Serbia

Il generale Wesley Clark, che ha avuto il comando delle operazioni in Jugoslavia, nel 2004, ha detto che “personalmente aveva chiamato il giornalista della CNN e lo ha fatto in modo che la notizia trapelasse”, sostenendo che è stata colpa del governo jugoslavo per la morte dello staff RTS , per non averli fatti evacuare prima delle bombe della NATO.

Non dobbiamo tornare indietro di 20 anni, tuttavia, per trovare esempi di giornalisti collegati con l’establishment degli Stati Uniti e con i suoi strumenti di potere che agiscono in modo ipocrita mentre loro rivendicano di “essere vittime”.
Meno di due settimane fa, mentre la polizia britannica aveva trascinato Julian Assange fuori dall’ambasciata ecuadoriana, un vero e proprio gotha delle dive dei media occidentali ha gareggiato per insultare il fondatore di WikiLeaks e dichiararlo “non un vero giornalista”. Ci si chiede se sia così, o a causa di WikiLeaks con un record di accuratezza del 100% per tutto ciò che hanno pubblicato. In Italia si sono distinti personaggi come Beppe Severgnini e Andrea Romano nel definire Assange una “spia di Putin”.

Invece di ringraziare Assange, i principali giornalisti occidentali stanno partecipando all’assassinio del suo personaggio con lo stesso tipo di zelo con cui hanno rallegrato le notizie di Holbrooke sull’attentato al RTS. Dopotutto, in questo nuovo mondo dominato dai media prostituiti all’establishment, chi lavora per la libertà di parola e il libero giornalismo finisce in galera e viene anche diffamato dai reggicoda del potere.

Traduzione: Luciano Lago

https://www.controinformazione.info/quando-i-media-occidentali-incoraggiano-arresti-e-bombardamenti-di-giornalisti-sul-lato-sbagliato/

Belgrado

Ero venuto a Belgrado per il convegno nel X anniversario dell’aggressione. Ci sono tornato ora nel XX. Dubito, a 85 anni, che mi rivedranno al XXX. Ma loro terranno duro, fino a quando la vulgata delle menzogne su Jugoslavia, Serbi, loro uccisori e devastatori non sarà riconosciuta da un’opinione pubblica che insiste a farsi turlupinare da delinquenti della guerra, dello schiavismo coloniale e dell’informazione. Fino a quando le vittime non saranno state risarcite, bonificati i territori e curati i corpi bruciati dall’uranio impoverito (tra i ragazzi sotto i 15 anni tre volte i tumori della normalità senza uranio) e avvelenati dalle sostanze chimiche fatte sprigionare dagli impianti petrolchimici di Pancevo. Sparute voci invocavano memoria, ma anche perdono. Subito subissate dal coro: “Non dimentichiamo, non perdoniamo”.
Loro che tengono duro, fin dai giorni dell’aggressione, sono capeggiati da un uomo della cui specie ne vorremmo avere anche da noi. Zivadin Jovanovic era ministro degli esteri nel governo di Slobodan Milosevic, testimone dell’infame inganno di Rambouillet, trattato di “pace” con cui Madeleine Albright (quella dei “500mila bambini morti che valevano la pena per prendersi l’Iraq”) pretendeva di imporre alla Serbia di farsi occupare dalla NATO. Testimone, alla fine dei bombardamenti, della “pace” di Kumanovo. Forse l’unico, grande errore di Milosevic: il ritiro delle truppe serbe dal Kosovo. Difficilmente l’UCK, se non la NATO, avrebbero prevalso, tra le montagne serbe, sull’esercito erede della lotta partigiana ai tedeschi. Avremmo vissuto un’altra storia.
Sicuramente non quella di una Grande Albania che incorpori Kosovo e pezzi di Serbia, Montenegro e Macedonia, vascello pirata sospinto dal soffio NATO e UE, tornato virulento in questi mesi e ansioso di farla finita con una Serbia che a Putin in visita a gennaio offre tripudio, un milione di cittadini in festa e il rifiuto della NATO (“Per difenderci basta il nostro esercito. Non abbiamo bisogno della NATO”. Così, alla conferenza, il ministro della Difesa, Aleksander Vulin, ripetendo ciò che aveva detto il presidente Vucic). Una Serbia che dall’inverno scorso viene descritta come assediata dalle opposizioni anti-Vucic, ma che a fine marzo abbiamo visto in piazza ridotta a poche decine di manifestanti. Tra l’altro con parole d’ordine che richiamano con precisione quelle di Otpor, la Quinta Colonna creata dalla CIA nel 2000 e poi attiva nell’innesco di quasi tutte le “rivoluzioni colorate”, fino al golpe di Guaidò in Venezuela.
(…) Quello del Forum di Belgrado per un Mondo di Uguali è stato, doveva essere, alla vista dell’oblio indotto dai responsabili e dai loro amanuensi, un convegno della memoria. Ma da Zivadin Jovanovic all’ultimo delegato, eravamo coscienti che la memoria non serve se resta galleria degli antenati e dei paesaggi. Ambiente in cui si crogiola troppa gente. La memoria dei Serbi non cessa di accusare e avvertire: per i necrofori, la Serbia dovrebbe essere diventata il paradigma dell’umanità. O si resiste alle sirene USA, NATO, UE, o si muore tutti. La memoria, quando è denuncia, diventa resistenza. A partire dalla lotta contro coloro che oggi vengono di nuovo incaricati di agitare la piazza. Piazza spuria e strumentale per abbattere un presidente che, forse ondeggiante, ha comunque dichiarato un no epocale alla NATO. Una NATO che, a partire dal progetto che riunisca tutti gli albanesi in unico Stato all’ordine della criminalità internazionale e locale, prosegua l’infinita destabilizzazione dei Balcani e la faccia finita con quel cuore serbo che ha vinto i nazisti e ora rifiuta di farsi testa di ponte per la guerra alla Russia.”

Da Convegno internazionale a vent’anni dall’aggressione “DIMENTICARE? PERDONARE? MAI!”, di Fulvio Grimaldi.

 

Fratellanza slava

Dal 18 al 29 giugno, la città portuale russa sul Mar Nero di Novorossijsk ospiterà le memorabili manovre “Fratellanza Slava-2018”, a cui parteciperanno paracadutisti provenienti da Russia, Bielorussia e Serbia. In queste manovre, la Russia sarà rappresentata da un battaglione di truppe aviotrasportate con più di 700 soldati, oltre a aerei di prima linea e dell’esercito, difese aeree ed aerei da trasporto militare. Queste unità provengono dal Distretto Militare Meridionale della Russia, che di recente ha svolte proprie manovre al confine con l’Ucraina. Da allora fu annunciato che le esercitazioni saranno le prime che testeranno nuovi mezzi e sistemi d’arma in servizio nelle unità aviotrasportate. Parteciperanno 250 paracadutisti bielorussi. La manovre si svolgono per il quarto anno. Furono per prima tenute in Serbia, poi in Russia, e poi nel 2017 nel poligono bielorusso di Brestskij, ed ora di nuovo in Russia. La particolarità di esse è che i soldati russi, bielorussi e serbi formano unità miste, formando così plotoni o compagnie coi militari di tutti e tre gli Stati.
Le operazioni bielorusse-russo-serbe, in particolare nelle esercitazioni antiterrorismo, verranno elaborate nel corso di queste esercitazioni. Inoltre, queste esercitazioni si svolgono nel campo di addestramento di Raevskij, nella regione di Krasnodar, la cui fase più attiva si terrà dal 26 al 28 giugno. Il territorio di Krasnodar fa parte del Distretto Militare Meridionale che, proprio di recente, dal 5 all’8 giugno, ospitava le esercitazioni tattiche interessanti tutte le forze terrestri, aeree e marine in ciò che era definibile “avvertimento all’Ucraina”. Superficialmente era una mera coincidenza, dato che la Fratellanza Slava fu pianificata molto tempo prima. Le manovre ad alta intensità in tutti i distretti militari della Russia sono familiari. Dopo il lungo declino dell’esercito russo, la prontezza al combattimento fu ripristinata, ed ora viene testata frequentemente. La componente più importante di questo processo sono le manovre ai vari livelli e le prove operative al combattimento.
Fratellanza Slava consente di risolvere diversi compiti interconnessi nella cooperazione militare e nella politica dei Paesi slavi ortodossi. Bielorussia e Serbia sono i più stretti alleati della Russia, e loro popoli sono fraterni. Pertanto, la Russia vuole condividere con essi la ricca esperienza nelle operazioni dei paracadutisti, sviluppatesi nei combattimenti reali. La Russia ebbe successo nella creazione di nuovo materiale militare per le truppe aviotrasportate, le cui capacità s’illustreranno in queste esercitazioni insieme agli alleati bielorussi e serbi. In base al contesto della dichiarazione del Ministero della Difesa russo, anche i paracadutisti bielorussi e serbi parteciperanno a queste manovre. O per lo meno le osserveranno da vicino e familiarizzeranno con la nuova tecnologia. Non meno significativa è l’opportunità di dimostrare la cooperazione militare con la Russia, particolarmente importante per la Serbia circondata da un ambiente complesso e largamente ostile. Se su questioni politiche i tre Paesi slavi ortodossi hanno delle contraddizioni, a volte nette (come le dispute periodiche tra Russia e Bielorussia), poi nelle relazioni militari godono di una comprensione molto più strette. Le manovre regolari rafforzano questa fratellanza militare che nelle circostanze geopolitiche contemporanee è cruciale.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

http://aurorasito.altervista.org/?p=872

Kosovo

di Luciano Lago Da quando la Yugoslavia fu attaccata dalla NATO nel 1999, lo Stato-farsa del Kosovo è stato da sempre un territorio sotto controllo militare-giurisdizionale degli Stati Uniti e della NATO. L’attuale governo di Pristina viene diretto da tal Hashim Thaci, ex Primo Ministro e membro terrorista dell’Esercito di Liberazione del Kosovo (ELK), organizzazione criminale conosciuta per avere stretti collegamenti con le grandi organizzazioni del crimine albanese ed europeo. La CIA ha appoggiato direttamente, verso la metà degli anni ’90, l’organizzazione del ELK così come anche i servizi di intelligence tedeschi (BND), per utilizzarlo nella guerra sporca che dura dal 1999. Il Kosovo ricordiamo che decretò la propria indipendenza unilateralmente nel 2008 con il totale appoggio degli USA e degli alleati vassalli della UE. Soltanto la Spagna non lo riconobbe ma indirettamente ne ricobobbe la legittimità sostenendo, per bocca di Josep Borrell, che il Kosovo era stato uno stato “oppresso” e pertanto aveva diritto a rendersi indipendente contro il criterio adottato dall’allora governo socialista di Zapatero. Salvo poi autosmentirsi con recenti dichiarazioni in cui ha sostenuto che “la dichiarazione di indipendenza del Kosovo è stata una volta di più una manifestazione del potere americano”. Vedi: EuropaPress, Josep Borrel Se si vuole avere una idea di chi sia l’attuale figura di presidente del Kosovo, Hashim Thaci, fondatore anche del denominato Partito “Democratico” del Kosovo, bisogna andare a verificare i suoi trascorsi. Thaci è conosciuto per essere stato uno dei componenti del sindacato del crimine organizzato che aveva la gestione completa del traffico di droga e controllo della prostituzione in tutta la regione. Negli anni novanta Thaci aveva fondato il denominato “Grupo Drenica“, un sindacato criminale con base in Kosovo ma con collegamenti con la mafia albanese, con quella macedone e con la mafia italiana (indrangheta). Vedi: Il presidente del Kosovo è il boss di una organizzazione criminale internzionale I boss della droga in Kosovo, in Albania e Macedonia (che avevano strette relazioni con la mafia italiana), negli anni ’90 si erano trasformati in quegli anni nella nuova elite economica, associati con frequenza agli interessi degli affari delle multinazionali occidentali. I grandi ricavi finanziari provenienti dal traffico di droga e di armi furono riciclati in altre attività illecite, incluso in una vasta rete di prostituzione tra Albania ed Italia. I gruppi criminali albanesi che operavano a Milano e in Lombardia, come ha riferito Michel Collon (giornalista e analista belga),  “si erano trasformati in una rete di prostituzione tanto potente che erano riusciti a superare anche i calabresi come forza ed influenza”.

https://www.controinformazione.info/il-kosovo-uno-stato-mafioso-terrorista-indipendente-rubato-alla-serbia-con-il-beneplacito-della-nato/