Re Vittorio Emanuele III

La Regina Elena e Re Vittorio Emanuele III sono tornati in Italia. Venerdì 15 dicembre scorso le spoglie mortali di Elena, morta il 18 novembre 1952 a Montpellier, in Francia, ed ivi  sepolta nel cimitero cittadino,  sono state deposte nel santuario di Vicoforte nei pressi di Mondovì, nel Cuneese. Domenica 17 dicembre un aereo militare ha riportato in Italia anche i resti di re Vittorio Emanuele III, deceduto in esilio il 28 dicembre 1947  (traslata dalla cattedrale di Santa Caterina ad Alessandria di Egitto), che,  avvolti nel tricolore con lo stemma reale, sono stati frettolosamente e senza cerimonie tumulati in un sarcofago sistemato a fianco di quello destinato alla moglie nella Cappella di San Bernardo,  eretta dal duca Carlo Emanuele I di Savoia,  che vi è sepolto dalla morte avvenuta nel 1630.

La notizia, mantenuta inizialmente segreta, è rimbalzata dalla stampa locale ai media nazionali, scatenando nuove polemiche, avvivando contrasti familiari e, ancora una volta, dando la stura a fiumi d’inchiostro sul nostro penultimo sovrano, colui che dopo un controverso regno di 46 anni affossò una delle più vecchie dinastie d’Europa. Umberto I Biancamano, conte di Savoia tra il 1003 e il 1047, è considerato il capostipite della dinastia.

Se sulla montenegrina Elena, nata Jelena Petrović-Njegoš a Cettigne l’ 8 gennaio 1871, figlia di Nicola I, un po’ brigante, un po’ sovrano, sanguigno e variopinto, di un povero dominio balcanico,  trattandosi di una donna buona, caritatevole, riservatissima, una regina effettivamente amata dagli italiani, nessuno ha avuto nulla da ridire, sul reale consorte la nostra divisa memoria nazionale ha avuto un’altra ghiotta occasione per manifestarsi, proprio alla vigilia del 70° della sua morte e della disfatta di Caporetto nella Grande Guerra. Non pochi hanno accostato le nostre solite “baruffe chiozzotte” alla grande, composta dignità con la quale, in quegli stessi giorni, i rumeni davano l’estremo addio al loro re Michele I.

In pochi hanno ribadito che uno Stato serio non ha paura del proprio passato, lo affronta pubblicamente, avrebbe optato per la sepoltura nel Pantheon di Roma, in un’ottica di pacificazione nazionale, come richiesto dall’ultimo Re Umberto II, dalla sua famiglia e dai superstiti monarchici, chiudendo un capitolo di storia, mentre invece continua lo sfoggio di  damnatio memoriae verso un sovrano che certo errori ne commise molti, gravi, perse sé, la dinastia, la patria soprattutto.

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