La spallata definitiva viene data con la caduta del muro di Berlino che legittima quel modello come verità incontrovertibile ; esattamente l’anno dopo , 1990 , viene assegnato il premio per gli studi pionieristici nel campo della finanza ( Markovitz ) e nel 1995 ( Lucas )i mercati finanziari diventano “ razionali e non sbagliano mai nell’allocazione delle risorse “. Se il fine rimane quello della massimizzazione del profitto la finanza contribuisce a realizzarlo molto più rapidamente dell’economia reale che viene delocalizzata , si preparano i disastri degli anni successivi . L’economia, quindi, da solida diventa liquida , il suo orientamento passa dal lungo tempo al breve o brevissimo tempo , spesso al saccheggio come si scoprirà dopo ; la finanza opera lontano dal mondo reale in un contesto di risorse illimitate , i suoi volumi sono incalcolabili . In quegli anni si affermerà il dogma del “ creare valore per gli azionisti “ cioè aumentare il valore finanziario delle azioni più rapidamente possibile anche se l’economia reale ha tempi diversi e così si gioca sull’emozione che gettata dalla finestra rientra dalla porta ; per realizzare obiettivi sfidanti a breve i managers avranno “ bonus “ anche dodici volte lo stipendio base . Nel 1997 il premio viene assegnato per “ i derivati “ ( Merton e Scholes ) che nel 1989 erano 1/20 del pil mondiale , nel 1999 diventeranno il doppio e Greenspan li deregolamenterà totalmente ; nel 2010 diventeranno 20 volte il pil mondiale . La gran parte delle loro transazioni –circa il 95 % – è riconducibile ad un numero limitatissimo di banche d’affari ; un contesto assolutamente diverso da quella simmetria informativa su cui Lucas aveva potuto dimostrare la razionalità dei mercati . Poi, è vero ,negli ultimi 15 anni ci sono state nei premi assegnazioni diverse , ma ormai i buoi erano scappati dalla stalla e le radici del modello si erano affermate come dominanti . Le conseguenze tossiche di questo modello socioculturale sono la disuguaglianza , la povertà , il degrado morale , una conflittualità rabbiosa e permanente , la mancanza di immaginazione e di creatività . Tutto questo dipende da un’errata regolazione dei mercati ( crisi economica ) o dalla fine di un modello socioculturale incapace di rispondere ai problemi dell’uomo inteso come persona non come oggetto ( crisi antropologica ) ? “ L’esclusivo obiettivo del profitto , se mal prodotto e senza il bene comune come fine ultimo , rischia di distruggere ricchezza e creare povertà “ ( “Caritas in veritate” cap.II , 21 ) . Il sistema portato agli estremi ha creato ad una concentrazione di ricchezza finanziaria senza pari nella storia con una sorta di senato egemone sovraordinato ai singoli stati.
estratto da http://www.lafinanzasulweb.it/2014/crisi-antropologica-non-economica/