USA contro resto del mondo

Anche nel 2008, mentre i governi della Ue a rimorchio delle chiuse visioni di Berlino si affidavano a politiche rigoriste suicide, la Federal Reserve (Fed) guidata da Ben Bernanke, lanciava tre successivi programmi di acquisito di titoli di stato (Quantitative Easing) che in pochi anni hanno dilatato il suo bilancio da 850 a 4.500 Mld di $. Secondo il calcolo fatto a Washington, Cina, Giappone e le principali economie del G20 (Brasile, India e così via), terrorizzate dal deprezzamento del dollaro, ne avrebbero fatto incetta sui mercati insieme ai T–Bonds emessi dalla Fed. Se non lo avessero sostenuto, le loro monete si sarebbero rivalutate su di esso, rendendo le loro attività (basate sulla vendita di materie prime e di manufatti, Giappone escluso, di scarsa qualità e basso prezzo) assai meno appetibili; inoltre, un dollaro in caduta libera avrebbe falcidiato le loro riserve monetarie basate appunto sul biglietto verde.

Il risultato è stato che, mentre la crisi finanziaria demoliva la Ue e Giappone e Cina si svenavano per rafforzare la valuta americana, fra il 2009 e il 2013 negli Stati Uniti si riversavano 2.510 Mld di $, praticamente lo stesso volume di moneta messo in circolazione nelle prime due fasi del Quantitative Easing della Fed, 2.600 Mld. Nella sostanza Washington non ha speso un soldo per rivitalizzare la sua economia, lasciando che economie avanzate e nazioni emergenti facessero a gara per sostenerla: il Giappone ha acquistato T–Bonds per 556 Mld, la Cina per 543; il Brasile per 129 e così via. E vista la crescente richiesta, questo finanziamento è avvenuto a interessi sempre più bassi, passando dal 4% pre crisi, all’1,5% nel pieno del ciclone.

La Cina stessa, che un colosso economico ormai lo è, è stata costretta ad abbozzare: fra il 2013 e il 2014 ha provato a ridurre la montagna di debito statunitense che detiene, ma è stata una manovra di facciata, perché ha continuato a rastrellarne tramite il governo belga che è arrivato a detenerne una cifra mostruosa pari al 70% del proprio Pil (350 Mld). Anche Pechino è in trappola: se cade il dollaro, gli effetti per la sua economia, che attraversa un passaggio delicato, sarebbero devastanti.

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QE all’italiana

Mario Draghi ha fatto credere, (o meglio i giornalisti economici italiani così hanno presentato la mossa di Draghi) come l’applicazione di un modello vincente che avrebbe rilanciato occupazione ed investimenti nel nostro paese.
Invece non è così.
Perché?
La risposta è elementare: perché la mossa di Draghi non contiene le due clausole più importanti presenti nel programma statunitense.
Quali sono?
Sono le seguenti:
a) I soldi di questo programma vengono dati alle banche identificate esclusivamente e soltanto come mediatori (profitto del 5%) per girarli come credito alle aziende che dimostrino di operare nel territorio nazionale e di assumere personale iscritto alle liste di disoccupazione.
b) E’ tassativamente vietato usare questo danaro per finalità speculative o per acquistare strumenti finanziari di qualsivoglia natura.
La mossa di Draghi NON contempla queste due clausole, ma guarda un po’ che caso!
Sono quelle fondamentali.

Sergio Modigliani in http://www.libero-pensiero.net/la-ben-congegnata-truffa-del-mago-draghi/