “Il portale di fundraising  “Banco Solidal”, che fa capo alla Fundacion Real Dreams di Barcellona presieduta da David Levy Faig, ex vicePresidente di Merrill Lynch Spagna”.

Tutti questi banchieri ardono di carità e dalla volontà benefica di scaricare migliaia di negri in Italia,  fino al punto da sfidare il governo italiano.

(Qui una completa storia sui moventi della Open Arms:

http://ilcappellopensatore.it/2018/07/open-arms-la-guerra-del-petrolio/)

La Open Arms che voleve querelare il governo, poi ha cambiato idea e querelerà la Guardia Costriera Libica, ma fose cambierà ancora idea.  Avrebbe da spiegare il salvataggio di Josefa e del suo smalto per unghie.

I mediai italiani si sono precipitati a strillare che la storia dello smalto alle unghie della povera profuga salvata dalla Open Arma  da 48 ore in acqua,  e quindi in fin di vita, era “Una fake”, una bufala. Invece la notizia è vera e hanno dovuto ammetterlo “le volontarie: abbiamo messo noi lo smalto alla povera Josefa  per tranquillizzarla”.

Per tranquillizzare  naufraghi, niente di meglio che  lo smalto per unghie.  Non deve mai mancare nella cassetta del pronto soccorso nautico.

Magari si balla anche  n po’, sulla Open Arms. Del resto si deve tenere allegra la Josepha: del Ghana, è fuggita dal marito perché la picchiava. La picchiava perché non poteva avere figli. Cos’ la Josefa ha intascato preso i suoi 3-5 mila dollari –  ogni donna africana  li ha nel salvadanaio,  specie le mogli picchiate dai mariti   – ed ha  intrapreso il periglioso viaggio.  Pagando gli scafisti e finendo nelle braccia aperte di Open Arms. Che aveva a bordo, allora,  un deputato delal sinistra italiota, Palazzotto – e adesso è ripartita da Barcellona per creare nuove difficoltà alla Guardia Libica, stavolta con a bordo Nicola Fratojanni – addirittura il Segretario della Sinistra.

Sempre al servizio di qualunque potenza straniera, la Sinistra. In odio all’avversario interno, chiamare  l’amico esterno : ecco un classico della storia italiota.

Potenza, la Capitale del Profugo

Ma anche i soldi contano, mica solo l’ideologia, nell’odio contro Salvini.   Dal sito di Francesca Totolo, riporto un elenco, probailmente incompleto, di  “cooperative umanitarie” che guadagnano dalla “accoglienza”. Guardate che fatturati.  Domandatevi come mai  i più grossi fatturati li fanno due caritatevoli organizzazioni a Potenza: con 61 milioni e 41 milioni  l’anno,   sicuramente, in una città come Potenza, sono le due potenze economiche massime. Le Amazon, le Google di Pz, capitale del Profugo.  E i principali datori di lavoro. E i profitti, li vedete? In  tasca a chi finiscono? Sono soldi pubblici, meditate. Questi non vogliono far finire la pacchia.

L’articolo MACRON VUOLE UNA BASE MILITARE IN LIBIA (ha dalla sua Open Arms) proviene da Blondet & Friends.

La realtà è un uccello

Se il governo italiano riuscisse a bloccare gli sbarchi e con essi il piano di destabilizzazione dell’Italia, acutizzando, di conseguenza, il livello di scontro sulla Libia, e dunque il conflitto geopolitico con la Francia, la diarchia franco-tedesca potrebbe andare in crisi, entrando in una fase di instabilità politica, che provocherebbe un ricambio di ceti dirigenti ai vertici dei due paesi tramite un’affermazione elettorale di forze e partiti “populisti”. È a quello stadio che la diarchia alias Unione Europea avvierebbe l’implosione, prima ancora che un governo di un qualsiasi paese membro possa o voglia tentare un’uscita dall’euro o un irrealistico riesame dei trattati.

Luciano Del Vecchio in http://appelloalpopolo.it/?p=43895

Nota: probabilmente i nostri politici non sono in grado di pilotare in questa direzione, ma la storia potrebbe prendere anche questa piega…

Italia disarmata

La Cancelliera aveva preparato in combutta con Macron il solito patto prefabbricato a danno dell’Italia sui migranti; Conte ha protestato  – non ci sono abituati – e lei ha subito “accantonato” la bozza.  Possiamo ammirare nei tedeschi una virtù che non li conoscevamo, un levantinismo da far vergognare qualunque venditore di tappeti falsi nel suk di Qwetta. Il tappeto era bucato? Niente male, lo ritiriamo,  eccone un altro…

Ma ne verrà proposto un altro peggio.  Il disprezzo e peggio con cui  nelle capitali del Nord sono abituati a trattare l’Italia è palpabile e visibile ogni giorno di più,  le  navi di ONG battenti bandiere piratesche ormai fanno provocazioni come, che so, dei giovani teppisti olandesi ubriachi possono fare a un vecchio mendicante invalido; sicuri dell’impunità internazionale. La bozza di Merkel e Macron che essi ritenevano l’italiano avrebbe accettato, si riferiva ai “movimenti secondari”, ossia a scaricarci in Italia i migranti  che sono arrivati in Germania  ma sono stati registrati come primo approdo da noi. Serviva a rabbonire il ministro dell’interno Seehofer e a salvare  la cancelliera dalla crisi di governo  accontentando  il “Salvini bavarese”   che vuole appunto scaricarci i profughi.

Il rifiuto italiano produrrà un effetto che David Carretta, giornalista  presso la UE   per radio radicale per  Il Foglio,  esultante,prevede : “Così l’amico di Salvini, Horst Seehofer, il 10 luglio si attiverà per escludere Italia da Schengen: respingimenti al confine in Germania -> Austria impone controlli alla frontiera e respingimenti al Brennero”.

Esultante, e delirante perché per il godimento di odio e di fazione, egli non si avvede che sta descrivendo, né più né meno, l’esplosione della “Unione Europea”  a cui tanto tiene. Un ministro dell’Interno  bavarese  “esclude l’Italia da Schengen”?  Così, di suo arbitrio? E’ una violazione  unilaterale  dei trattati europei . Ma (come nota un twitter Musso), se “Berlino viola Schengen, ottimo. Ora possiamo violare Maastricht?”.

Allora liberi tutti. Lo sgretolamento dell’Europa nell’ostilità e nel disordine fra insulti e deliri, è tragico: ma non è certo responsabilità solo di “Salvini”, come proclamano i faziosi anti-italiani in Italia: qui il delirio  di Macron e la disonestà levantina della Merkel  si uniscono all’odio che  il governo spagnolo sente il dovere di tributare al nuovo governo di Roma.

Un comunicato congiunto franco-tedesco ha appena raccomandato che le banche della UE  riducano  la loro massa di crediti andati a male (non performing loans) al 5 per cento di quelli che hanno adesso; ciò che obbligherebbe le  banche italianes a svendere in fretta per 10 ciò che può rendere 30. Un’altra misura gratuitamente  anti-italiana.

Il governo tedesco ha riconosciuto di aver lucrato 2,9 miliardi dalla crisi della Grecia.

E   Weidmann della Bundesbank che si è rifatto vivo,  per invocare ancora una volta i mercati ad esigere più alti interessi sul debito pubblico italiano:  la misura che precipiterebbe la  bancarotta e l’espulsione dell’Italia dall’euro,  che sarebbe però, nella catastrofe, una dolorosa liberazione –  di cui  la Germania avrebbe solo da soffrire, a vendere le sue MErcedes con una moneta rivalutata del 30 per cento.

Uno dei motivi della rabbia delirante e incontenibile di Macron è che il governo italiano vorrebbe stabilire centro di selezione di “Migranti”in Libia, e in quella parte della Libia che la Francia sta prendendosi, appoggiando militarmente il generale Haftar  per mettere le mani sulla “mezzaluna petrolifera”.

Haftar infatti avanza ed  ha annunciato nelle prime ore del 21 giugno di aver perso il controllo di Ras Januf e Al Sidra, porti  petroliferi della mezzaluna.

Ma, mi messaggia un amico, sapete cosa? “Sono dieci giorni che gli Usa bombardano le zone francesi in Libia”.  Alleati involontari?

 

https://www.maurizioblondet.it/macron-puo-solo-mandare-le-truppe-al-confine/

Attacco ai Copti

“Ci sparavano contro – hanno raccontato i superstiti – e filmavano tutto”.

I cristiani copti stavano viaggiando verso il monastero di Anba Samuel. Un commando armato ha sparato contro l’autobus: almeno 35 morti, molti dei quali bambini

Questa mattina, a Minya, città di quasi 200mila abitanti a circa 250 chilometri a sud del Cairo, è stato preso d’assalto un autobus. Ad attaccarlo è stato un commando formato da dieci persone a volto coperto che, imbracciando armi automatiche, hanno aperto il fuoco sui quaranta cristiani copti che, dalla città di Beni Suef, stavano andando al monastero di San Samuele. Ne ha ammazzati 35, alcuni dei quali erano bambini. I feriti, una ventina in tutto, sono stati trasportati presso l’ospedale di Maghagha. 

L’attentato di oggi in Egitto contro un bus che trasportava cristiani copti è l’ennesimo attentato terroristico contro questa comunità con radici millenarie, che vanta 10 milioni di fedeli, moltissimi appartenenti alla diaspora, che formano il 10% della popolazione del Paese a stragrande maggioranza musulmana. Dalle Primavere Arabe del 2011 e dalla cacciata di Hosni Mubarak, che godeva del sostegno dell’ex patriarca Shenouda III, i copti hanno vissuto in uno stato di crescente tensione che ha avuto il suo apice durante il periodo del governo del presidente islamista, Mohamed Morsi. Solo dal 2013 vi sono stati una quarantina fra aggressioni di cristiani e attacchi a chiese, in pratica un episodio al mese, con decine di morti.

L’epicentro delle violenze è l’Egitto rurale e in particolare la regione di Minya, il turbolento governatorato con il mix esplosivo di un 35% di popolazione cristiana e un forte radicamento jihadista. E proprio nella regione di Minya, a circa 250 chilometri a sud-ovest del Cairo, si è verificato l’attacco armato di oggi. Il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, che ha destituito Morsi promettendo di ripristinare l’ordine e di proteggere le minoranze, ha convocato una riunione di emergenza del Consiglio nazionale di sicurezza. Recentemente aveva ribadito che gli egiziani “sono tutti uguali nei loro diritti e nei loro doveri, in accordo con la Costituzione” e ha lodato la calma e la saggezza con cui la comunità cristiana sta rispondendo alle violenze. Una legge per punire ogni atto che mina all’unità nazionale e per allentare le limitazioni per la costruzione di nuove chiese è all’esame del Parlamento.

I copti sono una minoranza che ha sempre avuto un ruolo chiave nell’economia e nell’establishment dell’Egitto, anche se molti di loro oggi vivono sotto la soglia di povertà. Sono cristiani la maggioranza degli orafi e la gran parte degli impiegati nel settore farmaceutico del Paese, così come alcune delle famiglie più ricche dell’Egitto come i Sawiris, che controllano il gigante delle telecomunicazioni Orascom. Dinastie di copti hanno ricoperto incarichi politici di primo piano: un membro della famiglia Boutros Ghali ha sempre fatto parte dei vari governi prima della caduta di Mubarak e un suo esponente, Boutros Boutros Ghali, è stato ministro degli Esteri prima di diventare segretario dell’Onu.

Fin qui Sergio Rame – Ven, 26/05/2017

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/egitto-attacco-ai-cristiani-copti-almeno-25-uccisi-su-1402384.html

Del migrante non si butta via niente

Questi gommoni, assemblati in PVC del tipo economico, del solito grigio chiaro, non possono neanche essere montati e caricati sulla spiaggia. occorre avvitare i vari pannelli di compensato che ne costituiscono il fondo gli uni con gli altri, poi i migranti si caricano il gommone in spalla, lo portano in mare e dall’acqua salgono a bordo.

Per essere precisi, come ha chiarito bene il buon Lolli, i gommoni ed i migranti partono attualmente dalla città libica di Zuara, controllata da una tribù berbera.

 

 

La situazione politica il Libia è un filino complicata, la costa della Tripolitania è controllata dalle varie tribù e milizie Twuar. Milizie di cui lo stesso Lolli fa parte, e che hanno inflitto un colpo terribile ai miliziani dell’Isis: nel modo corretto, ovvero prendendo i fanatici salafiti uno ad uno e facendoli fuori fisicamente, non alleandosi con loro, come fa il generale Haftar, paladino dell’occidente.

Rimane il sud della Libia, il Fezzan, controllato dalle tribù berbere, che fanno passare i migranti provenienti dal centro Africa e diretti verso la zona vicino alla Tunisia, la città di Zuara. Ma i berberi della costa sono alleati con i Twuar, contro le milizie Warshefanna, che fanno capo ad Haftar, e la tratta dei migranti non può essere fermata con la forza.

Tratta che è molto interessante dal punto di vista economico, se ogni migrante paga minimo tremila euro per arrivare sulla costa ed essere imbarcato nei gommoni quest’anno con almeno quattrocentomila migranti in transito parliamo di cifre ben oltre il miliardo di euro. Soldi a cui andranno aggiunti i fondi stanziati dai governi occidentali per “fermare il traffico”.

 

Appartenenti alla classe media

Un bel business anche quelle delle navi controllate dalle ONG che prelevano i migranti stessi a poche miglia dalla costa. Ricordiamo che tanti soldi confluiscono in queste ONG, organizzazioni che non pubblicano bilanci e che investono a loro discrezione, stipendiando tra l’altro i “volontari” che per qualche migliaio di euro al mese accolgono i migranti. Tutto legittimo, per carità.

Pensavate che i medici e gli infermieri lavorassero gratis? Di questi tempi anche i duemilasettecento euro che Medici Sans Frontieres e Emergency pagano ogni mese sono soldi anche per un neolaureato, spesso costretto ad accontentarsi di molto meno, lavorando e facendo i turni per una clinica privata in Italia. E poi fa curriculum.

A questo punto è facile immaginare che gli scafisti telefonino direttamente alle ONG (cosa tra l’altro riportata nel rapporto Frontex, non da siti complottisti) o che siano le luci stesse delle navi al largo che indichino agli scafisti quando partire, sia come sia gli scafisti sanno esattamente quando far partire i gommoni. Droni e satelliti ormai controllano le coste libiche e movimenti strani di vecchie navi mercantili o pescherecci sono facilmente rilevabili. Senza i gommoni realizzati da “misteriose” aziende tunisine, che incassano decine di milioni di euro all’anno per i loro servizi, i migranti semplicemente non potrebbero partire.

Infatti si è appena aperta una nuova rotta, i migranti provenienti dal Bangladesh arrivano in Egitto con l’aereo, da lì compiono un lungo viaggio attraverso il Sudan e la Libia fino ad arrivare a Zuara, diretti verso l’Italia.

Cosa vengono a fare in Italia?

E’ presto detto, sono appartenenti alla classe media. Si, sono della classe media, ma di solito secondi o terzi figli;  il primogenito si tiene l’attività di famiglia, che so una piccola fabbrica, un negozietto o robe del genere. Il cadetto va all’avventura come ai tempi delle Crociate, ma al contrario. E deve rendere i soldi che gli sono stati prestati per il viaggio alla famiglia.

Comunque in Italia si sta meglio che nel loro disgraziato paese, l’obbiettivo è quello di ottenere un permesso di soggiorno e alla lunga di potersi liberamente spostare verso altri paesi europei. Nel frattempo vanno avanti a colpi di ricongiungimento familiare al fine di garantire una pensione minima e assistenza medica gratuita agli anziani della famiglia.

Altri benvenuti dalle organizzazioni di assistenza, che ricevono miliardi di euro per sfamarli e assisterli, facendo lavorare tanta gente, italiani che altrimenti resterebbero disoccupati. Lavoranti nelle coop, insegnanti di italiano e altri, tutti volti buoni per una certa parte politica e per il controllo del territorio.

Del migrante non si butta via niente, e poi mica hanno l’etichetta con la scadenza!

http://www.maurizioblondet.it/gommoni-ong-puttanazze-mistero-dei-migranti-libia-si-sta-svelando/

Neo-colonialismo

L’ex-leader libico Muammar Gheddafi fu ucciso “perché pensava che l’Africa era matura per sfuggire alla povertà coi propri mezzi, svolgendo il proprio ruolo nella governance globale“, aveva detto il presidente del Ciad Idris Deby, in un’intervista. Secondo il Capo di Stato ciadiano, era essenziale “farlo tacere”, aggiungendo che “la storia registrerà che gli africani non hanno fatto molto. Ci hanno ignorato e non fummo consultati. Gheddafi era sconvolto e imbarazzato“. “Fu lo stesso con Patrice Lumumba, in Congo. Perché l’uccisero? Perché Gheddafi fu ucciso? (…) Siamo fornitori di materie prime. Ma guardate dove siamo? Siamo molto arretrati“, ha detto il leader del Ciad da Abeche, la seconda città del Ciad.
Ecco in 10 punti perché Gheddafi doveva morire:

1) – Il primo satellite africano RASCOM-1
Fu la Libia di Gheddafi ad offrire la prima vera rivoluzione in Africa dei tempi moderni: assicurando la copertura universale del continente per telefonia, televisione, radio e molte altre applicazioni come telemedicina e istruzione a distanza; per la prima volta, una connessione a basso costo diventava disponibile nel continente, anche nelle zone rurali, con il sistema del ponte radio WMAX. La storia inizia nel 1992, quando 45 Paesi africani crearono la società RASCOM per avere un satellite africano e ridurre i costi di comunicazione nel continente. Le chiamate da e verso l’Africa allora avevano le tariffe più costose del mondo, perché c’era una tassa di 500 milioni di dollari che l’Europa incassava ogni anno dalle conversazioni telefoniche, anche all’interno dei Paesi africani, per il transito dei satelliti europei come Intelsat. Il satellite africano costava solo 400 milioni da pagare una sola volta, senza mai più pagare 500 milioni di affitto all’anno. Quale banchiere non finanzierebbe un progetto del genere, ma l’equazione più difficile fu: come lo schiavo si sbarazza dello sfruttamento servile dal padrone se cerca aiuto da quest’ultimo per raggiungere questo obiettivo? Così, Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, Stati Uniti, Unione europea ingannarono questi Paesi per 14 anni. Nel 2006, Gheddafi pose fine all’inutile agonia dell’elemosina dai presunti benefattori occidentali che praticano prestiti a tassi usurari; la Guida libica mise sul tavolo 300 milioni di dollari, la Banca di Sviluppo africana 50 milioni, la Banca per lo Sviluppo dell’Africa occidentale 27 milioni, così l’Africa dal 26 dicembre 2007 ebbe il suo primo satellite per telecomunicazioni della storia. Nel processo, Cina e Russia s’inserivano, questa volta vendendo la loro tecnologia e permettendo il lancio di nuovi satelliti sudafricani, nigeriani, angolani, algerini e anche di un secondo satellite africano, lanciato nel luglio 2010. Ci aspettiamo per il 2020 il primo satellite al 100% tecnologicamente costruito sul suolo africano, in particolare in Algeria. Il satellite competerà con i migliori del mondo, ma a un costo 10 volte inferiore, una vera e propria sfida. Ecco come un piccolo semplice gesto simbolico di 300 milioni può cambiare la vita di un intero continente. La Libia di Gheddafi è costata all’occidente non solo 500 milioni di dollari all’anno, ma miliardi di dollari di debito ed interessi che tale debito avrebbe generato all’infinito e in modo esponenziale, mantenendo il sistema occulto per spogliare l’Africa.

2) – Base monetaria dell’Africa, Banca centrale africana, Banca di investimenti africana
I 30 miliardi di dollari sequestrati da Obama appartengono alla Banca centrale libica, previsti dalla Libia per la creazione della federazione africana attraverso tre progetti faro:

3) – Banca di investimenti africana a Sirte, in Libia e creazione nel 2011 del Fondo monetario africano con capitale di 42 miliardi di dollari a Yaounde,

4) – Banca centrale africana ad Abuja, in Nigeria, la cui prima emissione monetaria africana significava la fine del franco CFA attraverso cui Parigi domina alcuni Paesi africani da 50 anni.

5) – E’ comprensibile dunque ancora una volta la rabbia di Parigi contro Gheddafi. Il Fondo monetario africano doveva sostituire eventualmente tutte le attività sul suolo africano con cui il Fondo monetario internazionale, con solo 25 miliardi di dollari di capitale, ha saputo piegare un intero continente con privatizzazioni discutibili, obbligando i Paesi africani a passare dai monopoli pubblici a quelli privati. Sono gli stessi Paesi occidentali che chiesero di divenire membri del Fondo monetario africano e, unanimemente, il 16-17 dicembre 2010 a Yaounde gli africani respinsero tali lussuriosi, decidendo che solo i Paesi africani fossero membri del FMA.

I cinque fattori che motivarono Nicolas Sarkozy a combattere la guerra contro la Libia, secondo David Ignatius del Washington Post, “Blumenthal ricevette le informazioni sulla Libia da un ex-agente della CIA:
6) – Desiderio di una maggiore quota di petrolio libico;
7) – Aumentare l’influenza francese in Nord Africa;
8) – Migliorare la situazione politica interna in Francia;
9) – Offrire all’esercito francese la possibilità di ripristinare la sua posizione nel mondo;
10) – Rispondere alle preoccupazioni dei suoi consiglieri sui piani a lungo termine di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza dominante in Africa occidentale”.
Su quest’ultimo punto, il memorandum menziona l’esistenza del tesoro di Gheddafi, 143 tonnellate d’oro e quasi altrettanto di argento, trasferite da Tripoli a Sabha nel sud della Libia, una quindicina di giorni dopo l’avvio dell’operazione militare. “Quest’oro fu accumulato prima della ribellione e aveva lo scopo di creare della valuta panafricana supportata dal dinaro d’oro libico. Questo piano doveva fornire ai Paesi africani francofoni l’alternativa al franco CFA“.

SitoAurora

Riproduzione integrale da https://aurorasito.wordpress.com/2016/05/23/i-10-motivi-per-cui-loccidente-ha-ucciso-la-guida-libica-muammar-gheddafi/

La guerra in Libia

Secondo il New York Times (e questo dato è stato confermato dal Pentagono), la mattina del 19 febbraio aerei da guerra statunitensi attaccavano la città di Sabratha nella Libia occidentale. Diverse decine di persone, tra militanti e civili, morirono (secondo il New York Times i militanti uccisi furono almeno 30. Reuters riferiva di 41 morti e 6 feriti. Al-Arabiya menzionò 46 vittime). In precedenza fu detto che i militari degli Stati Uniti in Libia avevano effettuato almeno un altro attacco aereo a novembre. Così, proprio come previsto, gli Stati Uniti aprivano il terzo fronte della lotta allo SIIL, oltre alle operazioni in Iraq e Siria.
Sulla partecipazione di militari francesi nell’operazione in Libia, secondo le informazioni di numerosi siti francesi, unità francesi saranno dispiegate in Libia da metà febbraio nelle regioni orientali. Un gruppo opera sotto gli auspici del Ministero della Difesa. Un secondo è un’unità della DGSE, i servizi d’intelligence francesi. Inoltre, secondo l’Opinon, la portaerei francese Charles de Gaulle è stata schierata presso le coste libiche. Circa un migliaio di militari francesi, riporta direttamente il Palazzo dell’Eliseo, sono segretamente arrivati in Libia. Secondo la dottrina militare francese, unità speciali e segrete sono considerate forze d’avanguardia. Notizie via internet dell’Huffington Post statunitense, riferendosi all’Huffington Post Arabia, confermano l’arrivo di militari francesi in Libia per un’operazione contro lo SIIL. Le autorità libiche, tuttavia, si oppongono all’intervento internazionale, che la Francia pianifica da diversi mesi. Si sono accordati sugli attacchi contro lo SIIL, ma resistono all’idea della presenza di una coalizione di Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia nel Paese. Inoltre, molti esperti ritengono che le operazioni militari “segrete” di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna contro lo SIIL in Libia istigheranno conflitti in altri Paesi del continente. Anche se la coalizione occidentale lanciasse attacchi aerei contro le posizioni dello SIIL, e le sue forze speciali svolgessero “incursioni sotto copertura” in Libia, rimane qualche dubbio sulla possibilità di trovare forze sul campo affidabili, in grado di controllare il territorio tolto ai militanti. Questo dilemma potrebbe “invogliare” statunitensi e francesi ad inviare forze di terra in Libia per “risolvere problemi tecnici specifici”, come negli scenari siriani e iracheni, facendo esplodere un altro focolaio di tensioni nel mondo. Anche se le azioni occidentali contro i terroristi dello SIIL in Libia possono essere in qualche modo giustificate, va comunque chiarito che non sono legali in quanto mai autorizzate dalle Nazioni Unite e in violazione delle norme internazionali. Se la mancanza di rispetto delle norme e delle leggi internazionali, nonché delle istituzioni internazionali, recentemente dimostrate da Stati Uniti e alleati occidentali in molte occasioni, continua, l’ONU sarà consegnata all’oblio. In questo caso, le decisioni su eventuali conflitti e disaccordi in futuro non saranno più generate attraverso negoziati internazionali, e il mondo sarà schiacciato dal dominio degli Stati Uniti determinando la subordinazione generale della popolazione del pianeta a Washington.

Fonte: https://aurorasito.wordpress.com/2016/03/04/la-guerra-non-dichiarata-della-francia-in-libia/

Libia

Traslochi in corso

LIBIA

Era già accaduto tra il 4 e il 6 gennaio scorsi, con medesimo esito ma questo fa capire che la minaccia di Daesh verso la porta sul Mediterraneo è crescente, tanto più che approfittando del vuoto politico che paralizza la Libia dall’estate 2014, i miliziani hanno esteso il loro dominio su oltre 300 chilometri di costa libica, da Sirte a Ben Giauad (Ben Jawad) nel centro del Paese, da Derna e Bengasi in piena Cirenaica.

Strategia perfetta. Silenziamo il successo russo e siriano contro Isis, prima che il mondo comici davvero a farsi qualche domandina scomoda al riguardo e spostiamo il fronte in Libia, in modo che Francois Hollande possa finire il lavoro iniziato da Nicolas Sarkozy e garantirsi lauti contratti petroliferi, casualmente a spese dell’Eni come nel 2011. Sempre per pura coincidenza, infatti, da settimane e senza alcun coordinamento con i membri della coalizione, i jet francesi stanno picchiando sulle postazioni jihadiste in Libia. D’altronde, il lavoro pesante lo hanno fatto russi e siriani, l’importante è che la gente non lo sappia e, soprattutto, non lasciare sulla scena prove compromettenti e ora si può puntare al bersaglio grosso, ovvero la Libia, dato che difficilmente qualcuno sarà così stupido da volere ancora la testa di Assad nel breve termine e rischiare un conflitto totale nell’area.

estratto da http://www.maurizioblondet.it/e-partita-lagenda-nascosta-contro-mosca-tra-rublo-ai-minimi-e-spy-story/

Ancora la Libia

Fonte: Hescaton

A nostro avviso il presunto coraggio di Renzi nel schierarsi a fianco della Russia contro le sanzioni e a favore degli interessi energetici italiani in Libia, sarà punito dalle forze che guidano gli States. Nel nostro immediato futuro dobbiamo sicuramente e ripeto sicuramente aspettarci un attentato, anche di proporzioni più grandi di quelli attuati a Parigi. Roma è ovviamente l’obiettivo principale, l’ISIS lo ha ribadito più volte nei suoi video e come sappiamo spesso mantiene le sue promesse. Ed è anche abbastanza sicuro che le postazioni dell’ENI verranno presto attaccate. L’obiettivo è quello di spingere l’Italia, che ricordiamo è ancora in una fase di depressione economica, ad impegnarsi in un conflitto che, bisogna ammetterlo, non è in grado di affrontare per almeno questi motivi: 1) Il tendenziale buonismo dell’opinione pubblica italiana, che quando vedrà i primi soldati italiani morti, se la prenderà subito con il governo in carica che potrebbe probabilmente rischiare il posto. 2) Il cattivo stato dei nostri conti pubblici non ci permette di affrontare una guerra che potrebbe costare miliardi di euro se l’Unione Europea non allenta le regole sul pareggio di bilancio. 3) Anche se l’Italia dispone di forze militari di discreto livello, non è sicuramente preparata ad una guerra aperta e difficile, come potrebbe essere quella in Libia e, ripeto non è assolutamente preparata la nostra opinione pubblica a decine se non centinaia di soldati italiani morti. 4) Ricordiamoci che la Libia ha subito, da parte di Gheddafi, decenni di propaganda anti-italiana e un intervento italiano, di qualsiasi tipo, potrebbe essere visto dalla maggioranza della popolazione come un tentativo neo-coloniale e quindi le forze ribelli di qualsiasi genere potrebbero fare fronte comune contro gli italiani. Inoltre le recenti accuse da parte dei militari di Tobruk ad una presunta violazione delle acque libiche, dimostra che l’Italia in Libia non ha alleati sicuri nemmeno tra le forze laiche. Concludiamo sostenendo che da più parti ci arrivano segnali del fatto che si voglia spingere l’Italia in guerra in Libia, guerra che potrebbe facilmente far collassare il nostro paese a livello economico e politico. Ricordiamo inoltre che il 2-3% della popolazione residente in Italia è di religione musulmana. Nel caso l’Italia non si limitasse ad un intervento aereo o navale, ma decidesse di intervenire a terra per difendere fisicamente le postazioni dell’ENI, il rischio che diventi il nemico principale dei musulmani, in qualità di neo-crociato, è grandissimo e non escludiamo la presenza di diverse cellule dormienti nel nostro paese, pronte ad attaccare proprio in quell’eventualità. Guardando chi ci governa, cioè Renzi ed Alfano, siamo sicuri che veramente l’ISIS non arriverà fino a Roma?

estratto da : http://www.hescaton.com/wordpress/vogliono-portare-litalia-in-guerra/