Putin e Trump

Partecipando al World Economic Forum – una partecipazione peraltro anomala e il cui senso politico andrebbe quindi decifrato – Vladimir Putin ha esposto una lettura pressoché identica a quella sopra esposta.
“Ci sono alcuni giganti economici che sono già, de facto, in competizione con gli Stati. Dov’è il confine tra un business globale di successo, servizi richiesti e consolidamento dei big data – e tentativi di governare la società in modo aspro e unilaterale, sostituire istituzioni democratiche legittime, limitare il diritto naturale delle persone di decidere da soli come vivere, cosa scegliere? quale posizione esprimere liberamente?”
Oltre a mettere a fuoco il problema delle multinazionali, Putin ha altresì tracciato un quadro allarmante sostenendo di “sperare che una guerra mondiale non sia possibile in linea di principio” ma che i rischi di uso unilaterale della forza militare sono in aumento e che sussiste dunque il rischio di “un collasso dello sviluppo globale che potrebbe sfociare in una guerra di tutti contro tutti.”

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-senso-politico-ultimo-della-pandemia

Putin: ora parlo io

di Maurizio Blondet – 14/02/2018

Putin: ora parlo io

Anche se l’attuale crisi è molto diversa da quella che portò alla Prima guerra mondiale, la Germania negli ultimi anni non è stata affatto un innocente intermediario tra l’Occidente e la Russia ma una parte in causa nel conflitto tra Ucraina e Mosca.. il tentativo di estendere fino alla Crimea l’area di influenza della NATO, nonostante le proteste di Mosca, è stata una decisione sbagliata presa da Angela Merkel e da lei portata a compimento.

Vladimir Putin aveva dato avvertimenti già nel discorso al parlamento tedesco nel 2001 e si era ripetuto alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco nel 2007. Davanti ai deputati nel palazzo del Reichtag di Berlino, Presidente da un anno, aveva esposto in termini del tutto espliciti il problema nelle relazioni con la NATO e l’Occidente. “Al giorno d’oggi capita che le decisioni vengano prese senza di noi. Solo dopo ci viene chiesto, con una certa insistenza, di esprimere il nostro accordo. (…) Si dice persino che senza la Russia sarebbe impossibile metterle in pratica. Dovremmo cheidercitutti se è una situazione normale, se questo nostro rapporto è reale. (…) Continuiamo a vivere sulla base di un vecchio sistema di valori. Parliamo di alleanza, ma la verità è che non abbiamo ancora imparato a fidarci gli uni degli altri”.

A diciassette anni di distanza nulla è cambiato.

 

Putin e il ruolo delle ONG straniere in Russia. Spie o agenti della società civile?

Una nuova legge approvata nel novembre del 2012 prevede che tutte le organizzazioni non governative devono con scopi politici devono registrarsi e dichiarare la provenienza dei loro finanziamenti. La nuova legge dovrebbe impedire, negli anni a venire, l’intromissione nella politica interna russa degli stati esteri. Alle Ong con fini politici che ricevono sovvenzioni da altri Paesi è infatti richiesto di registrarsi come “agenti esteri” e sottoporsi a rigorosi controlli sulle attività e sulla contabilità.

L’intento politico alla base di questo nuovo ordinamento è chiaro. Molte Ong russe ricevono finanziamenti dall’estero. Gli interessati dalla normativa, però, si dichiarano indignati. Finora nessuna organizzazione si è registrata come agente estero. Nel marzo 2013 le autorità hanno iniziato a svolgere i loro controlli e il procuratore ha fatto visita, oltre che alle Ong russe, anche alla fondazione Konrad Adenauer a San Pietroburgo vicino alla CDU di Angela Merkel e alla fondazione Friedrich Ebert (SPD) di Mosca.

L’acceso dibattito sul ruolo delle organizzazioni umanitarie straniere in Russia non è certo una novità. Queste non farebbero altro che il bene, si preoccuperebbero dei bambini in difficoltà, porterebbero avanti la battaglia contro l’AIDS e salvaguarderebbero la natura. Sono una sorta di missionari. Allo stesso tempo illustrano l’economia sociale di mercato, si battono per la libertà di stampa, e aiutano a trasformare la democrazia “guidata” di Putin in una società civile di stampo occidentale. L’Occidente come progetto universale, da realizzare ovunque e comunque. Una battaglia per vincere la quale vengono stanziati miliardi dollari ogni anno.

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Corsi e ricorsi

Il ruolo della JP Morgan  in Russia contro lo Zar Nicholas, è stato lo stesso gioco che attualmente  vediamo svolgere dai Rothschild e da Soros che esigono allineare Putin e la nuova Russia ai loro interessi. Basta guardare le somiglianze e le strategie, e la situazione generale diventa vividamente chiara. Come “per esempio”, confrontare gli sforzi  fatti allora dallo zar Nicola per una  pace generale in Europa, come evidenziato dal suo rafforzamento dell’alleanza franco-russa, ei suoi sforzi per porre fine alla prima gran corsa agli  armamenti nel mondo attraverso la Conferenza della Pace dell’Aia. Questa citazione di Wall Street di Antony Sutton e della rivoluzione bolscevica riassume la strategia di crisi in corso da ovest ad est: “La Russia era allora – ed è oggi – il più grande mercato non sfruttato al mondo. Inoltre, la Russia, allora ed attualmente, costituiva la più grande potenziale minaccia competitiva per la supremazia industriale e finanziaria statunitense . (Uno sguardo ad una mappa del mondo è sufficiente per evidenziare la differenza geografica tra la vasta massa terra della Russia e gli Stati Uniti più piccoli.) Wall Street deve avere brividi quando vede la Russia come un secondo gigante industriale superiore all’americano “. Sulla base di questi paralleli, dobbiamo capire il Grande Gioco, o il confronto politico e diplomatico tra Gran Bretagna e Russia, dal diciannovesimo secolo si è solo ampliato e si è evoluto nella crisi che vediamo oggi. Le radici delle crisi attuali furono  stabilite dalle trattative della British East India Company all’epoca della rivoluzione americana.

E quello che fu  uno sforzo senza precedenti per espandere il potere e l’influenza dell’Impero britannico, echeggia ora come un apparente espansionismo americano. Per un ulteriore contesto, questo “Grande Gioco” ha fermentato eventi che si ripercuotono e risuonano nei titoli geopolitici di oggi. Quando la guerra di Crimea finì nel 1856 con la sconfitta della Russia ad opera di  un’alleanza di Gran Bretagna, Francia e Impero Ottomano, chi avrebbe potuto immaginare nuove alleanze con simili intenzioni nel ventunesimo secolo? È dalla situazione attuale della Crimea che possiamo trarre le nostre conclusioni più sorprendenti. Non dobbiamo supporre che questo “grande gioco” continua, perché questa è la realtà inconfondibile. Mentre la guerra di Crimea è rimasta famosa per la  carica della Light Brigade e della Florence Nightingale, i ruoli relativi dei leader della  Russia sono ancora più notevoli. Quando il presidente russo Vladimir Putin ha reso sicura la Crimea per proteggere i russi della Crimea dai neonazisti dell’Ucraina , ha rappresentato (più o meno) la protezione assicurata dallo zar Nicola I ai cristiani ortodossi dall’assalto degli  ottomani musulmani che controllavano il Mar Nero.

https://www.controinformazione.info/hanno-ucciso-lo-zar-ora-i-globalisti-puntano-a-putin/

Il maestro di Putin è Solženicyn

E’ Ljudmila Saraskina, in una monumentale biografia di 1432 pagine dal titolo “Solženicyn”, a raccontare i “frequenti, stretti, ma non sempre pubblicizzati” incontri tra Solženicyn – il grande vecchio, l’eroe del popolo russo nemico del comunismo, ma deluso dai nuovi politici “democratici” – e il giovane uomo politico che sembrava destinato, come tanti altri, ad essere una meteora, con molti nemici, in un paese in decomposizione.

Il primo incontro avviene il 20 settembre 2000 a Troice-Lykovo: sono i coniugi Putin a recarsi in visita a casa dello scrittore. Il giorno seguente Solženicyn, nel programma Vesti, dichiara di aver conosciuto un uomo dall’intelligenza vivace e pronta, “preoccupato del destino della Russia e non del potere personale“. L’ex agente del KGB in visita ad un’ex vittima del KGB! La notizia occupa per molto tempo i giornali russi, che dovranno tornare sovente sul tema, visto che i due continueranno a vedersi per anni, talvolta pubblicamente, talvolta in modo riservato, per sfuggire alle polemiche degli avversari.

Cosa insegna Solženicyn al suo giovane ammiratore? Essenzialmente tre cose: che occorre frenare la catastrofe demografica, che fa perdere alla Russia circa un milione di persone l’anno e che è figlia del nichilismo comunista ma anche di quello occidentale; che bisogna rivedere le privatizzazioni selvagge realizzate nell’epoca di Eltsin, e gestite a vantaggio di pochi, ai danni del popolo; che è necessario impedire che il passaggio dal comunismo alla democrazia liberale segni la morte definitiva dell’anima religiosa russa, traghettando il paese dal materialismo comunista al consumismo materialista occidentale.

Da dissidente anticomunista, Solženicyn ha imparato cosa significhi la dittatura vera e propria, con le sue blandizie (la neolingua menzognera, che trasforma l’essenza delle cose) e la sua incredibile durezza (i gulag, la pena di morte…).

Nei suoi anni negli Usa, invece, si è convinto dell’esistenza di un’altra forma di dittatura, più morbida ma egualmente mortale, quella del pensiero unico imposto dalla “tribù istruita”, dai maître à penser delle televisioni e dei giornali “liberi”. Sono loro, in un paese che appare allo scrittore russo “disgregato” moralmente, spiritualmente “insano”, a decidere cosa la gente debba leggere e cosa debba pensare, generando un conformismo asfissiante e molto simile a quello imposto in Unione Sovietica dal comunismo.

Putin ascolta ciò che Solženicyn gli dice, sul suo paese e sugli Usa, e farà ciò che gli è stato suggerito: limitando il ricorso all’aborto e sostenendo la famiglia; emarginando gli oligarchi e restituendo così allo Stato e ai russi i loro beni nazionali; riagganciando il suo paese alle tradizioni religiose combattute dal comunismo ed anche, in altro modo, in Occidente.

Quanto alla politica estera, per capire la posizione di Putin di oggi, occorre forse ancora una volta ricordare cosa pensava il suo venerato maestro, allorchè, nella primavera del 1999, commentando i bombardamenti a tappeto dell’amministrazione Bill Clinton sulla Serbia, dichiarava: “Non bisogna illudersi che l’America e la Nato abbiano come scopo la difesa dei kossovari… La cosa più spaventosa è che la Nato ci ha introdotti in una nuova epoca… chi è più forte, schiacci“.

Nel 2008, anno della sua morte, Solženicyn avrebbe dichiarato: “Impiantare la democrazia in tutto il pianeta. Impiantare! E infatti hanno cominciato a impiantarla. Prima in Bosnia. Con un bagno di sangue… Un grande successo, in Iraq! Un grande successo della democrazia. Adesso a chi toccherà? Chi sarà il prossimo? Forse l’Iran? … Non vale un soldo la democrazia che è arrivata con le baionette; da dieci anni stanno sviluppando il loro piano spudorato, la cui sostanza consiste nell’imporre in tutto il mondo la cosidetta democrazia all’americana“.

Ecco da dove proviene, almeno in parte, l’ avversione di Putin alla guerra in Libia (paese che, a sentire qualcuno, andava “liberato” dal tiranno), la sua politica in Siria, la sua simpatia per Trump (fiero smobilitatore della Nato), e l’ avversione per Hillary Clinton, la donna che ha votato sì a tutte le guerre per “impiantare” la democrazia.

Chi l’avrebbe mai detto che l’uomo che sfidò l’Urss, che svelò all’Occidente l’esistenza dei gulag, mettendo in crisi il comunismo internazionale, sarebbe poi diventato il consigliere, politico e spirituale, dell’uomo che oggi contende agli Usa il primato nella politica estera mondiale, e che nel contempo si contrappone anche sul terreno ideale della religione, della famiglia, dei cosiddetti diritti civili, alle politiche abortiste e pro LGBT di Obama e della Clinton?

Un intellettuale, al potere, dunque, anche dopo la sua morte? Così scrissero spesso i giornali russi, in quegli anni, paragonando il rapporto tra Solženicyn e Putin a quello tra Nicola I e Aleksandr Puškin. Certamente Solženicyn avrebbe detto di no: uomo coltissimo, si riteneva però un figlio del popolo russo. Considerava gli intellettuali una sciagura: propugnatori del comunismo, in Oriente, corruttori della libertà e della verità, in Occidente.

La Verità, 29 settembre 2016

 

L’articolo SORPRESA, IL MAESTRO DI PUTIN E’ SOLGENICYN è tratto da Blondet & Friends, che mette a disposizione gratuitamente gli articoli di Maurizio Blondet assieme ai suoi consigli di lettura.

Il ruolo della Russia

PUTIN ALLE ÉLITE OCCIDEN­TALI: NON È PIÙ TEMPO DI GIOCARE

Gran parte del mondo di lingua ingle­se si è perso il discorso del presidente russo Vladimir Putin all’undicesima conferenza internazionale del Valdai Discussion Club a Sochi il 24 ottobre. Si tratta probabilmente del discorso più importante dopo quello di Winston Churchill sulla “Cortina di Fer­ro” del 5 marzo 1946. Con le sue parole, Putin ha cambiato all’improvviso le regole del gioco. In precedenza, la partita della politica internazionale si giocava così: i poli­tici facevano dichiarazioni pubbliche in cui dipingevano un quadro rassi­curante e fittizio di sovranità nazio­nale, ma non era che uno show che non aveva nulla a che vedere con la sostanza della politica internaziona­le. Nel frattempo, dietro le quinte si svolgevano le negoziazioni segrete in cui si elaboravano i veri accordi. Putin aveva provato a stare al gio­co, aspettandosi semplicemente che la Russia venisse trattata da pari. Ma le sue speranze si sono infrante, e in questa conferenza ha dichiarato che il gioco è finito, e il fatto che abbia parlato direttamente alla gente sca­valcando i clan elitari e i leader poli­tici è un’esplicita violazione del tabù occidentale.

Il blogger russo “Chipstone” ha rias­sunto i punti più salienti del discorso di Putin:

1) La Russia non si presterà più a giochi e trattative dietro le quinte per
questioni di poca importanza. Tutta­via la Russia è pronta ad affrontare
conversazioni e accordi seri se questi servono alla sicurezza collettiva, sono condotti con onestà e tengono conto degli interessi di ciascuna delle parti.

2)Tutti i sistemi per la sicurezza globale collettiva sono ormai in rovina.
Non sono più una garanzia per la si­curezza internazionale. L’entità che li
ha distrutti ha un nome: Stati Uniti d’America.
3) I creatori del Nuovo Ordine Mon­diale hanno fallito, poiché hanno co­struito un castello di sabbia. Il fatto che vada costituito o meno una sor­ta di Nuovo Ordine Mondiale non è una decisione che spetta alla Russia, ma è una decisione che non si può prendere senza la Russia.
4) La Russia preferisce un approccio conservatore nell’introdurre innova­-
zioni nell’ordine sociale, ma non si oppone allo studio e alla discussione
di tali innovazioni per valutare se la loro introduzione sia giustificata.
5) La Russia non ha intenzione di pescare nelle acque torbide create
dal sempre più vasto “impero del ca­os” dell’America, e non ha interesse
a creare un nuovo impero proprio (non è necessario: la sfida, per la Rus­
sia, è piuttosto lo sviluppo del suo già vasto territorio). Né desidera agire da
salvatore del mondo, come ha già fat­to in passato.
6) La Russia non tenterà di riforma­re il mondo a propria immagine, ma
non permetterà neppure ad altri di riformare il mondo a loro immagine.
La Russia non si isolerà dal mondo, ma chiunque tenterà di isolarla dal
mondo di certo raccoglierà tempesta.
7) La Russia non desidera che si dif­fonda il caos. Non vuole la guerra e
non ha intenzione di iniziarne una. Tuttavia, la Russia di oggi vede come
quasi inevitabile lo scoppio di una guerra globale, è preparata e conti­nua a prepararsi per affrontarla. La Russia non teme la guerra.
8) La Russia non intende assumersi un ruolo attivo nell’ostacolare colo­ro che continuano a tentare di in­staurare un proprio Nuovo Ordine
Mondiale, per lo meno finché i lo­ro sforzi non inizieranno a ledere
gli interessi russi. La Russia preferi­rebbe restare in disparte e osservarli
mentre si continuano a dare la zappasui piedi. Ma chi trascinerà la Russia in questo processo trascurando i suoi interessi, imparerà a proprie
spese che cos’è il dolore.
9) Nelle sue politiche estere e sopra­tutto in quelle interne, la potenza
della Russia non si affida alle élite e ai loro accordi sottobanco, ma al volere del popolo.

http://cluborlov.blogspot.it/2014/10/putin-to-western-elites-play-time-is.html

Traduzione italiana in Nexus New Time 113, pag.10