Il presidente Erdogan è membro distinto della setta dei F.lli Mussulmani e insegue l’idea di una leadership della Turchia nel Mondo Islamico e di una ricostruzione dell’Impero Ottomano.Tutte le sue decisioni devono essere inquadrate in questo disegno da cui Erdogan è ossessionato, inclusa questa di convertire in Moschea la cattedrale museo di Santa Sofia.
Turchia e Grecia sono ai ferri corti per una serie di questioni fra cui Cipro e i giacimenti di gas nel Mediterraneo di cui entrambi i paesi reclamano la sovranità. Inoltre è esplosa la questione Libia dove Erdogan ha fatto trasferire migliaia di terroristi jihadisti dalla Siria (gli stessi appoggiati da USA e NATO per rovesciare il governo di Assad) che svolgono il compito di impadronirsi delle risorse petrolifere del paese per conto della Turchia e far divenire la Libia una colonia dell’Impero Ottomano.
Terroristi filo turchi in Libia sostenuti da Erdogan e dalla NATO
La NATO e la UE appoggiano il governo fantoccio di Erdogan, quello di Serray a Tripoli e di conseguenza sono dalla parte dei terroristi e del “sultano” di Ankara che vuole ricostituire l’Impero.Non è un caso che Erdogan e il suo governo siano finanziati dalla UE, per volontà della Merkel, e che la Germania abbia forti interessi in Turchia. Non altrettanto si può dire per la Grecia e per l’Italia. Entrambi questi paesi fanno parte della NATO. La NATO quindi si conferma come una organizzazione filo terrorismo jihadista e non per nulla ha favorito la costituzione di enclave di terrorismo radicale islamico nei Balcani (Kosovo) come in Medio Oriente (Idlib in Siria e in Iraq).
Circa 18000 combattenti hanno lasciato la Cina per Idlib, dal 2015 hanno la loro enclave al-Zanbaqi al confine con la Turchia. Attualmente ci sono circa 40000 uiguri a Idlib, tra cui donne e bambini.
Molta attenzione è stata (recentemente) rivolta agli uiguri dai media occidentali. Improvvisamente gli uiguri sono al centro dell’attenzione occidentale, perché? Per ragioni democratiche o umanitarie? No, in ogni caso gli uiguri non sono importanti per l’occidente come gruppo. Vivono nella provincia più occidentale della Cina; Xinjiang, situata sulla Via della Seta. Appartengono alla fede musulmana (sunniti) e hanno stretti rapporti con la Turchia (la loro lingua è legata al turco e molti uiguri parlano turco). In Cina, dato il comunismo (si può effettivamente parlare di comunismo capitalista), alla gente non piace vedere una prominenza della religione. Molte fonti parlano dell’oppressione degli uiguri, ma non ci sono prove reali. Ecco perché così tanti uiguri (18000 sono solo una stima approssimativa) sono partiti per la Siria e in particolare per Idlib. che confina con la Turchia e ha un proprio partito; il Partito islamico del Turqistan (TIP), sotto la supervisione del servizio segreto turco e dagli stretti legami cogli altri gruppi presenti a Idlib: Tahir Ahrar al-Sham, al-Qaida e SIIL. Si dice che gli uiguri del Partito islamico del Turqistan abbiano trasformato la città di al-Zanbaqi (proprio al confine turco) in un campo isolato (enclave). Non sappiamo molto di ciò vi succede, è una città proibita. Questi uiguri affermano di essere al-Qaida e si rifiutano di tornare in Cina (dove sarebbero perseguiti e molto probabilmente condannati a morte).
I jihadisti a Idlib
La popolazione siriana è ancora presente a Idlib: secondo le informazioni dell’Ufficio centrale di statistica della Siria, Idlib aveva una popolazione di 98791 abitanti nel 2004 e nel 2011 era di circa 165000. Prima che i jihadisti (compresi gli uiguri) iniziassero il terrorismo contro la popolazione siriana e dichiarassero la cosiddetta rivoluzione, col sostegno dell’occidente, gli abitanti erano principalmente musulmani sunniti, ma c’era anche una minoranza cristiana. La minoranza cristiana fu costretta a “islamizzarsi” e i restanti sunniti siriani dovettero partecipare alle pressioni di tali jihadisti sponsorizzati dall’occidente. La propaganda dei media occidentali è che l’Aeronautica siriana in cooperazione coi russi bombarda e uccide (su vasta scala) la popolazione siriana a Idlib. La vera storia è che i jihadisti (compresi gli uiguri), lentamente ma inesorabilmente uccidono il popolo siriano, confiscano le terre agricole di cristiani e sunniti, confiscando case e trasformano le donne in schiave. Fortunatamente, la maggior parte della popolazione siriana fuggì, circa 66000 nel 2011, e diverse migliaia negli anni successivi. La Siria bombarda principalmente le case vuote in cui i jihadisti si sono trincerati e anche l’enclave degli uiguri. Naturalmente vi sono vittime civili, come in tutte le guerre. Ma la maggior parte dei morti sono jihadisti e i loro aiutanti caschi bianchi, di al-Qaida. Anche gli ospedali da campo dei jihadisti vengono bombardati (questi non sono ospedali dello Stato siriano). I cittadini siriani che vivono ancora a Idlib e dintorni non ricevono assistenza medica e vivono con 20-30 dollari al mese se sono fortunati.
Conclusione
Di recente, 22 Paesi firmavano una dichiarazione per porre fine a detenzione forzata e violazioni dei diritti contro musulmani e minoranze nei “campi di concentramento” nella regione autonoma dello Xinjiang nella Cina nord-occidentale. Sulla base di certe fonti, gli uiguri sarebbero radicalizzati, anche se l’occidente chiama questo campo di rieducazione. Tale protesta dall’occidente è legata alle gravi perdite ad Idlib. L’occidente, il solo ad aver firmato tale dichiarazione, sponsorizza (o ha sponsorizzato) molti cosiddetti gruppi di “opposizione” a Idlib, come i caschi bianchi (al-Qaida) e altri 22 gruppi tra cui Jaysh al-Islam (ora Ahrar al-Sham). Se Idlib cadesse, i restanti jihadisti potranno ritornare in Europa, solo gli uiguri non possono tornare, la Cina li condannerà a morte! Erdogan della Turchia recentemente visitava la Cina cercando un equilibrio in questa difficile situazione. Da un lato, il Paese non può permettersi di entrare in conflitto con la Cina e la Russia. Nel frattempo la Turchia è “passata” al campo geopolitico di Russia e Cina, ricevendo i missili S-400 acquistati in Russia, venendo quindi sanzionata dall’UE. Resta il fatto che la Turchia in effetti sponsorizza i jihadisti e riceveva petrolio dallo SIIL nel 2016, venduto in Europa. Si svolge un gioco difficile.
Ora, non occorre ricordare che l’Arabia Saudita è il primario e dovizioso finanziatore del “terrorismo” in Siria con miliardi di dollari in stipendi ad armi a oltre 200 mila combattenti – allo scopo precipuo di violare l’integrità territoriale della Siria, ossia smembrarla, e rovesciarne il governo legittimo. Che è nemico giurato di Iran ed Hezbollah e tutti gli sciiti, la cui difesa militare ha scongiurato lo smembramento della Siria e la cacciata di Assad. Men che meno occorre ricordare che il Regno wahabita ha sempre comprato miliardi di armi Made in Usa, essendo il principale cliente del complesso militare-industriale, e dipendendo per la sua sicurezza internazionale da Washington.
Non è un rovesciamento di alleanze – restano visioni divergenti sugli sciiti – ma è un impressionante cambiamento rispetto a solo pochi mesi fa. Il re saudita non si sente più protetto dagli Usa – o almeno non efficacemente – e si fida più della parola e dell’impegno di Mosca alla proprio “integrità”. Adesso Russia e Saudia si stanno concentrando su un interesse comune ben chiaro: far aumentare il prezzo del greggio (la Russia non è parte dell’OPEC) per il 2018.
Il professor Michel Chossudosky (il noto autore del sito canadese Globalresearch) ha fatto un rapido elenco dei “profondi sconvolgimenti delle alleanze geopolitiche cha stanno per prodursi, minando l’egemonia USA in Medio Oriente ed Asia centrale”, per effetto dei ciechi errori americani e dei fermi successi di Putin, che i paesi dell’area stanno cominciando a vedere non come una minaccia ma una potenza militare di mediazione e di stabilizzazione, della cui parola, amici e “nemici” possono fidarsi.
La Turchia,
membro della NATO, pilastro fedele dell’Alleanza contro l’URSS, nonché con Erdogan una delle forze scatenate contro Assad, sostenitrice di jihadisti e acquirente del petrolio di Daesh, adesso sta conducendo manovre militari congiunte con l’Iran attorno allo “stato” kurdo iracheno, sostenuto dagli Usa e Israele,nella cui indipendenza vede – esattamente come Teheran – un pericolo esistenziale per la Turchia; sta combattendo i ribelli curdi, sostenuti dagli Usa, che combattono contro Assad in Siria. Ed anche Erdogan sta comprando gli S-400 da Mosca, strappo primario al coordinamento e all’integrzione degli armamenti NATO fra alleati. La cooperazione militare di Ankara con Israele (più o meno occulta in funzione anti-Assad) è oggi gravemente minata. “Il legame più stretto che Ankara ha stretto con l’Iran contribuiranno a nuocere alle strategia USA e NATO a livello dell’intero Medio Oriente”.
I due progetti concorrenti. quello in blu è la casua della sistruzione della Siria. Adesso inattuale.
Adesso, l’amichevole sfruttamento congiunto del loro giacimento marino fra Qatar e Iran, rende inutile quel progetto; e induce Doha ad aderire al progetto alternativo, di un gasdotto che partirà dal porto di Assulieh, in Iran, e traverserà Persia, Irak e Siria per sboccare in Turchia, ai mercati europei. Diffondendo nel passaggio ricche royalties a tutti gli stati qui nominati. E’ un progetto sostenuto da Mosca. Il Qatar inoltre conta di unirsi ad un oleodotto che collegherebbe l’Iran alla Cina attraverso il Pakistan sempre a partire dal porto di Assoulieh.
Risultato: “Il controllo geopolitico della Russia sui gas e oleodotti in direzione dell’Europa si è consolidato”, invece di indebolirsi come sperato dagli Usa (e NATO).
I media mainstream anglofoni stanno facendo sforzi sovrumani per accreditare come reale questa nuova milizia guerrigliera. Riportano che questa nuova formazione si chiama Queer Insurrection and Liberation Army (TQILA) ed è nata da una entità chiamata International People’s Guerrilla Forces (IRPGF), che a sua volta è membro di un International Freedom Battalion, un gruppo di combattenti esteri che hanno attraversato il mondo per unirsi ai miliziani curdi dello YPG in Siria. Li stanno aiutando non tanto a battere l’ISIS, quanto a creare lo stato anarco-comunista sognato dai combattenti curdi, la Rojava.
“Fotti Daesh, sostieni Rojava!”.
Se andate a cercare sul web la parola Royava, scoprite che si definisce “una regione de facto autonoma della Siria del Nord, non riconosciuta da Damasco”: insomma l’ennesima versione della strategia israelo-americana di di smembrare la Siria per linee etniche, togliendo al governo una striscia lunga e stretta che oltretutto, guarda caso, corre a ridosso della frontiera della Turchia. La Turchia di Erdogan, ossia non più amica della NATO e da disturbare con il ravvivare ed armare il separatismo curdo.
Dal che si capisce che il Deep State (e la NATO che gli tiene bordone) non si sono rassegnate alla sconfitta in Siria, e ritententano lo smembramento armando nuovi attori; e che questi attori sono del tipo che Erdogan più teme e detesta : i curdi del PKK, il partito comunista curdo, organizzazione superterroristica. La sola vera ferocissima forza, che ha provocato in Turchia, dall’84 al 2003, 30 mila morti in una guerriglia spietata. Per Erdogan, un incubo.
Detto altrimenti: basta con Daesh,Al Qaeda, i jihadisti religiosi; ora la nuova creazione dei servizi occidentali è atea, anarco-comunista, “Né Dio né padroni”.
Una autentica flotta di navi da guerra formata da 14 unità’ turche, fortemente armate fino ai denti, sta navigando al di fuori di ogni controllo statale, dirigendosi a quanto sembra verso l’Egeo o il Mar Ionio per sfuggire alle epurazioni attuate dal Governo di Ankara. Come rivelato da alcune fonti, fra cui Il Times, sono state segnalate queste 14 unità della Marina turca fortemente armate che navigano verso destinazione ignota ma è chiaro che si tratta di unità appartenenti ai rivoltosi turchi che adesso cercano di mettersi in salvo dalle sanguinose epurazioni contro i militari ribelli attuate dal Governo di Erdogan. Sono in allarme i porti del Pireo ed altri in Grecia ma anche Taranto dove potrebbero dirigersi le unità turche, secondo l’agenzia RiaNovosti. Il comandante della Marina da guerra turca, l’ammiraglio Veysel Kosele, ha ammesso di non avere più il controllo di queste unita già dallo scorso Venerdì’, giorno in cui iè avvenuto il tentativo di Golpe, come indica la fonte anonima del giornale britannico. Al momento non si sa se l’ammiraglio siacoinvolto anche lui nel fallito golpe o si trovi come ostaggio dei rivoltosi. Nel frattempo in Turchia procede l’epurazione massiccia dei militari rivoltosi con circa 7.500 arresti, questa epurazione viene estesaanche ai magistrati, ai poliziotti, a giornalisti ed a dipendenti pubblici. L’epurazione risultatalmente massiccia da somigliare sempre più’ ad una purga staliniana. Il bilancio dei morti e’ salito a 290 e i feriti sono alcune migliaia. Nel paese è stata proposta l ‘introduzione della pena di morte con effetto retroattivo e questo creerebbe una situazione ancora peggiore. Lo stesso Erdogan ha rivelato che ha corso il rischio di essere assassinato mentre si trovava in vacanza in un Hotel sul Mar Egeo. Adesso Erdogan vuole vendicarsi pesantemente sui cospiratori e sugli oppositori. Le autorità della UE al momento esprimono preoccupazione e lanciano appelli alla moderazione nei confronti di Ankara augurandovi un ritorno alla stabilità. Rt Actualidad. The Times. RiaNovosti
L’Unione Europea si appresta a rinnovare la sanzioni alla Russia che scadono nell’Agosto del 2016. Le sanzioni erano state decise e rinnovate , sotto direttiva USA, relativamente alla questione dell’Ucraina ove la Russia viene accusata di non aver adempiuto agli accordi di Minsk. Mosca aveva rigettato il provvedimento dichiarando che le sanzioni sono ingiustificate, visto che la pacificazione dell’Ucraian non è questione che dipenda da Mosca ma dall’atteggiamento del governo di Kiev che non ha ottemperato a quanto stabilito negli accordi di Minsk 2. Non tutti i paesi si erano dichiarati disponibili a rinnovare le sanzioni, in particolare la Repubblica Ceca, la Slovacchia e l’Ungheria avevano avanzato riserve ed avevano fortemente criticato la decisione del rinnovo delle sanzioni ma era poi intervenuta la direttiva di Washington e tutti i governi dell’Unione Europea si erano dovuti adeguare. Ultimamente il vicepresidente USA, Joe Bilden, aveva dichiarato che saranno gli Stati Uniti a decidere fino a quando si dovranno rinnovare le sanzioni alla Russia, facendo chiaramente capire che Washington decide e gli alleati si adeguano. Nessuna sanzione risulta invece decisa dall’Unione Europea per quanto riguarda la Turchia, le sue sistematiche violazioni dei diritti umani, quelli della minoranza curda in particolare che viene continuamente sottoposta a repressione e bombardamenti dal Esercito di Ankara, nessuna sanzione per la chiusura dei giornali dell’opposizione interna e tanto meno per l‘appoggio conclamato di Ankara ai gruppi terroristi che operano in Siria ed in Iraq. La questione non è all’ordine del giorno ed anzi, l’Unione Europea in questi casi chiude entrambi gli occhi ed al massimo emette qualche timido “distinguo” invitando Ankara a tutelare la libertà di stampa. “Si certo”, rispondono i turchi, “come no, lo faremo senza meno”. La UE deve decidere per l’erogazione di alcuni miliardi (tre) alla Turchia in merito alla questione migranti che le stesse autorità di Ankara sospingono verso la Grecia. La Turchia non si accontenta e ne chiede il doppio, ricattando la UE e minacciando di sospingere altre centinaia di migliaia di migranti verso l’Europa. Inoltre la Turchia vuole essere ammessa nell’Unuone Europea ed in questa occasione forza le sue richieste per ottenere uno sveltimento delle procedure, contando sul forte appoggio della Merkel, sostenitrice di una Unione allargata ai turchi. Questa situazione è stata duramente stigmatizzata dal senatore della Duna (Parlamento) della Russia, Andréi Klishas, presidente del Comitato Costituzionale russo, il quale ha dichiarato che l’Occidente dimostra la sua doppia morale visto che non impone sanzioni contro Ankara, per causa del suo appoggio al terorrismo e per la violazione della libertà di espressione. “Il presidente turco Recepit Erdogan bombarda i curdi, viola la libertà di espressione ed elimina i media indipendenti, ha trasformato la Turchia in un punto di transito per i terroristi di ogni indole, tutti lo sanno e lo vedono ma nessuna delle “democrazie occidentali” parla di sanzioni contro la Turchia ed Erdogan”, ha dichiarato Klishas alla Ria Novosti. Secondo Klishas il presidente turco è un alleato dei paesi occidentali, cosa che rappresenta un eclatante esempio del cinismo nella politica del doppio standard adottata dall’Occidente”. Fino a questo momento non c’è stata nessuna risposta da parte di alcuno dei leaders europei che su tali questioni preferiscono glissare evitando di esporsi alle critiche che pure arrivano da alcuni dei capi di stato (come l’ungherese Viktor Orban o il presidente Zeman della Repubblica Ceca) ed esponenti politici in dissenso sulla politica della sanzioni unilaterali applicate dalla UE. L’Unione Europea prosegue sulla sua strada di totale asservimento alle direttive che provengono da Washington. Gli USA hanno sollevato Bruxelles dalla necessità di prendere decisioni autonome. Sono loro che decidono per tutti, in base ai loro criteri ed ai loro interessi geopolitici, chi deve essere sanzionato e chi no. Gli Stati Uniti sono “impazienti” di vedere la Turchia presto integrata in Europa, come altre volte hanno dichiarato gli esponenti dell’Amministrazione USA.
by Gordon Duff Confermato: i Jet russi e siriani sono pronti per abbattere qualsiasi aereo turco o saudita che attraversi la Siria. La Turchia è disposta a chiudere il Bosforo ed ad attaccare le navi russe nel Mediterraneo. Il bombardamento delle artiglierie turche contro le posizioni curde, all’interno del territorio siriano (dura già da alcune ore) viene visto da molti osservatori militari come il preludio ad un attacco terrestre contro le forze Siriane-curde anti terroristi all’interno della Siria. Fonti accreditate sostengono che l’Arabia Saudita, che dovrebbe partecipare all’attacco terrestre assieme alla Turchia, sarebbe disponibile a portare armi nucleari tattiche (?) alla Turchia. La Turchia dispone già adesso di 84armi nuclearitattiche nella base aerea di Incirlik, sotto il controllo NATO. Le stesse fonti avrebbero confermato che l’Arabia Saudita e la Turchia dispongono di aerei americani F-15 ed F-16 modificati per attacchi nucleari da parte di Israele. Gli USA hanno eliminato tutti gli aerei di attacco nucleare della Turchia dietro ordine del presidente Obama. Abbiamo conferme che la Turchia avrebbe un piano contingente per impadronirsi dell’arsenale nucleare della NATO a Incirlik, con l’aiuto delle forze speciali saudite che sono state addestrate in Israele per sbaragliare le misure di sicurezza delle armi nucleari degli Stati Uniti. Abbiamo anche una conferma che l’Arabia Saudita sta muovendo i suoi aerei sulle piste nella base statunitense in Turchia. Questa settimana gli aerei USA hanno bombardato i civili su Aleppo ( due ospedali colpiti) da questa stessa base. Sia l’Arabia Saudita che i russi si aspettano una invasione turca su larga scala in risposta al consolidamento delle posizioni delle formazioni curde dello YPG, con aiuto statunitense, per prendere le nuove posizioni che (in mano alle forze curde/siriane) potrebbero bloccare l’accesso alla Turchia dei rifornimenti per i loro soci dell’ISIS in Siria. Entrambe le fonti ad alto livello dei russi e dei siriani, contattati questa mattina, hanno confermato che una estensione del conflitto è imminente. La Turchia ha annunciato ufficialmente che le forze turche sono pronte a muoversi contro i curdi dello YPG (sostenuti dagli USA) che loro considerano un gruppo terrorista. La Turchia non ha alcuna intenzione di attaccare l’ISIS. Esiste l’evidenza di prove che Ankara ed Erbil sono completamente dietro l’ISIS. Il Ministro delle relazioni estere Turco, Mevlut Cavusoglu, ha detto “Loro (i sauditi) sono venuti, hanno fatto una ispezione della base. Al momento non è ancora chiaro quanti aerei sauditi verranno sulla base”. La Turchia fornisce i rifotrnimenti all’ISIS in Iraq attraverso la via di Duhok, con l’aiuto del regime di Erbil, che si sono messi contro Bagdad e le altre forze curde. L’Esercito turco ha già individuato gli obiettivi curdi nel nord della Siria
Cosa significa quel corridoio verde per le forze anti-siriane? Prima di tutto, è il corridoio per inviare armi e carne da cannone, provenienti in grandi quantità. Sì, la provincia di Idlib condivide un confine più a lungo con la Turchia, quindi è troppo presto per parlare di sacca, ma è anche una questione di comodità di accesso, e il corridoio verde dispone di autostrade, valichi di frontiera, rotte del contrabbando ben consolidate, e Aleppo stessa, in parte persa da Damasco, è un importante nodo logistico per i flussi di uomini e mezzi ai terroristi. Idlib ha un confine assai meno conveniente, in quanto il terreno montagnoso impedisce il trasporto di grandi quantità di rifornimenti. Ma c’è anche un’altra importante via logistica che appare in appendice, il commercio tra i jihadisti e lo Stato islamico. L’accordo con la partecipazione di Ankara precisa che le s’invia il carburante dalle province settentrionali siriane, ricevendo cibo in cambio. Questo ne fa l’ancora di salvezza per entrambi, dato che lo SIIL controlla i principali giacimenti di petrolio nel deserto, e i gruppi filo-turchi occupano terreni agricoli, senza petrolio e raffinerie. La Turchia usa naturalmente lo scambio per affrontare le carenze di carburante e cibo in queste parti della Siria occupate dai terroristi. I giornalisti ad Idlib e nelle parti di Aleppo controllate dai jihadisti indicano una situazione umanitaria difficile. Stabilimenti alimentari, trasporti, servizi chiudono per mancanza di carburante per i generatori diesel. Non c’è luce o energia elettrica. Naturalmente, non indicano che gli autoveicoli dei jihadisti circolano allegramente. Il rapido peggioramento delle condizioni sociali nelle province occupate dai terroristi, in combinazione con l’offensiva dell’EAS, ha causato alcune manifestazioni di crisi umanitaria. Vi sono segnali di panico, soprattutto tra i terroristi che hanno sfruttato la Siria da tempo, arricchendosi con il contrabbando e che hanno anche creato famiglie, con l’obiettivo ultimo di utilizzare i fondi accumulati per passare poi in luoghi più prosperi come Turchia o Europa. Fuggono verso la frontiera con la Turchia e si concentrano nei campi specializzati. Ankara afferma che ci sono 50mila rifugiati e chiede che il mondo presti attenzione alla crisi apparentemente causata dalle bombe russe. I valichi di frontiera sono chiusi, le persone continuano ad arrivare e l’”apocalisse umanitaria” riceve ampia copertura dei media occidentali. Questo piano probabilmente sarà usato da Ankara e occidente per fare pressione sulla coalizione Russia-Siria, e potrebbe servire come pretesto per l’invasione via terra.
Occupando l’aeroporto di Qamishli, la Russia dimostra di essere l’unico Paese pragmatico nella lotta allo SI, tagliandone le fonti del finanziamento. Quindi la vera ragione della rabbia della Turchia verso i russi è il controllo del confine turco-siriano, lungo 250-300 km e profondo 50 km, per evitare il contrabbando di petrolio siriano in Turchia e l’invio di armi a SI e altri gruppi jihadisti. Pertanto Qamishli può diventare un’importante testa di ponte attraverso cui gli Spetsnaz possono far arrivare in aereo direttamente dalla Russia truppe, mezzi corazzati e artiglieria per sigillare il confine turco-siriano e allo stesso tempo collegarsi alle truppe siriane che combattono nella parte orientale del Governatorato di Aleppo. [6] Inoltre, le truppe aviotrasportate russe hanno iniziato a introdurre nel proprio organico alcune decine di nuovi blindati ed obici semoventi, permettendo una capacità offensiva superiore, nell’ambito dei test che la Russia intende svolgere in condizioni di combattimento reali in Siria.
La zona cuscinetto prevista dagli accordi USA-Turchia
L’Esercito turco si sta preparando per effettuare una operazione terrestre sul territorio della Siria nelle vicinanze della frontiera comune. Secondo le fonti e le informazioni citate dal giornale arabo “Asharq al-Awsat”, con sede nel Regno Unito, l’operazione inizierà dalla località di Jarabulus, una città nella Siria settentrionale che si trova attualmente sotto il controllo dell’ISIS. Oltre a queste informazioni, ci sono indizi sempre più forti che la Turchia stia preparando una invasione del territorio siriano. Il governo turco è deciso a realizzare una “zona cuscinetto” che si estende lungo il confine tra Siria e Turchia. Risulta chiaro che Erdogan ha necessità di questa zona per difendere le sue linee di rifornimento ai gruppi terroristi sostenuti da Ankara ed anche per difendere il contrabbando illegale di petrolio di cui si avvantaggia la Turchia. Questa “zona cuscinetto” dovrebbe anche impedire alle unità di protezione curde (YPG) di ampliare la loro capacità di operazioni verso Ovest. Come segnali precisi di queste intenzioni, sono stati visti operare alcuni veicoli turchi di rastrellamento mine lungo un tratto di frontiera vicino alla città di Jarablus, dove sono attestati i miliziani dell’ISIS. Questo costituisce di fatto un’altro passo verso la costituzione della “zona cuscinetto” nel nord della Siria. L’unico fattore che impedisce una invasione delle forze turche su larga scala è una possibile risposta del contingente russo in Siria che farebbe detonare un conflitto allargato nella regione.
Le formazioni dei terroristi in Siria, martellate dall’aviazione russo-siriana che ha distrutto i loro depositi, centri di comando e basi logistiche, stanno progressivamante perdendo terreno e sono state intercettate comunicazioni dei terroristi da cui risulta che i comandanti di questi gruppi di miliziani stanno inviando richieste di aiuto urgente all’Arabia Saudita e alla Turchia, i paesi dove operano le centrali di comando delle organizzazioni dei miliziani jihadisti che combattono in Siria. La Turchia è un paese che fa parte della NATO e che sta ricevendo assistenza militare aggiuntiva dagli USA e dai paesi europei dell’Alleanza, in particolare da Germania e Regno Unito. Inoltre le autorità dell’Unione Europea hanno stabilito un sostanzioso finanziamento per circa 3,5 miliardi di euro al Governo turco, per aiutarlo a fronteggiare la crisi dei profughi che fuggono da Siria ed Iraq e riparano in Turchia per poi cercare di arrivare in Europa attraverso la Grecia. Questo sostanziale appoggio che riceve dai suoi alleati, rende il presidente Erdogan più forte e più deciso a reprimere ogni dissidenza, a massacrare la minoranza curda ed a sfidare anche la Russia per attuare il suo piano di espansione di un “nuovo Impero Ottomano”.
i cittadini impauriti da un’inaudita violenza che non è più lontana e mediatica, che nemmeno sceglie più le vittime, ma spara nel mucchio, cercano rifugio sotto le gonne del potere non comprendendo che proprio opponendosi alle sue malefatte saranno in grado di strappare maggiore sicurezza e sfuggire al ruolo di carne da cannone. Solo quando sarà chiaro che non si tratta di una guerra di civiltà come sussurra l’istinto più idiota, ma di una guerra di inciviltà, si potrà uscirne fuori. Solo quando i cittadini saranno in grado di decidere e non essere strumenti sacrificali di interessi oscuri che si nutrono della loro paura, potranno evitare le stragi.
Ciò che impaurisce, allarma e indigna nella strage di Parigi non è il numero dei morti, ma l’impossibilità di spiegarla. Sono i penosi contorcimenti dei leader e dei media occidentali nel prendere atto della mattanza tentando di contenerla nella minuscola cassetta degli attrezzi del discorso pubblico e della più elementare propaganda di potere fin qui esercitata. Lasciando intatta la menzogna che occupa lo spazio della comprensione.
Ma solo sgombrando il campo dalle mistificazioni di cui siamo vittime quotidiane si può comprendere il perché della strage e il perché di Parigi. Certo non può farlo Hollande che ieri è comparso in Tv con la faccia impaurita del ragioniere che ha in casa la finanza, né gran parte del milieu politico francese connivente e men che meno Obama e Cameron, complici e soci nell’affaire siriano. Avrebbe dovuto farlo quell’intellighentia che in Francia è tornata in grande stile alla corte di Versailles e l’informazione mainstream se non…