Bisogna infatti sapere che quegli inquilini, residenti nel condominio di Via Santa Croce in Gerusalemme, numero 55, ex sede dell’INPDAP; sono tutti abusivi; e che non sono abusivi arrivati alla spicciolata, bensì membri di una specie di centro sociale dedito alla politica delle occupazioni abusive, denominato Action, i quali si sono insediati lì fin al 2013, cioè da sei anni. In altre parole, il gesto di solidarietà del cardinale Krajewski, presentato come una specie di obbligo morale di fronte a una situazione di emergenza, che vede coinvolti anche un centinaio di minorenni, è, in realtà, a tutti gli
effetti, un gesto di solidarietà politica nei confronti di persone che da
anni calpestano le leggi, se ne infischiano dell’onestà, non pagano
l’affitto né gli altri servizi, pretendono di vivere alle spalle della
comunità e recitano la parte delle vittime di chi sa quale ingiustizia
cosmica, mentre le vere vittime sono gli italiani poveri e dignitosi che
l’affitto e le bollette cercano di pagarli comunque, e che, ad ogni modo,
mai si sognerebbero di pretendere come un diritto la libertà d’infrangere la
legge e mai ricorrerebbero ad atti di forza che, se divenissero
generalizzati, segnerebbero l’inizio dell’anarchia più totale e di uno stato
di guerra civile permanente. Tecnicamente parlando, l’incursione del
cardinale nel condominio romano ha un nome preciso: si chiama istigazione a delinquere.
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Galassia Suez
Suez Gaz de France è quel colosso colpevole della terra dei fuochi attorno a Napoli – campi flegrei e litorale domizio – poiché fu proprio Gaz de France che allora era ancora azienda completamente di Stato francese, ad acquistare la Jacorossi Spa che aveva ricevuto nel 2001 la commessa dalla Regione Campagnia di bonificare e di organizzare la raccolta dei rifiuti nei campi flegrei e litorale domizio attorno a Napoli, la cosiddetta Terra dei Fuochi (cfr. )
E fu proprio Gaz de France, poi diventato Suez Gaz de France nel 2007, a presumibilmente costringere attraverso la Jacorossi a incrociarsi le braccia a 180 lavoratori socialmente utili mentre dava in appalto la raccolta rifiuti alla mafia (cfr Report Gabanelli)
E’ quella galassia che in joint venture con BNP Paribas, controlla Total(FinaElfErg), Lafarge, Imerys, Banca Leonardo (adesso passata a Crédit Agricole), persino Iberdrola e Transcor Astra.
BNP Paribas, bisogna forse ricordarlo, è quella banca che acquistò BNL dopo una battaglia mediatica senza precedenti contro Fazio che voleva preservarla, e così facendo divenne azionista di Bankitalia oltre il fatto che era già nel cartello delle banche dealer.
Infine la galassia Suez Bnp è quella che comunemente negli anni ho chiamato i “francorotti”, per designare appunto quel coagulo di potere concentrato che vede uniti nello sfruttamento delle risorse mondiali l’elite francese, ivi compreso l’apparato di Stato esagonale, e quelli che comunemente chiamo i “rothschilds”, diventati nome comune per nominare la casta dell’1% del mondo.
L’altro azionista è Gaetano Francesco Caltagirone, e a parte che non entro nelle cronache della città, che non conosco ma che immagino, quale è la ratio di mettere una persona fisica unica come terzo azionista di un colosso come ACEA, multinazionale ex municipalizzata che gestisce i servizi pubblici della Capitale d’Italia e, in gran parte, del paese?
Tutti gli imprenditori cavalieri coraggiosi del paese diventano i prestanome di altri poteri ben più forti oltre confine e off shore, così come i Benetton hanno in realtà solo il 26% in Austrade per l’Italia.
Perché per concludere, funziona così: il potere di battere moneta e di prestarla agli Stati, è all’apice molto organizzato, ed è ben rappresentato dalla galassia Frère-BNP-Suez, è alla base molto ramificato, cambia nome, è cangiante, è multinazionale, cambia passaporto.
Fino a quando una classe politica forte e determinata non deciderà di prendere il toro per le corna, e di ripulire la gestione della res publica dagli affaristi e dalla finanza, qualsiasi sindaco di Roma fallirà.
E la domanda sorge spontanea, ed è doverosa: come fa il Comune di Roma ad avere problemi finanziari se “controlla” la multinazionale in crescita di utili Acea?
Nforcheri 13/11/2018
Civis Romanus sum
Non stupisce, ormai siamo abituati a una continuità col passato rivendicata in nome di una miserabile realpolitik per via della quale è impossibile dire di no, pensare soluzioni di rottura davvero alternative, alla fine meno costose delle minacciate penali e sanzioni economiche, politiche o “morali”. Mentre invece era questo il momento di aprire, ebbene si, all’intelligenza proponendo un piano dei trasporti che si avvalga della tecnologia che oggi già permette di aggregare la domanda in tempo reale e di rispondere con un trasporto senza linee fisse, modificando il percorso per servire i cittadini che si muovono contemporaneamente nel medesimo bacino. Che si adegui a cambiamenti di stile di vita che suggeriscono di potenziare le formule di spostamento collettivo. Che faccia proprie le esperienze di città che hanno promosso la rete del ferro al posto degli autobus obsoleti che restano imprigionati nel traffico. E che preveda un vero risanamento con la sostituzione di vertici che hanno dimostrato incapacità e opacità, con soggetti di controllo e gestione svincolati dalla cosca del malaffarismo amministrativo, imprenditoriale e finanziario.
Degrado romano
Parabola del nostro degrado collettivo, il quartiere di San Lorenzo: una maceria abbandonata, appartenente al fratello dell’ex sindaco Veltroni, ma non costruita perché – ammettiamolo – è ormai conveniente costruire un condominio lì? Dopo che Mario Monti ha stroncato il settore edilizio e i consumi interni, non ci sono lì più lavoratori, le botteghe artigiane sono state sostituite da spacciatori, occupanti, zoologia da centri sociali : e la chiamiamo “la movida studentesca”, – ma quali studenti incanagliti la animano?
Su Tripadvisor, i giudizi sul quartiere San Lorenzo:
Attraverso questo quartiere quasi tutti i giorni per andare all’Università. Negli anni ho cercato di esplorarlo il più possibile per trovare qualcosa di carino che mi portasse ad apprezzarlo un po’di più rispetto alla prima negativa impressione che mi ha fatto. Purtroppo, ho trovato ben poco. Il quartiere è piuttosto malfamato e purtroppo la realtà delle cose conferma i racconti e le dicerie. Oltre ad essere pericoloso, soprattutto di notte, è anche terribilmente sporco. La puzza di urina e di spazzatura a volte è davvero insopportabile, soprattutto durante l’estate. Qui e lì ci sono degli angoli carini, negozietti interessanti e belle opere di urban art. Ma si tratta di minuscole oasi in un deserto di degrado. Sono sicura che ci sono persone che apprezzano questo tipo di atmosfera e che considerano questo un luogo da mantenere esattamente così com’é. Ben venga, sicuramente avranno le loro ottime ragioni. Tuttavia, sinceramente non vedo l’ora di terminare gli studi, così non dovrò più mettere piede in questo orribile quartiere.
https://www.maurizioblondet.it/desiree-uccisa-nelle-macerie-della-civilta/
Brutti, sporchi e cattivi
In altre parole: a Vittorio Mallozzi, che morì per l’idea d’un mondo altro, si sostituisce Giacinto Mazzarella, il baraccato già sussunto, di fatto, nell’ideologia capitalista. E aggiungo: non solo lui; il genocidio culturale, infatti, non era solo del sottoproletariato, ma dell’Italia tutta. E ciò fu detto chiaramente dallo stesso Pasolini: il professionista e il pezzente avevano, al fondo, gli stessi desideri e la medesima libidine di oggetti e comportamenti.
Se Ettore Scola avesse girato un seguito del proprio film, insomma, avremmo assistito alla lenta trasformazione dei discendenti di Manfredi-Mazzarella in piccolo borghesi, voraci consumatori di televisione e gadget tecnologici, attorniati da una mandria di nipoti e bisnipoti mazzarelliani, stupidi, sboccati, fitti di tatuaggi e piercing, e prossimi alla trasmutazione nel novello lumpenproletariat che seguirà la dissoluzione dell’Occidente turbocapitalista.
Perché una cosa è sicura: la Bengodi di carta iniziata negli anni Ottanta è finita. Gran parte dei Mazzarella di questi anni torneranno poveri. Con questa differenza: che, oggi, i nuovi poveri non custodiscono più la sapienza di arrangiarsi. L’ho già detto. Non sanno fare niente: coltivare la terra, rubare, spennare un pollo, fare a pugni, accendere un fuoco, caricare un’arma. Diventeranno un esercito di disperati ben peggiore di quelli del film. Alcuni torneranno a prostituirsi, altri ingrosseranno la malavita: i più si lasceranno morire per le strade.
In altre parole, se nulla cambia: i baraccati di Scola siamo noi fra trent’anni.
Certo, ci sono differenze, ma sono secondarie. Siamo più scolarizzati, ma tale acculturazione non è più sinonimo di cultura: un tredicenne che esce dalla terza media è spesso più ignorante d’un analfabeta d’antan; abbiamo alti sogni e aspirazioni, ma questi, senza soldi, spariranno ben presto onde far posto all’impellenza del quotidiano: la pagnotta; sembriamo più civili, ma anche ciò è una biacca culturale che si scioglierà ben presto. E senza soldi diventeremo più brutti (i poveri imbruttiscono velocemente e si accoppiano inevitabilmente fra loro), più sporchi, e sicuramente molto più cattivi: il che, forse, sarà un passo avanti per l’Italia poiché segnalerà una calda passione per l’esistenza, superiore all’odierna abulia politica e sociale.
Le avvisaglie della débâcle già ci sono, peraltro negli stessi luoghi in cui Brutti, sporchi e cattivi fu girato:
leggi tutto qui: http://pauperclass.myblog.it/2015/08/27/siamo-noi-i-brutti-gli-sporchi-i-cattivi-alceste/
Peggio dell’impero Romano
All’Italia, come alle altre “province”, vengono chiesti dazi e sacrifici, bilanci in ordine, e montagne di debito. I servizi necessari da parte del governo tuttavia scarseggiano, o non sono mai stati prestati. La nostra economia non è assolutamente aiutata, sfruttata anzi e prosciugata da un colonialismo di modello “portoghese”. La nostra identità è sempre più minacciata da miti europei, da flussi migratori forzati e da famiglie “alternative”. Per garantire questo impero del nulla ai lavoratori vengono presentati contratti di prigionia, dove si impongono ore di lavoro improponibili per sei giorni su sette, e dove vedersi concedere 20 giorni liberi su 365 diventa un lusso. Il tutto per stipendi insufficienti a garantirsi un futuro, o neppure una vaga sopravvivenza. Ad ogni modo chi riceve i panni di questo servaggio ha pure di che ritenersi fortunato, di che abbracciare il suo padrone – o tiranno- perché con una disoccupazione a due cifre a molti non viene concessa neppure questa infame possibilità.