Il fascismo e la previdenza sociale

“Dopo i primi provvedimenti del 1923 – scrive Vinci (Stefano Vinci, Il fascismo e la previdenza sociale (Annali della facoltà di Giurisprudenza di Taranto, Cacucci editore, 2011)– con i quali fu stabilito il riordino del Fondo per la disoccupazione involontaria affidato alla CNAS, senza però finanziamenti da parte dello Stato, si assistette nel 1926 ad una forte espansione della «mano pubblica» con l’avvio del monopolio assicurativo attuato attraverso il riordino della Cassa nazionale infortuni (CNI); nel 1927 alla istituzione dell’assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi estesa nel 1929 alle malattie per gente di mare; nel 1929 alla previsione dell’assicurazione contro gli infortuni anche per le malattie professionali”.
La Cni venne sostituita nel 1933 dall’Infail  (Istituto nazionale fascista contro gli infortuni sul lavoro) e nello stesso anno viene costituito l’Infps (Istituto nazionale fascista della previdenza sociale). Segue nel 1935 la promulgazione di un testo unico sul Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale  che disciplinò il frammentato sistema previdenziale per l’invalidità e la vecchiaia, la disoccupazione, la tubercolosi e la maternità.  Alcune modifiche al sistema, si legge ancora nello studio,”furono apportate nel 1939, quando fu accolto il principio della reversibilità della pensione ai superstiti, rinviando al ’45 l’erogazione effettiva della prestazione, e fu abbassata l’età del pensionamento a 60 anni per gli uomini e a 55 per le donne, con aggiustamenti nella misura delle prestazioni, adeguate fino al 1943″. In quell’anno si tentò anche di realizzare l’unificazione delle assicurazioni per malattia con l’istituzione dell’Ente Mutualità “che, nei propositi della legge 138/1943 avrebbe dovuto condurre alla completa unificazione degli istituti di assistenza malattia, ma che di fatto non riuscì a realizzare tale intento”.
Un rilievo è d’obbligo: tutti capiscono la differenza tra una Cassa di previdenza cui si aderisce volontariamente e un sistema previdenziale pubblico che comincia di fatto nel 1933 con l’Infps poi divenuto Inps. Ciò non certo per fare apologia delle misure sociali introdotte dal fascismo ma per sottolineare che una bufala è anche raccontare la storia a metà, o manipolarla, o non valutarla con la serena obiettività che dopo 70 anni dovrebbe essere d’obbligo.

di Francesco Severini – 07/11/2018

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=61160

La loro economia

di   Luciano Lago Arriva la sparata dei mondialisti con il presidente dell’INPS Tito Boeri che fa da megafono alle tesi di Soros, di De Benedetti e della Bonino. Bisogna aumentare l’arrivo dei migranti in Italia, ha detto Boeri esplicito, tanto da asserire sicuro e senza tema di smentite: “l’Italia ha bisogno di aumentare l’immigrazione regolare» perchè sono «tanti i lavori che gli italiani non vogliono più svolgere». Nel lavoro manuale non qualificato. secondo l’Inps, ci sono il 36% dei lavoratori stranieri in Italia e l’8% degli italiani. Secca ed immediata la risposta del ministro degli Interni Matteo Salvini : “Il presidente dell’Inps continua a fare politica, ignorando la voglia di lavorare (e di fare figli) di tantissimi italiani. Dove vive, su Marte?», ha risposto polemicamente Salvini. La polemica è andata avanti e Boeri ha continuato ad insistere sulle sue tesi filo immigrazioniste. A questo punto qualcuno si potrebbe forse meravigliare che il presidente dell’INPS entri a piedi pari a sostenere delle tesi che sono in contrasto non solo con il Governo ma anche con l’opinione della grande maggioranza degli italiani che hanno espresso il rifiuto delle politiche immigrazioniste della sinistra mondialista, sonoramente bocciata nelle ultime elezioni politiche. Perchè meravigliarsi ? Soltanto chi ha la memoria corta può non ricordare che la nomina di Boeri alla presidenza dell’INPS fu patrocinata e promossa da Carlo De Benedetti, il finanziere proprietario del più importante gruppo editoriale italiano, Repubblica L’Espresso e strettamente collegato ai Rothshild ed a George Soros.

De Benedetti con Boeri

Come riportavano allora anche indiscrezioni di stampa, fu l’ing. De Benedetti a sostenere la nomina di Boeri alla presidenza dell’INPS e, in cambio di questa, Boeri si dichiarò favorevole al “Job Act” emanato dal Governo Renzi, in polemica anche con i sindacati e con i settori del lavoro contrari rendere “flessibile” il lavoro e abolire l’art. 18. Non ci si può poi dimenticare che SOROS fu invitato, qualche tempo prima, al Festival dell’Economia di Trento nel 2012, proprio quando era presidente del comitato scientifico TITO BOERI, che non mancò di invitare, guarda caso, anche DE BENEDETTI. In pratica TITO BOERI è un personaggio che risulta strettamente collegato con i settori della “Open Society”, ovvero la principale società con cui Soros finanzia e patrocina le migrazioni in Europa e fornisce appoggio e finanziamenti alle ONG che operano nel Mediterraneo ed alle formazioni politiche mondialiste come il partito di Emma Bonino, “Più Europa”. Per De Benedetti e per Boeri l’immigrazione consente di disporre di una mano d’opera di riserva per lo sfruttamento, permette anche di abbassare i salari dei lavoratori e soprattutto facilita la creazione di una nuova base di consenso per la sinistra mondialista che ha perso la sua base tradizionale. Quindi ben venga l’immigrazione di massa e l’africanizzazione dell’Italia, un obiettivo sempre facilitato e sostenuto da chi vuole distruggere l’identità culturale di questo paese e favorire i piani delle centrali globaliste transnazionali. Accade che i sostenitori del globalismo non hanno più remore ed attaccano in modo diretto spiegando i loro argomenti che sono al limite della provocazione, in particolare per quei milioni di disoccupati italiani che vorrebbero lavorare e pagare i contributi senza dover essere costretti ad accettare lavori a tre euro l’ora per la presenza della mano d’opera schiavizzata fatta entrare appositamente nel paese.

Continua l’assalto alla Costituzione

Lontano dai riflettori e dal clamore profuso attorno alla proposta dello ius soli o alla nuova legge contro la propaganda fascista, le blatte neoliberali – di sinistra di centro e di destra, ma soprattutto di sinistra – che infestano i due rami del parlamento italiano lavorano al sodo: cambiare l’art. 38 della Costituzione.

L’art. 38 detta le norme che inquadrano il diritto del cittadino in difficoltà all’assistenza da parte dello Stato. È un articolo breve e lapidario:

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.

Le blatte neoliberali vogliono cambiare questo articolo, perché è un ostacolo al loro progetto di ulteriore attacco alle pensioni. Lo vogliono cambiare aggiungendo alcune paroline al penultimo comma:

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti preposti o integrati dallo Stato secondo principi di equità, ragionevolezza e non discriminazioni tra le generazioni.

oppure aggiungendone un quinto dopo il quarto:

Il sistema previdenziale è improntato ad assicurare l’adeguatezza dei trattamenti, la solidarietà e l’equità tra le generazioni nonché la sostenibilità finanziaria.

Il testo così emendato verrà pubblicizzato come un provvedimento per andare incontro alle giovani generazioni  (che il liberismo ha condannato alla precarietà) e passano alla terza e ultima fase, quella di espropriare dei diritti acquisiti anche le vecchie generazioni per operare una perequazione al ribasso. Tutti poveri. Le poche risorse del paese impoverito vanno equamente distribuite tra tutti, vecchi e giovani. E immigrati.

Perché lo fanno? Perché le blatte neoliberiste sono gli agenti del capitale: il nostro impoverimento è il loro (del capitale) arricchimento.

https://pensieriprovinciali.wordpress.com/2017/10/28/il-governo-delle-blatte-neoliberali/

Eutanasia degli anziani

Le evidenti difficoltà del bugiardissimo spingono avanti le seconde linee della sinistra italiana. A volte anche le terze linee e così può spuntare persino Boeri che si lancia in dichiarazioni assurde sulle pensioni, in linea con le esternazioni di Boldrine e questo dovrebbe far riflettere sulle nuove alleanze che emergono a sinistra. Il problema non è solo nelle dichiarazioni farlocche di Boeri che ricorda il contributo all’INPS garantito dagli allogeni ma dimentica che gli stessi allogeni regolari sottraggono, legittimamente, 6 miliardi di euro all’anno all’economia italiana con le rimesse inviate ufficialmente in Patria. A questi miliardi regolari andrebbero aggiunti i miliardi frutto di attività in nero oltre a quelle semplicemente criminali. Ma per il futuro candidato Boeri l’emergenza è rappresentata dal miliardo di euro all’anno destinato ai pensionati italiani che, per sopravvivere decentemente, si trasferiscono all’estero, magari nella stessa Europa, dove le tasse sono meno assurde e dove è possibile godersi i frutti di una vita di lavoro. Ma è questo che preoccupa Boeri e Boldrine. Se i pensionati vivono decentemente, vivono anche più a lungo. E questo rappresenta un problema per le casse INPS. Invece i nuovi schiavi sono sottopagati e avranno pensioni che non garantiranno una vecchiaia decorosa. Dunque creperanno in fretta. Boeri, nella sua fastidiosa faziosità, dimentica anche che le pensioni saranno pagate anche ai parenti degli allogeni trasformati in cittadini italiani, pur senza aver mai versato alcunché nelle casse italiane. Miracolo dei ricongiungimenti. Se invece l’allogeno decide di tornarsene a casa, i versamenti gli vengono restituiti, dunque le casse INPS si svuotano. Particolare irrilevante per chi aspira a ben di più di una posizione al vertice INPS. Però sarebbe il caso che gli italiani, quelli indigeni, conoscessero questi particolari irrilevanti prima di andare a votare. Boeri è il simbolo dei sostenitori di una eutanasia generalizzata per eliminare chiunque non sia più produttivo e, dunque, utile agli sfruttatori mondiali. Al lavoro sino a 70 anni e poi pensioni da fame per una morte rapida. La nuova sinistra che avanza.

http://www.barbadillo.it/67771-politica-se-la-nuova-sinistra-di-boeri-vuole-leutanasia-degli-anziani/

Pensioni

“Le pensioni, si è detto, sono eccessive, perché sottraggono ricchezza alle generazioni future, che non potranno ricevere un reddito accettabile quando saranno diventate inattive. Inoltre, la “generosità” dello Stato verso i pensionati dilapiderebbe le ricchezze disponibili per gli anni avvenire. Pertanto, il ridimensionamento del sistema previdenziale sarebbe una questione di etica pubblica, ispirato a un “principio di responsabilità”, come direbbe Hans Jonas, verso il futuro.”

Se ci fosse ancora una logica condivisa sarebbe chiaro che:

Il carattere ideologico di queste proposizioni si evince dalla totale assenza dal discorso invalso presso i mezzi di comunicazione di massa di un analogo criterio nella distribuzione della ricchezza tra le classi. Ammesso che questa sia strutturalmente ridotta rispetto al passato, che quindi non possa essere incrementata e che si renda necessario un suo razionamento, perché non si richiede un’identica redistribuzione dai ceti privilegiati (in particolare l’aristocrazia finanziaria) verso quelli più deboli?

Oltre a questo c’è, peraltro, una mistificazione anche sul piano tecnico. L’attuale generazione, da questo punto di vista, non ha alcun debito con la prossima, giacché quest’ultima dipenderà soltanto dalla ricchezza che sarà in grado di produrre (eccetto per le “fondamenta” del sistema economico, come la rete infrastrutturale e per il risparmio privato che non è legato direttamente a scelte di politica economica). Ciò vuol dire che i futuri pensionati percepiranno un reddito solo dai futuri lavoratori e non da “riserve” monetarie accumulate attraverso i contributi. Tutto dipenderà, quindi, dalla capacità dell’apparato produttivo dei prossimi anni di generare ricchezza sufficiente. Il sistema pensionistico non comporta alcuna “ipoteca” sul futuro, ma è soltanto un metodo di ripartizione della ricchezza prodotta tra la popolazione attiva e quella inattiva.

Pertanto la mitologia del “conflitto generazionale” è una finzione che serve a mascherare il conflitto reale di classe, quello che vede un’aristocrazia finanziaria, coadiuvata dal grande capitale industriale, muovere guerra alla classe media risparmiatrice e agli strati popolari già impoveriti.

estratto da http://www.appelloalpopolo.it/?p=15510

Purtroppo però viviamo nell’epoca del cretino 2.0 per cui la propaganda autorevole di TV e giornali vince sempre

Pensioni e scuola

Scrivevamo l’11 luglio del 2010:
La “manovra finanziaria” attualmente in discussione contiene alcune norme sull’aumento dell’età pensionabile che sono state da più parti oggetto di critiche e obiezioni. Pare sia mancata però la più ovvia di queste possibili obiezioni, e cioè che c’entrassero le pensioni con una manovra finanziaria, dal momento che la spesa previdenziale non ha nulla a che vedere con la spesa pubblica, poiché dipende interamente dai contributi versati dai lavoratori sulla loro busta paga. Inoltre l’avanzo di bilancio dell’INPS nel 2009 è stato di sette miliardi (sì, miliardi) e novecentosessantuno milioni di euro. Ognuno può condurre un piccolo sondaggio personale per rendersi conto di quante persone siano a conoscenza dell’attivo di bilancio dell’INPS, che pure costituirebbe un dato ufficiale.
Le teorie socio-economiche “complesse” crollano di fronte all’evidenza delle menzogne istituzionalizzate su cui il sistema si fonda, e di fronte alla constatazione che gli attivi di bilancio dell’INPS sono trattati dai giornalisti quasi come un segreto di Stato, senza il bisogno di alcuna “legge bavaglio”. Dato che la notizia degli attivi di bilancio dell’INPS, sebbene data di sfuggita e subito seppellita, potrebbe comunque diffondersi, il sistema della propaganda è pronto a fuorviare nuovamente l’opinione pubblica narrandole di una popolazione anziana di pensionati in continuo aumento, a fronte di una popolazione di giovani lavoratori in calo costante. Da qui, secondo il luogo comune, deriverebbe il “pericolo per i futuri conti dell’INPS”. Si tratta di una campagna propagandistica che fomenta l’odio tra le generazioni, per di più sulla base di pretesti infondati.
In realtà i bilanci dell’INPS si presentano floridi non solo per il presente, ma anche per il futuro, dato che i lavoratori immigrati – che, al contrario di ciò che si fa credere, sono in grande maggioranza regolari – versano mensilmente contributi pensionistici senza alcuna prospettiva che questi un domani diventino per loro una pensione di anzianità; e ciò per il semplice motivo che gli immigrati tendono per lo più, dopo qualche anno, a ritornare al proprio Paese, dando l’addio ai contributi già versati alla Previdenza italiana. I contributi pensionistici dei lavoratori immigrati si configurano perciò come una vera e propria tassa sull’immigrazione, di cui l’INPS costituisce l’esattore.
Allora si potrebbe dire che i pensionati italiani attualmente parassitano il lavoro degli immigrati? Nemmeno questo si può dire, dato che il surplus di cui l’INPS dispone va oggi a finanziare le imprese private. Costituisce infatti una pratica abituale degli imprenditori il mettere ciclicamente in Cassa Integrazione Guadagni – quindi a carico della Previdenza – una parte dei propri lavoratori, per poi mantenere i livelli produttivi ricorrendo agli straordinari, che beneficiano tra l’altro di un regime fiscale agevolato. La pratica di mettere in Cassa Integrazione una parte dei dipendenti per poi sfruttare maggiormente con gli straordinari i lavoratori rimasti in azienda, sarebbe illegale, ma i governi non solo si guardano bene dal sanzionarla, ma addirittura la premiano con sgravi fiscali. I contributi previdenziali quindi sono usati per contribuire all’abbassamento ulteriore del costo del lavoro per le imprese: il solito assistenzialismo per ricchi.
Gli slogan fiabeschi sul capitalismo e sul mercato coprono perciò una realtà molto più squallida, che vede i mitici e celebrati “imprenditori” sempre pronti a rubare nel piattino del cieco. L’individualismo avventuroso dell’imprenditore si rivela un altro falso propagandistico, una leggenda dietro la quale l’associazionismo imprenditoriale si esprime come una vera e propria forma di criminalità organizzata dei colletti bianchi; una criminalità che è ovviamente allevata e protetta dai governi.
C’è infatti un legame diretto e consequenziale tra il terrorismo governativo sulle pensioni e la privatizzazione/precarizzazione del Pubblico Impiego. Il pretestuoso terrorismo governativo sulle pensioni ottiene un effetto piuttosto evidente, apparentemente contraddittorio, che è quello di incentivare la scelta di pensionamento anticipato da parte di molti lavoratori, intimoriti dalla prospettiva di perdere diritti acquisiti; infatti gli stessi governi terroristi poi mettono regolarmente a disposizione “finestre” pensionistiche in cui i lavoratori possano infilarsi. Gli organici del Pubblico Impiego tendono perciò a spopolarsi, ed i governi possono appaltare funzioni e servizi a ditte private, che usano per la maggior parte lavoro precario.
Uno dei settori del Pubblico Impiego in cui il prepensionamento viene più incentivato è la Scuola, ciò in vista della sostituzione del corpo insegnante dipendente dallo Stato con una nuova leva di insegnanti assunti direttamente dal Dirigente Scolastico, il quale diventerebbe il “manager” (in realtà boss/feudatario) non più di un istituto pubblico, ma di una fondazione mista pubblico/privato. Il ruolo degli insegnanti è stato abolito nel 1993, sostituito con la dizione ” insegnante a tempo indeterminato”, ma, secondo i piani, nell’arco di qualche anno, anche l’insegnante dipendente dallo Stato dovrebbe diventare un ricordo. Lo scopo non è solo quello di abolire una “libertà di insegnamento” che, probabilmente, non è mai esistita, ma di trasformare le Scuole ex pubbliche in enti appaltatori anche per ciò che concerne il loro principale servizio, cioè l’insegnamento; infatti già si parla di agenzie private che si occupino di “formare” e fornire i docenti. Gli insegnanti che attualmente accettano di infilarsi nelle varie “finestre” pensionistiche, non valutano il fatto che l’INPS rimarrà un ente pubblico solo sin quando sarà necessario per compiere questa liquidazione del personale del Pubblico Impiego. Ma non appena l’operazione sarà completata, anche la privatizzazione dell’ente previdenziale sarà posta all’ordine del giorno, secondo quanto hanno già ordinato il Fondo Monetario Internazionale e la sua agenzia di propaganda e psico-guerra, cioè l’OCSE. A chiunque è evidente che un INPS trasformato in una SPA, non sarebbe in grado di assicurare l’erogazione delle pensioni; anzi, non sarebbe neppure più tenuto a farlo.
Quindi oggi la Previdenza serve a finanziare direttamente le imprese, ed al tempo stesso a favorire le ristrutturazioni in senso privatistico del Pubblico Impiego. In termini più diretti si può dire che le imprese private rubano il denaro della Previdenza, per servirsene anche per preparare ulteriori furti in un altro settore, quello della spesa pubblica. Se si considera che l’INPS, nonostante la pioggia di denaro che già riserva alle imprese, riesce anche ad avere un grosso attivo di bilancio, si capisce perfettamente il motivo per cui la privatizzazione della Previdenza venga ritenuta una tappa ineludibile nell’avanzata della Civiltà Occidentale.

Far la festa ai pensionati *

Eugenio Orso in

http://pauperclass.myblog.it/2015/04/26/decurtate-le-pensioni-lo-dice-tito-boeri-eugenio-orso/

Economisti di gran fama, bocconiani, anche loro come i piddini servi della troika, si spendono per fare proposte che rendano più “equo” il sistema pensionistico! L’ultimo della serie è lo stimatissimo professor Tito Boeri, esperto di mercato del lavoro, di welfare e, con tutta evidenza, anche di manipolazione delle pensioni.

Le continue riforme delle pensioni sono sempre nell’aria. L’attacco a pensionati e anziani è cominciato negli anni novanta ed è stato sollecitato, per lettera, dalla bce in quella fatidica estate del 2011, quando si preparava l’avvento del primo governo-Quisling nell’interesse troikista, cioè l’esecutivo-fantoccio di Mario Monti.

Ricordiamo in sintesi le tappe principali del massacro dei lavoratori anziani: 1) Giuliano Amato, DL 503 del 1992, innalzamento dell’età per la pensione di vecchiaia e altre novità. 2) Lamberto Dini, L 335 del 1995, passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. 3) Romano Prodi, L 247 del 2007, con introduzione delle quote per accedere alla pensione, determinate dall’età più gli anni lavorati. 4) Elsa Fornero, Art. 24 DL 201 del 6 dicembre 2011 detto ironicamente “Salva Italia”, con estensione a tutti del sistema contributivo per la pensione, nuovo innalzamento dell’età pensionabile, creazione conseguente degli “esodati”, cioè coloro che in base ad accordi categoriali o aziendali accedevano al pensionamento anticipato rispetto ai precedenti requisiti.

Oggi si agita l’infame marionetta Tito Boeri, voluto (non a caso) da Renzi alla guida dell’Inps, incaricato di preparare entro giugno, con le sue brillanti “proposte” al governo, la mazzata 2015 da infliggere ai pensionati.

Sarà Tito  Boeri – economista al servizio del sistema di sfruttamento neoliberista – l’equivalente, per Renzi, del giuslavorista Pietro Ichino, questa volta in materia di prestazioni pensionistiche Inps? E’ possibile, se non probabile. Boeri fa una proposta che può piacere anche “in Europa” e Renzi la coglie al volo, obbedendo agli ordini della troika e colpendo i pensionati “ricchi”, ex lavoratori pubblici, ex dipendenti privati o ex lavoratori autonomi che siano.

La parola d’ordine scelta, in questo caso, è “equità”. Si simula la lotta ai privilegi e alle pensioni d’oro, sbandierando l’equità come “filosofia di fondo” da seguire, con pelosa attenzione nei confronti degli ultra-cinquantacinquenni più poveri e senza lavoro. Saranno in molti gli idioti che crederanno a un’azione di contenimento sulle pensioni alte, finalizzata ad aumentare quelle minime, o a concedere redditi minimi a chi non ha niente. Morale della favola, l’Inps di Tito Boeri farà le sue proposte e il governo piddì di Renzi agirà, sfornando l’ennesima riforma per metterlo in culo agli italiani.

Ricordiamoci che anche la battona mercatista Fornero, quando ha esordito nel 2011 come ministro, strillava “basta privilegi!” e poi ha colpito, con spietatezza, lavoratori indifesi, attaccati al loro piccolo reddito di sopravvivenza, rendendoli “esodati” a centinaia di migliaia. Quasi quattrocento mila vittime, costituite da coloro che sono caduti nella trappola dell’interruzione volontaria del rapporto di lavoro – senza aver ancora maturato tutti i requisiti per andare in pensione – in situazioni di crisi aziendale o altro, che da allora si trovano senza reddito o con sussidi insufficienti per poter campare. Un vero e proprio eccidio, temperato da appena qualche decina di migliaia di “salvaguardati”.

La differenza fra la proposta Boeri, così come la conosciamo, e l’ignobile “legge Fornero” è che la complice di Monti ha colpito quelli che si trovavano a “metà del guado”, non più pensionabili per il cambio dei requisiti, mentre lo sciacallo-economista Boeri vuol colpire i già pensionati, con pensioni superiori ai duemila euro lordi mensili! In pratica, soprattutto quelli nella fascia fra i duemila e i tremila lordi, che sono i più numerosi.

Secondo il concetto che ha dell’”equità” Tito Boeri – allineato con gli interessi del grande capitale finanziario – un netto di mille e seicento o mille ottocento euro mensili è troppo elevato, addirittura offensivo per il resto della popolazione (opportunamente impoverito), e quindi bisogna ridurlo drasticamente, imponendo un sostanzioso “contributo”. Naturalmente, le vere pensioni d’oro, come quelle degli apparatchik della magistratura – che sappiamo essere veramente alte e ingiustificate – blindate come sono non saranno toccate, o lo saranno solo marginalmente.

Tito Boeri, complice di Renzi alla guida dell’Inps, fa astutamente la proposta del reddito minimo (per ora mediaticamente), a beneficio di coloro che hanno almeno cinquantacinque anni, sono senza lavoro e in condizioni di povertà. Reddito che potrà essere addirittura di seicento euro mensili. (grassetto nostro n.d.r) I beneficiari dell’elemosina potrebbero essere qualcosa di più di duecento mila e si dovrebbe stare comodamente entro il miliardo e mezzo di spesa. E’ chiaro che i suddetti continueranno a essere poveri e senza lavoro, con l’acqua alla gola, nonostante la “generosa” oblazione per simulare “equità”.

Sull’altro versante, si dovranno colpire i pensionati “ricchi”, scampoli di ceto medio risalenti all’era keynesiana dello stato sociale, che possono ancora permettersi duemila euro lordi mensili! O addirittura di più! Stando però bene attenti – e questo ovviamente non si dice – a non irritare con l’imposizione del contributo i nobili magistrati o gli alti dirigenti pubblici.

Pesa sulla testa dei pensionati anche la svalutazione degli assegni pensionistici, retaggio dell’infame “riforma Dini”, che prevede il collegamento fra la capitalizzazione dei contributi maturati dal soggetto all’andamento del Pil nel quinquennio precedente. Ora, se l’andamento è negativo, con segno meno, non ci sarà una rivalutazione degli importi versati proporzionale a una crescita, nel quinquennio precedente, che non c’è stata, ma al contrario, la loro svalutazione in termini reali. Così probabilmente sarà nel concreto, anche per gli anni venturi. La verità è che l’Inps di Boeri – che deve fare “proposte” sulle pensioni al governo Renzi, con lo scopo evidente di ridurre la spesa pensionistica – è orientata verso la svalutazione dell’assegno pensionistico per quelli che andranno in quiescenza dal 2015.

Poco importa, viste le intenzioni, se si proporrà – come va cianciando il massacratore sociale Boeri – di pagare tutte le prestazioni (pensioni e indennità di accompagnamento) il primo di ogni mese e non più in date differenti in rapporto alla prestazione e al fondo di gestione.

Se si svaluterà l’assegno pensionistico per coloro che andranno in quiescenza dal 2015 e si diminuiranno forzatamente le pensioni dei rimasugli di ceto medio, con la scusa del “contributo di solidarietà”, moltissimi – non ricchi e per niente privilegiati – lo piglieranno in culo, nonostante la conclamata e “egualitaria” unificazione dei pagamenti a inizio mese! Ciò che non si dice è che ai veri privilegiati si concederanno le solite scappatoie, per evitare che le loro lussureggianti pensioni siano ridotte alla metà dall’applicazione del contributo.

In teoria, si afferma di voler colpire solo le pensioni alte e, nello stesso tempo, quella parte della pensione “d’oro” non giustificata dai contributi versati, in ossequio alla legge riforma del 1995 che ha stabilito il cosiddetto sistema contributivo (cioè la differenza fra la pensione effettivamente intascata e quella, più bassa, che si sarebbe intascata con il sistema contributivo). Per il sostanzioso contributo, si pensa a tre aliquote scaglionate in funzione del reddito: il 20% da duemila e tremila euro lordi mensili, il 30% da tremila a cinquemila e il 50% oltre i cinquemila. In progressione sempre per ragioni d’“equità”!

I pensionati da colpire con l’imposizione del contributo sarebbero “soltanto” un milione e settecentomila, in pratica ex lavoratori dipendenti, del privato e del pubblico. Una vera bazzecola, visti i numeri! E’ chiaro che la maggior parte delle future vittime del contributo-Boeri si posiziona fra i duemila e i tremila euro lordi mensili e la maggioranza della maggioranza fra i duemila e i duemila e cinquecento. Il che vuol dire che tanti non arrivano, già oggi, a duemila netti il mese e altri superano di poco questa soglia. Ecco i “privilegiati” gonfi di danaro che Boeri, Renzi e la troika vogliono colpire! Si punta, in ossequio agli interessi della grande finanza, a impoverire definitivamente i rimasugli di ceto medio, specie se anziani e perciò del tutto inutili per la creazione di nuovo valore finanziario.

In questa sporca operazione che colpirà i pensionati, si usano spesso le espressioni propagandistiche “privilegiati” e “pensioni d’oro”, senza che vi sia una reale intenzione di castrare i veri abbuffoni, che vivono una quiescenza dorata e assolutamente ingiustificata, come ad esempio i magistrati (il riformatore di pensioni Giuliano Amato è ancora attivo e membro della corte costituzionale!) o i politici con tanto di vitalizio.

Cari pensionati, che gravate come macigni sulla spesa pubblica e sulla “ripresa”, siete pronti a prenderlo, ancora una volta, selvaggiamente in culo?

*

L’uovo di Colombo

L’idea di Boeri ha invece il pregio di apparire soltanto un “dettaglio tecnico”, non proprio una “riforma”. Consentirebbe grandi risparmi sulla spesa pensionistica senza dover allungare ulteriormente l’età pensionabile (67 anni sono un limite che per il momento neanche la Merkel chiede di superare).

Come? Tagliando gli assegni alle pensioni già in essere. Il ragionamento è semplice quanto omicida: se si “ricalcola” l’assegno pensionistico – di quelli che già si sino ritirati dal lavoro come di chi ci andrà in futuro, da qui all’eternità – secondo il sistema contributivo (in base cioé ai contributi effettivamente versati) si ottiene una riduzione più o meno drastica della cifra erogata. DIpende da quanti anni di servizio sono stati calcolati fin qui col “retributivo” e naturalmente dall’entità dei contributi versati annualmente (in proporzione allo stipendio).

A venir falciati in misura maggiore sarebbero dunque gli assegni attualmente pagati ai pensionati che hanno avuto tutta la loro carriera calcolata col retributivo (diciamo quelli che si sono ritirati dal lavoro fino a una decina di anni fa, grosso modo). A seguire ci sarebbe un taglio sostanzioso per quanti, all’epoca della “Dini”, si sono visti spezzare la carriera in due periodi (una prima parte col “retributivo” e una seconda col “contributivo”). In linea teorica – ma non ci giureremmo – nulla cambierebbe per quanti già ora sanno che la loro vita lavorativa sarà compensata con una pensione da fame, quantificata in base al solo “contributivo”. Constatiamo però che in campo pensionistico non sembra esistere limite alle riduzioni possibili; quindi anche i giovani attualmente al lavoro (quelli che hanno “la fortuna” di avercelo) potrebbero vedersi amputare parti più o meno consistenti dei quattro soldi che avranno a fine carriera (già ora è sotto attacco il Tfr…).

Insomma: una nomina che è tutto un programma. Di rapina.

estratto da http://contropiano.org/politica/item/28311-tito-boeri-all-inps-taglio-alle-pensioni-in-vista

Nota: lo studio che si cita nell’articolo riguarda le pensioni (va sottolineato) attualmente percepite: ci si dimentica, come al solito, che dietro alle cifre ci sono delle persone che “non tirano quattro paghe per il lesso”.

Distrazioni

Il governo vor­rebbe andare all’attacco delle pen­sioni. Eppure il pre­mier Renzi aveva escluso il «pre­lievo di soli­da­rietà» su quelle sopra i 3–3500 mila euro lordi al mese dopo avere visto le carte della spen­ding review pre­sen­tate da Carlo Cot­ta­relli a marzo. Tra l’altro in que­sto piano c’era anche l’aumento di anno dell’anzianità delle donne per la pen­sione anti­ci­pata e la revi­sione delle pen­sioni di rever­si­bi­lità. Poi all’esigenza di evi­tare nuovi eso­dati e fare qua­drare i conti della disa­strata riforma For­nero, si è aggiunta la neces­sità di repe­rire 10 miliardi per finan­ziare il bonus Irpef da 80 euro e il pro­messo taglio dell’Irap.

Leggi tutto: http://ilmanifesto.info/pensioni-di-nuovo-nel-mirino-e-il-governo-si-spacca/

Il libberista e il pensionato

Il libberista e il pensionato

Vediamo: pago 211 di pensioni e incasso 190 di contributi. Quindi sono sotto di 21 miliardi. Ma nel mentre pago le pensioni faccio pure 46 miliardi di ritenute fiscali ! quindi, IN REALTA’, pago solo 165 miliardi di pensioni (211-46). E se pago solo 165 miliardi di pensioni ( al netto delle ritenute fiscali) io Stato ci ho guadagnato, nel 2012 – udite udite – ben 25 miliardi di euro (190-165)…
Se tu, caro il mio libberista, volessi fare un confronto reale tra CONTRIBUTI E PENSIONI (ed evitare di sommare banane con pomodori per ottenere melanzane) NON DOVRESTI CONFRONTARE I CONTRIBUTI INCASSATI NELL’ANNO N CON LE PENSIONI PAGATE NELL’ANNO N, ma dovresti sommare tutti i contributi versati da ciascun pensionato precedenti all’anno N (per un numero variabile di anni, 15, 20, 30 ec. ), rivalutarli all’anno N, capitalizzare gli interessi maturati fino all’anno N e tirarci fuori una RENDITA dell’anno N. Cioè dovresti parlare in termini di rendita del montante contributivo rivalutato ( NON con il sistemino truffaldino tipicamente italiano che rivaluta il montante sulla base del PIL nominale degli ultimi 5 anni: al punto che negli ultimi anni i montanti ci hanno rimesso, rispetto all’inflazione, 4/5 punti). …
Dopo le “ragioni” di un libberista tipo, conclude Bagnai:
Ma il fatto è che un sistema finanziario privato che crea valore solo tramite bolle ha bisogno del risparmio intermediato dallo Stato per gonfiarle, queste bolle.

Se darglielo o meno è una scelta politica. Dall’inizio degli anni ’80 è stata fatta la scelta di dargliene progressivamente sempre di più. I risultati, chi voleva vederli, li ha visti. Per gli altri la colpa è di cose che ci sono solo oggi: la Cina, la vecchiaia, i cattivi raccolti…

Avanti così!

Avanti così!

Operiamo un parallelo fra la situazione di circa vent’anni fa: pensione a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne, reversibilità dell’assegno per la quasi totalità in caso di morte del coniuge, pagamento del TFR/TFS dopo pochi mesi.
Oggi: pensione a 65-67 anni, reversibilità dell’assegno (sempre in caso di morte) per circa il 60% massimo (ma dipende dai redditi ed è già nelle mire di Cottarelli colpirle), pagamento del TFR/TFS dopo 2 anni e mezzo. Per chi riesce a prenderlo: cosa prenderanno i lavoratori d’aziende fallite che hanno perso il lavoro?
Questo per chi ancora ha/aveva un contratto a tempo indeterminato: per chi è precario (di varia natura) tutti i condizionali sono d’obbligo.

Sintesi: questo significa ammazzare un Paese, anzi, i suoi abitanti.

Carlo Bertani