Uno sguardo al futuro

Vi risparmio la lunga analisi dell’articolo: http://www.lolandesevolante.net/blog/2014/05/una-proposta-di-futuro/, anche perché sono tutti argomenti famigliari ai lettori di questo blog, e passo direttamente alle cose da fare:

  • Annullamento degli attuali debiti. Forse qualcuno potrà essere restituito, ma in generale sarà impossibile poter ripagare la maggior parte dei debiti; per non parlare degli interessi. Il mondo sta cambiando, e anche le regole che lo definiscono devono cambiare. Non è possibile cominciare con un ostacolo che risulti impossibile da superare.
  • Riforma radicale del sistema finanziario. Non si può sperare di continuare a coprire  gli interessi dei prestiti valutari. Se il settore finanziario risulta critico per il buon funzionamento della società (e lo sarà per tutto il periodo di transizione), non ci si può affidare alla gestione privata (che tende a privatizzare i profitti e a  socializzare le perdite, le quali a partire da ora risulteranno crescenti quanto inevitabili) o, come minimo, orientata alla crescita.
  • Ridefinizione del denaro. La politica monetaria non può essere espansiva; piuttosto, in un primo momento, si contrarrà. Il denaro è una rappresentazione del valore – non il valore in se stesso –  e la sua  gestione dev’essere controllata dai settori direttamente coinvolti: fabbricanti, commercianti, consumatori… La gente tenderà a usare divise locali  prima di quella nazionale, a causa  della maggior difficoltà di garantire il valore di quest’ultima in una società al collasso. Le divise locali non possono essere controllate da interessi speculativi stranieri e, pertanto, risultano avulse da accumulazione e capitalizzazione (l’analisi economica classica ci dirà che in questo modo si perdono opportunità di investimento e crescita).
  • Riforma degli Stati. Sin dalle loro origini, gli stati e il capitalismo hanno condiviso obiettivi e si sono resi complementari, con risultati sociali altamente efficaci in alcuni paesi (lo stato sociale ne è un buon esempio), sebbene inevitabilmente anche lo stato-nazione entra in crisi nel momento in cui il capitalismo diventi irrealizzabile. Diventa necessario ricollocare i centri di decisione avvicinando la gestione a chi viene amministrato; e bisogna farlo veramente, non tanto per dire. La gestione dev’essere prima municipale che provinciale, prima provinciale che regionale, prima regionale che nazionale. La mancanza  di energia porterà a una logica di ricollocazione che tenderà gradualmente a rendere gli ambiti amministrativi sempre più locali; benché, durante la transizione l’inefficienza di un  potere amministrativo nazionale ipertrofico porrà molti ostacoli, soprattutto di carattere legale.
  • Definizione di piani di transizione locale. Ogni popolazione deve determinare quali sono i propri problemi più urgenti e deve investire risorse per controllarli. In alcune comunità mancherà l’acqua, in altre il problema sarà la mancanza di suolo fertile, in altre l’eccesso demografico, la contaminazione o la scarsità di risorse basilari… Bisogna analizzare attentamente la situazione, cercando di comprendere che non andremo a vivere una continuazione dell’attuale sistema, piuttosto un cambiamento radicale. Una volta identificati i punti sensibili, bisogna investire le risorse e gli sforzi modellandoli per rendere possibile la transizione, anche se, da una prospettiva capitalista attuale, un investimento del genere non risulti redditizio. Questo costituirà uno dei grandi ostacoli, sebbene decisamente inferiore alla cancellazione dei debiti o dell’interesse composto.
  • Preservazione  dei servizi essenziali. Sicuramente, sarà una delle maggiori difficoltà della transizione: all’opposizione del capitale nella perdita dei propri privilegi, si unirà la difficoltà di mantenere un flusso sufficiente di risorse per permettersi certi privilegi. Secondo il grado di scarsità a cui sarà soggetta ogni località, i servizi potranno più o meno essere mantenuti. Quelli fondamentali sono: l’istruzione, la sanità e l’assistenza agli anziani e ai bisognosi. Per poter conservare questi servizi essenziali, ogni località dovrà decidere che tipo di sistema di finanziamento impiegare: se per mezzo di tasse o con il lavoro volontario dei cittadini. La possibilità dell’offerta dei servizi dipenderà dalla ricchezza relativa di ogni luogo.

Secondo voi qualcuno di coloro che avete recentemente eletto alle europee, alle politiche o alle amministrative è in grado anche solo di capire queste proposte?

Europa e democrazia

Europa e democrazia

Per la prima volta ci si trova di fronte ad una presa di posizione netta e aperta da parte di Bruxelles rispetto alla democrazia. L’impegno preso ufficialmente per impedire l’attuazione della volontà del popolo svizzero espressa democraticamente esprime come la democrazia sia un concetto valido per l’Unione Europea solo qualora questo favorisca la cessione di fette di sovranità da parte degli stati nazionali alle istituzioni comunitarie. In caso contrario la volontà del popolo diventa un nemico da tentare di abbattere tramite pressioni e la destabilizzazione politica ed economica dello stato interessato.

Ancora Argentina

Ancora Argentina

L’Argentina alunna esemplare del Fondo Monetario Internazionale negli anni Novanta, che seguì tutte le ricette del FMI e che, quando esplose nel 2001, è stata lasciata sola. Argentina 2003. Da sola, senza accesso al mercato finanziario internazionale l’Argentina ha visto crescere in 10 anni il suo PIL del 90%, la crescita maggiore di tutta la sua storia. L’Argentina che ha costruito un mercato interno con l’inclusione sociale e le politiche anticicliche. Ha pagato tutti i suoi debiti al FMI, ha ristrutturato due volte, nel 2005 e nel 2010, il suo debito andato in default con il 93% di accordi con i suoi creditori senza chiedere più nulla in prestito al mercato finanziario internazionale, per farla finita con la logica dell’indebitamento eterno. E con il business perenne di banche, intermediari, commissioni, ecc, che avevano finito con il portarci al default del 2001. Questa sembra essere la vera causa della rabbia del FMI.

Paolo Manzo in http://www.lastampa.it/2013/02/03/esteri/kirchner-furiosa-distrugge-il-fmi-con-tweet-in-meno-di-mezz-ora-a8TbR771qGoL6gyJOz5SGI/pagina.html

La più grande truffa della storia umana

Quindi, ricapitolando, stati falliti si fanno garanti di banche fallite che devono acquistare il debito di stati falliti. Un’ottima miscela esplosiva, non c’è che dire. Le banche, prestando i soldi allo Stato, esigono un interesse che è ben più alto (dalle 4 alle dieci volte, o forse più) dell’interesse pagato alla BCE per avere in prestito denaro. Gli interessi che lo stato paga alle banche, nel caso italiano circa 90 miliardi di euro all’anno, vengono garantiti grazie all’autorità che ha lo Stato di imporre misure fiscali sui cittadini all’uopo spremuti di tasse. Quindi, in mancanza di crescita economica, lo stato, per poter pagare gli interessi ai propri finanziatori, dovrà aumentare le tasse. L’aumento delle tasse ha effetti recessivi, poiché la popolazione avrà una quota di reddito disponibile via via minore in ragione della maggiore tassazione pretesa dallo Stato. Minori spese per i cittadini, significa minore domanda interna. Le persone non spendono, le fabbriche non producono, sono costrette a licenziare e chiudono.

Paolo Cardenà

estratto da: http://www.vincitorievinti.com/2013/06/la-piu-grande-truffa-della-storia-umana.html