Come se non bastasse, dopo 17 anni di occupazione ininterrotta sotto tutti i pretesti del mondo, oggi Trump rivendica spudoratamente il 50 percento delle entrate petrolifere dell’Iraq come compensazione per la sua occupazione militare.
Quale sia il vero motivo della presenza delle truppe USA in Iraq lo hanno ormai capito tutti, ben diverso che non il pretesto sbandierato della “lotta al terrorismo”.

Si calcola che le entrate petrolifere dell’Iraq, il secondo maggiore produttore dell’OPEC, hanno prodotto 112 miliardi di dollari nel 2019.
Oggi l’Iraq è sull’orlo del collasso sotto la minaccia delle sanzioni di Trump e del blocco dei suoi conti aperti dalla Banca centrale irachena presso la Federal Reserve Bank di New York, dove Baghdad mantiene le sue entrate petrolifere custodite che rappresentano il 90%. cento del suo bilancio nazionale – come ritorsione per l’obbligo del parlamento iracheno di espellere 5.200 truppe statunitensi.
Le sanzioni finanziarie e il sequestro dei depositi stranieri si stanno dimostrando come l’arma di Trump micidiale quanto le sue bombe nucleari.
D’altra parte le rivelazioni fatte dal premier iracheno uscente, Adil Abdul-Mahdi, espongono quale sia il progetto di Trump del Grande Medio Oriente e la sua doppia trappola per assassinare Soleimani.

Medio Oriente mappa

Gli esponenti neocon di Washington, nella loro strategia di contenimento della Cina, non hanno perdonato la visita del primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi a Pechino dal 19 al 23 settembre 2019, dove il presidente cinese Xi ha offerto al premier iracheno grandi accordi di cooperazione che hanno per oggetto il petrolio iracheno e le offerte di enormi investimenti di infrastrutture nel paese arabo nell’ambito della Belton Road.
Nell’ambito del programma di sviluppo ” Oil for Reconstruction” , l’Iraq avrebbe esportato 100 mila barili al giorno in Cina, che a sua volta avrebbe preso a suo carico la ricostruzione del paese, collegato l’Iraq alla mitica Via della Seta verso l’Asia.
Non è un caso che, solo una settimana prima dell’omicidio di Soleimani, si erano sono svolte nel Golfo di Oman / Oceano Indiano le esercitazioni militari navali integrate di Russia, Cina e Iran .
Le azioni di Washington in Iraq, con l’omicidio del generale Soleimani, piuttosto che danneggiare l’Iran, stanno portando a un nuovo conflitto in Iraq con il tentativo degli USA di mettere sotto controllo Cina e Russia che non rimarranno inerti a guardare.

Trump e il Medio Oriente

Nella loro profonda ignoranza, gli statunitensi non conoscono i profondi legami storici, culturali e religiosi che legano l’Iran con le popolazioni sciite della Siria, del Libano e dell’Iraq, dove sono presenti fra l’altro i santuari come Karbala che sono considerati i più importanti luoghi sacri per la religione sciita, oggetto di pellegrinaggi per milioni di fedeli. Questo spiega l’appoggio militare ed umanitario che la Repubblica Islamica dell’Iran fornisce a questi paesi per evitare che possano cadere sotto la dominazione oscurantista del wahabismo sunnita dell’Arabia Saudita, stretta alleata degli USA e dell’Occidente. Le stragi e gli attacchi terroristici contro le comunità sciite di questi paesi hanno tutte un mandante e questo si trova a Rijad, nell’Arabia Saudita, il paese che finanzia ed arma tutti i gruppi terroristi ijhadisti che sono ispirati dall’ideologia wahabita, religione di Stato della Monarchia saudita. Normale che l’Iran si sia assunto il ruolo di difensore e garante delle comunità sciite ed anche di quelle sunnite e di altre religioni (incluse quelle cristiane e druse) che i radicali islamisti vorrebbero sterminare o convertire forzatamente. Questioni delicate con forti intrecci religiosi e storici che i nord americani non possono comprendere, anche perché loro stanno utilizzando da molti anni proprio il radicalismo jihadista come leva  per destabilizzare i paesi del Medio Oriente. Al contrario gli europei, per Storia e per cultura,  dovrebbero essere maggiormente attenti a tali questioni che li riguardano anche da vicino ma la subordinazione al padrone USA ha chiuso da tempo gli occhi e la mente ai politici  europei che sono afflitti dalla sindrome di totale servilismo nei confronti del padrone d’oltre Atlantico.

https://www.controinformazione.info/lobiettivo-di-washington-coinvolgere-anche-la-nato-nella-prossima-guerra-alliran/

Allarme rosso

Damasco e le sue strutture di Governo, le basi militari e l’aeroporto si trovano sotto la copertura aerea russa e siriana da ieri sera , a Damasco si possono ascoltare i bang  sonori dei caccia russi in quota che scuotono i vetri delle finestre. Gli osservatori militari ritengono che gli aerei siano stati messi in quota per tenerli al sicuro dalla portata dei missili Tomahawk di Trump. Quale che sia la ragione è comunque una dimostrazione di forza. Inoltre altri sistemi, tutti sotto il comando russo, sono pronti a abbattere qualsiasi aereo americano/israeliano che tenti di portare a termine gli attacchi promessi da Trump nelle ultime 24 ore, come espresso minacciosamente dall’ambasciatore americano dell’ONU, Nikki Haley. Le minacce di queste ultime ore sono state prese molto sul serio dal Comando russo che ha ricevuto ordine di approntare trutti i sistemi di difesa a cui è stato dato il massimo grado di allarme rosso. Nelle acque del Mediterraneo antistanti la Siria sono in arrivo altre unità navali russe, fra cui una fregata lanciamissili Iskander.

https://www.controinformazione.info/30273-2/

 

Silenzio, si massacra

I Sauditi hanno bombardato tutte le istallazioni di produzione alimentare in Yemen. La marina e l’aviazione saudita hanno distrutto la quasi totalità delle infrastrutture del porto di Sanaa e prendono di mira tutte le navi che tentano di entrare o uscirne. Alcune navi di soccorso ufficiali sono autorizzate a passare, ma hanno difficoltà a scaricare per mancanza di gru. Le zone controllate dalla ribellione vengono letteralmente affamate dai sauditi e dai loro alleati. La situazione umanitaria è catastrofica : di lamentano più di 10 000 vittime – cifra verosimilmente ampiamente sottostimata – cui conviene aggiungere i 18 milioni di Yemeniti afflitti dalla carestia e dalle epidemie, a causa del blocco imposto dalla coalizione. E’ assolutamente stupefacente che solo un numero ridottissimo di osservatori internazionale e di media parlino di questa guerra quasi genocida in cui Riyadh è impegnata. Quasi nessuno ha denunciato i massacri e le distruzioni compiute dall’aviazione saudita, nemmeno la stampa internazionale e gli Stati occidentali. La diplomazia e i media francesi si sono a torto indignati per quanto accadeva ad Aleppo, dove pure i jihadisti si erano abbandonati a gravi violenze contro la popolazione civile. Ma non dicono niente dello Yemen, dove i componenti della coalizione violano senza alcuna esitazione tutte le convenzioni di Ginevra. Evidentemente c’è un motivo : gli Stati Uniti forniscono le informazioni, i rifornimenti in volo, armamenti e munizioni ai loro alleati sauditi. E la Francia e il Regno Unito appoggiano questa operazione. Soprattutto, Riyadh ha minacciato l’ONU di non partecipare al finanziamento dell’attività di soccorso se avesse denunciato questa guerra. D’altronde il Consiglio di Sicurezza ha votato – con la significativa eccezione della Russia – il 16 aprile 2015, la legittimazione dell’aggressione che rientrerebbe nel capitolo 7, e questo è uno scandalo che scredita l’ONU. Gli Occidentali, col loro restare deliberatamente silenziosi sulle atrocità commesse dall’Arabia saudita e i suoi alleati in Yemen, sono complici di un crimine contro l’umanità.

https://www.controinformazione.info/silenzio-si-massacra/

Conflitti asimmetrici

PressTV 13 luglio 2017Dalla sfortunata nascita d’Israele in Medio Oriente, gli Stati Uniti hanno fatto di tutto per evitare a Tel Aviv il diretto coinvolgimento nei conflitti che scatena nella regione. Il piano di pace Israele/Palestina non è mai stato volto ad offrire pace ai palestinesi, ma a privarli della loro forza, della capacità di combattere militarmente Israele. Ma tale stratagemma non ha funzionato in Libano, dove Hezbollah sconfisse militarmente Israele nel 2006. Ma i cambiamenti che si verificano in Medio Oriente garantiranno la sicurezza d’Israele? Il “caos costruttivo” auspicato ai tempi dall’ex-segretaria di Stato Hillary Clinton in Medio Oriente e che doveva mettere i Paesi della regione l’uno contro l’altro, ha davvero rafforzato la sicurezza del regime israeliano? Se sei anni di guerra totale contro Damasco lasciano, come desiderano gli Stati Uniti, una Siria in rovina, è una vera vittoria per Israele?
1. La guerra in Siria ha aiutato la nascita di “forze paramilitari” che in alcuni casi saranno il nucleo dell’”esercito regolare” nei rispettivi Paesi. Questa prospettiva è ciò che più terrorizza il regime d’Israele che alimenta il militarismo ma nega ad ogni Stato il diritto di difendersi.
2. Ma non è tutto: le guerre sponsorizzate da Washington in Medio Oriente infine trasferiscono ai “corpi paramilitari” altra tecnologia missilistica di qualsiasi gittata: media, non balistica e persino balistica. Queste decine di migliaia di combattenti, specializzati nelle battaglie asimmetriche, ora potranno impiegare questi sistemi.
3. Peggio ancora, si assiste alla nascita di una nuova generazione di comandanti, finanche specializzati in battaglie asimmetriche e in grado di comandare truppe in qualsiasi scontro militare futuro.
4. Facilitando il traffico dei terroristi, facendo di tutto per armarli ed equipaggiarli per combattere in Siria l’esercito e la popolazione, gli Stati Uniti hanno creato un vero e proprio meccanismo per alimentare lo SIIL con migliaia di terroristi provenienti da Asia centrale e orientale, Turchia, Arabia Saudita ed Europa. Altri Paesi potrebbero seguire l’esempio, questa volta contro Israele.
5. Tale meccanismo viene ricordato in uno dei recenti discorsi del Segretario generale di Hezbollah Hasan Nasrallah, secondo cui permetterà “qualsiasi confronto militare con Israele in futuro” da parte di un esercito di decine di migliaia di “resistenti” palestinesi, iracheni, siriani e yemeniti.
6. Il “caos controllato” degli statunitensi ha certamente scosso le fondamenta di diversi Stati della regione, ma resta il fatto che questi Stati ora sono tutt’altro che facile preda del Pentagono. Le forze paramilitari sono nate sulle rovine di Iraq, Siria, Afghanistan e Yemen e sono pronte a dare battaglia a Washington, dove domina la riluttanza ormai palpabile ad “occupare” intere regioni dei Paesi aggrediti. Non sembra più il 2003, quando le truppe statunitensi sbarcarono in Iraq per “liberarlo” e restarci!
7. Nei 14 anni passati dall’invasione dell’Iraq, 6 dall’inizio della guerra in Siria, 3 dall’assalto allo Yemen, e la battaglia di Mosul è durata quasi un anno, il Medio Oriente assiste alla nascita di “forze” dalla grande efficienza in combattimento. Sono le forze che hanno sconfitto lo SIIL e che non esiteranno quando arriverà il momento di affrontarne i “mentori statunitensi ed israeliani”. Questi veterani affrontato gli statunitensi ai confini siriano-iracheni da non più di due mesi, quando avanzavano nel deserto della Siria da al-Tanf ai confini con l’Iraq. I caccia statunitensi li bombardarono, ma continuarono l’avanzata, come se nulla fosse accaduto. Fanno parte delle Forze di mobilitazione popolare dell’Iraq, delle Forze popolari siriane, del movimento yemenita Ansarullah o libanese Hezbollah, guerrieri che condividono una cosa: la ferma convinzione che la sopravvivenza delle popolazioni del Medio Oriente passi dalla resistenza all’aggressione delle grandi potenze.
In questo contesto, la prossima guerra che Israele vorrà lanciare contro Hezbollah sarà diversa, Israele è ben consapevole della superiorità dell’Asse della Resistenza nei combattimenti a terra, una superiorità che prevarrà nei prossimi scontri e non saranno le relazioni privilegiate di Tel Aviv con Mosca che impediranno alla resistenza di reagire a qualsiasi offensiva israeliana. Il Medio Oriente nel 2017 non è più quello degli anni ’70 o del 2006. Qualsiasi desiderio di colpire gli Stati della regione produrrà una risposta.

https://aurorasito.wordpress.com/2017/07/14/israele-paghera-caro-la-strategia-del-caos-degli-stati-uniti/

Le mappe della discordia

Sotto la mappa “Peters” del 2006

Ciascuno può constatare la forza destabilizzane di questa mappa (che probabilmente è all’origine anche dalla paranoia della casa regnante saudita,che non si sente più protetta da Washington ). Con l’ambizione di correggere gli accordi colonialisti Sykes-Picot, l’americano (aiutato dalla PNAC) crea problemi incendiari: fra l’altro occorrendo suscitare inimicizie sanguinose mal sopite (il progetto israeliano: beati i seminatori di zizzania), e nazionalismi in gruppi linguistici e religiosi che   mancano da sempre di questa aspirazione, essendo stati membri di imperi tradizionali (la Persia, la Cina, la Russia, l’impero ottomano…), sono adusi a far riferimento identitario ai loro clan, tribù e kabile,  e quindi sono privi della cultura politica di autogoverno necessaria a formare uno stato:   basti come esempio, quello di una popolazione “di civiltà occidentale” che non riesce a farsi stato-nazione e affonda nella corruzione, nella guerra civile, nel collasso economico e nell’oppressione neonazi: l’Ucraina, la cui esistenza dipende soltanto dai miliardi che vi pompano il FMI, Bruxelles e il Dipartimento di Stato.

estratto da http://www.maurizioblondet.it/forse-la-mappa-impazzire-erdogan/