Rimetti a noi i nostri debiti…

Il Debito deve essere estinto fino alla fine, né può darsi alcuna possibilità di remissione, neanche parziale. Se si tiene presente che proprio la remissione del debito è l’essenza del cristianesimo, tale l’avventura umana di Figlio di Dio, Gesù fattosi uomo per estinguerlo, si può immaginare quale distanza e quale opposizione ci sia tra i fondamenti del cristianesimo e quelli attuali dell’Unione europea.

Peraltro proprio la remissione del debito è parte essenziale della preghiera che Gesù insegnò ai suoi, e forse tra le più care al cuore cristiano.

Peraltro, si può annotare come Satana sia definito il Grande Accusatore, Colui che accusa gli uomini tutto il giorno di fronte al Signore, Colui cioè che chiede al suo onnipotente interlocutore di non rimettere i debiti ai poveri peccatori. Tale l’essenza del satanismo.

Il cambiamento dei fondamenti dell’Unione europea in questo senso, cioè in senso satanista, sono avvenuti nel corso dell’egemonia della Germania. Altra constatazione ovvia, di cui ci scusiamo con i lettori.

Ma tale ovvietà serve per far notare un particolare meno banale, cioè che l’egemonia teutonica si è concretizzata attraverso l’egemonia, in Germania e quindi in Europa, di un partito di ispirazione cristiana, cioè la Cdu.

Dalla Comunità europea di ispirazione cristiana alla Ue satanista

Non tutto il male vien per nuocere

Ciò che colpisce,  sono le cifre che la Cina ha messo in gioco per assicurare la Grecia al suo progetto.  Al Pireo, fino ad oggi, COSCO ha investito  – in un decennio –  800 milioni di euro, cifra  che è  bastata per trasformare l’antico porto  nell’hub delle esportazioni cinesi verso la UE, e  farlo passare dalla  capacità di gestire 685 mila containers  che aveva nel 2010, a 5 milioni di oggi,  un aumento di 8 volte. Passa di  lì il 10 per cento delle  merci cinesi esportate in Europa.   Nei prossimi  5 anni, i cinesi intendono investire altri 600 milioni di euro nel Pireo, espandere ulteriormente il porto container ed “entrare sempre più nel settore alberghiero e nelle crociere”.  Il numero di turisti cinesi che visitano la Greci raddoppia da un anno all’altro, e nel 2020 sarà sui 400-500 mila presenze; sicché la Cina ha inaugurato un volo diretto Shanghai-Athene.

Nell’insieme, gli investimenti che la Cina ha programmato di fare in Grecia sono di 3 miliardi di euro  in 5 anni,  ossia 600 milioni di euro l’anno.

Sottolineo, di queste cifre, la levità.  La  piccolezza. Niente che non fosse alla facile portata della Germania, col suo surplus annuo di export di 250 miliardi;  basta pensare alle centinaia di miliardi che Deutsche Bank e Commerzbank hanno sprecato in cattivi investimenti  dovunque nel mondo tranne in Europa, dalla Turchia a Wall Street , per  mancanza di occasioni  d’investimento in Europa data l’austerità che Berlino ha imposto a tutti membri.  Col risultato che  “le imprese tedesche hanno investito i loro profitti all’estero, aiutando di fatto a finanziare le importazioni straniere” (Adam Tooze)

http://letstalkbooksandpolitics.blogspot.com/2012/08/germanys-growth-is-unsustainable.html

e senza ricavare profitti, tra l’altro. Ma che dico, mal investimenti? Basta paragonare i 3 miliardi cinesi in Grecia con i 12 miliardi  che la sola Deutsche  Bank ha pagato in multe per  i suoi trucchi sul Libor ed altre malversazioni agli …  Stati Uniti.

https://news.bitcoin.com/deutsche-bank-collapse-could-crash-global-financial-markets/

Con 600 milioni qui e là, in  tutti questi anni, la Germania poteva tenersi legata la Grecia  – facendo tra l’altro in  buon affare (la COSCO dal porto del Pireo, ricava ovviamente profitti, avendone  aumentato di un terzo  la  superficie  e quadruplicato  la redditività). Invece, che cosa è andata a fare la Merkel nelle sue visite ufficiali ad Atene?   Mai a dare un soldo, ma questo è il meno;  a fare della Grecia la discarica delle sue scelte migratorie dementi   – senza alcun compenso. Ma questo non è ancora tutto.   Quando la Merkel è comparsa in visita ad Atene, è stato per  imporre , fra aspri rimproveri di “vivere  al disopra dei propri mezzi” – al”suo” Tsipras,   che ha reso il suo schiavo  –    di non spendere.

Apprendiamo infatti  – dal China Daily   – che nell’anno in corso, il governo conservatore di Atene ha approvato investimenti cinesi per 611,8 milioni di euro, “che erano stati precedentemente congelati dal governo di Tsipras   per  un periodo di 18 mesi” per il divieto imposto dalla UE.

Già, perché senza mai cacciare un centesimo, e continuando a rimproverare i greci di  aver voluto vivere al disopra dei propri mezzi  accettando di indebitarsi troppo con la banche germaniche e francesi, e quindi   devono soffrire, per  giunta Bruxelles (ossia Berlino) e la NATO (ossia gli USA)   “dal punto di vista geopolitico, i partner occidentali sono preoccupati che il flirtare della Grecia con La Cina potrebbe indebolire il fianco sud-est della NATO e dell’UE”.

Stanno parlando del fianco sud-est  già  “indebolito” dalla Turchia  di Erdogan .  Della NATO in stato di  “morte cerebrale” secondo  il capo della sua maggior forza armata europea. Di Stati Unitidi cui persino la Merkel riconosce che non si può più confidare come difensori della UE.  Gli Stati Uniti in condizione tale, che secondo  un sondaggio  Rasmussen in 2018 ,  il 31 % degli elettori americani ritengono che l’America “vedrà una seconda guerra civile nei prossimi 5 anni”, con  i trumpisti armati  contro gli anti-Trump.

PECHINO FA’ DELLA GRECIA LA TESTA DI PONTE – E CON QUATTRO SOLDI (CHE LA MERKEL HA RISPARMIATO)

Vaso di coccio

Il governo Conte dichiara «eccellente» lo stato delle relazioni con la Russia quando, appena una settimana prima in sede Nato, ha accusato di nuovo la Russia di aver violato il Trattato Inf  (in base alle «prove» fornite da Washington), accodandosi  alla decisione Usa di affossare il Trattato per schierare in Europa nuovi missili nucleari a raggio intermedio puntati sulla Russia.

Il 3 luglio, il giorno prima della visita di Putin in Italia, è stata pubblicata a Mosca la legge da lui firmata che sospende la partecipazione russa al Trattato: una mossa preventiva prima che Washington ne esca definitivamete il 2 agosto.

  • Lo stesso Putin ha avvertito che, se gli Usa schiereranno nuove armi nucleari in Europa a ridosso della Russia, questa punterà i suoi missili sulle zone in cui sono dislocate.
  • È così avvertita anche l’Italia, che si prepara a ospitare dal 2020 le nuove bombe nucleari B61-12 a disposizione anche dell’aeronautica italiana sotto comando Usa.
  • Una settimana prima della conferma dell’«eccellente» stato delle relazioni con la Russia, il governo Conte ha confermato la partecipazione italiana alla forza Nato sotto comando Usa di 30 navi da guerra, 30 battaglioni e 30 squadre aeree dispiegabili entro 30 giorni in Europa contro la Russia a partire dal 2020.
  • Sempre in funzione anti-Russia navi italiane partecipano a esercitazioni Nato di guerra sottomarina; forze meccanizzate italiane fanno parte del Gruppo di battaglia Nato in Lettonia, e la Brigata corazzata Ariete si è esercitata due settimane fa in Polonia, mentre caccia italiani Eurofighter Typhoon vengono schierati in Romania e Lettonia.

Tutto ciò conferma che la politica estera e militare dell’Italia viene decisa non a Roma ma a Washington, in barba al «sovranismo» attribuito all’attuale governo.

Le relazioni economiche con la Russia, e anche quelle con la Cina, poggiano sulle sabbie mobili della dipendenza italiana dalle decisioni strategiche di WashingtonBasta ricordare come nel 2014, per ordine di Washington, venne affossato il gasdotto South Stream Russia-Italia, con perdite di miliardi di euro per le aziende italiane. Con l’assoluto silenzio e consenso del governo italiano. 

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=62223

Un tranquillo colpo di stato

di FRANCESCO CARRARO

 

Possiamo andare a votare per il Parlamento europeo con le idee un po’ più chiare su ciò che l’Unione Europea rappresenta? Forse sì. E non serve neppure scomodare il “piccolo complottista” che, per fortuna, vigila su di noi, come un provvidenziale angioletto, e ci sveglia quando ci appisoliamo davanti al quella bella fiaba per adulti che inizia, più o meno, così: “C’era una volta il Sogno europeo e c’erano i padri nobili: De Gasperi, Schuman e Adenauer”. Lasciamo in pace i padri nobili, ringraziamo gli angioletti e stiamo ai fatti.

I fatti ci urlano che la UE e l’euro costituiscono, a tutti gli effetti, il consolidamento sul piano giuridico-istituzionale (e su quello economico-monetario, prodromico al primo) di una congiura ai danni dei popoli europei. In verità, ce lo urlò in tempi (quasi) non sospetti l’ex “picconatore” (nonché Capo dello Stato) Francesco Cossiga, il quale, in una dichiarazione, riportata nel libro di Gabriele Sannino, Fuga dall’Euro, disse, a proposito della UE: “L’organizzazione politica più antidemocratica che esiste oggi al mondo è l’Unione europea. (…) Se uno stato sovrano si fosse dato un’organizzazione istituzionale come quella della UE saremmo scesi tutti quanti in piazza. Armati”.

Le affermazioni di Cossiga sono sconcertanti, ma hanno anche la potenza di un elettroshock. Intanto, scuotono le coscienze pigre. Se l’ex Presidente, che ha cominciato la carriera politica al tramonto di una dittatura conclamata, ci ha detto che viviamo gli anni della formazione di una organizzazione politica la più antidemocratica, noi – quelli a cui sarà riservato l’apogeo di una deriva di tal fatta – come abbiamo intenzione di reagire, come pensiamo di comportarci nell’urna? Tuttavia, potrebbe sorgere un dubbio: forse Cossiga esagerava, magari era semplicemente afflitto da un complesso di persecuzione dopo una vita passata all’interno di un circuito vizioso in cui lo spionaggio e il controspionaggio erano pane quotidiano.

Poi, però, i dubbi evaporano davanti alle confessioni, in real time, dei protagonisti. Si pensi a quanto disse l’ex presidente della commissione, Josè Barroso, in occasione di un discorso all’Istituto Europeo di Firenze riportato in un articolo di Luciano Gallino su Repubblica del 23 settembre 2014: “Quel che sta accadendo è una rivoluzione silenziosa – una rivoluzione silenziosa in termini di un più forte governo dell’economia realizzato a piccoli passi. Gli Stati hanno accettato – e spero lo abbiano capito nel modo giusto – di attribuire importanti poteri alle istituzioni europee riguardo alla sorveglianza e un controllo molto più stretto delle finanze pubbliche”.

Barroso è in ottima compagnia. Valéry Giscard d’Estaing, Presidente della Repubblica francese dal 1974 al 1981, nonché presidente della Convenzione europea, da cui scaturì il progetto di Costituzione europea poi abortito, affermò, commentando il trattato di Lisbona del 2007, introdotto dopo che (due anni prima) la Costituzione era stata bocciata da olandesi e francesi: “Il trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum”. Un parlamentare europeo danese, Jens Peter Bonde, è stato anche più chiaro: “I primi ministri erano pienamente consapevoli che il trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”. Quindi, discorrere di un “golpe bianco” non è né esagerato né fuorviante. Secondo lo Zingarelli, il golpe bianco è un “sovvertimento degli assetti costituzionali attuato senza l’uso della forza”. Proprio quello cui ha accennato Barroso: un colpo di stato col silenziatore. Infatti, non se ne sta accorgendo nessuno. Tranne, forse, il filosofo tedesco Jurgen Habermas che – in occasione della caduta del Governo Berlusconi nel 2011 – parlò di “a quiet coup d’etat”, un tranquillo colpo di stato.

Timothy Geithner, segretario al Tesoro degli Stati Uniti nell’Amministrazione Obama, a proposito del fatto che alcuni funzionari europei lo avvicinarono proponendogli un piano per far fuori il governo italiano in carica, scrisse: “Parlammo al presidente Obama di questo invito sorprendente, ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello. Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani, io dissi”. Alla faccia dei complottisti, verrebbe da dire. Rileggetevi, o riascoltate, le parole di Jacques Attali, banchiere internazionale e consigliere del Presidente francese Francois Mitterand, pronunciate il 24 gennaio 2011 all’Università partecipativa: “Abbiamo minuziosamente dimenticato di includere l’articolo per uscire da Maastricht. (…) Non è stato molto democratico, naturalmente, ma è stata un’ottima garanzia per renderle le cose più difficili, per costringerci ad andare avanti”.

Il video della performance, disponibile sul web, consente di cogliere il sottotesto di sghignazzamenti divertiti del pubblico che assiste alla sparata di questo ineffabile personaggio dell’alta “aristocrazia” europeista. Siamo di fronte a poteri i quali non solo sanno che l’euro è “sbagliato”, non solo sanno che esso è indispensabile per raggiungere i propri scopi, ma sono consapevoli di dover perseguire i loro obbiettivi per gradi, sorvolando a volo d’uccello, per quanto possibile, il circuito “ordinario” delle consultazioni e del consenso democratico. Helmuth Kohl, Cancelliere della Germania dal 1982 al 1998, il 9 aprile 2013 commentò così, davanti ai taccuini del Telegraph, l’ingresso nell’euro da parte della Germania: “Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania. Avremmo perso il referendum sull’introduzione dell’euro. Questo è abbastanza chiaro. Avrei perso sette a tre (…). Nel caso dell’euro sono stato come un dittatore”.

La situazione da anomalia democratica, da allarme rosso, è talmente evidente che se ne sono accorti persino esponenti autorevoli del PD, partito notoriamente e tradizionalmente europeista. Il sottosegretario alla Presidenza del consiglio con delega agli affari europei del Governo Renzi, Sandro Gozi, il 15 luglio 2015, sul Corriere della Sera, ha dichiarato: “è oramai evidente che non abbiamo un metodo democratico per gestire dei beni comuni come, per esempio, la moneta unica”.

L’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, sempre del Partito Democratico, ha raccontato, nel 2016, in un dibattito pubblico alla Versiliana (organizzato dal Fatto Quotidiano) i retroscena che portarono al voto sul pareggio di bilancio (e poi, qualche mese dopo, all’insediamento di Mario Monti): “Oggi noi stiamo vivendo un enorme conflitto tra democrazia ed economia. Oggi sostanzialmente i poteri sovranazionali sono in grado di by-passare completamente le democrazie nazionali. Io faccio soltanto due esempi. I fatti che si determinano a livello sovranazionale, i soggetti che si sono costituiti a livello sovranazionale, spesso non legittimati democraticamente, sono in grado di mettere le democrazie di fronte al fatto compiuto. Faccio un esempio. La modifica – devo dire abbastanza passata sotto silenzio – della costituzione per quanto riguarda il tema dell’obbligo del pareggio di bilancio non fu il frutto di una discussione all’interno del paese, fu il frutto del fatto che ad un certo punto la Banca Centrale Europea, più o meno, adesso la brutalizzo, disse: O mettete questa cosa nella vostra costituzione o altrimenti chiudiamo i rubinetti e non ci sono gli stipendi alla fine mese. Io devo dire che è una delle scelte di cui mi vergogno di più. Mi vergogno di più di aver fatto. Io penso che sia stato un errore… Penso che sia stato un errore approvare quella modifica. Non tanto per il merito, che pure è contestabile, ma per il modo in cui si arrivò a quella modifica di carattere costituzionale (…). Non cito questo caso per il merito, cito questo caso per il fatto che, in fondo, si è trattato del fatto che una democrazia, questa come la Grecia, come altre, sono state messe di fronte a dei fatti compiuti che si erano determinati in ambito di carattere finanziario”. Abbiamo appena “ascoltato” un ministro della Giustizia di uno Stato sedicente sovrano (il nostro) affermare che “soggetti che si sono costituiti a livello sovranazionale, spesso non legittimati democraticamente, sono in grado di mettere le democrazie di fronte al fatto compiuto”.

In proposito, è altrettanto impressionante il racconto del senatore leghista Massimo Garavaglia, reperibile anche su youtube, dove il nostro spiega in modo inequivocabile come organi rappresentativi dello Stato italiano furono sottoposti a un vero e proprio ricatto ai tempi della crisi del 2011. Ecco le sue parole: “Monti viene fatto senatore a vita il 9 di novembre. Il 10 siamo in commissione bilancio a chiudere la finanziaria in commissione e quello stesso giorno vengono a interrogarci gli ispettori della BCE della banca centrale di Bruxelles, perché eravamo sotto inchiesta. Ci interrogano. Il presidente Giorgetti della Camera, i presidenti e i vicepresidenti delle 2 commissioni. Ci fanno un bell’interrogatorio alla fine l’ultima domanda è: “Ma voi sosterrete il governo Monti?”. “Eh, brigadiere, vedremo… C’è un governo in carica. Se cade vedremo chi verrà nominato e decideremo”. “No, no, no! Verrà fatto il governo Monti e voi lo sosterrete”. Al che ti girano un po’ i santissimi… gli dico: “No, non funziona così. Noi siamo stati eletti in una maggioranza. Se la maggioranza non sta più in piedi si va, si vota e il popolo decide chi governa”. “No no no non ci siam capiti. Se voi non sosterrete il governo Monti, noi non compriamo i vostri titoli per due mesi e voi andate in fallimento.” Ok, questo è giovedì 10 novembre. Venerdì noi chiudiamo la finanziaria al Senato, poi va alla camera. E Stefano con gli altri la vedono la domenica. E lunedì viene incaricato Monti e martedì è premier. Tutto bello semplice quindi… Questo discorsetto che è stato fatto a noi, evidentemente è stato fatto anche ad altri leader, ai leader politici. Noi eravamo solo interrogati in quanto tecnici della materia e tant’è che all’inizio anche Di Pietro era per il sostegno Monti, perché ci aveva creduto anche lui a questo ricatto dello spread e così è andata. Tra l’altro se uno vuole vedere gli acquisti di titoli in quelle settimane, casualmente non ci sono stati acquisti di titoli, lo spread è schizzato su, poi è andato giù. Insomma: tutto ben orchestrato”.

Avete un vocabolo migliore rispetto a quella di “golpe” per descrivere quanto denunziato da Orlando? Noi, francamente, facciamo una gran fatica a trovare un’alternativa lessicale. Una potrebbe essere “racket”. Questo crimine viene generalmente perpetrato attraverso minacce e intimidazioni varie all’incolumità personale al fine di estorcere denaro o altre utilità, punendo materialmente chi si rifiuta di sottostare alle richieste. Un altro termine è l’italianissimo “mafia” cioè, secondo il dizionario, un “sistema di potere fondato sul consenso sociale della popolazione e sul controllo sociale che ne consegue; ciò evidenzia come la sua principale garanzia di esistenza non stia tanto nei proventi delle attività illegali, quanto nel consenso della popolazione e nelle collaborazioni con funzionari pubblici, istituzioni dello Stato e politici, e soprattutto nel supporto sociale”.

Non c’è alcun dubbio che noi respiriamo quotidianamente l’aria inquinata di un sistema politico-economico-sociale tecnicamente ascrivibile, sia pure con tutti gli aggiustamenti del caso, nelle categorie tratteggiate dalle definizioni di cui sopra. Esso, infatti, si nutre del “consenso”, della “collaborazione” del “supporto sociale” di un’enorme numero di cittadini, politici e funzionari i quali – sovente in buona fede, di certo sotto schiaffo del timore delle letali conseguenze di quella lupara bianca chiamata “spread” – chinano la testa e, pur non capendo, si adeguano. Sul piano del diritto penale, ci soccorrerebbe l’articolo 241 del codice che così recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni”.

Ci siamo in pieno, vero? E allora perché nessun magistrato si è mosso? Forse perché questa norma è stata modificata con riforma del 24 febbraio 2006, n. 85 con la quale sono state introdotte le paroline magiche degli “atti violenti”, in assenza dei quali non può essere integrata la fattispecie criminosa in questione. Una “riforma strutturale” provvidenziale per coloro che pronunciarono le seguenti parole (Orlando dixit): “O mettete questa cosa nella vostra costituzione o altrimenti chiudiamo i rubinetti e non ci sono gli stipendi alla fine mese”.

Sulla convinzione che “golpe” sia un’espressione appropriata, poi, ci conforta un grande giurista italiano, Giuseppe Guarino, già deputato nonché Ministro delle finanze e dell’Industria e professore ordinario di Diritto pubblico alla Sapienza di Roma. Egli, nel suo fondamentale pamphlet Un saggio di verità sull’euro – parlando del regolamento 1466/1997 con il quale la Commissione europea, bypassando addirittura il trattato di Maastricht, anticipò i criteri masochisti del pareggio di bilancio poi consolidati, nel 2012, nel Fiscal Compact – scrisse: “Il 01.01.99 è stato effettuato un colpo di stato con fraudolenta astuzia. La costituzione degli stati è stata violata attraverso un regolamento che, a sua volta, viola i trattati e pretende applicazione senza passare attraverso le procedure di ratifica previste per i trattati”.

Come ulteriore riprova dell’esistenza di un disegno oscuro, dai connotati antidemocratici, ricordiamo un testo redatto dal nipote di uno dei più celebri politici italiani del dopoguerra, Paolo Rumor, figlio di Giacomo, attivista democristiano del Vicentino e, soprattutto, nipote di Mariano, varie volte Presidente del Consiglio. Il suo libro mette insieme le memorie del padre a proposito del processo di unificazione europea, si intitola L’altra Europa ed è stato edito nel 2010 da Hobby & Work. Merita di essere ricordato anche perché composto in collaborazione con uno dei più noti e apprezzati storici italiani, vale a dire Giorgio Galli.

Stando al racconto dell’avvocato Rumor, il padre era stato incaricato da Monsignor Giovan Battista Montini, futuro papa Paolo VI, di prender parte, per conto del Vaticano, tra il 1943 e i primi anni Cinquanta, a incontri di carattere assolutamente riservato destinati a dare corpo e struttura a quel processo poi palesatosi nelle forme ben note delle prime comunità europee, dei successivi trattati, dell’attuale Unione. Egli scrive: “Mi è stato spiegato che il gruppo dei veri ispiratori dell’Unione non corrisponde a quelli citati nei resoconti storici, perché i primi sono rimasti sempre nell’ombra e hanno preferito dare l’impulso in modo mediato”.

Un’altra frase notevole è questa: “Mio padre mi diceva che pochi uomini politici conoscevano il lavoro che si era svolto ‘dietro le quinte’ per preparare poco per volta il nuovo volto dell’Occidente”, o, ancora: “Il senso generale di ciò che ho potuto capire dalla lettura dei documenti di mio padre, come pure dalle sue spiegazioni orali, è che esisteva (e forse esiste ancora), ad un livello molto alto e diverso da quelli conosciuti, un Gruppo o un’Entità (…) Tali persone non esitano a ricorrere a tecniche di suggestione o dissimulazione per pilotare l’emotività dell’opinione pubblica, le sue aspettative, le sue aspirazioni mentali, e conseguentemente far accettare cambiamenti strutturali che coinvolgono le comunità nazionali”.

È una testimonianza assai utile, anche perché conferma un filone carsico, mai raccontato e che, pure, un osservatore intelligente riesce a intuire. Chiunque abbia assistito agli sviluppi della crisi di questi anni non può non aver notato due fattori che poi Rumor certifica nel suo memoriale. Primo: ciò a cui stiamo assistendo non è il risultato di un disordinato affastellarsi di fatti tra loro scollegati, di caotiche coincidenze, di confuse e contraddittorie decisioni “democratiche”. È un preciso progetto condotto con tempi e modi decisi a tavolino e poi adottato a prescindere dal (anzi, spesso contro il) volere dei popoli europei. Secondo: le forze che recitano il ruolo di attori protagonisti nel proscenio della storia spesso sono solo delle “persone” nel senso squisitamente etimologico del termine: sono delle maschere, degli “attori”. Non è un caso che tutti i politici cimentatisi con l’impresa di invertire il corso degli eventi partano incendiari e fieri e finiscano tutti pompieri, come cantava Rino Gaetano.

Nel corso dell’ascesa all’empireo dei grandi, essi comprendono che questa storia non si può cambiare. E se non lo capiscono da soli, gli viene fatto capire. Gli “annali della patria” annoverano illustri nomi, sia pure relativi a tempi e vicende diverse da quella qui trattate, di uomini di spicco fatti fuori per non aver saputo rinunciare al “gioco” quando la posta in palio si era fatta troppo alta (Mattei e Moro, due esempi su tutti). Nel risvolto di copertina di un suo libro, il già menzionato Jacques Attali, parlando dell’ipotesi di una futura, e unica, governance mondiale (una specie di Unione Europea al cubo, insomma), afferma: “Un governo del genere esisterà un giorno. Dopo un disastro o nel migliore dei casi al suo posto. È urgente iniziare a pensarci per il bene del mondo”.

Questo signore, lo abbiamo già ricordato, è stato consigliere di stato di Mitterand e presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Ci sta svelando che molti degli “ingegneri” del grande disegno unitario, europeista ma anche mondialista, non si limitano a cercare soluzioni alla crisi. “Vogliono” la crisi (e magari la auspicano o approvano) perché solo la crisi può indurre le masse ad accettare il giogo; così come vogliono l’austerity e la totale e incondizionata sottomissione delle masse ai diktat del grande capitale transnazionale: lo “scippo della cassa” a danno degli Stati, e cioè la sottrazione agli stessi del governo della moneta e della sua scaturigine, va proprio in questa direzione. Essi pretendono di raggiungere il loro scopo, come preconizza Attali, “dopo un disastro o, nel migliore dei casi, al suo posto”.

Ed è inutile covare illusioni sul fatto che qualcuno verrà a toglierci le castagne dal fuoco. A voler parafrasare proprio Attali, è urgente che iniziamo a pensare al futuro in un modo radicalmente diverso da quello già deciso dalla “loro” agenda. Per il bene del “nostro” mondo. Un buon modo per incominciare è quello di addestrarci all’autodisciplina di una nuova etica “del risveglio”. Abbiamo – se non altro, e fosse anche solo questo – il dovere di ridestarci alla consapevolezza e di “capire”, prima ancora che di agire. Dobbiamo partire, in definitiva, da quell’esercizio critico di dignità patria (personale, intellettuale e civile) cui si riferiva il compianto Pier Paolo Pasolini scrivendo: “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.

Promemoria per chi crede di averci già vinto: la speranza non è l’ultima a morire, perché la speranza non muore mai. La speranza vive nelle nostre coscienze, che precedono le nostre azioni. E il cambiamento, apparentemente impossibile, partirà proprio da noi. Facciamo dunque nostro il monito di Margaret Mead: “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi ed impegnati possa cambiare il mondo. In verità è l’unica cosa che è sempre accaduta”.

FONTE: www.francescocarraro.com

Denunciati

Una denuncia contro i commissari europei Pierre Moscovici e Guenther Oettinger per manipolazione del mercato in relazione alle loro dichiarazioni sulla manovra del Governo italiano. E’ stata presentata questa mattina presso la Procura della Repubblica di Roma da due giornalisti Francesco Palese e Lorenzo Lo Basso.

“Nelle ultime settimane – si legge nella denuncia – alcune dichiarazioni dei commissari europei Pierre Moscovici e Guenther Oettinger hanno pesantemente turbato i mercati italiani. Dichiarazioni rese alla stampa (non quindi comunicazioni ufficiali come il loro ruolo istituzionale imporrebbe) a mercati aperti che hanno manifestamente modificato l’andamento degli stessi, incidendo in modo significativo sulla fiducia e l’affidamento che il pubblico pone della stabilità patrimoniale di banche e gruppi bancari, alterando contestualmente il valore dello spread italiano.

Tali dichiarazioni sono state rese prima che detti commissari ricevessero l’intera documentazione da parte del Governo italiano, avvenuta in data 16/10/2018 con il Documento programmatico di bilancio. In tal modo hanno diffuso notizie false e posto in essere operazioni simulate sulle conseguenze per l’Italia da tale manovra di bilancio provocando l’alterazione del prezzo di strumenti finanziari (violazione art. 185 TUF E ART. 501 C.P.) Lo Spread, che incide sui risparmiatori italiani, è infatti cominciato a salire. Si consideri che a fine Settembre era sul livello di 240 punti mentre è cominciato a salire vertiginosamente unitamente alle dichiarazioni dei due funzionari.

Nella denuncia vengono citate le dichiarazioni di Moscovici dello scorso 28 Settembre alla tv francese Bfm, riprese dalle agenzie di stampa italiane alle ore 10. “Fare rilancio economico – disse Moscovici – quando uno è indebitato si ritorce sempre contro chi lo fa, ed è sempre il popolo che paga alla fine”. Quel giorno lo spread, partito a 236, arrivò a toccare i 282 punti per poi chiudere a 267.

http://www.barbadillo.it/78361-il-caso-denunciati-gli-euroburocrati-moscovici-e-oettinger-per-manipolazione-del-mercato/

L’argine

La posizione anti-migrazione è supportata dal Visegrad Group (V4), che comprende Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Ungheria, nonché l’Austria, che difende il diritto di rimanere Stati nazionali invece di entrare a far parte di un entità federalista guidata dall’alleanza franco-tedesca. Il V4 sfida apertamente l’UE alla sua politica sui rifugiati. A luglio, l’UE ha intrapreso un’azione legale contro la Polonia per la riforma del suo sistema giudiziario. Ma Varsavia è sostenuta da Budapest. La Polonia e l’Ungheria si sono riunite in opposizione alla burocrazia dell’Unione europea su molte questioni. Con le due nazioni che si sostengono a vicenda, non è possibile imporre sanzioni UE contro di loro. Secondo l’articolo 7 della UE, due membri sono sufficienti per mettere il meccanismo in stallo.

L’alleanza emergente “anti-Merkel / Macron”, comprendente il Gruppo di Visegrad, l’Austria e l’Italia, potrebbe presto essere rafforzata da un paese che era stato considerato come membro esemplare dell’UE . Nel frattempo le elezioni parlamentari in Svezia si terranno il 9 settembre. I democratici euroscettici svedesi di estrema destra dovrebbero vincere in grande – del 18,7% – un aumento di quasi il 50% rispetto alle elezioni del 2014. I bookmaker pronosticano una vittoria ancora più grande. Se è così, quella festa terrà l’equilibrio del potere. I democratici svedesi hanno minacciato di votare contro qualsiasi governo che non abbia voce in capitolo sulla politica di immigrazione. In ogni caso, giocheranno un ruolo importante nel “mercato delle vacche” che seguirà alle elezioni. L’idea di un’Europa a più velocità è stata ripresa dal presidente francese, augurando una possibile scissione di quel blocco che è già diviso in mini coalizioni. Le possibilità per l’UE rimangono scarse. Il blocco sta per cadere in picchiata. Dovrà lavorare molto duramente per sopravvivere, ma le probabilità di superare la spaccatura più profonda sembrano essere magre nella migliore delle ipotesi. Fonte: Strategic Culture Traduzione: Luciano Lago

https://www.controinformazione.info/ungheria-e-italia-si-uniscono-sui-migranti-lue-sta-per-cadere-in-picchiata/

La realtà è un uccello

Se il governo italiano riuscisse a bloccare gli sbarchi e con essi il piano di destabilizzazione dell’Italia, acutizzando, di conseguenza, il livello di scontro sulla Libia, e dunque il conflitto geopolitico con la Francia, la diarchia franco-tedesca potrebbe andare in crisi, entrando in una fase di instabilità politica, che provocherebbe un ricambio di ceti dirigenti ai vertici dei due paesi tramite un’affermazione elettorale di forze e partiti “populisti”. È a quello stadio che la diarchia alias Unione Europea avvierebbe l’implosione, prima ancora che un governo di un qualsiasi paese membro possa o voglia tentare un’uscita dall’euro o un irrealistico riesame dei trattati.

Luciano Del Vecchio in http://appelloalpopolo.it/?p=43895

Nota: probabilmente i nostri politici non sono in grado di pilotare in questa direzione, ma la storia potrebbe prendere anche questa piega…

La favola bella è finita

Di solito è un momento assai triste quello in cui le favole si dissolvono davanti alla cruda realtà: i bambini ci restano malissimo, ed è comprensibile. Se ne va la poesia, se ne va l’ingenuità, se ne va, almeno in parte, l’incanto del mondo. Poi bisognerà ricostruirlo, per evitare di scivolare nel cinismo. C’è un caso, tuttavia, nel quale il momento della dissoluzione delle favole è altamente positivo: quando le favole vengono costruite per ingannare e quando a bersele non sono i bambini, ma gli adulti e, magari, i popoli interi. Ed è questo il caso della Favola Bella per eccellenza, per antonomasia: la favola delle Nazioni Unite, del mondo nuovo che sorge dalle macerie del fascismo e del nazismo (e anche, trascurabile dettaglio, dai due funghi atomici di Hiroshima e Nagasaki); la favola della Pace ritrovata che genera la Concordia, la Solidarietà, la Cooperazione, il Bene Comune, tutte cose le quali, a loro volta, generano il Mercato Comune Europeo e, a piccoli passi, l’Unione Europea. Un mondo dove tutti si vogliono bene, nessuno pensa più a scavalcare, a fregare, a sfruttare l’altro; dove ciascuno non pensa, né desidera, che il bene di tutti, la sicurezza di tutti, la tranquillità di tutti; dove ogni sorta di contese, di meschine rivalità, di sporchi giochi nascosti, di egoismi nazionali, sono ripudiati per sempre, e, al loro posto, subentrano la ricerca disinteressata dell’armonia universale, della cooperazione leale e della più coerente e rigorosa trasparenza diplomatica. Un mondo dove non ci sono più nemici (tranne quelli d’oltre Cortina, beninteso fino al 1990) e dove le antiche inimicizie hanno cessato, per incanto, di esistere, in un fraterno abbraccio di popoli: senza più distinzioni fra grandi e piccoli, fra ricchi e poveri, e, soprattutto, fra vincitori e vinti. Una favola più bella di così… Cominciata con il pane bianco già nell’estate del 1945, generosamente donato dai liberatori americani, e proseguita con gli aiuti del generosissimo Piano Marshall, indi illustrata dalla concessione dell’indipendenza alle ex colonie, in un clima di signorile fair-play, come nel caso dell’India, la colonia più ricca e importante di tutte, dalla quale i britannici se ne andarono senza farsi ulteriormente pregare, con lo stile di perfetti gentlemen che, come tutti sanno, da sempre li caratterizza.

La favola aveva cominciato ad andare in crisi già da un bel po’, e specialmente dopo la fine della Guerra fredda. Bisogna dire, peraltro, che quelli che ci avevano creduto più di tutti, o ai quali era stata rifilata in dosi più massicce, erano proprio gli italiani; gli altri popoli, probabilmente, non ci hanno mai creduto per davvero, anche se i capi di Stato e di governo, almeno a parole, ne reclamizzavano gli slogan come se ci credessero anche loro. Certo, segnali per rendersi conto che era solo una favola, ce n’erano stati anche troppi,  sin dall’inizio: dal Trattato di Parigi del 1947, che aveva trattato l’Italia da nazione vinta e umiliata, ciò che del resto si meritava; ma la cruda realtà venne coperta sotto densi strati di cortine fumogene, perché, altrimenti, sarebbe caduta l’aura ideale della quale le classi dirigenti s’erano ammantate, nel compiere la conversione di centottanta gradi dal fascismo all’antifascismo, dalla dittatura alla democrazia, dal nazionalismo all’americanismo e al suo braccio armato e ideologico, l’atlantismo. Sposando la tesi di Churchill, che un solo uomo era stato colpevole di tutto – Mussolini -, magari insieme a pochi altri, ma che insomma il fascismo, come disse Croce, era stato una sorta di calata degli Hyksos, un’irruzione barbarica che passa senza lasciar tracce, come un’improvvisa e violenta malattia, le nuove classi dirigenti (nuove si fa per dire: erano piene e strapiene di vecchi nomi, tutti agilissimi nel fare il salto della quaglia per balzare sul carro del vincitore), esse legittimavano se stesse e si rifacevano a buon mercato quella verginità politica della quale avevano bisogno. Ci hanno provato tutti e ci sono riusciti brillantemente quasi tutti: solo il re e la dinastia non ci sono riusciti, sia per la loro personale imbecillità, sia per un concorso di circostanze esterne: i veri vincitori, cioè gli Alleati, non si fidavano più dei Savoia, per cui era inevitabile che se ne dovessero andare. Avevano cercato di farlo capire a Vittorio Emanuele III in tutti i modi, perfino con l’arma della villania, come quando il generale Mac Farlane si era presentato da lui in maniche di camicia e calzoncini corti, col deliberato proposito di offenderlo; ma il vecchio aveva mandato giù anche quella umiliazione (tanto, dopo l’8 settembre, ci era abituato) e aveva fatto del suo meglio per perdere la corona non solo per sé, ma anche per Umberto, ritardando scioccamente l’abdicazione e tirando in lungo la luogotenenza, fino a bruciarsi tutte le carte buone che aveva ancora in mano. La Germania, del resto, era stata trattata ben più duramente dell’Italia: divisa addirittura in quattro, e sul punto di venir trasformata in un Paese a economia agro-pastorale, secondo i feroci piani di vendetta dell’ebreo Morgenthau.

Ad ogni modo, nessuno sa auto-ingannarsi e auto-illudersi più e meglio degli italiani, quando ci si mettono di buona lena, cioè quando ne hanno la convenienza; perché, se non ce l’hanno, sono uno dei popoli più smaliziati e impietosamente critici al mondo, fino al limite del cinismo. Addirittura, quando finì la Guerra fredda, con la caduta del Muro di Berlino e, poi, la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ci furono delle anime belle, ancora immerse nella dolce favola della solidarietà europea e della leale collaborazione fra le nazioni, le quali si chiesero cosa mai ci stesse ancora a fare l’Alleanza atlantica, e perché non venisse sciolta, come la logica avrebbe voluto: visto che non c’era più il nemico… Ma di un nemico, anzi, di un Nemico con la maiuscola, di una minaccia permanente ai Valori del Mondo Libero, i vincitori anglosassoni (doppiamente vincitori: della Seconda guerra mondiale nel 1945, della Guerra fredda nel 1991) avevano comunque bisogno, tanto è vero che non persero tempo a crearlo addirittura: Al Qaida, il terrorismo islamico, l’11 settembre, eccetera. Nella loro stupidità, non videro che il nemico c’era per davvero, e stava facendo passi da gigante: la Cina comunista o, piuttosto, postcomunista, con la sua economia in rapidissima ascesa. Ed ecco una serie di guerre apparentemente inspiegabili, su scenari sempre più “sbagliati” (in realtà, esattissimi), dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Libia alla Siria: sempre volute dalla coppia di ferro Stati Uniti-Gran Bretagna, e sempre con gli altri Stati europei al rimorchio, più o meno di buon grado. Per quanto riguarda l’Italia, che pure aveva partecipato a una serie di spedizioni militari “di pace”, dal Libano alla Somalia (e prima ancora nel Congo, dove alcuni nostri aviatori erano finiti mangiati vivi), è arrivato, alla fine, il momento in cui la Favola Bella si è incrinata irreparabilmente ed è andata in frantumi. Quel che non avevano insegnato agli italiani né le vicende di Trieste, fino a 1954; né la fine di Mattei, di Moro e di Craxi; né il coinvolgimento dei servizi segreti americani (e israeliani) nelle stragi degli anni di piombo, e, infine, neppure il proditorio attacco alla Libia del 2011 (che fu, a tutti gli effetti, un attacco contro l’Italia), e il successivo colpo di stato della finanza internazionale che costrinse alle dimissioni il governo Berlusconi, gli italiani lo hanno appreso, definitivamente e inequivocabilmente, dal Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno 2018. La storia dirà che è stato allora che la Favola Bella si è dissolta e gli italiani, anche i più ingenui, e, quel che più conta, anche gli uomini di governo, peraltro legittimati da un preciso mandato popolare (ciò che non accadeva dal 2011), hanno dovuto prendere atto che di una favola si trattava; che le relazioni fra gli Stati europei avevano seguito, dopo il 1945, esattamente le stesse linee guida anteriori al 1939, con la sola differenza che le guerre non si erano più fatte con gli eserciti, ma con la finanza; che l’eterno egoismo francese, la gretta stupidità tedesca, l’astuta perfidia britannica, erano tali e quali quelle che avevano già svolto un ruolo decisivo nello scoppio dei due conflitti mondiali; che ciascuno aveva sempre seguito, e continua a seguire, il proprio egoismo nazionale, nella maniera più spudorata, all’ombra delle frasi gentili e della diplomazia fasulla di Bruxelles; e, più ancora, che gli Stati si erano trasformati in agenzie di import ed exportper gli interessi finanziari delle grandi banche, a cominciare dalla Banca Centrale Europea, banca privata, privatissima (ad onta del nome), nei cui interessi non ci sono mai stati il lavoro, il benessere, le pensioni, la scuola e la tutela degli interessi dei cittadini e dei popoli europei.

Il primo a rendersene conto deve essere stato il nuovo capo del governo, Giuseppe Conte: una persona pulita, che non viene dai giochi di palazzo e che si è accinto al suo compito con autentico spirito di servizio verso il popolo del quale è stato chiamato a difendere gli interessi. La cosiddetta emergenza dei migranti è una di quelle congiunture croniche e semi-permanenti che consente di misurare la differenza che esiste, in Europa, fra le chiacchiere e i fatti. Che l’Italia sia stata lasciata da sola e che abbia dovuto sobbarcarsi oneri pesantissimi, questo a parole lo riconoscevano tutti; e l’hanno riconosciuto anche i due partner europei di maggior peso, Macron e Merkel, coi quali Conte, giustamente, aveva avuto degli incontri preliminari, proprio per preparare il terreno alla richiesta italiana di rivedere la Convenzione di Dublino. Ma al summit di Bruxelles del 28 e 29 giugno scorsi, anche Conte, insieme a sessanta milioni d’italiani, ha dovuto prendere atto che né Macron, né Merkel, né alcun altro, in Europa (e tanto meno gli “amici”, a cominciare da Tajani) tengono nel minimo conto le assicurazioni e le promesse verbali; che ciascuno è ferocemente preoccupato di difendere il proprio tornaconto, anche solo di bottega, come la Merkel, impegnata solo a salvaguardare il suo traballante governo; che nessuno, assolutamente nessuno, in Europa, ha mai creduto seriamente, neanche per un momento, che i problemi comuni, come le migrazioni, siano davvero comuni, fino a quando i singoli Stati trovano il modo di tutelarsi da sé, scaricando oneri e rischi su qualcun altro. Per cui il cerino in mano era stato sempre dell’Italia, la quale è vissuta, per una ventina d’anni, nella beata illusione che si trattasse di una situazione temporanea, di una contingenza destinata a finire, perché gli altri Paesi, prima o poi, si sarebbero fatti avanti e avrebbero assunto ciascuno le proprie responsabilità.

Il merito di aver strappato l’ultimo velo della Favola Bella, che serviva unicamente a far passare da minchioni sessanta milioni d’italiani, è soprattutto di Matteo Salvini e della Lega. Se lui non avesse puntato i piedi sulla questione dei migranti, dei porti e soprattutto delle ONG, scoperchiando la pentola e mostrando a tutti le colossali menzogne e ipocrisie sulle quali nessuno aveva mai volto gettare uno sguardo, la commedia sarebbe proseguita ancora, e l’Italia avrebbe continuato ad essere cornuta e mazziata. Ora, finalmente, le cose sono state mese in chiaro. Macron è solo un cinico egoista e uno spudorato mentitore: lui, che ha chiuso da un pezzo i porto francesi, viene a far la morale agli italiani, per la loro mancanza di umanità e di solidarietà verso mi poveri migranti. La Merkel è un cadavere ambulante: ormai le importa solo di salvare la sua quarta poltrona di cancelliere, tutto il resto non conta, chi se ne frega dell’Europa; tanto più che la Germania, col suo colossale surplus commerciale (in barba a tutte le regole dell’Unione Europea) è il solo Stato che ci guadagna da questa Europa, ed è il solo Stato che, secondo giustizia e secondo verità, se ne dovrebbe uscire; ma ha troppa convenienza a rimanerci, per farsi pagare i conti dalla Grecia, dalla Spagna e dall’Italia. Gli inglesi, che non avevano mai cambiato la sterlina con l’euro, hanno già fatto vedere quanto importa loro dell’Europa. Polonia, Ungheria e gli altri Stati del gruppo di Višegrad giocano per conto proprio. La Grecia è distrutta; la Spagna è pronta a vendersi alle banche francesi e tedesche per mendicare un po’ di credito, e cerca di farsi bella accogliendo un paio di navi di migranti (dopo che l’Italia ne ha accolte a centinaia, senza ricevere ringraziamenti da alcuno). Ecco: da Giuseppe Conte all’ultimo italiano, finalmente una cosa è apparsa chiara: che la Seconda guerra mondiale non è mai finita, solo ha preso delle forme “civili” e “democratiche”; che Francia e Germania continuano a giocare alle primedonne, senza aver imparato assolutamente nulla dalla storia (la Francia dalla sua disfatta, la Germania dalle sue inutili vittorie), perché, come oggi direbbe Clausewitz, invertendo, per la proprietà transitiva, il suo celebre aforisma, la pace è la prosecuzione della guerra con altri mezzi. Logico, del resto: la seconda guerra mondiale è stata solo la prosecuzione della Guerra Civile europea, iniziata nel 1914 (o, se si preferisce, nel 1792: e a dichiararla fu la Francia rivoluzionaria all’Europa dell’ancien régime), che prosegue tuttora e non è mai finita, nonostante le parole altisonanti di Schumann, Adenauer e De Gasperi, parole buone per i gonzi, e infatti gli unici a crederci a lungo, troppo a lungo, sono stati i gonzi italiani. La lezione di Bruxelles del 28 e 29 giugno 2018 non è tuttavia solo questa: non è solo che ciascuno Stato deve riprendersi la sua libertà d’azione, e, se possibile, la sua sovranità monetaria, perché l’Unione Europea è solo una creazione artificiosa e parassitaria dei banchieri e dei burocrati, e non ha niente a che fare col progresso, la pace e la giustizia. C’è anche un’altra lezione, ancora più importante: che i popoli possono ancora contare qualcosa e costringere i propri governi a difendere i loro interessi, combattendo contro il mostruoso egoismo delle banche, contro il potere finanziario che vorrebbe la distruzione dell’Europa, la sua sommersione sotto il peso dell’invasione islamica camuffata da accoglienza, e l’asservimento dei suoi lavoratori sotto il peso di un debito pubblico creato ad arte dalle banche per ricattare in permanenza i popoli e rapinarli nel lavoro e nei risparmi…

https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=60737

Dietro il vertice

Naturalmente quest’articolo 11 disvela come non mai la contraddizione profonda della macchina istituzionale comunitaria europea. Gli Stati nazionali continuano a essere rilevanti appena si esce dal recinto della circolazione della moneta per entrare in quello della circolazione delle persone, contraddicendo la filosofia stessa dei sostenitori di una eurofilia che si sta sciogliendo come neve al sole appena incontra il paradigma della diversità. Ma il grande protagonista di questo consiglio è stata l’Italia. Nello stesso giorno in cui si emanava quel comunicato, Enrico Letta veniva citato in un lungo articolo del Financial Times dedicato al conflitto franco-tedesco che sottintendeva lo scontro europeo sui migranti. Enrico Letta sosteneva che l’Europa era in difficoltà nel raggiungimento di un accordo su tale questione perché nell’Europa medesima si era venuta a creare (traduco liberamente dall’inglese ma non dal francese) “una situazione all’italienne”, ossia una confusione e una crisi tale che offriva al medesimo l’occasione di rendere manifesto tutto il suo patriottismo.

Invece è proprio l’Italia a uscire vittoriosa da questo conflitto. Ed è l’Italia del governo Conte che ha dimostrato che ciò che si è raggiunto a Bruxelles, ieri, si sarebbe potuto raggiungere anche prima, se buona parte della nostra classe politica italiana non parlasse in italiano pensando contemporaneamente in francese o in tedesco. I mass-media controllati dalla borghesia compradora, dipendente dalle istituzioni europee e dai due Stati che lottano per controllarle, sicuramente insisteranno oggi (io scrivo il giorno 29), sul fatto che l’Italia esce sconfitta perché i cosiddetti centri di accoglienza sono sottoposti alla volontarietà degli stati componenti l’Unione. Ma questo non è un fallimento del governo Conte, semmai è la dimostrazione che questo governo ha cominciato a porre un problema politico che non è risolvibile oggi, perché l’unico punto archetipale su cui si fonda il costrutto dell’Ue è economicistico, fondato non su un potere stabile, ma fortemente instabile a seconda che prevalgano interessi francesi o interessi tedeschi o — come accadde con la nomina di Draghi alla Bce — interessi statunitensi, preoccupati, questi ultimi, per la crescita della potenza tedesca e per il neogaullismo francese o ancora, come sta accadendo oggi, interessi britannici, attraverso il ruolo che l’Olanda e le città anseatiche della Germania esercitano sulle istituzioni europee.

Ciò che conta è che si è iniziata una discussione sul trattato di Dublino e il fatto che non si sia trovato un accordo sulla sua riforma non deve nascondere che se ne discute e che il problema è reale ed è cruciale e il fatto che non si riesca subito a riformarlo, quel trattato, disvela a tutti quanto sia inesistente la cosiddetta cultura europea e quanto sia inesistente la immaginifica “condivisione di sovranità”, che non esiste per nulla.

http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2018/6/30/DIETRO-IL-VERTICE-UE-Usa-e-Italia-preparano-un-altra-Europa/828247/

Italia disarmata

La Cancelliera aveva preparato in combutta con Macron il solito patto prefabbricato a danno dell’Italia sui migranti; Conte ha protestato  – non ci sono abituati – e lei ha subito “accantonato” la bozza.  Possiamo ammirare nei tedeschi una virtù che non li conoscevamo, un levantinismo da far vergognare qualunque venditore di tappeti falsi nel suk di Qwetta. Il tappeto era bucato? Niente male, lo ritiriamo,  eccone un altro…

Ma ne verrà proposto un altro peggio.  Il disprezzo e peggio con cui  nelle capitali del Nord sono abituati a trattare l’Italia è palpabile e visibile ogni giorno di più,  le  navi di ONG battenti bandiere piratesche ormai fanno provocazioni come, che so, dei giovani teppisti olandesi ubriachi possono fare a un vecchio mendicante invalido; sicuri dell’impunità internazionale. La bozza di Merkel e Macron che essi ritenevano l’italiano avrebbe accettato, si riferiva ai “movimenti secondari”, ossia a scaricarci in Italia i migranti  che sono arrivati in Germania  ma sono stati registrati come primo approdo da noi. Serviva a rabbonire il ministro dell’interno Seehofer e a salvare  la cancelliera dalla crisi di governo  accontentando  il “Salvini bavarese”   che vuole appunto scaricarci i profughi.

Il rifiuto italiano produrrà un effetto che David Carretta, giornalista  presso la UE   per radio radicale per  Il Foglio,  esultante,prevede : “Così l’amico di Salvini, Horst Seehofer, il 10 luglio si attiverà per escludere Italia da Schengen: respingimenti al confine in Germania -> Austria impone controlli alla frontiera e respingimenti al Brennero”.

Esultante, e delirante perché per il godimento di odio e di fazione, egli non si avvede che sta descrivendo, né più né meno, l’esplosione della “Unione Europea”  a cui tanto tiene. Un ministro dell’Interno  bavarese  “esclude l’Italia da Schengen”?  Così, di suo arbitrio? E’ una violazione  unilaterale  dei trattati europei . Ma (come nota un twitter Musso), se “Berlino viola Schengen, ottimo. Ora possiamo violare Maastricht?”.

Allora liberi tutti. Lo sgretolamento dell’Europa nell’ostilità e nel disordine fra insulti e deliri, è tragico: ma non è certo responsabilità solo di “Salvini”, come proclamano i faziosi anti-italiani in Italia: qui il delirio  di Macron e la disonestà levantina della Merkel  si uniscono all’odio che  il governo spagnolo sente il dovere di tributare al nuovo governo di Roma.

Un comunicato congiunto franco-tedesco ha appena raccomandato che le banche della UE  riducano  la loro massa di crediti andati a male (non performing loans) al 5 per cento di quelli che hanno adesso; ciò che obbligherebbe le  banche italianes a svendere in fretta per 10 ciò che può rendere 30. Un’altra misura gratuitamente  anti-italiana.

Il governo tedesco ha riconosciuto di aver lucrato 2,9 miliardi dalla crisi della Grecia.

E   Weidmann della Bundesbank che si è rifatto vivo,  per invocare ancora una volta i mercati ad esigere più alti interessi sul debito pubblico italiano:  la misura che precipiterebbe la  bancarotta e l’espulsione dell’Italia dall’euro,  che sarebbe però, nella catastrofe, una dolorosa liberazione –  di cui  la Germania avrebbe solo da soffrire, a vendere le sue MErcedes con una moneta rivalutata del 30 per cento.

Uno dei motivi della rabbia delirante e incontenibile di Macron è che il governo italiano vorrebbe stabilire centro di selezione di “Migranti”in Libia, e in quella parte della Libia che la Francia sta prendendosi, appoggiando militarmente il generale Haftar  per mettere le mani sulla “mezzaluna petrolifera”.

Haftar infatti avanza ed  ha annunciato nelle prime ore del 21 giugno di aver perso il controllo di Ras Januf e Al Sidra, porti  petroliferi della mezzaluna.

Ma, mi messaggia un amico, sapete cosa? “Sono dieci giorni che gli Usa bombardano le zone francesi in Libia”.  Alleati involontari?

 

https://www.maurizioblondet.it/macron-puo-solo-mandare-le-truppe-al-confine/

Moderati e mitragliati

E bisogna che il governo si ritiri dal Trattato di Velsen, per prevenire che, in caso di caduta del governo e di sommosse popolari più o meno spontanee, ci arrivi la polizia militare antisommossa Eurogendfor a reprimere e a instaurare la dittatura degli usurai stranieri.

 

Se Lega e Stelle indugeranno invece a metà del guado senza spiegare chiaramente ciò che è l’Unione Europea, che interessi serve e che scopo ha, fingendo che essa sia rinegoziabile e riformabile, che possa diventare “democratica” anziché autocratica, allora quei medesimi interessi li faranno fuori con attacchi mediatici, giudiziari e finanziari – come hanno fatto fuori tutti coloro che cercarono di portare avanti una politica di interesse nazionale italiano: Mattei, Moro, Craxi.

La loro chance – ripeto – sta nel delegittimare prima di essere delegittimati e poi rottamati. Se continueranno a lungo a fare i moderati per farsi accettare, sono fritti. O attaccano l’UE e l’Euro, e fanno la storia; oppure si allineano per le poltrone.

Scoprire i giochi significa iniziare a spiegare l’opinione pubblica quello a cui L’Europa è servita – ad esempio raccontando, come ha fatto D’Alema, che la Banca Centrale Europea prestava i soldi allo  0,75% ai banchieri francesi e tedeschi i quali a loro volta usavano quel denaro per comprare i titoli del debito pubblico greco che pagavano il 15% di interesse e corrompevano i governanti greci affinché facessero debito pubblico anche per comprare prodotti tedeschi come le navi da guerra, e poi quando la Grecia non ce l’ha più fatta a pagare gli interessi usurari, l’Unione Europea ha imposto all’Italia e ad altri paesi di prestare soldi alla Grecia a un tasso inferiore a quello a cui li prendevano prestito – ma non per aiutare la Grecia ma per far realizzare ai predetti banchieri i loro incassi usurari, anziché arrestarli (modelli analoghi sono stati applicati a Spagna, Portogallo, Irlanda). Questo è quello che ha fatto innanzitutto Monti tassando i beni immobili e facendone crollare il valore di circa un terzo, cioè di circa 2000 miliardi, che sono stati distrutti come patrimonio nazionale; e per far questo egli era stato messo a Palazzo Chigi e nominato senatore a vita.

Bisogna far capire alla gente che l’UE è una costruzione progettata e realizzata dagli usurai per realizzare una usura radicale fino al totale svuotamento dei risparmi e degli assets dei paesi sottomessi. Per questo non è riformabile e non ha senso negoziare per riformarla, se non forse al fine di far emergere più visibilmente la sua non riformabilità.

estratto da http://marcodellaluna.info/sito/2018/06/08/3850/

Ordoliberismo

“Adesso i   bargelli dell’UE stanno fissando la coalizione ribelle italiana con curiosità professionale.  Da rompere, è una noce più dura della Grecia.  Per la prima volta dalla creazione dell’unione monetaria, essi hanno a che fare con un governo la cui massa critica è euroscettica. I drappelli di “Italy First” della Lega esibiscono la patriottica Lira, o nuovo fiorino  come sarà forse chiamato.  Un tentativo troppo brutale di bullizzare la Lega e i tecno-mistici del Cinque Stelle rischia di suscitare atti di resistenza e una pericolosa catena di reazioni, che finirebbe con una  bancarotta di 2 mila miliardi sui crediti della Germania verso l’Europa del Sud e la devastazione del progetto UE.

“Gli sgherri devono essere sottili. Cercheranno di staccare i “grillini” del 5 Stelle, che con Di Maio, loro leader nominale, mostrano già fervore di farsi accettare dalla UE. Sfrutteranno le spaccature nella società italiana, proprio come strumentalizzano quelle britannica per il Brexit. Mobiliteranno i “poteri forti” [in italiano nel testo] di  Confindustria e la classe dei mandarini [parassiti pubblici].

UE, una dittatura spietata mascherata da banca centrale.

“Il dramma italiano del 2011 è illuminante”, contionua il giornalista del Telegraph, che è stato una vita corrispondente a Bruxelles: “La BCE ha usato il mercato dei titoli di Stato come  un’arma politica:  ha  bloccato e sbloccato successivamente gli acquisti (dei titoli)  onde mettere pressione  a Berlusconi, e dettando politiche nazionali dettagliate in una lettera segreta – più tardi rivelata. Ha ordinato specifiche “riforme” del diritto del lavoro, un argomento nevralgico che in Italia  aveva portato a due assassini. Ha preteso austerità in eccesso sul diktat degli economisti-ciarlatani di Berlino, detti “ordoliberisti”.

“Quando Berlusconi ha esitato, la BCE ha organizzato un “crisi del debito pubblico italiano” . Scegliendo un momento in cui il contagio dal crack bancario spagnolo aveva lasciato l’Italia vulnerabile. Questo ha spianato la strada per un colpo di Stato pianificato dal capo dello Stato di allora, uno stalinista.  Berlusconi fu rovesciato.  Mario Monti, un ex commissario UE, fu paracadutato con un gruppo di funzionari di Bruxelles.

https://www.maurizioblondet.it/gli-strumenti-di-tortura-di-juncker-e-ue-spiegati-da-evans-pritchard/