Il successo della controffensiva sovietica iniziata a metà novembre fu in parte determinato dagli errori dei comandi tedeschi. All’inizio fu il fatto che la Wehrmacht sopravvalutò la sua forza e tentò d’infliggere due attacchi alla volta: uno sul Caucaso per prendere il petrolio azero e un secondo su Stalingrado. I tedeschi dispersero le forze. Come scrisse in seguito il generale maggiore Hans Doerr: “Stalingrado deve entrare nella storia come il peggiore errore mai commesso dai comandanti militari, peggiore disprezzo per l’organismo vivente dell’esercito mai dimostrato dalla leadership del Paese”. A novembre fu commesso un altro errore. Nel tentativo di prendere Stalingrado, l’esercito tedesco si estese per centinaia di chilometri, certo che dopo l’assalto l’Armata Rossa non avesse risorse per contrastarlo. Quel che era peggio per Berlino era che i fianchi estesi consistevano in truppe alleate: italiani, ungheresi e rumeni, inferiori alla Wehrmacht. Il Capo di Stato Maggiore della Wehrmacht, Kurt Zeitzler, ricordò di aver avvertito Hitler che presso Stalingrado “c’era un serio pericolo che andava liquidato”. In risposta, Hitler lo definì “disperato pessimista”. Ciò che era anche importante, notò Zeitzler, era che nell’autunno 1942 aumentarono l’efficienza delle truppe sovietiche e il livello dei suoi comandanti”. Quindi, quando i sovietici accumularono le forze necessarie, all’Armata Rossa bastarono solo quattro giorni per spezzare le file delle truppe dell’Asse e circondare circa 300000 soldati tedeschi.

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Traduzione di Alessandro Lattanzio