Macronata

Jean-Luc Mélenchon (Tangeri, 19 agosto 1951) è un politico francese, fondatore nel 2008 del Partito di Sinistra. È stato candidato alle elezioni presidenziali del 2017, senza il Fronte di Sinistra (coalizione con cui aveva ottenuto più dell’11% dei voti nel 2012), ma in nome del movimento “La France Insoumise” (FI), fondato per sostenere la sua candidatura nel febbraio 2016.[1] Con esso ha ottenuto il 19,58% dei voti:  anche se  non sufficienti per accedere al ballottaggio,   lo hanno  comunque  piazzato davanti al candidato del Partito Socialista Benoit Hamon (6,36%). È la prima volta nella storia della Quinta Repubblica francese che un candidato di sinistra supera il candidato del Partito Socialista alle presidenziali[2].

La serie di perquisizioni  è  fatto di  gravità inaudita, che viene  dopo l’ordine giudiziario a Marine Le Pen di sottoporsi a perizia psichiatrica: non sono coincidenze, ma l’attacco concentrico di Macron e della sua cosca globalista contro gli avversari politici meno addomesticati  e che hanno forti minoranze elettorali. La Le Pen  ha avuto il 33,94% dei voti.

Jean-Luc Mélenchon  aveva espresso piena solidarietà a  Marine Le Pen: “Disaccordo totale con la psichiatrizzazione della politica. Madame Le Pen è responsabile delle sue azioni politiche. Non è vero che per combatterla ogni mezzo è buono e accettabile. Non è con tali metodi che l’estrema destra sarà arginata”.

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Jacques Attali

di  Ilaria Bifarini Conosciuto come l’eminenza grigia della politica francese dai tempi di Mitterand e noto per il suo ultraeuropeismo, Jacques Attali è l’uomo che ha scoperto Macron, presentandolo al presidente Hollande del quale è diventato consigliere. A lui viene attribuita la paternità di una frase molto esplicativa sul sentimento elitarista : “Ma cosa crede, la plebaglia europea: che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?”. Meno nota è invece un’altra affermazione dell’illustre economista, professore, finanziere e a lungo consigliere di fiducia dell’Eliseo: “La forma di egoismo più intelligente è l’altruismo”. La filantropia, questo vezzo umanitarista che sembra contagiare gli uomini di maggiore successo, non ha risparmiato Jacques Attali, che nel 1998 fonda l’associazione no profit Planet Finance. Certo, il nome tradisce un po’ da subito quello che dovrebbe essere il fine umanitario di questa organizzazione che opera in 60 Paesi e offre servizi e consulenze di tipo finanziario, microfinanza per l’esattezza. Finita nell’occhio del ciclone per il trattamento economico “schiavistico” riservato agli stagisti cui si richiedevano requisiti di prim’ordine, la società cambia nome e diventa Positive Planet, evocando nel nome la positività del modello economico di cui si fa portatrice. Tra i suoi obiettivi ci sono “l’inclusione economica, sociale e ambientale in tutto il mondo in modo sostenibile ed equo.” Come? Rendendo possibile l’accesso ai servizi finanziari da parte dei Paesi più poveri. La sua mission è infatti quella di “combattere la povertà attraverso lo sviluppo della microfinanza.” Per realizzarla si serve di otto unità specializzate, compresa un’agenzia di rating di microfinanza. L’organizzazione è così efficiente da aver ricevuto un premio per l’80a migliore ONG del mondo secondo il Global Journal nel 2013. Nello stesso anno ha realizzato un fatturato (chiffre d’affaires) di 2 251 000,00 €. Gli organi societari annoverano nomi di grande peso sul piano politico ed economico mondiale. Da Jacques Delors al ministro degli Affari esteri dell’Oman, passando per partner di colossi della consulenza come Ernst & Young e Bain, fino al presidente di Microsoft International. Dulcis in fundo, il cofondatore di questa ramificatissima Ong è il bengalese Muhammad Yunus, il padre del microcredito moderno. Grazie all’appoggio di illustri sostenitori, come i Clinton e Bill Gates e con il sostegno della stessa Banca Mondiale, nei primi anni Ottanta creò in Bangladesh la Grameen Bank, un istituto finanziario che concedeva denaro alle persone più indigenti, impossibilitate ad avere accesso al credito. Come già riscontrato in uno studio condotto sulla Cambogia, in cui analizzando la frequenza e le modalità di emigrazione della popolazione è emersa una correlazione diretta tra espansione del microcredito e aumento dei flussi migratori verso l’estero, anche qui i prestiti concessi si tramutarono in un incentivo all’emigrazione per la popolazione locale. Il Bangladesh è infatti paese di origine di circa un decimo dei migranti che ogni anno arrivano in Italia (oltre 10 mila nel solo 2017). Ed è proprio qui che è nato il business dei cosiddetti “migration loans”, i prestiti per finanziare i viaggi dei migranti, gestiti dalla BRAC (Bangladesh Rural Advancement Commitee), leader nel settore e la più grande ONG al mondo, che opera anche in Asia e in Africa. Microcredito e finanziarizzazione della disperazione: il caso BRAC Una commistione molto fruttuosa quella tra ONG, migranti e finanza, un vaso di Pandora ancora da scoperchiare del tutto e che ci riserverà incredibili sorprese. Fonte: Ilaria Bifarini

Italia disarmata

La Cancelliera aveva preparato in combutta con Macron il solito patto prefabbricato a danno dell’Italia sui migranti; Conte ha protestato  – non ci sono abituati – e lei ha subito “accantonato” la bozza.  Possiamo ammirare nei tedeschi una virtù che non li conoscevamo, un levantinismo da far vergognare qualunque venditore di tappeti falsi nel suk di Qwetta. Il tappeto era bucato? Niente male, lo ritiriamo,  eccone un altro…

Ma ne verrà proposto un altro peggio.  Il disprezzo e peggio con cui  nelle capitali del Nord sono abituati a trattare l’Italia è palpabile e visibile ogni giorno di più,  le  navi di ONG battenti bandiere piratesche ormai fanno provocazioni come, che so, dei giovani teppisti olandesi ubriachi possono fare a un vecchio mendicante invalido; sicuri dell’impunità internazionale. La bozza di Merkel e Macron che essi ritenevano l’italiano avrebbe accettato, si riferiva ai “movimenti secondari”, ossia a scaricarci in Italia i migranti  che sono arrivati in Germania  ma sono stati registrati come primo approdo da noi. Serviva a rabbonire il ministro dell’interno Seehofer e a salvare  la cancelliera dalla crisi di governo  accontentando  il “Salvini bavarese”   che vuole appunto scaricarci i profughi.

Il rifiuto italiano produrrà un effetto che David Carretta, giornalista  presso la UE   per radio radicale per  Il Foglio,  esultante,prevede : “Così l’amico di Salvini, Horst Seehofer, il 10 luglio si attiverà per escludere Italia da Schengen: respingimenti al confine in Germania -> Austria impone controlli alla frontiera e respingimenti al Brennero”.

Esultante, e delirante perché per il godimento di odio e di fazione, egli non si avvede che sta descrivendo, né più né meno, l’esplosione della “Unione Europea”  a cui tanto tiene. Un ministro dell’Interno  bavarese  “esclude l’Italia da Schengen”?  Così, di suo arbitrio? E’ una violazione  unilaterale  dei trattati europei . Ma (come nota un twitter Musso), se “Berlino viola Schengen, ottimo. Ora possiamo violare Maastricht?”.

Allora liberi tutti. Lo sgretolamento dell’Europa nell’ostilità e nel disordine fra insulti e deliri, è tragico: ma non è certo responsabilità solo di “Salvini”, come proclamano i faziosi anti-italiani in Italia: qui il delirio  di Macron e la disonestà levantina della Merkel  si uniscono all’odio che  il governo spagnolo sente il dovere di tributare al nuovo governo di Roma.

Un comunicato congiunto franco-tedesco ha appena raccomandato che le banche della UE  riducano  la loro massa di crediti andati a male (non performing loans) al 5 per cento di quelli che hanno adesso; ciò che obbligherebbe le  banche italianes a svendere in fretta per 10 ciò che può rendere 30. Un’altra misura gratuitamente  anti-italiana.

Il governo tedesco ha riconosciuto di aver lucrato 2,9 miliardi dalla crisi della Grecia.

E   Weidmann della Bundesbank che si è rifatto vivo,  per invocare ancora una volta i mercati ad esigere più alti interessi sul debito pubblico italiano:  la misura che precipiterebbe la  bancarotta e l’espulsione dell’Italia dall’euro,  che sarebbe però, nella catastrofe, una dolorosa liberazione –  di cui  la Germania avrebbe solo da soffrire, a vendere le sue MErcedes con una moneta rivalutata del 30 per cento.

Uno dei motivi della rabbia delirante e incontenibile di Macron è che il governo italiano vorrebbe stabilire centro di selezione di “Migranti”in Libia, e in quella parte della Libia che la Francia sta prendendosi, appoggiando militarmente il generale Haftar  per mettere le mani sulla “mezzaluna petrolifera”.

Haftar infatti avanza ed  ha annunciato nelle prime ore del 21 giugno di aver perso il controllo di Ras Januf e Al Sidra, porti  petroliferi della mezzaluna.

Ma, mi messaggia un amico, sapete cosa? “Sono dieci giorni che gli Usa bombardano le zone francesi in Libia”.  Alleati involontari?

 

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