Yemen

Questa è la seconda offensiva lanciata dall’esercito yemenita contro obiettivi militari in Arabia Saudita in meno di 48 ore, poiché lo Yemen ha effettuato domenica un altro massiccio attacco all’aeroporto internazionale di Abha con diversi droni, di cui solo uno è stato intercettato da Riyadh.

Mappa della zona di conflitto

Le stesse autorità saudite hanno già riconosciuto l’incapacità dei sistemi di difesa missilistica Patriot di fabbricazione statunitense di rispondere agli attacchi yemeniti.
In scacco l’Arabia Saudita nonostante gli aiuti di USA e Regno Unito

Ultimamente, le forze yemenite hanno aumentato il loro potenziale militare e sono avanzate nelle città controllate dai mercenari, pagati e utilizzati da Riyadh all’interno dello Yemen, una situazione che ha messo l’Arabia Saudita in uno stato di debolezza e ansia a causa del suo possibile ritiro dallo Yemen e senza per poter concretizzare i propri obiettivi, secondo diversi analisti.
Ultimamente anche il New York Times ha riconosciuto che gli aerei senza pilota dello Yemen (droni) sono diventati una “sfida” per l’Arabia Saudita e questo regime non è in grado di contrastarli, secondo un rapporto.
L’esercito yemenita, sostenuto dal movimento popolare Ansarollah, aveva confermato in precedenza di aver attaccato, con 10 droni, due impianti vitali a Buqayq e Khurais, della compagnia petrolifera saudita Aramco , nell’est del regno arabo.
In un articolo pubblicato di recente, il quotidiano statunitense The New York Times (NYT) ha sottolineato che i dispositivi di controllo remoto dell’esercito yemenita hanno messo sotto scacco l’Arabia Saudita e questo regime non è in grado di affrontarli nonostante abbia le capacità finanziarie, militari e di intelligence necessarie per questo.

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Yemen

Un improvviso attacco dell’aviazione saudita nello Yemen ha colpito l’Ospedale di Al Hudayda (città della costa occidentale al centro di una violenta offensiva) con un bilancio provvisorio di almeno 42 vittime civili fra degenti e personale medico presente al momento dell’attacco. Il bilancio è provvisorio. L’ospedale risulta distrutto dalle bombe lanciate dagli aerei da guerra dell’aviazione saudita che, come altre volte, hanno colpito all’improvviso denza lasciare scampo ai civili presenti nella struttura. I bombardamenti indiscriminati dell’aviazione saudita sullo Yemen hanno colpito nei mesi scorsi anche l’ospedale della capitale Sana’a, come anche sono state colpitoe abitazioni civili, scuole, mercati ed altri obiettivi non militari. Le vittime sono migliaia ed il calcolo fatto dall’ONU e dalle organizzazioni umanitarie di circa 15.000 vittime civili è assolutamente per difetto. Questo calcolo non tiene contro delle migliaia di civili che muoiono per causa di denutrizione o per l’epidemia di colera che si è diffusa nel paese per effetto del blocco imposto allo Yemen dalle forze aeronavali dell’Arabia Saudita degli USA e del Regno Unito che impediscono l’arrivo di aiuti umanitari. L’ONU parla dello Yemen come la “maggiore catastrofe umanitaria” dei nostri giorni. I crimini commessi nello Yemen vengono oscurati dai media occidentali per coprire le responsabilità degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, oltre che dell’Arabia Saudita che risulta il maggiore acquirente di armi occidentali e il più stretto alleato di Washington e di Londra nella regione. Vedi: Le menzogne dei media non riescono a coprire i crimini commessi nello Yemen Il conflitto dura da oltre tre anni e vede una caparbia resistenza dei gruppi di resistenza yemenita, gli Houty, che non vogliono accettare un governo fantoccio che l’Arabia Saudita vuole imporre nel paese per farne un proprio protettorato. La posizione strategica di questo paese, il più povero della regione, costituisce anche la causa delle sue disgrazie, visto l’interesse delle potenze anglo- USA a mantenere il presidio delle rotte del petrolio che passano attraverso il Golfo di Aden. Fonte: Hispan Tv Traduzione e nota: Luciano Lago

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Silenzio, si massacra

I Sauditi hanno bombardato tutte le istallazioni di produzione alimentare in Yemen. La marina e l’aviazione saudita hanno distrutto la quasi totalità delle infrastrutture del porto di Sanaa e prendono di mira tutte le navi che tentano di entrare o uscirne. Alcune navi di soccorso ufficiali sono autorizzate a passare, ma hanno difficoltà a scaricare per mancanza di gru. Le zone controllate dalla ribellione vengono letteralmente affamate dai sauditi e dai loro alleati. La situazione umanitaria è catastrofica : di lamentano più di 10 000 vittime – cifra verosimilmente ampiamente sottostimata – cui conviene aggiungere i 18 milioni di Yemeniti afflitti dalla carestia e dalle epidemie, a causa del blocco imposto dalla coalizione. E’ assolutamente stupefacente che solo un numero ridottissimo di osservatori internazionale e di media parlino di questa guerra quasi genocida in cui Riyadh è impegnata. Quasi nessuno ha denunciato i massacri e le distruzioni compiute dall’aviazione saudita, nemmeno la stampa internazionale e gli Stati occidentali. La diplomazia e i media francesi si sono a torto indignati per quanto accadeva ad Aleppo, dove pure i jihadisti si erano abbandonati a gravi violenze contro la popolazione civile. Ma non dicono niente dello Yemen, dove i componenti della coalizione violano senza alcuna esitazione tutte le convenzioni di Ginevra. Evidentemente c’è un motivo : gli Stati Uniti forniscono le informazioni, i rifornimenti in volo, armamenti e munizioni ai loro alleati sauditi. E la Francia e il Regno Unito appoggiano questa operazione. Soprattutto, Riyadh ha minacciato l’ONU di non partecipare al finanziamento dell’attività di soccorso se avesse denunciato questa guerra. D’altronde il Consiglio di Sicurezza ha votato – con la significativa eccezione della Russia – il 16 aprile 2015, la legittimazione dell’aggressione che rientrerebbe nel capitolo 7, e questo è uno scandalo che scredita l’ONU. Gli Occidentali, col loro restare deliberatamente silenziosi sulle atrocità commesse dall’Arabia saudita e i suoi alleati in Yemen, sono complici di un crimine contro l’umanità.

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Gli Emirati Arabi Uniti affittano l’Eritrea

Il 26 marzo 2015 l’Arabia Saudita aggrediva lo Yemen; allora Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti cercarono di usare Gibuti, nel Golfo di Aden, per sostenere le operazioni contro lo Yemen. Ma alla fine di aprile 2015, lo scontro tra il comandante dell’Aeronautica di Gibuti e i diplomatici degli EAU rompeva i rapporti tra i due Paesi. Un aereo degli Emirati Arabi Uniti che partecipava alle operazioni contro lo Yemen era atterrato senza autorizzazione sull’aeroporto internazionale di Gibuti-Ambouli. Il viceconsole degli EAU Ali al-Shihi ricorse alle minacce, inasprendo anche la controversia legale sul contratto per il Doraleh Container Terminal, il più grande porto per container dell’Africa gestito a Gibuti dal Dubai Ports World, l’operatore portuale di Dubai, uno dei più grandi asset degli EAU. Infine, il 4 maggio 2015 Emirati Arabi Uniti e Gibuti ruppero formalmente le relazioni diplomatiche, e Gibuti sfrattò le truppe saudite ed emirote dalla base di Haramous, adiacente a Camp Lemonnier. Questo ex-avamposto della Legione Straniera Francese, usato dal Comando d’Africa degli Stati Uniti e dalla Task Force Combinata del Corno d’Africa, fu affittato alla coalizione del Golfo per sostenerne le operazioni contro lo Yemen.
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti si rivolsero subito alla vicina Eritrea, rivale regionale di Gibuti. Il 29 aprile 2015, il giorno della rottura delle relazioni con Gibuti, il presidente eritreo Isaias Afewerki s’incontrava con il re saudita Salman bin Abdel Aziz, concludendo un accordo di partenariato militare con gli Stati del Golfo, offrendo i diritti di uso delle basi in Eritrea. Nell’ambito dell’accordo gli Emirati Arabi Uniti conclusero un contratto di locazione di 30 anni per l’uso militare del porto e dell’aeroporto di Assab, quest’ultimo con una pista di 3500 metri in grado di far atterrare i grandi aerei da trasporto C-17 Globemaster III dell’Aeronautica degli EAU. Gli Stati del Golfo accettavano di fornire aiuti finanziari e a modernizzare l’aeroporto internazionale Asmara, a costruire nuove infrastrutture e ad aumentare le forniture di carburante per l’Eritrea. Le prime operazioni ad Assab avvennero il 13 aprile 2015, quando un elicottero CH-47 Chinook trasportò 8 specialisti della Guardia presidenziale degli EAU e controllori delle operazioni per i terminali (JTAC) nella penisola di Aden, presso la raffineria e i depositi di Aden. Queste forze guidarono le missioni aeree e navali che permisero alle forze filo-saudite dell’ex-presidente yemenita Abdurabu Mansur Hadi di assaltare le difese di Aden alle spalle, via mare. Le navi da sbarco emirote sbarcarono unità saudite, emirote e milizie filo-saudite locali addestrate negli EAU, accerchiando le linee difensive di Ansarullah ad Aden. Il supposto logistico navale dal porto di Assab e dalla base aerea permisero alle forze saudite di occupare Aden con l’operazione Arco d’Oro, nell’agosto 2015. Le navi da sbarco emirote e navi commerciali noleggiate fecero da spola tra la nuova base navale degli EAU di Fujairah, sul Golfo di Oman, e Assab. I velivoli C-17 e C-130 emiroti utilizzarono anche l’Aeroporto Internazionale di Asmara. A fine luglio 2015, la base aerea di Assab fu completata e poté ospitare la brigata blindata degli EAU che guidò l’assalto su Aden. La brigata era composta da 2 compagnie di carri armati Leclerc, 1 battaglione di veicoli da combattimento BMP-3 e 2 batterie di cannoni G6. Gli emirotini avevano anche inviato ad Assab una forza d’urto di 1500 yemeniti addestrati negli UAE e dotata di veicoli blindati costruiti negli EAU.
A metà luglio 2015, il gruppo d’assalto degli Emirati sbarcò nel terminal petrolifero di Little Aden. La nave da sbarco al-Futaisi e il catamarano Swift, ex-nave dell’US Navy, svolsero ripetute spole tra Assab e Aden. Nell’ottobre-novembre 2015, Assab fu il centro logistico dei 3 battaglioni meccanizzati sudanesi schierati ad Aden. 2 battaglioni sudanesi partirono da Kassala sul confine Sudan-Eritrea per il porto di Assab e quindi furono trasportati ad Aden dalle navi degli EAU. Il porto di Assab fu anche la base per il blocco navale imposto dai sauditi ai porti yemeniti sul Mar Rosso di Muqa e Hudaydah, a cui parteciparono le 9 corvette della classe Baynunah e le navi logistiche della classe Ramah della marina emirota. All’inizio del 2016, l’aeroporto di Assab ospitava diversi elicotteri d’attacco Apache del Comando aereo congiunto degli Emirati Arabi Uniti, nonché il Commando Operazioni Speciali Chinook della Guardia Presidenziale, i cui elicotteri Blackhawk e Bell 407MRH compirono operazioni sullo Yemen sud-occidentale. Nel novembre 2015, i turboelica d’assalto AT-802 del 18.mo Gruppo aereo del Comando Operativo Speciale degli EAU iniziarono a compiere sortite sullo stretto di Bab al-Mandab da Assab. I velivoli erano pilotati da personale yemenita addestrato dagli emiroti ad Assab, prima che venissero trasferiti nella base aerea al-Anad. a nord di Aden, nell’ottobre 2015. Furono costruiti anche un’enorme sistema abitativo containerizzato e una tendopoli, mentre le unità antiterrorismo di Aden e la fanteria mobile della Confederazione tribale dell’Hadhramout furono trasferite ad Assab per l’addestramento da parte degli EAU. Dimensioni e velocità di tali sforzi furono notevoli, le nuove unità furono dotate di veicoli tattici dagli EAU prima di essere inviate ad Aden. Un battaglione rimase ad Assab nella primavera-estate 2016, permettendo a un battaglione degli EAU di partecipare alle operazioni contro lo Yemen. Alla fine del 2015, gli Emirati Arabi Uniti iniziarono a costruire nuovi impianti navali presso l’aeroporto di Assab, agevolando le operazioni d’imbarco. Il lavoro fu affidato alla National Marine Dredging Company degli EAU, che costruì un’area di 60000 metri sulla costa e un molo di 700 metri. Le forze emirote inoltre estesero il perimetro di sicurezza attorno agli aeroporti e alle strutture portuali, deviando l’autostrada costiera P-6 tra Assab e Massaua.
Abu Dhabi ha investito molto su Seychelles, Maldive, Mauritius, Madagascar, Comore e Somalia. Nel maggio 2015, gli Emirati Arabi Uniti addestravano l’unità antiterrorismo e la National Intelligence and Security Agency (NISA) della Somalia, aprendo un nuovo centro di addestramento a Mogadiscio, dove gli operatori delle forze speciali emirote addestrano i commando somali mentre gli EAU fornivano alle forze dell’ordine somale blindati RG-31 Mk.V e Reva Mk. III, Toyota Land Cruisers, autocisterne e motociclette. E dall’ottobre 2015, gli Emirati Arabi Uniti pagano gli stipendi delle forze di sicurezza del governo federale somalo. Nel maggio 2016, il Ports World di Dubai stipulava un contratto di 30 anni per gestire il porto di Berbera e ampliarlo, allo scopo di rompere il monopolio di Gibuti sul traffico marittimo commerciale regionale. Gli Emirati Arabi Uniti cercano di ampliate porto e aeroporto di Berbera per sostenere le operazioni contro lo Yemen, oltre che a collegarli al Corridoio di Berbera, una via logistica tra Somaliland ed Etiopia. Gli EAU in cambio forniscono al Somaliland aiuti finanziari e un centro di addestramento militare. Nel Puntland, regione autonoma nella Somalia, gli Emirati Arabi Uniti finanziano la forza di polizia marittima (PMPF) istituita nel 2010, e l’addestrano tramite una compagnia militare privata. La PMPF opera dalle basi di Bosaso, principale porto del Puntland sul Golfo di Aden, e di Eyl sulle coste dell’Oceano Indiano. La componente aerea della PMPF dispone di 3 aeromobili Ayers S2R e 1 elicottero Alouette III. Gli EAU finanziano e addestrano anche l’agenzia d’intelligence del Puntland. Tali forze vengono utilizzate per imporre il blocco navale allo Yemen.

https://aurorasito.wordpress.com/2017/04/26/leritrea-nella-guerra-contro-lo-yemen/

La NATO dilaga

Con la scusa di sostenere la coalizione del GCC che combatte i ribelli huthi nella sanguinosa guerra civile dello Yemen, gli UAE acquisiscono strutture nella regione, la cui più pregiata è l’isola strategica di Socotra nel Golfo di Aden. Vista dagli Stati Uniti come base navale e d’intelligence fin dalla fine della guerra fredda, vi sono rapporti secondo cui il presidente in esilio dello Yemen, Abdrabuh Mansur Hadi avrebbe affittato le isole Socotra e Abd al-Quri agli UAE nel 2014, prima di fuggire in Arabia Saudita. Abd al-Quri è una piccola isola a 65 miglia a sud-ovest di Socotra. Dall’inizio della guerra civile nello Yemen, gli UAE hanno approfittato dell’assenza di un governo stabile per espandere l’influenza a Socotra. L’accordo degli UAE su Socotra sarebbe in cambio del sostegno ad Hadi e ai suoi alleati sauditi nel tentativo militare di sottrarre lo Yemen settentrionale ai ribelli huthi sostenuti dall’Iran, che hanno preso la capitale yemenita Sana. In precedenza, parte della provincia dell’Hadhramaut dello Yemen, Socotra è diventata una provincia nel 2013. Prima che l’ex-Yemen del Sud ottenesse l’indipendenza dalla Gran Bretagna, Socotra era un possedimento del sultanato Mahra di Qishn nell’Hadhramaut del protettorato dell’Arabia del Sud. La separazione di Socotra dall’Hadhramaut e l’assegnazione dichiarata agli UAE non sono riconosciute dal pretendente al trono dell’ex-sultanato Mahra Abdullah bin Isa. Le operazioni militari statunitensi nello Yemen a sostegno della coalizione saudita sarebbero contro al-Qaida nella penisola araba (AQAP), ma sembra sempre più che gli effettivi bersagli di droni, missili e forze speciali statunitensi siano le tribù fedeli agli ex-governanti bin Isa, i ribelli huthi e i combattenti indipendentisti sudyemeniti. La compagnia aerea degli UAE, Rotana Jet, offre servizi diretti tra Abu Dhabi e Socotra. L’Air Yemenia provvede alla tratta diretta tra Socotra e Dubai. C’è ragione di credere che gli UAE si siano rivolti agli Stati Uniti per affittare Socotra e che sia solo questione di tempo prima che personale USA e NATO arrivi sull’isola, probabilmente con il partenariato ICI-NATO. Alcuni rapporti affermano che l’affitto valga 99 anni, quanto gli Stati Uniti affittarono la base navale di Guantanamo Bay da Cuba appena indipendente. Gli Stati Uniti hanno abrogato il contratto d’affitto di Guantanamo rifiutando di lasciare la base dopo la risoluzione nel 1999.
Ad Abu Dhabi ha sede la compagnia militare privata Reflex Responses (R2), gestita dal fondatore di Blackwater Erik Prince. La sorella, Betsy DeVos, è segretaria all’istruzione di Trump. Prince avrebbe consigliato la squadra di transizione di Trump partecipando alle riunioni entrando dal retro della Trump Tower a Manhattan.

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Yemen


Il portavoce dell’esercito yemenita, Sharaf Luqman, ha informato che oltre ai caccia sauditi, anche aerei da guerra di Stati Uniti, Israele e Gran Bretagna bombardano lo Yemen. Il generale Luqman ha spiegato che i piloti sauditi non sono in grado di pilotare gli aerei all’avanguardia utilizzati per il bombardamento dello Yemen. Secondo il portavoce, le forze rivoluzionarie yemenite alleate con l’esercito, hanno abbattuto finora 3 F-16, 10 elicotteri Apache e decine di droni. Anche per quanto riguarda i soldati, il generale yemenita ha spiegato che circa 400 mercenari stranieri, provenienti dall’Europa e dall’America Latina, sono stati assoldati dai sauditi per combattere contro lo Yemen. Nel mese di Dicembre 2015, in effetti, 6 mercenari colombiani ed un australiano sono stati uccisi negli scontri a fuoco con i rivoluzionari yemeniti. Secondo il New York Times, gli Emirati Arabi Uniti, alleati dell’Arabia Saudita, hanno inviato in Yemen 450 mercenari provenienti da Colombia, Panama, El Salvador e Cile. E’ stato inoltre provato che gli Stati Uniti hanno contribuito all’aggressione saudita ai danni dello Yemen fornendo supporto logistico e dati di intelligence. La sporca guerra dell’Arabia Saudita nello Yemen, un conflitto oscurato dai media occidentali

Il costo umano della guerra finora è stato immenso e ha inflitto orrende atrocità in tutto il paese. Il conflitto ha provocato oltre 32.000 vittime, con 5.700 persone uccise, tra cui 830 donne e bambini, insieme ad un registrato aumento delle violazioni dei diritti umani, stando all’ultimo rapporto delle Nazioni Unite. Sono stati bombardati ospedali, scuole ed abitazioni civili e sono state utilizzate bombe a grappolo ed a frammentazione, proibite dalle convenzioni internazionali. Dall’inizio della guerra i sauditi ed i loro alleati hanno attuato sullo Yemen un blocco totale dei rifornimenti. In un paese come lo Yemen che importa il 90% del suo cibo, carburante, medicinali e altri beni vitali da fornitori esteri, il blocco di tali importazioni è stato utilizzato come arma di guerra. Non è solo il blocco navale messo in atto dalla coalizione nei principali porti dello Yemen, ha lasciato l’80% della popolazione yemenita di fronte ad un disastro umanitario, ma i sauditi hanno anche fatto in modo che perfino gli aiuti umanitari giunti nel paese, non giungessero in quelle aree sotto controllo degli Houthi. La catastrofe umanitaria così scatenata, ha poi subito un peggioramento all’inizio di questo mese, quando due cicloni si sono abbattuti sulla costa meridionale dello Yemen, uccidendo 26 persone e colpendo migliaia di famiglie. Alla luce della gravità dei bisogni, è emerso in questi mesi un fiorente mercato nero su tutte le materie prime che scarseggiano portando i prezzi alle stelle. L’utilizzo di carri trainati da asini per il trasporto e l’utilizzo dell’energia solare per compensare la scarsità di energia elettrica, sono diventate una forma di sopravvivenza e la nuova norma in Yemen, dove le persone sono intrappolate in un escalation del conflitto e la sperimentazione di metodi di vita alternativi. Detto questo, ci si aspetterebbe il mondo e la comunità internazionale si mobiliti per aiutare gli yemeniti nel loro calvario, ma le loro grida sembrano invece cadere nel vuoto. Esistono essenzialmente due ragioni principali dietro questa indifferenza generale. La prima, è che la copertura mediatica del conflitto è fortemente dominata dai portavoce degli interessi internazionali (USA-Israele e Sauditi) e dalla manipolazione dei media occidentali. Si vuole dare così la falsa impressione che la guerra in Yemen sia una questione settaria e non di una vera e propria aggressione contro un paese sovrano. La seconda, è che la guerra in Yemen è diventata un business redditizio per le grandi potenze. L’Arabia Saudita, il paese aggressore, è il principale cliente acquirente di armi del Regno Unito, mentre soldati (mercenari) provenienti da diversi paesi, come la Colombia e il Sudan, hanno trovato nel reclutamento in guerra nello Yemen, opportunità economiche. Molti sembrano trarre beneficio dalla guerra nello Yemen, ed essere interessati al proseguimento di questa guerra, per finalità geopolitiche, a scapito delle vite della popolazione yemenita.

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